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LETTERE AL DIRETTORE

ANDREA MERLER * ELEZIONI: « SENZA IL PATT -PARTITO TERRITORIALE PER ECCELLENZA- DIVENTA DIFFICILE POTER PARLARE ANCORA DI “ANOMALIA TRENTINA” »

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11.34 - lunedì 15 agosto 2022

Nel polo progressista trentino, a soli quaranta giorni dal voto, si continua a portare avanti un dibattito surreale, a parlare di architetture politiche e di candidature che non appaiono certo innovative. Di programmi elettorali non se ne parla proprio e non si arriva a trovare un punto di convergenza per provare a distinguersi con quella che molti descrivono come l’anomalia trentina.

Cosa vuol dire anomalia trentina? Uno schema totalmente diverso da quello nazionale, ma che le dinamiche ultra-regionali sembrano bloccare. Il primo a sfilarsi è stato il Patt e senza il partito territoriale per eccellenza diventa difficile poter parlare ancora di anomalia trentina.

Se alla fine ci fosse l’accordo con Azione, Italia Viva, i Civici di Campobase sarà pur sempre un accordo parziale perché manca della parte autonomistica. L’anomalia trentina dovrebbe avere al proprio interno il Patt non ricreare un “tertium genus” (un terzo genere – ndr) per giustificare un’anomalia che non esiste.

Forse si potrà avere per le provinciali 2023, ma tutto dipenderà dall’esito delle elezioni del 25 settembre. Nei sondaggi il centrodestra corre e il distacco appare ormai incolmabile.

Il classico schema bipolare è diventato quadripolare perché oltre al centrodestra e al polo progressista, ci sono il terzo polo di Calenda e Renzi e il M5S di Conte. Sono però convinto che la maggioranza degli elettori, bombardati dalla campagna elettorale ferragostana, decideranno solo a settembre come e per chi votare.

Finora abbiamo assistito ad una campagna elettorale che pare riportarci indietro nel tempo. La riproposizione della flat tax, la tassa piatta con aliquota fissa per tutti in evidente contrapposizione alla proporzionalità dell’art. 53 della Costituzione, il salario minimo legale, simbolo della debolezza strutturale della contrattazione collettiva sono i temi più dibattuti.

Per il resto rimangono le polemiche tra atlantisti e nazionalisti, sulla composizione delle alleanze e candidature, tra chi vuole l’agenda Draghi e chi pensa invece ad una nuova agenda politica. Sembrano scomparsi dal dibattito politico quelli che sembravano essere i temi più urgenti: inflazione, caro energia, gestione del Covid e vaccinazioni, guerra in Ucraina, disuguaglianze sociali, di genere, giovani e lavoro.
Penso che agli elettori non interessino più le alchimie politiche create ad arte per farci distrarre, ma vogliano capire le soluzioni alle emergenze vere del nostro Paese.

Le sfide elettorali si dovrebbero vincere o perdere non per questioni ideologiche, di simboli di partito, ma affrontando i temi e sulle proposte politiche per provare a risolverli. La politica in fondo serve proprio a questo non per fare show mediatici. Il sintomo evidente di questo è dato dall’astensionismo. Il 40% o forse più di elettori non votanti sta diventando fisiologico, ma nessuno s’interroga seriamente su come riuscire a recuperare, almeno in parte, una fetta considerevoli di elettori che ormai non credono più in questa politica.

Sono veramente troppi quelli che rinunciano al loro diritto di voto, ma che non mi sento certo di biasimare perché l’alternativa tra la politica degli slogan e l’esigenza di qualità, responsabilità e serietà non appare così evidente nell’attuale offerta politica. Sembrano quasi tutti impegnati a giustifica i cartelli elettorali per rispondere alle esigenze di adeguamento ad una legge elettorale come il Rosatellum che favorisce le aggregazioni e le coalizioni.

Ormai è tardi per cambiare la legge elettorale, ma rimane una delle riforme politiche da realizzare nella prossima legislatura e bisognerà decidere se è preferibile il maggioritario, il proporzionale puro o un sistema misto. Non sono tutte uguali le leggi elettorali e una norma può indirizzare le scelte politiche. Lo vediamo plasticamente oggi dove si è quasi costretti a stare assieme anche se non si condivide pienamente la visione politica. La differenza tra avere colazioni e cartelli elettorali sta anche qui.

Il dibattito sulla legge elettorale così come eventuali modifiche costituzionali dovrebbero coinvolgere tutti i partiti. Il Presidenzialismo che serve all’Italia non è quello dell’elezione diretta del Presidente della Repubblica, ma quello del Capo del Governo. I cardini della nostra Costituzione sono i controlli e gli equilibri tra i vari poteri dello Stato e in questo il Presidente della Repubblica ha un ruolo fondamentale che non deve essere cambiato.

Si potrebbe fare anche con la nostra Costituzione rigida, ma sarebbe come smentire i principi dei padri costituenti e francamente non se ne vede l’urgenza. Ci sono altre parti della Costituzione da migliorare sicuramente come i rapporti di competenza Stato-Regioni del titolo V e dell’art.117 in particolare.

Auspico infine che un giorno vi sia anche piena consapevolezza politica dell’esigenza di dare una prospettiva ai nostri giovani. Per farlo non bisogna solo limitarsi alle dichiarazioni d’intento, ma cominciare a dare loro lo spazio che meritano per riuscire a diventare la classe dirigente del futuro. Tutti i partiti dovrebbero impegnarsi a creare queste opportunità nelle liste delle candidature, ma per questo serve generosità e lungimiranza politica che ancora non vedo.

 

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Dottor Andrea Merler

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