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LETTERE AL DIRETTORE

GIOVANNI CESCHI * ISTRUZIONE TRENTINO: « LE MIE RIFLESSIONI SU CARENZE FORMATIVE ED ESAMI DI RIPARAZIONE »

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17.50 - lunedì 8 aprile 2024

Caro Direttore Franceschi,

trasmetto l’odierna riflessione comparsa su “l’Adige”, in merito al sistema delle carenze formative in Trentino e agli esami di riparazione.
Allego in formato immagine e in pdf anche l’editoriale sul dubbio di costituzionalità del sistema trentino cui faccio riferimento nel testo, comparso sempre su l’Adige venerdì 27 dicembre 2013. Sarebbe possibile allegarlo, come approfondimento per i lettori interessati?
Grazie dell’attenzione, cordiali saluti.

Giovanni Ceschi

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ESAMI A SETTEMBRE: RITORNO AL FUTURO

C’è un aspetto che nell’attuale dibattito mediatico sul fallimento delle carenze formative in Trentino e sul conseguente ripristino degli esami a settembre non è mai stato considerato. E che invece è essenziale, perché riguarda l’onestà dell’agire politico e l’efficacia stessa della sbandierata premura educativa che secondo alcuni autorevoli osservatori – miopi nell’analisi o in malafede – dovrebbe suggerire il mantenimento del sistema attuale, al limite con piccoli ritocchi. Si tratta di un dato fattuale, risalente a diciassette anni fa: il “sistema Salvaterra”, da cui tutto questo pasticcio è nato, nel momento in cui stabiliva di non ripristinare gli esami di riparazione come nel resto d’Italia e di mantenere le carenze che ovunque erano giudicate fallimentari, prevedeva comunque un accompagnamento per l’intero anno scolastico se la verifica di settembre non avesse avuto successo, con attività di sostegno e interventi di recupero obbligatori in corso d’anno.

L’abolizione degli esami a settembre in Italia – era già evidente all’epoca – non aveva per nulla funzionato, e una lettura appena realista della decisione trentina di differenziarsi in questa “cambiale in bianco” firmata a quanti non avessero saldato i loro debiti avrebbe già consentito di prevedere il naufragio del sistema; eppure, se davvero quanto previsto dalle delibere n° 2994 del dicembre 2007 e n° 25 del gennaio 2008 fosse stato realizzato, si sarebbe potuta concedere l’attenuante dell’ingenuità accompagnata da buona fede. Invece no: ben presto i corsi di recupero rimasero obbligatori nella sola fase precedente all’inizio dell’anno scolastico, mentre quelli in corso d’anno furono sostituiti da interventi tanto sporadici quanto inefficaci (finestre tecniche, settimane in cui le carenze dovrebbero essere recuperate in classe, sportelli disciplinari che hanno lo stesso effetto di un bicchiere d’acqua per alimentare un fiume in secca, o recuperi in itinere in cui gli stessi docenti, esasperati dall’inefficacia del sistema, sono indotti a dichiarare che è tutto a posto). In tal modo il capolavoro dell’ipocrisia, del quale oggi scontiamo le pesanti conseguenze, si è compiuto: bocciamo la bocciatura e bocciamo anche l’esame a settembre? Bene. Avremo studenti illusi d’aver recuperato le carenze e diplomi conseguiti nonostante gravissime lacune proprio nelle materie fondamentali del corso di studio nel quale ci si diploma (matematica e fisica allo Scientifico, latino e greco al Classico, diritto ed economia negli indirizzi aziendali, e così via).

È questo il sistema che qualcuno tenta ancora di difendere; precisando magari che va appena migliorato. In realtà, come abbiamo visto, subito dopo il colpo di mano che ha trasformato il Trentino in un laboratorio nazionale dell’ipocrisia, era evidente che del percorso reale di crescita dello studente importava ben poco al decisore politico e al legislatore di turno: la storia delle progressive concrezioni normative nella legge Salvaterra è lì a dimostrarlo. L’importante era che il sepolcro imbiancato stesse in piedi. Per questo chi sibila che i seicento docenti trentini firmatari della petizione per il ripristino degli esami di riparazione siano nostalgici di un tempo che fu, o vogliano tornare a una scuola punitiva, è sprovveduto o in mala fede. La verità è esattamente all’opposto: per fortuna, un numero crescente e ora preponderante di addetti ai lavori e di famiglie si è reso conto della terribile trappola pedagogica nella quale il Trentino è imprigionato, e chiede a gran voce cura autentica per gli studenti, specie quelli più svantaggiati e in difficoltà.

A ben vedere, c’è solo da stupirsi che ci sia voluto così tanto: per parte mia, già nel 2013 avevo messo il luce la natura persino incostituzionale della maturità conseguita nella nostra provincia, in difformità dal resto d’Italia. E quando Gerosa, nuovo Assessore all’Istruzione, dichiara che l’esame a settembre incide sul bilancio delle famiglie più del sistema delle carenze, in fondo ha ragione: sta dicendo che ora il problema di un sostegno estivo agli studenti non esiste, o è residuale, perché non contando nulla la verifica a settembre della carenza formativa, è venuto meno il principale incentivo a superare davvero le difficoltà. Tanto ci pensa la scuola a rassicurare, certificando che va tutto bene con promozioni-farsa, esami sempre più ridicoli e comunque – anche nei rari casi in cui rimangano seri – ininfluenti sul percorso scolastico dei loro figli.

Sarebbe questa la “scuola della premura” messa a rischio dai nostalgici del passato che rimpiangono un’educazione lacrime e sangue? Ma mi faccia il piacere – sbotterebbe il grande Totò. Torniamo seri, non severi. E magari domandiamoci dove vogliamo andare davvero. Perché a furia di cantarcela e suonarcela, è la stessa logica dell’autonomia a trasformarsi in una barzelletta. Con un capovolgimento subdolo e clamoroso di priorità che può essere notato solo guardando le cose dall’alto: le nostre comunità educative sono sempre più dominate da una burocratizzazione spietata che soffoca ogni reale premura verso la crescita degli studenti, intappolandoli in un sistema che falsamente li rassicura, costituendo esso stesso la causa profonda di un disorientamento che diventa tristezza, frustrazione per l’insuccesso (che i nostri allievi percepiscono anche e soprattutto quando facciamo finta “per il loro bene” che tale non sia), angoscia senza un perché. Curando gli effetti per soffocare le cause, in Trentino ci siamo costruiti una scuola malata d’illusione.

 

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Giovanni Ceschi
insegna Latino e Greco al Liceo Prati e presiede il Consiglio del sistema educativo

 

 

 

 

 

 

 

 

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