Gentile direttore Franceschi,
allego quanto oggi pubblicato sul quotidiano “IlT”, anche per consentire la visione ai lettori di Opinione.
Vanessa Masè.
Consiglio Provincia autonoma Trento (La Civica)
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L’articolo pubblicato recentemente sul “T” con il quale la Presidente dei vignaioli del Trentino Balter denuncia una situazione inaccettabile sulla svendita della Nosiola credo meriti un supplemento di riflessione.
Innanzitutto, mi preme rivendicare una terzietà da osservatrice del sistema vitivinicolo trentino: sono convinta che tutti gli attori siano importanti, per la loro storia, per il loro impegno, per aver aver saputo interpretare in maniera diversa bisogni e opportunità di questa nostra terra. La cooperazione agricola ha consentito organizzazione, struttura e reddito ai molti agricoltori trentini, tutelandoli anche in annate difficili e cercando di valorizzare e far crescere il loro lavoro. Dall’altra, lo spunto, l’iniziativa, la tenacia e l’indipendenza dei numerosi vignaioli ci consente di valorizzare nicchie importanti, di avere perle che rendono ancora più prezioso e riconoscibile il nostro territorio. Entrambi gli apporti sono quindi fondamentali e irrinunciabili per il Trentino.
Ma quanto dice Clementina Balter rispetto alla Nosiola prodotta da una grande cooperativa in questo periodo in vendita sugli scaffali della GDO a poco più di 3 euro, è un messaggio importante che cerca di tutelare tutto il sistema provinciale.
La Nosiola è infatti un vitigno a bacca bianca coltivato da molto tempo sulle colline di Pressano e Sorni, in Val d’Adige e in Valle dei Laghi; unico vitigno bianco autoctono trentino, conta ora una superficie vitata di poco più di 50 ettari, perché nel corso degli anni la sua coltivazione ha ceduto il passo in maniera massiva al pinot grigio e allo chardonnay.
Oggi questo vitigno può, a pieno titolo, rappresentare l’orgoglio di credere nelle proprie origini e nelle proprie peculiarità, grazie anche alla sua versione passita che, in Valle dei Laghi, proprio in questo periodo lo trasforma nel famoso e pregiato Vino Santo. Chi, nel corso degli anni, ha deciso di credere ancora in questa produzione, oggi si propone sul mercato con una bottiglia che non guarda a tutti i portafogli. Non si tratta solo di una scelta di posizionamento: si tratta anche della conseguenza di una superficie contenuta che porta a una produzione di circa 7 mila quintali (rispetto ad esempio ai 330 mila del pinot grigio).
Parafrasando tutto ciò dal punto di vista dell’Autonomia provinciale, potremmo dire che il pinot grigio sta alla popolazione di lingua italiana come la nosiola sta al mocheno o al cimbro: entrambe ci caratterizzano, ma è fondamentale continuare a tutelare quello che ci rappresenta anche storicamente, benchè minoritario, per continuare a ritrovare noi stessi anche nel futuro. Ed è quello che fanno eventi come DiVinNosiola, ad esempio: una vetrina importante i cui obiettivi potrebbero essere ulteriormente accresciuti, ad esempio, veicolando l’immagine di questa produzione locale sostenendone la commercializzazione, cosa che invece politiche sottocosto certo non fanno.
Non amo incentivare l’immagine che l’erba (la vite in questo caso) del vicino (altoatesino) sia più verde e di qualità, ma nell’ambito vitivinicolo qualche domanda è utile all’intero sistema, soprattutto per poterlo proiettare con ancora maggiore forza nel futuro. Domande che hanno lo scopo di generare stimoli, e non paura o ancor peggio chiusura, ma che è necessario porsi con onestà intellettuale. Siamo sicuri che il tema delle rese sia oggi declinato, complessivamente, nel modo migliore? A fronte del grido forte e attuale che il mondo agricolo sta lanciando rispetto alla bassa redditività, stiamo lavorando, come sistema, nel modo giusto? Le minacce oggi rappresentate dalle fitopatie, come la flavescenza dorata, vengono, o sono state, affrontate da tutti nel modo più adeguato, con la necessaria chiarezza e strategia?
Su questo, la Provincia, anche contando sul valido e riconosciuto aiuto di Fem, ha saputo dare nel corso degli ultimi anni segnali forti e univoci, grazie ai quali il numero di insetti vettori – e quindi di piante infette – è drasticamente calato. Ciò è stato fondamentale, perché proprio pensando alla redditività dei nostri contadini, non potevamo certo permetterci quello che accadde anni fa nel Oltrepò pavese, quando la compromissione dei vigneti fu altissima.
Abbiamo quindi oggi tutti una grande responsabilità affinché il settore vitivinicolo trentino possa continuare a crescere, essere forte, peculiare e competitivo. Abbiamo una grande tradizione alle spalle, fatta di tanti saperi e di un terreno nato e modellato per esaltare la produzione di vini eccellenti che, ciascuno nel proprio ruolo, cerchiamo di portare nel mondo. Ma tutti dobbiamo remare dalla stessa parte, per il bene di tutto il nostro territorio.
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Vanessa Masè – Consigliere provinciale La Civica / Presidente Terza Commissione