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NICOLA PAOLI (SMI) * COVID – COMMISSIONE PARLAMENTARE INCHIESTA: « IN TRENTINO NON C’ERA UN PIANO PANDEMICO AGGIORNATO, OLTRE A QUELLO DEL 2015-2018 A FIRMA ZENI »

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16.10 - martedì 7 marzo 2023

(Il testo seguente è tratto integralmente dalla nota stampa inviata all’Agenzia Opinione) –
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Come Smi Trentino ci auguriamo, al pari della nostra Segretaria Nazionale Pina Onotri, che l’istituzione di una Commissione parlamentare d’inchiesta, sulla gestione dell’emergenza epidemiologica da Covid-19, in discussione presso la Commissione Affari Sociali della Camera dei Deputati, serva a far luce su quello che non ha funzionato con la pandemia. Anche sul perché in Trentino non c’era un piano pandemico aggiornato, oltre a quello del 2015-2018 a firma Zeni.

E se questo è stata diretta conseguenza della infezione di decine e decine di medici, non solo di medicina generale, con un decesso avvenuto da noi a fine marzo 2020.

Soprattutto l’obbligo, per tutti noi medici solo raffreddati, di stare in casa senza munirci, il nostro datore del lavoro APSS, di dispositivi di protezione; e di supplenti dirigenti medici, visto che i convenzionati erano introvabili, obbligandoci a lavorare infetti per non creare interruzione di pubblico servizio di cui non abbiamo colpe alcuna.

Lo stato di emergenza, in Italia, fu dichiarato a seguito dell’alert, alla comunità internazionale, da parte dell’OMS. Si chiedeva, di assumere iniziative di carattere straordinario e urgente,per fronteggiare il virus nella collettività presente sul territorio nazionale e trentino, per quel che ci riguardava, a seguito della diffusione della pandemia da Covid-19.

Nonostante questo; nonostante il sottoscritto avesse chiesto in Comitato provinciale per la medicina generale a fine gennaio 2020, alla presenza di Bordon e Ruscitti, dove erano le mascherine per poterci difendere come medici; nonostante ci avessero l’8 febbraio 2020 consegnato, a soli 50 su 330 medici di famiglia che rischiarono la vita giungendo a Trento, un unico Kit con 1 camice chirurgico monouso; 2 paia di guanti in nitrile,1 mascherina facciale oltre dieci mascherine chirurgiche da consegnare ai nostri pazienti (1500 ammalati per ciascuno di noi), per molti mesi abbiamo lavorato senza dispositivi di protezione personale negli studi e a domicilio dei nostri ammalati. Tutta la razionalizzazione del servizio ospedaliero e territoriale non è servito per i medici di medicina generale, perché convenzionati.Ritenuti cioè estranei rispetto al corpo sanitario operante nel Servizio Pubblico.

Come tali, lasciati ad organizzarsi da soli,secondo la mail di maggio 2020 proveniente dal Distretto Giudicarie che li invitava ad acquistare i DPI, da privati, nelle farmacie sguarnite. Auspichiamo che il lavoro della Commissione parlamentare d’inchiesta sulla gestione dell’emergenza epidemiologica da Covid-19 non cerchi colpevoli.

Metta, però, in luce anche gli errori della gestione APSS nelle fasi iniziali del sistema organizzativo, laddove si spergiurava alla stampa, da parte aziendale, che nessun medico era in rianimazione ancora lo stesso giorno che moriva la dott.ssa Trimarchi.

Dobbiamo ringraziare l’attuale Direttore Generale Ferro se, per un breve periodo in cui era a capo del Dipartimento igiene e sanità pubblica, inizialmente, ricevemmo con la Protezione civile, più che con gli alpini, adeguate mascherine FFP2 per difenderci.Questo non lo dimenticheremo mai, alla luce degli ostacoli di molti altri operatori dirigenti aziendali nei nostri confronti.Ci auguriamo ché non succeda mai più quello che si è verificato.

Allo stesso tempo delinei le premesse affinché si avvii un percorso per il riconoscimento dell’infortunio sul lavoro, anche per i medici convenzionati con il Servizio Sanitario provinciale.

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Dottor Nicola Paoli

Smi – Sindacato medici italiani (Trentino)

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