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LETTERE AL DIRETTORE

GIOVANNI CESCHI * LETTERA AL MINISTRO VALDITARA: « MI RIVOLGO A LEI CERCANDO DI SPIEGARE PERCHÉ QUESTA RIFORMA È QUANTO PIÙ LONTANA SI POSSA IMMAGINARE DALLE REALI ESIGENZE DELLA NOSTRA SCUOLA »

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16.13 - venerdì 3 marzo 2023

Gentile direttore Franceschi,

allego quanto oggi pubblicato sul quotidiano “l’Adige“ (3/3), anche per consentire la visione ai lettori di Opinione.

 

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Giovanni Ceschi

 

 

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LETTERA APERTA AL MINISTRO SULLA CARRIERA DOCENTI

Egregio ministro Valditara,
sono un docente trentino. Di quel Trentino che in Italia l’immaginario comune considera privilegiato, virtuoso, sperimentale: un modello. E mi rivolgo a Lei per tre motivi. Primo, perché un ministro dell’istruzione che associa nel suo titolo il “merito” (mai successo nella storia repubblicana) è interlocutore ideale per una riflessione sul merito. Secondo, perché i Re Magi dell’istruzione trentina si sono già presentati a Lei, di recente, seguendo la stella cometa di un’occasione più unica che rara: intestarsi la prima “riforma della carriera docenti” nella nuova stagione del merito italiano. Terzo, perché l’assessore Bisesti punta a siglare il suo quinquennio al governo della scuola, proprio in extremis e senza soverchi sforzi per coprirsi di gloria nei quattro anni precedenti, con un’iniziativa attesa da decenni – come ha proclamato – dagli stessi insegnanti. Gli elementi di realtà su cui quest’insopprimibile inclinazione della scuola trentina per la carriera docenti si fonderebbe non è dato conoscerli, ma tant’è: quando le premesse sono così dogmatiche, ogni dialogo del “riformatore” con il mondo reale è impossibile; e quindi mi rivolgo a Lei come autorevole garante di una terzietà impossibile nel cortocircuito locale: quello per cui il decisore politico nomina il dirigente generale, e costui è un superiore gerarchico del sovrintendente (scelto fra i dirigenti scolastici) e quindi chi dovrebbe sovrintendere all’intero sistema è in realtà tributario dei sottoposti alla sua teorica sovrintendenza.

Mi rivolgo a Lei cercando di spiegare perché questa riforma è quanto più lontana si possa immaginare dalle reali esigenze della nostra scuola. Non parlerò di sostenibilità economica, perché non è il mio lavoro e lascio il compito a quanti hanno fatto comunque notare che i costi dell’incremento stipendiale per i futuri “docenti in carriera” quando la riforma fosse a regime (quindici milioni di euro?) sarebbero insostenibili alla luce delle risorse che la politica è disposta a stanziare in prospettiva. Del resto, con la riforma a regime saremmo politicamente in un’altra era e sarebbe impossibile presentare il conto a chi avesse fatto male i conti… Non parlerò nemmeno dei problemi sindacali che il progetto, finora solo sbandierato alla stampa, pone sul tavolo: uno su tutti, come armonizzare il nuovo profilo giuridico (temporaneo o definitivo?) dei docenti “esperti, ricercatori e funzionali all’organizzazione” con lo status precedente e con il diritto alla mobilità provinciale e nazionale. Del resto, al sacro furore dell’innovazione vorrai mica mettere i bastoni fra le ruote con simili quisquilie?
Mi limiterò dunque a porre alcune domande a Lei, come ministro dell’istruzione e del merito, sul senso di questa “riforma”.

La prima: il merito riconosciuto in un sistema non dovrebbe essere coerente con i valori che quel sistema riconosce come fondanti per la sua esistenza? E la scuola, da almeno quarant’anni, afferma di se stessa che la collaborazione didattica supera l’individualismo della pur necessaria competenza disciplinare; di più, che tale modello collaborativo e non escludente è essenziale anche come esempio per i destinatari di ogni azione educativa (gli studenti) che andranno intesi come collettività e mai come singoli. Finisce così che il principio alla base del presunto merito confligga drammaticamente con l’idea di merito che ha formato generazioni di docenti, ora destinati a magnifiche e progressive sorti di una carriera da affermare a spallate. Tutti contro tutti, perché nel mondo dei meritevoli non c’è posto per la pur ampia quota di non meritevoli che una simile logica oppositiva deve (vuole?) imporre. Esperti/ordinari. Ricercatori/abitudinari. Integrati/asceti.

La seconda domanda: che cosa s’intende per merito? Perché anche qui ho il timore che sia in agguato un colossale malinteso. Un po’ come quello della buona scuola renziana, che già nel nome presupponeva una simile logica manichea. Può esistere un merito che affermi una scuola a più marce, dove docenti formati e assunti per un’unica finalità (istruire le nuove generazioni, il patrimonio più prezioso per un Paese) improvvisamente siano diversificati dal sistema stesso? Ecco: una scuola a più velocità voluta dal pubblico datore di lavoro. Si dirà che tutti abbiamo avuto esperienza che nei fatti è già così: docenti più o meno meritevoli fanno parte dell’esperienza di ciascuno fra i banchi di scuola. E allora: non avendo la volontà, e nemmeno i soldi, per retribuire in modo adeguato tutti i docenti per un lavoro che dovrebbe essere ottimale sempre e da parte di tutti, cominciamo a premiare “quelli che meritano” anziché intervenire con strumenti contrattuali e disciplinari su quelli non all’altezza? Che se sono la maggioranza (e non lo credo, egregio ministro) non ci sarà merito che tenga: la scuola trentina, come quella nazionale, sarà affondata dai non meritevoli, così etichettati dal sistema stesso. Perché il merito – e mi avventuro in una risposta – va affermato, individuato e valorizzato negli unici aspetti che contano: una relazione didatticamente efficace con gli studenti e una collaborazione fertile di scambi professionali con i colleghi.

La terza domanda: chi sarebbe chiamato ad attestare questo merito, sulla cui definizione sorgono tanti e tali interrogativi? Una commissione esterna, mediante una nuova selezione cui sottoporre chi è già abilitato e assunto in ruolo da decenni? Un superiore gerarchico all’interno della scuola, con tutti i cortocircuiti che spingerebbero – com’è prevedibile – a premiare i più fedeli e integrati nel microcosmo? O un concorso per titoli, che a quel punto farà prevalere le doppie lauree, i master, i dottorati di ricerca e gli aggiornamenti “specifici”? In sintesi, egregio ministro: prima di considerare il Trentino innovativo e precursore nella nuova stagione del merito scolastico, Le chiediamo di confrontarsi in modo capillare con il nostro piccolo mondo tutt’altro che perfetto. Sarà necessario entrare – questo sì – nel merito di questioni che forse gli ambasciatori del merito non Le hanno riportato. Ne usciremo magari con un modello di valorizzazione condiviso davvero; o avremo capito che altre sono le priorità.
Con stima.

 

 

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Prof. Giovanni Ceschi
insegna Latino e Greco al Liceo Prati e presiede il Consiglio del sistema educativo provinciale

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