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MINISTERO DIFESA * GUERRA IN MEDIO ORIENTE: « AIUTI UMANITARI A GAZA, INFORMATIVA DEL MINISTRO CROSETTO PRESSO LA CAMERA DEI DEPUTATI »

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07.49 - giovedì 7 dicembre 2023

(Il testo seguente è tratto integralmente dalla nota inviata all’Agenzia Opinione) –

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Informativa del Ministro della Difesa sul ruolo dell’Italia negli aiuti umanitari a Gaza presso la Camera dei Deputati.

Signori Presidenti, Onorevoli Senatori e Deputati, ringrazio per l’occasione offertami di poter relazionare sulle iniziative umanitarie intraprese dalla Difesa a seguito dell’insorgenza del conflitto in Medio-Oriente ed effettuare un’informativa a questa Camera.
Nel recente passato siamo stati spettatori di una situazione di equilibrio apparente a Gaza, frutto di una serie di relazioni e intrecci tra i Paesi medio-orientali, caratterizzati più da opportunismo geopolitico che dalla logica confessionale o da affinità ideologica.
Eravamo convinti, incluso Israele, che la cospicua mole di finanziamenti internazionali – leciti e illeciti – giunti a Gaza avrebbe permesso di stabilizzare, prima, e normalizzare, poi, la condizione dei palestinesi nella Striscia; nonostante il sostanziale colpo di Stato ai danni dell’Autorità Nazionale Palestinese, pensavamo che Hamas potesse gradualmente abbandonare le sue progettualità ostili nei confronti di Israele, divenendo un soggetto politico con lo scopo di migliorare le condizioni della popolazione palestinese. Ciò, tuttavia, non è successo!

Non abbiamo colto, nessuno, l’impiego dei fondi da parte di Hamas, per incrementare le proprie capacità militari e fare della Striscia una fortezza, con centinaia di chilometri di tunnel sotterranei e centri di comando spesso occultati in prossimità di ospedali, moschee, scuole e asili. L’attacco terroristico perpetrato lo scorso 7 ottobre, frutto di una pianificazione militare molto complessa, articolata, prolungata e aiutata dall’esterno, ha determinato una reazione immediata da parte di Israele, il cui obiettivo è la neutralizzazione del gruppo terroristico. Nel mio recente viaggio a Tel Aviv, ho potuto verificare di persona come l’attacco abbia determinato non solo nel Governo, non solo nelle Forze Armate ma nella coscienza collettiva israeliana una reazione emotiva paragonabile a quella degli Stati Uniti dopo l’11 settembre: uno shock collettivo! Hamas ha sfruttato il momento più propizio, con una situazione di profonda debolezza di Israele, attraversato da tensioni istituzionali, politiche e sociali, alle quali faceva da contraltare un importante processo di normalizzazione politico-diplomatica con il mondo arabo e musulmano, in particolare con Arabia Saudita e Turchia. La reazione israeliana, ha avuto come prima conseguenza il congelamento, speriamo non la morte, di quel processo.

Sul piano squisitamente militare, l’attacco di Israele a Gaza si è sviluppato secondo, oserei dire, un copione atteso: con una imponente manovra terrestre, anticipata prima e affiancata poi da massicci bombardamenti aerei e di artiglieria. Hamas, al contempo, ha reagito, e continua a farlo, con un fitto lancio di razzi verso Israele, contro obiettivi in larga misura civili e spesso indiscriminati.
A fattor comune, la condotta delle operazioni su entrambi i fronti, seppur con dinamiche e motivazioni differenti, ha avuto conseguenze dirette sulla stessa parte inerme, cioè i civili. In tal senso, ragionamenti basati sul Diritto Internazionale umanitario sono corretti, necessari, indispensabili ma purtroppo sembrano sterili nell’attuale contesto di Gaza. Hamas impiega tattiche e procedure criminali, quali l’utilizzo di infrastrutture civili – ospedali in primis – per fini bellici e l’uso della popolazione civile spesso come “scudo”. Nel contempo, i bombardamenti israeliani, per quanto preannunciati e condotti con sistemi d’arma che vengono definiti ad elevata tecnologia e precisione, non garantiscono sufficiente discriminazione tra obiettivi legittimi e illegittimi, a causa della elevata densità abitativa a Gaza, della necessità militare di colpire i tunnel di Hamas, i cui accessi sono stati realizzati per la gran parte all’interno di edifici pubblici e privati, e del citato uso dei civili come “scudo”.

Da tutto ciò deriva un quadro drammatico, che rende complessi, difficilissimi, gli sforzi della comunità internazionale per alleviare le sofferenze della popolazione civile e porre fine al conflitto. Fine del conflitto che, nella logica di Israele, non può prescindere dalla soppressione definitiva di Hamas. Dalla sua neutralizzazione totale dal punto di vista militare. Dall’impossibilità di Hamas di attaccare Israele. Credo ci sia una quasi piena condivisione sulla natura terroristica di Hamas, salito al potere a Gaza con la violenza, e sul fatto che esso non rappresenta la causa del popolo palestinese e le sue legittime aspirazioni: non è un interlocutore credibile, nonostante alcuni vogliano farci credere il contrario. Un segnale positivo nella dinamica della crisi, arriva dall’accordo, mediato da Qatar ed Egitto, per una tregua temporanea di 4 giorni necessaria a consentire lo scambio di prigionieri, 50 tra donne e bambini israeliani in cambio di 150 prigionieri palestinesi. Tregua poi prolungata ulteriormente e per la quale il Governo italiano, ci tengo a dirlo e a sottolinearlo, si è molto adoperato. Il Presidente Meloni in primo piano, il Ministro Tajani, io stesso, durante la visita in Qatar, nei giorni immediatamente successivi all’attacco di Hamas, abbiamo chiesto ai nostri interlocutori qatarini, io al mio omologo e all’Emiro Al Thani un deciso intervento per la liberazione degli ostaggi, in virtù di un privilegiato canale di dialogo che Doha ha con Hamas.

Nel quadro descritto, la priorità dell’Italia è evitare un’ulteriore escalation del conflitto a livello regionale: una eventualità che, oltre alle gravissime ripercussioni politiche, economiche e umanitarie, innescherebbe una ulteriore polarizzazione delle relazioni internazionali, già messe a dura prova dal conflitto russo-ucraino, e provocherebbe verosimilmente una nuova pressione migratoria, incrementando masse di rifugiati, tra le quali potrebbero infiltrarsi criminali o terroristi pronti a colpire in altre nazioni.
L’attività diplomatica internazionale e lo spiegamento di forze nel Mediterraneo orientale hanno esercitato finora una efficace azione di deterrenza, prevenendo il possibile ingresso nel conflitto di attori terzi, quali l’Iran ed Hezbollah. Per quest’ultimo, osserviamo per ora che le azioni contro Israele appaiono oggi di bassa-media intensità, sembrano perlopiù finalizzate a tenere Tel Aviv impegnata militarmente anche sul fronte nord.

In questo ambito, si inquadra l’azione diplomatica del Governo italiano, che ha visto l’impegno costante e coordinato del Presidente del Consiglio, del Ministro TAJANI e del sottoscritto in ogni consesso. Come dicevo prima, io sono stato in Qatar, in Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, in Israele e, poi, all’ONU, dove ho incontrato il Segretario Generale GUTERRES e il Vice Segretario Generale per le Operazioni di Pace LACROIX. Senza contare ormai i quotidiani e numerosi e quasi giornalieri contatti telefonici con i miei omologhi dell’area medio-orientale, della penisola araba e del nord-Africa. Non meno rilevante per l’Italia è la protezione dei civili. Come ho già avuto modo di dire, la condotta delle operazioni su entrambi i fronti non garantisce sufficiente discriminazione tra obiettivi militari e civili. Il rapido deterioramento della situazione umanitaria e sanitaria nella Striscia di Gaza impone poi l’urgente apertura di canali per l’assistenza e per l’erogazione di aiuti umanitari e assistenza sanitaria a tutta la popolazione civile.

Per questo, assieme ai colleghi degli Esteri, abbiamo immediatamente realizzato un ponte aereo umanitario verso l’Egitto, inviato nell’area un ospedale imbarcato e avviata la pianificazione e al ricognizione per lo schieramento – auspichiamo il prima possibile – di un ospedale da campo nella Striscia di Gaza. A tal riguardo, il 27 novembre scorso, il Consiglio dei Ministri ha deliberato la dichiarazione dello stato di emergenza per intervento all’estero, a seguito degli accadimenti in atto nei territori della Repubblica araba di Egitto per l’afflusso di profughi da Gaza. Per i primi interventi è stato finanziato un milione di euro, a valere sul Fondo per le emergenze nazionali.
A tutto ciò si aggiunge anche la necessità di salvaguardare l’incolumità dei nostri connazionali, civili e militari, presenti nell’area. Ricordo che in Libano, tra la missione UNIFIL delle Nazioni Unite e la missione bilaterale MIBIL a favore delle Forze Armate libanesi, abbiamo oltre mille militari schierati. Per questo, il nostro sforzo è orientato anche alla protezione dei contingenti nazionali, prevedendo l’innalzamento delle misure di sicurezza e protezione e la predisposizione di eventuali operazioni di evacuazione.

Più in dettaglio, di concerto anche con altri Paesi NATO, quali Stati Uniti, Francia e Regno Unito, abbiamo rafforzato la presenza navale nel Mediterraneo orientale, quale elemento di deterrenza nei confronti di nuove minacce, a tutela dei contingenti militari schierati a ridosso dell’area di crisi e per possibile evacuazione dei civili, ove si rendesse necessaria.
Lo abbiamo fatto riarticolando il dispositivo dell’operazione “Mediterraneo Sicuro”, facendo gravitare nel Mediterraneo orientale alcune delle nostre unità navali. Ricordo che “Mediterraneo Sicuro” è stata autorizzata dal Parlamento con la Delibera Missioni 2023 e si compone di 6 navi, tra cui la Nave logistica Vulcano, che ha un ospedale imbarcato di tipo ROLE 2 PLUS con capacità diagnostica, chirurgica e di ricovero.

Inoltre, abbiamo aderito al meccanismo di coordinamento per l’eventuale evacuazione di cittadini europei dall’area: un’iniziativa congiunta di Francia e Regno Unito, che hanno stabilito un apposito Centro di Coordinamento sull’isola di Cipro, il cui governo ha messo a punto il cosiddetto “Piano Amaltea”, che mira a fare dell’isola uno snodo per la distribuzione degli aiuti e per l’eventuale evacuazione.
A questo si sono aggiunte, come ho già accennato, le attività finalizzate a fornire supporto e assistenza alla popolazione civile. Siamo stati, infatti, tra i primi ad attivarci per fornire una risposta concreta, effettuando un ponte aereo umanitario, con due C-130 della nostra Aeronautica che hanno sbarcato in Egitto, per il successivo trasferimento a Gaza, 16 tonnellate di medicinali, materiali da campo e generi di prima necessità, in collaborazione con la Cooperazione Internazionale del Ministero degli Esteri e con la Base Logistica dell’ONU di Brindisi. Successivamente, per far fronte all’emergenza sanitaria, abbiamo avviato un intervento più strutturato. Di questa intenzione ho informato i colleghi della NATO, dell’Unione Europea e dei Paesi arabi della regione, quali Arabia Saudita, Qatar, Emirati, Egitto, Giordania e Bahrein, invitandoli a contribuire all’iniziativa italiana, con l’obiettivo di darle una caratterizzazione più multinazionale possibile. Una iniziativa che, accennavo, prevede due linee d’azione parallele.

La prima è legata all’invio nell’area di Nave Vulcano. L’Unità ha raggiunto prima Cipro e pochi giorni fa ha imbarcato un team di medici e infermieri militari del Qatar, uno dei primi Paesi a rispondere positivamente al nostro invito. Ricevuta dall’Egitto l’autorizzazione a operare all’interno delle acque territoriali, Nave Vulcano ha attraccato al porto di Al Arish, distante pochi chilometri dal valico di Rafah, e ha ricevuto a bordo i primi pazienti palestinesi provenienti da ospedali egiziani, contribuendo così anche ad alleggerire la pressione sul sistema sanitario del Cairo. Ulteriori pazienti sono attesi, in deflusso da Gaza.

Da alcuni giorni, infatti, sono in corso contatti – principalmente con gli Emirati e la Giordania, che hanno già personale sanitario all’interno di Gaza – per poter stabilire le procedure necessarie a ricevere pazienti provenienti direttamente dalla Striscia. La gestione dei pazienti da far uscire dalla Striscia di Gaza è un nodo centrale, non semplice, su cui Difesa ed Esteri stanno lavorando in stretto coordinamento da settimane, grazie anche al canale comunicativo e di collaborazione istituito con la Task Force interministeriale, voluta dalla Presidenza del Consiglio. Questo tavolo consente di potersi avvalere con immediatezza delle competenze di tutti i Dicasteri, potendo così sviluppare in tempi rapidi attività sinergiche e azioni di supporto a ogni iniziativa in atto. Voglio, ad esempio, citare il Ministero della Salute che ha reso disponibili team pediatrici del Bambin Gesù e del Gaslini negli Emirati, con i quali lavoreremo in stretta collaborazione per la gestione sanitaria di circa un migliaio di bambini palestinesi. In queste attività stiamo anche coinvolgendo le Organizzazioni presenti a Gaza, come la World Health Organization e lo United Nations Office for the Coordination of Humanitarian Affairs.
Nel frattempo, al mio invito a partecipare all’iniziativa italiana hanno già dato riscontro l’Islanda e la Danimarca, con l’immediata fornitura di materiale sanitario, Malta e Giordania, per l’imbarco di loro Ufficiali medici su Nave Vulcano, mentre altri paesi – Algeria, Belgio, Portogallo, Repubblica Ceca, Montenegro, Slovenia, Spagna, Regno Unito e Tunisia – ci hanno già contattato per indentificare il tipo di contributo che possono fornire.

È poi in corso un’intensa collaborazione con la Francia per ottimizzare e coordinare le attività in territorio egiziano, capitalizzando la presenza nel porto di Al Arish anche della nave della Marina francese Dixmude, che dispone di capacità ospedaliere imbarcate simili a quelle di Nave Vulcano. La seconda linea d’azione prevede, invece, non appena ve ne saranno le condizioni, lo schieramento a terra di un ospedale da campo, che l’Esercito ha reso disponibile: l’intendimento è di poterlo collocare all’interno della Striscia di Gaza, al fine di essere aderente alle necessità di soccorso e cura della popolazione. Al riguardo, da giorni sono in corso interlocuzioni con Israele, Egitto ed Emirati Arabi per l’individuazione della soluzione più idonea.

E da ieri, acquisito l’assenso delle parti, è stata avviata la ricognizione da parte di un nostro team militare nel sud di Gaza.
Quanto finora descritto è stato posto in essere con la massima urgenza, al fine di consentire una risposta tempestiva alle necessità imposte dalla grave crisi umanitaria, operando sempre nel quadro della già citata Dichiarazione dello stato di emergenza, deliberata dal Consiglio dei Ministri lo scorso 27 novembre. Nel frattempo, la Difesa sta continuando ad effettuare le valutazioni di carattere operativo, logistiche, di sicurezza e legali necessarie all’avvio della “Operazione Levante”, così intendiamo denominare lo schieramento dell’ospedale da campo a Gaza e di tutte le attività ad esso collegate. Quando avremo un quadro maggiormente chiarificato – e questo contiamo possa avvenire anche grazie alla ricognizione in atto – potremo definire e avviare l’iter di autorizzazione di questa attività, con il coinvolgimento del Parlamento per l’autorizzazione di eventuali ulteriori iniziative.

In questo scenario la Difesa italiana ha dimostrato, ancora una volta, di essere pronta a fare la sua parte, non solo con interventi umanitari ma anche rendendosi disponibile a supportare le iniziative di pace, in attuazione di eventuali accordi internazionali che, ci auguriamo, possano mettere rapidamente fine al conflitto in corso. L’Italia è storicamente percepita come un attore affidabile, credibile e rilevante nei processi di normalizzazione e stabilizzazione della regione. La Difesa, in particolare, svolge un ruolo chiave in Libano, nell’ambito delle missioni UNIFIL e MIBIL, e in Iraq, con le missioni della NATO, in Kuwait, dove è rischierata la Task Force Air. A queste si aggiunge la presenza di due nostri Carabinieri in Cisgiordania, voluti dal Comando americano, per la credibilità acquisita e la capacità di dialogo con la Polizia palestinese.

Le Forze Armate italiane hanno inoltre sviluppato solidi rapporti con le Forze Armate di Paesi arabi – come Arabia Saudita, Egitto, Giordania, Emirati Arabi Uniti e Qatar – che saranno certamente tra i garanti dei futuri accordi di Pace. In questo senso, nei miei recenti incontri all’ONU con il Segretario Generale GUTERRES e il Vice Segretario LACROIX, ho posto l’accento sulla necessità di pensare già da ora al futuro, chiedendo che si inizi a lavorare sull’opzione di una possibile operazione post-conflitto sotto egida ONU, auspicando il coinvolgimento e la partecipazione dei Paesi arabi moderati e dando la disponibilità dell’Italia anche in un ruolo di rilievo.

I miei interlocutori all’ONU hanno apprezzato questa nostra apertura e ritengono che qualsiasi iniziativa della comunità internazionale non possa prescindere da un preciso obiettivo finale da conseguire: permettere all’Autorità Nazionale Palestinese di tornare a governare legittimamente su Gaza, per favorirne la crescita e lo sviluppo economico-sociale in un contesto di legalità, in attuazione degli Accordi di Oslo del 1993, e con la prospettiva di giungere finalmente a concretizzare la formula “una Terra, due Stati”.

Prima di concludere, voglio condividere la crescente preoccupazione mia e di alcuni miei colleghi Ministro della Difesa, per i recenti attacchi missilistici e in forma di pirateria posti in essere dagli Houti. Ove proseguissero, infatti, vi sarebbe il concreto rischio che le navi mercantili optino per rotte alternative, ben più lunghe, con conseguente significativo aumento del costo delle materie prime, soprattutto per l’Europa e la conseguente marginalizzazione del Mediterraneo; uno senario che di certo non andrebbe bene all’Italia e sul quale la Difesa sta già iniziando a lavorare. Concludo il mio intervento ribadendo, a nome del Governo italiano e – ne sono certo – delle Istituzioni tutte, il ringraziamento alle nostre donne e ai nostri uomini delle Forze Armate che, ancora una volta, con strettissimo preavviso, si sono fatti trovare pronti davanti alla drammatica crisi umanitaria in atto.

Grazie per l’attenzione.

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