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CORTE COSTITUZIONALE * GUIDA IN STATO DI EBBREZZA CON TASSO ALCOLEMICO SUPERIORE A 1,5 G/L: « IN CASO DI INCIDENTE STRADALE È SEMPRE REVOCATA LA PATENTE »

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11.36 - venerdì 27 ottobre 2023

(Il testo seguente è tratto integralmente dalla nota stampa inviata all’Agenzia Opinione) –
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La Corte costituzionale, con la sentenza n. 194 depositata oggi (redattore Giovanni Amoroso), ha dichiarato infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 186, comma 2-bis, del codice della strada, ritenendo che la sanzione accessoria della revoca della patente di guida costituisca una misura sanzionatoria non sproporzionata rispetto alla gravità intrinseca dell’illecito commesso.

La disposizione censurata, nel prevedere il reato di guida in stato di ebbrezza, contempla anche la sanzione accessoria automatica della revoca della patente per l’ipotesi più grave consistente nell’aver provocato un incidente stradale in ragione di uno stato di alterazione psico-fisica con tasso alcolemico superiore a 1,5 g/l.

La Corte ha evidenziato che nell’impianto sanzionatorio del reato vi è una progressione crescente, graduata sulla base del livello del tasso alcolemico con la previsione della sospensione della patente di guida per un periodo di durata via via più esteso.

Al culmine di questa progressione vi è la condotta più grave di tutte, per la quale è prevista la revoca della patente: è quella di chi si mette alla guida in stato di ebbrezza con tasso alcolemico superiore all’1,5 g/l, in una condizione tale da compromettere il controllo dell’autovettura provocando così un incidente stradale. Ciò costituisce un comportamento altamente pericoloso per la vita e l’incolumità delle persone, anche quando l’incidente stradale non provochi lesioni alle persone o il decesso delle stesse. È quindi sempre giustificata la revoca della patente per la maggiore pericolosità di tale condotta rispetto alle ipotesi non parimenti aggravate.

La revoca della patente di guida – osserva la Corte – non costituisce un automatismo sanzionatorio indifferenziato, bensì una misura coerente con la finalità preventiva della sanzione, perché evita che si ricrei tale situazione di pericolo per un congruo periodo di tempo. Essa persegue una finalità deterrente, perché sollecita una maggiore consapevolezza della gravità del comportamento, ed ha una funzione rieducativa, perché impone al condannato di sostenere nuovamente l’esame che lo abilita alla guida, attivando così un processo virtuoso di correzione tramite una utile formazione finalizzata alla prevenzione.

 

 

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È RAGIONEVOLMENTE PROPORZIONATA LA PENA DI TRE ANNI DI RECLUSIONE PER IL CONDUCENTE CHE, AVENDO CAUSATO LESIONI GRAVI, SI DÀ ALLA FUGA.

La «condotta dolosa» che il conducente, dandosi alla fuga, pone in essere dopo l’incidente, esprime la cosciente determinazione di non volersi assumere la responsabilità dei propri comportamenti: costui «decide scientemente di fare prevalere su tutto la propria impunità […] a scapito dell’interesse immediato delle persone coinvolte nell’incidente».

È quanto si legge nella sentenza n. 195 del 2023 (rel. il giudice Luca Antonini) depositata oggi con cui la Corte costituzionale ha dichiarato infondate le questioni sollevate sull’art. 590-ter cod. pen. nella parte in cui, se il conducente si dà alla fuga, porta il giudice ad applicare, per le lesioni personali stradali gravi, la pena invariabilmente fissa di tre anni di reclusione.

La Corte ha innanzitutto ribadito la propria giurisprudenza secondo cui previsioni sanzionatorie rigide non appaiono in linea con il volto costituzionale del sistema penale, risultando «“indiziate” di illegittimità costituzionale».  Ha però precisato che, nel caso della fuga del conducente, la pena minima di tre anni di reclusione che la norma censurata richiede comunque di applicare, «non può non essere riconosciuta ragionevolmente proporzionata», anche perché non suscettibile, per effetto dell’eventuale riconoscimento delle attenuanti, «di condurre, nella prassi applicativa, a risultati sanzionatori palesemente eccessivi rispetto alla gravità dell’illecito commesso».

Ha quindi concluso precisando che «la scelta di approntare una soglia minima di tre anni da applicare alla fuga del conducente» trova anche giustificazione in termini sistematici nel quadro del complessivo intervento realizzato dalla legge n. 41 del 2016, volto «a inasprire il trattamento sanzionatorio per le condotte che, attraverso la violazione delle regole della circolazione stradale, offendono l’incolumità personale e la vita».

In mancanza della soglia minima dei tre anni, infatti, «il calcolo di convenienza potrebbe indurre il conducente a scegliere la fuga», sia nella fattispecie base delle lesioni (perché a fronte del modesto aumento di pena si sarebbe evitato il coinvolgimento nella causazione dell’incidente), sia nell’ipotesi di lesioni gravi causate in caso di guida in stato di ebbrezza alcolica (oltre una certa soglia di tasso alcolemico) o sotto l’effetto di stupefacenti.

 

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