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MART – ROVERETO (TN) * COLLEZIONE DI GIAN ENZO SPERONE: « VISITA GUIDATA CON LUCA BEATRICE, 24 FEBBRAIO ORE 11.00 »

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16.40 - martedì 20 febbraio 2024

(Il testo seguente è tratto integralmente dalla nota stampa inviata all’Agenzia Opinione) –

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Luca Beatrice al Mart di Rovereto.Sabato 24 febbraio ore 11.00. Luca Beatrice, recentemente nominato presidente della Quadriennale di Roma e già curatore del Padiglione Italia alla 53a Biennale d’arte di Venezia, al Mart per condurre una visita guidata alla grande mostra dedicata alla collezione di Gian Enzo Sperone, a pochi giorni dalla chiusura. Insieme al curatore Denis Isaia accompagnerà il pubblico tra le meraviglie dell’esposizione.

L’incontro si inserisce all’interno delle quattro visite guidate con ospite organizzate dal Mart di Rovereto. In queste occasioni, il pubblico ha la possibilità di visitare la rassegna dedicata alla poliedrica collezione di Gian Enzo Sperone sotto la guida di critici, letterati, giornalisti e del curatore della mostra Denis Isaia.

La partecipazione è gratuita oltre al costo del biglietto di ingresso al Museo. Fino a esaurimento posti.

Maggiori informazioni su: www.mart.tn.it/visite-sperone

Luca Beatrice
Luca Beatrice è critico d’arte e curatore, insegna storia dell’arte e storia del design all’Accademia Albertina di Torino, Arte contemporanea allo IED di Torino e Arte e cultura contemporanea allo IULM di Milano.
Collaboratore di diverse riviste, è stato curatore della Biennale di Praga (2003- 2005) e commissario alla sezione Anteprima della XIV Quadriennale di Roma (2004). Nel 2009 è stato scelto come curatore del Padiglione Italia alla 53a Biennale d’arte di Venezia. Alla prossima Biennale sarà curatore del Padiglione della Repubblica dell’Azerbaigian insieme ad Amina Melikova. È da poco il nuovo presidente della Quadriennale di Roma.

 

 

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L’UOMO SENZA QUALITÀ GIAN ENZO SPERONE COLLEZIONISTA

Da un’idea di Vittorio Sgarbi
A cura di Denis Isaia con Tania Pistone
Mart Rovereto, 26 ottobre 2023 — 3 marzo 2024

“Sono nato per fare questa collezione”.
Gian Enzo Sperone è stato per sessant’anni una delle personalità più influenti dell’arte contemporanea internazionale. Mercante e talent scout ha mosso i primi passi nella Torino degli anni Sessanta, per poi sbarcare negli anni Settanta a New York. Da allora ha comprato, venduto, scambiato e acquistato migliaia di opere.

Il Mart presenta, per la prima volta tutte insieme, 400 opere provenienti dalla collezione privata di Gian Enzo Sperone. Una raccolta unica che affianca i grandi maestri del Novecento, come Giacomo Balla, Pablo Picasso, Lucio Fontana, Andy Warhol, a capolavori dell’arte antica, dall’archeologia romana ai fondi oro del XIV secolo, passando per i lavori di Iacopino del Conte, Sofonisba Anguissola, Bernardo Strozzi, Anton Raphael Mengs, Francesco Hayez.

È stato a lungo uno dei 10 galleristi più importanti del mondo, l’attuale sede newyorkese, la Sperone Westwater Gallery, è stata progettata dall’archistar Norman Foster, alla sua storia sono stati dedicati cataloghi e articoli di giornali. È Gian Enzo Sperone. Classe 1939, apre la sua prima galleria a Torino nel 1964, porta in Italia la nuova grande arte statunitense, lavora con i poveristi e i concettuali. Fiancheggia, fin da subito, le avanguardie più innovative, slegate dal passato, preferendo i linguaggi e le tendenze contemporanee. Frequenta i circoli degli intellettuali europei e americani. Con Konrad Fischer inaugura sedi a Roma e a New York, collabora con Ileana e Michael Sonnabend (a cui il Mart di Rovereto dedicherà una grande mostra nel 2005, anticipando l’interesse dei musei italiani per l’attività di grandi collezionisti e mecenati, protagonisti di numerose mostre negli ultimi anni).
Dagli anni Settanta Sperone fa la spola tra l’Italia e gli States, contribuendo agli scambi culturali e commerciali, promuovendo gli artisti più interessanti e collaborando con le maggiori istituzioni, gallerie, fondazioni. È tra i fautori del successo internazionale dell’Arte Povera e della Transavanguardia.

Parallelamente (e in principio quasi in sordina) alla ben nota attività di gallerista d’arte contemporanea, Sperone si dedica con febbrile passione al collezionismo. Senza limiti, né di tempo né geografici. Con curiosità e gusto non scontati, dà vita a una collezione sterminata e contradditoria, in cui figurano opere e manufatti di epoche diverse, a partire dal XIV secolo sino ai giorni nostri, e provenienti da numerosi paesi, dall’Europa all’Asia.

È su questa collezione che si concentra la mostra del Mart, ideata da Vittorio Sgarbi e curata da Denis Isaia con Tania Pistone. Attraverso 400 opere, alcune delle quali mai presentate nei musei italiani, la raccolta di Sperone racconta una passione senza confini per l’arte in ogni sua forma.

Con l’intenzione di stupire e divertire il pubblico, ma anche di sovvertire le regole della museografia contemporanea come già successo più volte al Mart, il percorso espositivo mescola stili, tempi, materiali, forme. Si comincia con una selezione di opere delle avanguardie storiche alla cui riscoperta Gian Enzo Sperone, seppur legato indubbiamente alle seconde avanguardie, contribuisce. In mostra quindi i padri del novecento, come Balla, Boccioni, de Chirico. Si prosegue incontrando una raccolta di capolavori che lascia senza fiato. Da Pablo Picasso a Andy Warhol, passando per Sofonisba Anguissola, Mimmo Paladino, Alighiero Boetti, Wim Delvoye, Julian Schnabel.

Sui confronti tra antico e moderno, tra scuole, movimenti e tecniche si gioca la mostra. In questo senso il progetto curatoriale rientra perfettamente nella linea di ricerca portata avanti dal museo di Rovereto fin dalla sua fondazione e rinnovata dal presidente Vittorio Sgarbi negli ultimi anni. Partendo dal presupposto che “tutta l’arte sia contemporanea” e che il contesto in cui un’opera viene fruita ne modifica la percezione, il Mart attraversa le epoche e riposiziona al centro del discorso culturale l’arte in quanto tale.
Dai fondi d’oro del XIV secolo al video di Gino De Dominicis, attraverso stampe antiche e tele colorate di Peter Halley, sculture di Mike Kelley e Tom Sachs la narrazione si sviluppa. Tra gli “antichi” spiccano una Madonna di Zanobi Strozzi del XV secolo e un fondo oro di Defendente Ferrari, eseguito nella prima metà del millecinquecento. Ma anche opere di Francesco Cairo, Luca Giordano, Jacopino del Conte.
Rispetto al percorso collezionistico di Sperone, la scelta di raccogliere capolavori antichi appare ancora più singolare: a lungo Sperone è stato considerato il pioniere del contemporaneo, lo scopritore di talenti, l’anticipatore del domani. Come Giano Bifronte, Sperone guarda in più direzioni: da un lato c’è l’attività di gallerista, perfettamente calata nel presente, se non addirittura nel futuro; dall’altro c’è la collezione privata, nella quale è possibile alimentare anche i contrasti dell’anima.
Coerentemente con la collezione di Gian Enzo Sperone, la mostra è onnivora, racconta un esercizio di gusto nel quale soggiacciono apparenti contraddizioni. Come un campo magnetico, attira e stordisce. Ideato dall’architetto Remoto Atelier, l’allestimento è scenografico, teatrale, magnificente.

La mostra è accompagnata da un ricco catalogo pubblicato da Silvana Editoriale con testi di Vittorio Sgarbi, Denis Isaia e dello stesso Gian Enzo Sperone e testimonianze di Goffredo Parise, Robert Rosenblum, Francesco Bonami, Alvar González-Palacios, Fabrizio Moretti.

Il percorso della mostra | Testi di sala

Gian Enzo Sperone (Torino, 1939) è stato per sessant’anni un gallerista militante nonché una delle figure più influenti nel mercanto internazionale dell’arte. Compagno di avventura di molti artisti, ha venduto opere di Andy Warhol, Robert Rauschenberg, Alighiero Boetti e di gran parte dei maestri del Novecento. In Italia come in America, Sperone si è impegnato in un’intensa attività espositiva, sostenendo le tendenze più innovative della sua generazione: l’Arte povera, l’Arte concettuale, il Minimalismo. Parallelamente, e in apparente contraddizione, ha collezionato stampe, dipinti e sculture antiche, miniature indiane e opere di ogni tempo, dal II secolo a.C. fino ai giorni nostri.
Il Mart presenta per la prima volta un’estesa selezione della Collezione Gian Enzo Sperone in un percorso che definisce ironicamente il profilo di un uomo apparentemente “senza qualità”, una figura contradditoria che sembra tradire i propri principi ed è guidata da un vorticoso impulso di accumulazione. Nel dileggio del titolo è da cogliersi in verità la testimonianza di una coscienza alta e ironica che desidera allungare lo sguardo oltre la propria, pur rilevante, storia. Ciò che emerge da questa mostra è un raro e libero intreccio tra contemporaneità e antichità che indica il piacere e la capacità di apprezzare l’arte di ogni tempo.

Avanguardie italiane e americane tra Torino, Roma e New York
Gian Enzo Sperone apre la sua prima galleria a Torino nel 1964, appena venticinquenne. Da subito si impegna nella militanza artistica esponendo le opere delle nascenti avanguardie. Dopo essere stato uno dei principali fautori dell’Arte povera e del suo successo internazionale, nel 1971 apre una seconda sede a Roma in collaborazione con il gallerista tedesco Konrad Fischer. La partnership con Fischer è un esempio della fitta rete di relazioni attraverso le quali Sperone amplia il suo raggio d’azione. Nel 1972 inaugura la galleria di New York dove, oltre a promuovere l’arte italiana, rappresenta artisti concettuali come Douglas Huebler, Robert Barry e Richard Long.
Le opere qui esposte sono la testimonianza del lavoro che vede il gallerista dividersi tra l’Italia e l’America, condividendo con gli artisti una battaglia generazionale.

Un visionario onnivoro
A partire dagli anni Sessanta e con maggior insistenza dagli anni Ottanta, Gian Enzo Sperone colleziona prima suppellettili e poi opere d’arte antica. In mostra sono allestite due grandi quadrerie: la prima, visibile in questa sala, è dedicata ai molti ritratti presenti nella Collezione; la seconda, esposta più avanti, è riservata invece alle storie, ai miti e alle allegorie. In entrambe si delinea il profilo di un collezionista dal gusto internazionale, più affascinato dall’arte inquieta della Controriforma che dalla compiutezza classica del Rinascimento. Non mancano i ritratti di personaggi italiani, francesi e inglesi vissuti nel Settecento e nell’Ottocento, che al collezionista appaiono come dei compagni ideali. È il caso del licenzioso abate François-Joachim de Pierre de Bernis, del beffardo ritratto del pittore Coenraet Roepel o dell’antiquario del XIX secolo Antonio Sanquirico. Un’altra caratteristica di questa Collezione è la propensione al buffo, all’ironico e al grottesco, uno sguardo leggero e alternativo rivolto allo scorrere della vita.

Figure e contaminazioni
La storia di Gian Enzo Sperone è legata sin dall’inizio alla figurazione. Le prime mostre che organizza sono dedicate alla Pop art americana e italiana e tra gli artisti presentati figurano Andy Warhol e Mario Schifano. Anche Tano Festa e Aldo Mondino appartengono alla schiera dei pochi artisti che, nel solco dei linguaggi sperimentali, utilizzano la figurazione per suggerire un ironico dialogo con la storia o con lo spettatore. Nel ritorno alla figura dopo anni di predominio dell’arte astratta e concettuale alla fine degli anni Settanta, un ruolo chiave è storicamente attribuito al gruppo della Transavanguardia, sostenuto da Sperone sin dagli arbori e promosso con successo anche nel mercato americano. Nelle opere della Transavanguardia l’antichità, anche quella folkloristica e popolare, viene a patti con le ragioni espressive della pittura, intesa come materia capace di trasmettere emozioni. Anche gli ultimi decenni dell’attività di mercante di Sperone confermano il rinnovato interesse per la figurazione, spesso con inclinazioni grottesche e ironiche.

Ode all’impossibile
La mostra si è aperta con un quadro che recita: “Ho visto il futuro e non ci sono andato”. L’opera può essere considerata un ritratto ideale del collezionista che, dopo essere stato un mercante d’avanguardia, è divenuto un cultore dell’arte antica. La dichiarazione contenuta nel quadro non è, tuttavia, da intendersi come un atto di sfiducia nei confronti del futuro, bensì come una presa di posizione di colui che, sopraffatto dai costi sempre più elevanti dell’arte moderna e contemporanea, rivolge la sua attenzione a opere dove trova un miglior rapporto tra qualità e prezzo. Non c’è infatti alcun dubbio che Sperone continui a essere un sostenitore del futuro e un visionario, come ci ricordano i due video di Gino De Dominicis che chiudono il percorso. In queste opere vediamo l’artista impegnato in ripetute azioni oggi impossibili ma che potrebbero essere forse plausibili in futuro.
Lodare la storia e inventare il presente: questa è la lezione che Sperone ci consegna.

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