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LETTERE AL DIRETTORE

LORENZO DELLAI * ORSI TRENTINO: « FOSSI NEI PANNI DI FUGATTI NON ENFATIZZEREI I PROCLAMI DA SCERIFFO, PERALTRO NON FACILI DA ATTUARE »

Scritto da
10.11 - mercoledì 12 aprile 2023

Gentile direttore Franceschi,

su sua richiesta allego il testo di quanto oggi pubblicato sul quotidiano “l’Adige”, anche per consentire la visione ai lettori di Opinione.

Lorenzo Dellai

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Mi è sembrato giusto attendere almeno qualche giorno, per rispettare il lutto della famiglia e della comunità solandra, prima di provare a dire qualcosa su questa tragedia. Altri hanno deciso diversamente, anche con uscite sopra le righe: ognuno si comporta secondo la sua sensibilità. Penso che nessuno – tolto la famiglia di Andrea – può puntare l’indice accusatore contro altri o ritenersi assolto da ogni responsabilità politica ed istituzionale.

In ogni caso, io avverto il dovere di questo minimo pudore. Potrei far finta di cavarmela chiarendo che – contrariamente a quanto si dice in giro – il Progetto Life Ursus non lo ha né ideato né approvato nessuna Giunta Provinciale da me presieduta. Che la proposta iniziale risale al 1993 e la approvazione definitiva ed esecutiva precede la mia elezione a Presidente. Che durante il mio mandato non ci sono state aggressioni di orsi alle persone.

Tutto vero e documentabile. Ma sarebbe però insopportabilmente inutile e un poco meschino. Tutti siamo, in varia misura, responsabili: chi ha ideato il progetto scientifico sottovalutando che la mobilità interalpina degli orsi liberati in Trentino sarebbe stata fortemente condizionata dalle barriere urbanistiche e dalle attività insediative esistenti; chi ha condiviso formalmente il progetto a nome delle Province confinanti (Bolzano, Verona, Sondrio, Brescia) e non ha di fatto collaborato; chi ha governato e sta governando le Istituzioni trentine e nazionali senza reagire in tempo utile per evitare che l’esperimento sfuggisse di mano; chi da ultimo ha lanciato proclami senza però dire come renderli di fatto praticabili; chi ha confuso la giusta difesa di una specie protetta con la difesa “senza se e senza ma” di ogni singolo esemplare, concorrendo così paradossalmente proprio a far crescere l’dea di una insanabile antinomia tra orso e comunità locali.

Dunque, facciamoci tutti un esame di coscienza e cerchiamo almeno di imparare da questa tragedia qualcosa di utile per il futuro.
Ogni progetto, benché positivo nelle intenzioni, deve essere “gestito”, in modo da contemperare i valori in campo – che non sono tutti uguali anche se tutti meritevoli di attenzione – e da garantire il preminente diritto alla sicurezza delle persone e quello delle tradizionali attività sociali ed economiche dei territori.

Il Presidente Fugatti ha emanato una ordinanza per la rimozione dell’orso che ha aggredito Andrea. Mi pare doveroso e non capisco le ragioni di chi si oppone. Per gli orsi, però, non vale il principio di rimuoverne uno per educarne cento. Certo che questo animale va rimosso al più presto: non per rappresaglia, ma per un principio sacrosanto di cautela.

Sappiamo però che ciò riguarda l’emergenza, non la strategia per il futuro. Per questo, credo che occorra innanzitutto ottenere piena potestà di gestione del progetto in capo alla Provincia Autonoma. Ci avevamo provato (mi pare nel 2015) in Commissione dei Dodici. Eravamo arrivati – con l’allora Ministro dell’Ambiente Galletti – ad ipotizzare una Norma di Attuazione al riguardo. Ma la condizione posta dal Governo era che ogni provvedimento provinciale fosse subordinato al parere vincolante dell’ISPRA. La Provincia non accettò (credo giustamente) e non se ne fece nulla.

Il tema rimane prioritario. Suggerisco di riprenderlo immediatamente, anche per rafforzare la tenuta giudica dei provvedimenti previsti dalla LP 9/2018. Occorre poi rilanciare con forza le iniziative di informazione e di conoscenza sul territorio. Ovviamente non possiamo accettare che la gente non frequenti più la nostra montagna, ma la prevenzione (su questo tema come su molti altri) rimane comunque fondamentale.

E serve potenziare gli strumenti di monitoraggio del progetto, con le tecnologie e le competenze specifiche che ciò comporta e con una adeguata dotazione di personale specializzato. Anche il tema del dimensionamento quantitativo – e della qualità genetica – della popolazione di orsi presenti è assolutamente pertinente. Ma occorre affrontarlo in modo scientifico, non a “spanna”.

Ed è giusto prevedere di conseguenza tutti gli strumenti di intervento necessari per garantire tale equilibrio di sostenibilità, anche se non sarà per nulla facile. La presenza di orsi e lupi (nel secondo caso non derivante peraltro da progetti di reinserimento provinciali: va detto, perché in giro si sente di tutto) è una realtà ormai irreversibile. Non si può eliminare ma si deve assolutamente gestire. Anche con strumenti di contenimento che non possono essere esclusi dalle teorie della supremazia dei diritti “assoluti” degli animali, che sarebbero “a casa loro” (come ha detto la Lucarelli), mentre chi abita, vive e lavora in montagna sarebbe un “ospite quasi abusivo”. Esemplare, nella sua sobrietà, la risposta della fidanzata di Andrea.

Trovo francamente ingeneroso ed offensivo questo atteggiamento esterno verso di noi e verso le nostre istituzioni, a prescindere dal colore politico di chi le guida. Il Trentino – che ha accettato la sfida di reintrodurre l’orso nel suo territorio, ma chiede di poter avere piena potestà di “gestione” del progetto – ha fatto e sta facendo mille volte di più per la tutela di questa specie protetta rispetto a chi – anche difronte ad una tragedia – si limita a lanciare strali e saccenti giudizi sui social o nei talk show.

Chi, ogni giorno, fatica nel vivere in montagna garantisce l’equilibrio del territorio anche a beneficio generale delle pianure e delle metropoli. Non si merita dunque le rampogne animaliste e i rimbrotti dei benpensanti da salotto. Sappiamo che vivere in simbiosi con la montagna comporta difficoltà e compromessi. Ed esige responsabilità. Ci siamo abituati da sempre.

Servono dunque coesione comunitaria, nervi saldi e determinazione. Così come si richiede un nuovo approccio alla gestione effettiva del Progetto Orso, ispirato a equilibrio, competenza e rigore tecnico – scientifico. Non vedo sinceramente altra via per l’accettazione sociale (e dunque per la sostenibilità) di questo progetto che, ripeto, non ho né ideato né approvato io, ma che ormai fa parte della nostra scommessa di territorio. Con i suoi drammi, le sue potenzialità, le sue esigenze di rispetto di una ragionevole cultura del limite.

Cultura del limite e della compatibilità che non vale solo per le politiche di sviluppo economico degli umani, ma anche per il diritto degli animali selvatici.  Fossi nei panni del Presidente Fugatti, non enfatizzerei i proclami da Sceriffo, peraltro non facili da attuare. Il problema, del resto, va ben oltre la scadenza del prossimo ottobre, sia per lui che per i suoi avversari.

Faccia quel che deve fare un Presidente in questa emergenza, con il coraggio, la discrezione e la prudenza che servono – e l’opposizione ne sostenga le decisioni, se così ispirate, anche se lo stesso Fugatti, nel recente passato, ha avuto altri atteggiamenti non certo collaborativi verso chi stava al Governo della Provincia – ma nel contempo convochi a Trento i più credibili esperti internazionali di questa materia per capire come impostare una gestione “sostenibile” di questo progetto. E non abbia timore di confrontarsi anche con chi la pensa diversamente: le buone ragioni del Trentino sono più forti degli integralismi.

La questione non è solo locale, ma nazionale ed europea. La gente di montagna ha dei doveri verso il Paese e verso l’Europa, ma ha anche diritti inalienabili, che vanno tutelati. Sarebbe il momento giusto per proporre a Trento una Conferenza Europea sulla questione dei grandi carnivori e sul suo rapporto equilibrato con le esigenze insopprimibili della sicurezza delle Comunità e con la salvaguardia delle forme tradizionali di vita e di lavoro sulle Alpi.

 

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Lorenzo Dellai

Già Presidente della Provincia autonoma di Trento

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