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LETTERE AL DIRETTORE

GIOVANNI CESCHI * RICORSO AL TAR TRENTO: « AMMISSIONE MATURITÀ, DOPO TANTO DIBATTERE È FINITO IN UNA CLASSICA BOLLA DI SAPONE »

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18.47 - lunedì 31 luglio 2023

Gentile direttore Franceschi,

 

trasmetto una nota sul caso scolastico di luglio, che dopo tanto dibattere sembra essere finito nella classica bolla di sapone. Ricorso al TAR per ammissione alla maturità. Cosa insegna lo strano caso della maturanda. È notizia di venerdì 28 luglio (Il nuovo Trentino, a firma Andrea Tomasi, p. 3): i legali della studentessa del Da Vinci ammessa alla maturità dal TAR con provvedimento cautelare, e qui bocciata, hanno presentato istanza di rinuncia al ricorso. Mossa ampiamente prevedibile, anzi unica sensata alla luce del fatto che l’obiettivo del ricorso era appunto l’ammissione a quell’esame che nel frattempo costei ha potuto sostenere, con esito negativo. Per di più a fine luglio si sarebbe dovuta tenere non già la discussione nel merito, ma la camera di consiglio per la sospensiva, che adesso – comunque la si voglia vedere – perde ogni significato.

Sul tema, prevedendo appunto un simile esito, ero intervenuto con due editoriali comparsi sui quotidiani locali nei giorni della sessione suppletiva d’esame. Che “lezione” potrebbe trarne il giudice monocratico artefice della prima decisione di ammettere la studentessa all’esame? Senz’altro questa: non si devono concedere sospensive che – sconfessando i tecnici nel thema decidendum, senz’alcuna fondata e argomentata motivazione – consentano al ricorrente l’esercizio pieno e completo, al contempo irripetibile e irreversibile, del presunto diritto invocato con l’accesso al tribunale (nel caso specifico, la possibilità di sostenere l’esame). Quando si realizzi un tale paradosso, infatti, la trattazione nel merito è delegata all’esterno e a delegittimarsi, facendoci la peggior figura possibile per “scarico di competenza”, è il tribunale stesso.

Qualcuno potrà obiettare che anche questa è un’opinione. E invece è la constatazione di un dato di fatto, nella logica stringente del tertium non datur. Dopo l’ammissione della studentessa alla maturità per decisione del tribunale vi erano solo due possibilità, direttamente dipendenti dall’esito dell’esame: 1) se la studentessa l’avesse superato, i giudici chiamati a decidere sulla sospensiva avrebbero forse potuto darle torto, allineandosi al consiglio di classe e negandole il diritto a svolgere quella prova già superata nei fatti? 2) se – come in effetti è poi avvenuto – la studentessa non avesse superato l’esame, il tribunale avrebbe forse potuto decidere di farglielo ripetere una seconda volta?

Come si vede, l’enorme pasticcio nasce da una decisione solo in apparenza garantista di tutte le parti in causa, in realtà consapevole che così il merito lo avrebbero deciso altri: gli stessi docenti, esautorati dall’originario decreto di ammissione alla maturità; i quali difatti hanno assunto ufficialmente posizioni assai critiche (vedi conseguente carteggio, giunto addirittura sulla scrivania del Ministro). Unica scelta davvero garantista sarebbe stata attendere la camera di consiglio del 27 luglio prima di assumere qualsiasi decisione sulla sospensiva – stabilire cioè se fosse opportuno ammettere la studentessa all’esame in attesa della trattazione del ricorso: siccome la sessione suppletiva di settembre è prevista dalla legge, fino a quel momento non era in gioco alcun danno irrimediabile.
C’è da augurarsi – con igienico scetticismo – che la lezione possa fare scuola.

 

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Giovanni Ceschi
insegna Latino e Greco al Liceo “Prati” di Trento e presiede il Consiglio del Sistema Educativo Provinciale

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