Gentile direttore Franceschi,
in relazione all’articolo oggi in prima pagina su quotidiano “l’Adige“ (sotto il ritaglio stampa) desidero evidenziare il motivo per cui è indispensabile aumentare la cultura non dico del sospetto, ma certamente dell’attenzione. Perché effettivamente questa infiltrazione avviene attraverso modalità molto amicali e a volte addirittura parentali. “Problem solving“ e finanziamenti facili e consenso sociale sono il cavallo di troia soprattutto dei “mafiosi“, radicati sul territorio dai primi anni Sessanta come manodopera, poi le seconde e terze generazioni hanno alzato il livello a sofisticatissimi e formalmente legali inserimenti imprenditoriali.
Ovviamente con i soldi del traffico internazionale di droga e con una fitta rete massonica di agevolatori. Un intreccio difficile da dipanare, ma a cui è possibile fare da argine con una corretta e puntuale informazione sul tema che miri all’innalzamento della soglia di guardia e ad una maturazione della coscienza civica, politica e imprenditoriale. Un’azione intensa che avrà bisogno di almeno 10 anni per produrre effetti concreti.
Ritengo che il Trentino ha due vantaggi su altre regioni del nord dove l’infiltrazione è oramai conclamata: l’Autonomia se correttamente intesa e la mancanza di organizzazioni criminali indigene che possano fare da facile sponda. La cosa peggiore da fare è mettere la testa sotto la sabbia. Il contrasto da parte degli inquirenti è fortissimo, ma bisogna informare e formare meglio il tessuto economico, sociale e politico, specie nelle valli e nelle piccole realtà comunali.
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Alberto Francini
Già Questore di Trento
Incaricato del progetto Sicurezza-Trentino da Cciaa Trento e Provincia autonoma Trento