Gentile direttore Franceschi,
dopo aver passato quasi tre mesi ad annunciare l’avvio dei cantieri della Circonvallazione TAV/TAC di Trento, addebitando a questa o quell’altra evenienza “imprevedibile” l’ennesimo ritardo nell’ avvio della realizzazione dell’ opera (stando al cronoprogramma allegato al Piano di Fattibiltà Tecnico Economica avrebbero dovuto iniziare ancora a settembre del 2022!), nella giornata di ieri Webuild, denominata per l’occasione Consorzio Tridentum, ha iniziato le demolizioni di alcuni edifici di proprietà RFI allo Scalo Filzi.
L’operazione ha innanzitutto una funzione propagandistica: è pensata per dire ai cittadini contrari all’opera ed a quelli che ritengono che la stessa non sia realizzabile nei tempi del PNRR (ovvero già fruibile nel giugno 2026) che non c’è più nulla da fare, nel tentativo di mettere tutti di fronte al fatto compiuto della ineluttabilità di una mezza circonvallazione ferroviaria che creerà, probabilmente per un decennio, pesantissimi disagi alla citta oltrechè pesanti dissesti ambientali.
È bene dire subito che l’opera è in forte ritardo ed altro ne sta accumulando in questi giorni. Sta cominciando ad essere evidente ai più che la narrazione dominante, che vorrebbe far coincidere il radioso futuro ed il progresso sociale ed urbanistico di Trento con le opportunità che si prospetterebbero attraverso la realizzazione di una circonvallazione inutile e dannosa, è inceppata.
Fino ad ora ai due incontri cittadini di SuperTrento (ideati per esaltare le magnifiche sorti progressive del TAV/TAC cittadino) ha partecipato un pubblico che non raggiunge neppure un quarto dei partecipanti alle iniziative NO TAV e dei comitati contro la circonvallazione nei quartieri e nei sobborghi cittadini, mentre è brillata la totale assenza sia degli ordini professionali (architetti, ingegneri, geometri, geologi) che delle categorie economiche cittadine. Un flop, insomma.
Il 5 marzo u.s. RFI ha consegnato i lavori al Consorzio Tridentum ipotizzando 1278 giorni per la realizzazione dell’ opera. Non si sono neppure posti il problema di fare i conti e di dimostrare che riusciranno a stare dentro i tempi previsti per le opere finanziate con il Recovery fund. I 1.278 giorni previsti per i lavori portano infatti ad una ultimazione prevista per settembre 2026. Quattro mesi dopo il termine (perentorio) stabilito dall’ Europa per le opere del PNRR.
Giorno dopo giorno diviene sempre più chiaro che RFI sta forzando la mano per cercare di togliere di mezzo qualsiasi controllo ambientale nella realizzazione di quest’opera, avendo intuito che la scelta di transitare attraverso una montagna fragile geologicamente come la Marzola e attraverso aree pesantemente inquinate come quelle della ex SLOI e della ex Carbochimica, rende impossibile il rispetto dei tempi del PNRR, salvo la totale deroga circa le prescrizioni ambientali.
Sono in ritardo e lo sanno e cercano di trasformare questa loro evidente debolezza in pressione perché avvenga anche a Trento quanto pare stia avvenendo per un’ altra delle grandi opere del PNRR, la diga Foranea di Genova.
A Genova l’impresa che aveva vinto la gara di appalto (si tratta sempre di Webuil) non aveva accettato la consegna dei lavori, argomentando circa la inadeguatezza del valore dell’ appalto. In fase successiva e sulla base di una procedura che il TAR ha definito illecita (condannando lo Stato ad un risarcimento plurimilionario verso il secondo classificato nella gara) il governo ha rinegoziato a trattativa privata con Webuild il valore dell’ appalto mentre quest’ultima ha chiesto e pare ottenuto, per realizzare i lavori, lo stralcio delle prescrizioni ambientali avute dall’ opera.
Siamo in presenza anche qui da noi di una situazione simile, aggravata dal fatto che gli enti che dovrebbero controllare la ottemperanza delle prescrizioni non sembrano muoversi a tutela degli interessi dei cittadini.
Fino ad ora infatti nonostante ci abbiano provato in più modi (tanto da dichiararlo perfino davanti al TAR del Lazio in occasione della causa amministrativa che li ha visti contrapporti ai Comitati Contro la Circonvallazione) RFI (e Webuild) non hanno avuto dalla Commissione PNRR PNIEC la certificazione della ottemperanza della “Condizione n. 7 del Parere n. 1 della Commissione Tecnica di Valutazione di Impatto Ambientale” e la non ottemperanza di questa condizione porta per conseguenza la possibilità del blocco dei lavori.
Il testo di quella condizione è al proposito chiarissimo ed esplicito e vuole che ANTE OPERAM e PRIMA DELLA PROGETTAZIONE ESECUTIVA RFI caratterizzi “tutti i terreni movimentati, ovvero sia quelli nell’ area ex SLOI che quelli in area ex Carbochimica che, infine, quelli sotto gli attuali binari della linea storica, dove transiterebbero i due nuovi binari del quadruplicamento della linea del Brennero.
Dicevamo dello “strano” comportamento degli enti preposti alla vigilanza, ovvero di A.P.P.A e della Provincia. APPA, come è noto, ha rifiutato di incontrare i Comitati che le chiedevano, circa un mese fa, lumi sul suo comportamento oggettivamente omissivo, salvo poi (ormai fuori tempo per non risultare sospetto!), per bocca del suo Direttore, dichiarare di “aver chiesto a più riprese a RFI di effettuare le caratterizzazioni”.
Sul versante della Provincia autonoma di Trento abbiamo invece posto sulla vicenda, ormai più di 15 giorni fa, cinque domande pubbliche al Presidente della Giunta Provinciale Fugatti, il quale, fino ad ora, nonostante l’urgenza della questione e pur avendo provveduto a sollecitarlo, si è ben guardato di rispondere e sembra fare orecchie da mercante.
Questo, infine, per non parlare dell’ inqualificabile posizione del Comune di Trento, L’ing. Franzoi, rappresentante del Comune nell’ Osservatorio sull’ opera (sul quale è meglio stendere un pietoso velo) ha recentemente dichiarato, in sede di Commissione Ambiente del Comne, che ANTE OPERAM è da intendersi “prima dello scavo di quelle aree e che comunque il problema non è se si può o meno transitare attraverso il SIN ma il modo come andrà fatto”, dimostrando, per la ennesima volta, che gli interessi che il Comune tutela in questa vicenda sono quelli di tutti ma non dei cittadini.
L’impressione è che RFI stia “studiando” come uscire dall’ empasse, mentre fino a qualche giorno fa la documentazione della “avvenuta ottemperanza delle prescrizioni” non risulta essere arrivata alla Commissione Tecnica PNRR PNIEC ( e fino a quando le caratterizzazioni non saranno effettuate non è possibile che arrivi!).
A ciò si aggiunga che a volere la caratterizzazione ANTE OPERAM dei terreni non è solo il disposto della Condizione n. 7 ma anche l’articolo 84ter delle Norme di Attuazione del PRG di Trento, che risponde in maniera assolutamente inequivocabile anche alla strumentale osservazione di RFI, replicata anch’essa in occasione della udienza presso il TAR del Lazio, che vorrebbe che sotto i binari non vi sia inquinamento, includendo quei territori fra quelli da caratterizzare. Ed ancora, in questo senso, ormai quasi 6 mesi fa, si è espresso infine il Parlamento attraverso la legge dei Bilancio 2023, che ha stanziato ben 2 milioni di euro per chiarire, non se ci siano o meno inquinanti sotto la linea ferroviaria nel tratto che questa costeggia ex SLOI ed ex Carbochimica, ma per sapere “la estensione e la profondità” dello stesso.
Un invito, quest’ultimo, recentemente reiterato attraverso un ordine del giorno parlamentare significativamente approvato in occasione del dibattito in aula proprio delle nuove determinazioni del Parlamento circa il PNRR.
A questo bisogna aggiungere che non è certo interesse del Consorzio Tridentum arrivare alla caratterizzazione di quelle aree ante operam. Purtroppo, in questa vicenda fa capolino uno dei tratti distintivi della cultura delle grandi opere e della Alta Velocità/Capacità in Italia, ovvero la loro evidente inutilità e la pratica accaparratoria delle poche aziende che a queste gare di appalto possono partecipare: aziende a cui basta iniziare i lavori, mentre sono tutt’altro che ansiose di finirli (la finalità è il mantenimento in vita di una rete di relazioni e di reciproci controlli fra affari e politica che drenano verso le imprese ed i loro comandi politici ingentissime risorse dello Stato).
Non una delle grandi opere italiane è finita nei tempi previsti (il tunnel del Brennero è iniziata non 2007 e doveva essere ultimato entro il 2019, mentre non solo non è prossimo alla sua ultimazione, ma le ultime dichiarazioni hanno spostato la sua entrata in funzione dal 2029 al 2032!) ed i costi sono sempre più che raddoppiati.
La “non conoscenza”, attraverso atti documentati, dello stato di inquinamento sotto i binari potrebbe costituire in futuro una “riserva” da far valere sia per giustificare il non rispetto dei tempi dell’ opera (scaricando sullo Stato e sulle comunità locali la perdita parziale o totale del finanziamento e la sospensione dei lavori in assenza di rifinanziamento) che un ulteriore aumento, molto significativo, dei costi dell’ opera, con un ulteriore aggravio per la finanza pubblica e per le future generazione che questi soldi li dovranno restituire.
Insomma, per merito dei nostri amministratori avremo oltre al danno anche le beffe.
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Elio Bonfanti – Trento
Militante NO TAV