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LETTERE AL DIRETTORE

MAURO MARCANTONI * AUTONOMIA: « NON CONSENTIRE CHE LA PREPOTENZA DELLE URGENZE O LE SEMPLICISTICHE RADICALIZZAZIONI DEI SOCIAL CI DISTOLGANO DALLA CONSAPEVOLEZZA DI CHI SIAMO »

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08.52 - sabato 5 febbraio 2022

C’è un libro di Robert M. Pirsig del 1974, “Lo zen e l’arte della manutenzione della motocicletta”, che ha segnato un’epoca tanto inquieta quanto generativa. Padre e figlio undicenne partono per un viaggio in motocicletta con due amici che però sono costretti ad abbandonare l’avventura per un guasto dovuto alla scarsa manutenzione del loro mezzo. È un testo denso di contenuti, tra il sociologico, il filosofico e l’introspezione psicoanalitica, che ha posto una questione che va molto oltre la contingenza del momento storico in cui è stato scritto: la necessità di manutenere con arte il mezzo meccanico, ma anche quello psichico, culturale e sociale, con cui diamo senso e continuità alla nostra vita individuale e collettiva.

La simmetria tra l’Autonomia e il messaggio del libro di Pirsig, ovviamente con i necessari aggiustamenti, è a conti fatti ragionevole. Come è ragionevole chiedersi quale oggi sia, della nostra “-Autonomia-motocicletta”, il reale livello di manutenzione. Precisiamo subito che questo livello non è per il Trentino riconducibile a fenomeni di breve periodo, solo legati all’attualità. Per dare una risposta attendibile è necessario arretrare nel tempo di oltre vent’anni, dalla fine degli Anni Novanta, quindi ben prima della grave crisi dei subprime e del disastro provocato dalla pandemia.

Già all’inizio del nuovo secolo erano emersi, con tutte le loro implicazioni problematiche, gli effetti di un mutamento epocale che ha trovato il Trentino e il suo sistema d’autogoverno impreparati. Un mutamento che ha messo a nudo la sostanziale precarietà della nostra Autonomia di fronte alle sfide della globalizzazione, di internet e, più di recente, del Covid. La principale ragione di questa precarietà sta nell’affievolirsi del nostro capitale sociale, un fattore fondamentale che attiene al valore primario dello spirito civico e al radicamento sul territorio, quello trentino appunto. Un capitale sociale fatto di memoria e di appartenenza, ma non meno di alte competenze professionali e relazionali, di responsabilità civica, di amore per l’ambiente, di attenzione alle persone e alle zone più deboli, di senso di legalità, di partecipazione fattiva alle questioni di interesse comune.

La “particolarità” di tutto questo è il fondamento primo dell’Autonomia e della sua Specialità, il resto, Provincia autonoma di Trento compresa, è una conseguenza.
Ma il capitale sociale rappresenta anche il principale “generatore” della nostra classe dirigente, pubblica e privata, a cui compete l’impegnativa responsabilità di governare un Trentino in piena e complicata trasformazione. E qui sta il problema. La classe dirigente che in questi ultimi trent’anni ha retto le sorti del Trentino si è costantemente e fortemente impoverita, per la mancanza di una adeguata manutenzione, culturale prima ancora che istituzionale, e per l’eccessiva centralità del presente. E questo è un grave rischio che il Trentino deve saper affrontare.

Per chi pensa che il passato e il futuro siano contenuti nel presente, i problemi non esistono, perché il “qui e ora risolve tutto: basta massimizzare l’autosufficienza dell’oggi. Ma se più realisticamente consideriamo il presente una zona di connessione, un giunto scorrevole tra quel che era e quel che sarà, allora trascurare passato e futuro a favore del presente è davvero una cattiva scelta. Magari nel “qui e ora” la motocicletta funziona, ma per quanto tempo ancora?
Quindi, per far vivere e per manutenere appropriatamente la Specialità della nostra Autonomia, sono necessarie sia condizioni che derivano dal “sentire” collettivo della gente, sia condizioni che riguardano chi ci governa, senza distinzioni tra maggioranze e minoranze, considerato che ciascuna di queste componenti ha una sua precisa funzione.

Nel primo caso, a cominciare dalla scuola e dalle molte opportunità di formazione civica, ovviamente adeguatamente rafforzate, sarà necessario rinverdire i perché dell’Autonomia: di quella di ieri, di quella di oggi e di quella che verrà. Se il fondamento dell’Autonomia e della sua Specialità sta in quel “particolare sentire” che nel corso del tempo la ha generata e alimentata, è evidente che la consapevolezza di questo “sentire” è la condizione prima per la sua conservazione e rigenerazione.

Contestualmente dovrà essere effettuato un coraggioso investimento in cultura di governo, perché gestire una macchina tanto complessa, in un contesto tanto problematico, non è possibile adottando schemi superati, o improvvisandone di nuovi. Ci vogliono passione, intelligenza e generosa disponibilità ad investire seriamente sulla costruzione di una classe dirigente capace di reagire in modo qualificato e innovativo alle sfide del presente e del futuro, senza perdere radici e memoria.

E questo è possibile entrando con determinazione ed impegno nel merito dei problemi più veri e importanti, non consentendo che la prepotenza delle urgenze o le semplicistiche radicalizzazioni dei social ci distolgano dalla consapevolezza di chi siamo, di come funzioniamo, delle mete collettive che vogliamo raggiungere.

 

 

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Mauro Marcantoni

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