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COPPOLA (EUROPA VERDE) * APSS: « CARENZA RISORSE UMANE, SERVE UN DIALOGO SERRATO CON CHI LAVORA NELLA SANITÀ »

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17.39 - mercoledì 26 ottobre 2022

(Il testo seguente è tratto integralmente dalla nota inviata all’Agenzia Opinione) –
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Intervento in Aula della consigliera Lucia Coppola in relazione alla richiesta della minoranza alla assessora Segnana di aggiornare e informare il Consiglio provinciale sulla carenza di risorse umane in APSS.

Pare che sia ormai all’ordine del giorno la propensione dei medici e degli infermieri a fuggire in massa dal Trentino, all’estero o nel settore privato. Questo riguarda soprattutto la nuova generazione, quella che dovrebbe essere protagonista del sistema sanitario nazionale e locale, consapevoli del fatto che proprio la Provincia di Trento è la prima responsabile della tutela dei suoi cittadini e dunque anche delle garanzie per chi concretamente opera nel settore.

Purtroppo già nel novembre 2016 il giornale “Quotidiano Sanità” affrontava il tema della carenza di medici e riportava i dati delle richieste di lavoro all’estero: 396 nel 2009, 2363 nel 2014.Un fenomeno generalizzato che riguarda tutto il nostro paese. Inoltre tra i medici che a livello europeo chiedevano da lavorare all’estero il 52% era italiano.

Va detto che viviamo in un Paese che grazie a un importantissimo articolo della nostra Costituzione, l’articolo 32, ha sin qui garantito a pieno il diritto alla salute per tutti, ciò non toglie che negli ultimi anni la sofferenza della sanità italiana e anche trentina sia sotto gli occhi di tutti, creando evidenti disparità tra chi può permettersi di essere curato in tempi brevi dalla sanità privata e chi non ne ha la possibilità.
Ma uno dei temi sul quale dobbiamo confrontarci oggi è quello dei sanitari che si licenziano e che poi vengono assunti con contratto privato, e con costi maggiori per l’azienda. Si era parlato, ricordo, di 4 milioni di euro stanziati, per quest’anno, per far fronte all’emergenza.

Di fatto assistiamo a una privatizzazione, sotto false spoglie, della sanità trentina. Non vi è altro modo per definirla.
Riguardo alle sostituzioni (gravidanza, pensioni, trasferimento o aspettativa) la programmazione dei concorsi pubblici non è molto complessa, ci sono le piante organiche definite per ogni servizio, dove sta la difficoltà per le sostituzioni?
E certo non è pensabile che aumentino i costi per l’utenza e per la sanità pubblica a scapito dei servizi.

Un medico libero professionista, con un turno di 12 ore, può percepire fino a 1200 euro, ma quanto meno costa un medico dipendente che svolge lo stesso servizio? Vogliamo parlarne?
Resta il tema, sullo sfondo, della necessità, vista la situazione preoccupante, di accentrare maggiormente le risorse sugli ospedali più grandi e centrali rispetto a quelli periferici.
Oltre ai temi ben noti della sanità trentina (mobilità passiva, liste di attesa) con evidenti difficoltà, come detto, per le persone meno abbienti, la mancata sostituzione di medici infermieri, OSS e personale di segreteria crea nei reparti difficoltà gestionali importanti. Tra una cessazione e una assunzione infatti i tempi sono biblici.

A ciò si aggiunge l’insufficienza del personale nelle Rsa, che sta rendendo impossibili le condizioni di lavoro di chi resta e resiste malgrado tutto, rendendo i servizi alla persona inevitabilmente di qualità più scadente.
C’è poi il tema della disparità di trattamento economico per gli infermieri tra il Trentino e l’Alto Adige: 3.000 euro in Alto Adige a fronte di 1.500 euro circa in Trentino, il che non rende certo attrattivo restare nella nostra provincia.
Dunque, parlare delle risorse umane nella sanità è tutt’altro che peregrino. Anche se a detta degli utenti la grande qualità degli addetti ai lavori, sia per competenza che per passione e attaccamento al lavoro, riesce a sopperire alle carenze, è impossibile fare finta di niente.
La relazione tra il governo della provincia, l’assessorato alla sanità e il personale, un atteggiamento di ascolto e rispetto restano fondamentali, così la pianificazione, prendendo in esame ambito per ambito, ascoltando e cercando insieme soluzioni condivise e soddisfacenti per l’utenza, i lavoratori e le lavoratrici, i sindacati e l’Azienda Sanitaria.

La soluzione non è mai l’esternalizzazione con cui di fatto si privatizza in modo strisciante e neppure sottovalutare quanto incidano negli abbandoni i carichi di lavoro, i turni e le condizioni salariali, totalmente inadeguate allo stato attuale. Il benessere, inteso come “stare bene” del personale, è fondamentale nella relazione coi pazienti e nel pieno esercizio della professione.
Tenendo presente sempre che il Covid, tutt’altro che debellato, ci tiene ancora sotto scacco ed ha condizionato pesantemente la situazione lavorativa, la complessità dell’assistenza, le assenze per aver contratto il virus, le sospensioni del personale non vaccinato. Influisce pure l’aumento dell’età media dei lavoratori e delle lavoratrici.
I dati ci raccontano che mentre a livello europeo si riscontra una presenza di 9 infermieri ogni 1000 abitanti, in Trentino sono 7,5.
Per non parlare dei giovani infermieri laureati che per evidenti motivi si rivolgono all’estero dopo aver avuto in Italia un’ottima formazione.

Il senso di questa richiesta di approfondimento è proprio la necessità di una doverosa riflessione in Consiglio e di una relazione da parte dell’assessora competente sullo stato dell’arte, anche perché la sensazione che ci sia una sottovalutazione e una minimizzazione dei problemi legati alla sanità trentina è piuttosto presente a livello di opinione pubblica e di addetti ai lavori.

Altro tema evidenziato è quello del part time, attualmente dato al 70% e prevalentemente legato alla legge 104, dal quale vengono escluse molte mamme con figli che non ce la fanno con l’orario completo, oltre alla mancanza di nidi aziendali per favorire la conciliazione. A detta di molte lavoratrici il privato ora offre condizioni più favorevoli del pubblico e ciò fa pensare ad una regressione preoccupante a fronte di molte dichiarazioni che vanno in senso contrario.
Altro tema posto è quello degli alloggi nelle vicinanze dei luoghi di lavoro, difficile ovunque ma in particolare per chi lavora in luoghi turistici. Alloggi pressoché introvabili o molto costosi.

Cosa serve allora? Serve un dialogo serrato con chi lavora nella sanità, lavoratori, utenti, sindacati, territori. Serve investire davvero sulle preziose risorse e competenze presenti nella nostra provincia, rendendo accettabile la loro condizione lavorativa, valorizzando gli operatori sanitari dal punto di vista retributivo. Essendo grati, dimostrandolo, perché questa tipologia di lavoro attiene a conoscenze tecniche ma anche a doti di generosità, empatia, sacrificio, cura che non possono essere date per scontato.

Solo così si batte lo scoramento, la demotivazione e il burn out dovuto a fatiche eccessive in condizioni di emergenza soprattutto a causa della pandemia da Covid che ha letteralmente sfiancato tutti gli operatori sanitari, sia fisicamente che psicologicamente. E con ciò concludo sperando in una positiva evoluzione di una situazione che allo stato attuale non può che destare preoccupazione.

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Lucia Coppola

Consigliera provinciale/regionale-Gruppo Misto/Europa Verde

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