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LETTERE AL DIRETTORE

FRANCESCO PRANDEL * ISTRUZIONE PAT – LETTERA APERTA A CECCATO E PENDENZA: « CONSIDERAZIONI SULL’ONESTÀ INTELLETTUALE DEI DIRIGENTI SCOLASTICI »

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18.57 - venerdì 22 settembre 2023

Gentile direttore Franceschi,

le invio la mia “Lettera aperta” a Roberto Ceccato, Dirigente generale del Dipartimento Istruzione e Cultura, ed a Paolo Pendenza, dirigente scolastico e presidente della sezione trentina dell’Associazione Nazionale Presidi.

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Francesco Prandel (libero insegnante di Chimica)

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Cari dirigenti,

scrivo questa lettera aperta perché, col passare del tempo, il vostro silenzio su certe problematiche scolastiche sta diventando sempre più imbarazzante ed eloquente. Imbarazzante perché trattasi di temi che la scuola avrebbe dovuto considerare da tempo ma, in quanto politicamente scomodi e sconvenienti, vengono accuratamente evitati proprio da coloro che dovrebbero sollevarli ed affrontarli, cioè dai vertici del sistema scolastico (non solo da quelli di nomina politica). Eloquente perché questo silenzio scrive la cifra dell’asservimento politico che la scuola sta accettando con la più docile sudditanza. Il vostro tacere certi temi mette in evidenza quegli elementi cultuali e intellettuali che vengono sistematicamente ignorati o distorti – da chi sarebbe invece preposto a promuoverli e difenderli – non appena entrano in conflitto con il “politicamente corretto”: una sorta di ortodossia pseudo-religiosa che sta generando mostri di ogni genere proprio perché, come sosterrò nel seguito, è anche “eticamente corrotto”.

Due mesi or sono vi ho fatto pervenire una lettera aperta sul conflitto d’interessi legato alla didattica digitale. In buona sostanza, vi si chiedeva di chiarire la vostra posizione rispetto ai comprovati problemi di salute pubblica derivanti dall’impiego intensivo di dispositivi digitali da parte dei giovani. Problemi che la scuola sta aggravando da diversi anni, almeno dal momento in cui ha introdotto la didattica digitale. Ignorando, tra le altre cose, le evidenze sul fatto che la didattica digitale, lungi dal favorire l’apprendimento, lo ostacola.

La lettera, pubblicata da qualche quotidiano locale, è stata poi diffusa e condivisa da diversi lettori. I quali, sulla scorta del motto “chiedere è lecito, rispondere è cortesia”, avrebbero forse gradito un vostro riscontro. Ad oggi non è pervenuta alcuna risposta. Come l’hanno presa i lettori? Non lo so, ma non posso biasimali se ritengono che, evidentemente, non disponete di argomentazioni da opporre alle risultanze neuro-scientifiche né all’indagine conoscitiva effettuata dal Senato che ho riportato nella mia lettera.
Così, complice il vostro silenzio, grazie al PNRR le scuole saranno ancor più piene di schermi, e grazie al Piano Scuola 4.0 questi schermi rimarranno accesi ancor più a lungo. Stante questa situazione, la domanda che qualche lettore potrebbe porsi è la seguente: da che parte stanno i dirigenti scolastici? Stanno dalla parte del “politicamente corretto”, che in questo caso si declina nel servire forze politiche corrotte delle multinazionali del digitale? O stanno dalla parte della scuola, ché vuol dire esser disposti a mettere a rischio la posizione e lo stipendio pur di tutelare la salute degli studenti e il loro percorso di apprendimento?

Se la domanda è questa, presumo che quel lettore si sia già risposto da solo. Passo ora ad un’altra problematica, che negli ultimi tre anni ha coinvolto pesantemente anche la scuola. Il dibattito sulla gestione della pandemia è stato inquinato da diversi agenti e da diversi fattori, da ambo le parti. Ciò ha reso pressoché impossibile dirimere certe controversie in maniera lucida e obiettiva. Penso che ci sia un solo modo per farlo: partire dai dati ufficiali, i dati forniti dall’Istituto Superiore di Sanità nei suoi report mensili. Sono dati pubblici, forniti dall’ente preposto e accreditato, facilmente reperibili in rete. Per esaminarli non occorre aver seguito un corso di statistica avanzata, è sufficiente saper fare somme e divisioni.

Li volete vedere, signori dirigenti, o pensate che la cosa non vi riguardi perché vi siete attenuti alla normativa, e ritenete con questo di aver fatto tutto ciò che dovevate fare? Li volete considerare questi dati, o preferite emulare quei cardinali che si rifiutavano categoricamente di accostare l’occhio al cannocchiale di Galileo? In questo caso, credo non occorra aggiungere altro per convincersi delle condizioni intellettuali e culturali in cui versa oggi il nostro sistema scolastico. Se invece, sulla scorta del detto “varda se te voi veder” (trad. “guarda se vuoi vedere”) ci volete dare un’occhiata, potete agevolmente controllare se quanto sosterrò nel seguito è corretto. Mi limiterò qui ad esporre sinteticamente i dati relativi all’autunno scorso. Sono particolarmente significativi perché, in quel periodo, buona parte della popolazione aveva completato il ciclo “vaccinale”, dunque si trovava nella condizione di massima copertura.

I dati dicono questo: un anno fa si contagiavano mediamente 15 non “vaccinati” ogni 1000, e 20 “vaccinati” ogni 1000. Non occorre essere dei medici per dedurre da questi primi dati che il cosiddetto “vaccino”, ben lungi dal proteggere dall’infezione, ha indebolito il sistema immunitario di chi l’ha ricevuto. In altre parole, ci ha resi più vulnerabili. Tipicamente, per stemperare questa evidenza imbarazzante, viene mossa la seguente obiezione: forse il “vaccino” non protegge dall’infezione, ma previene il decorso grave della malattia, e con ciò evita il sovraccarico del sistema sanitario. L’obiezione non può essere accolta, perché contrasta apertamente con l’evidenza disponibile. I dati ISS sono molto chiari anche su questo punto: nel periodo di riferimento sopra indicato, cioè quando la popolazione godeva della massima copertura “vaccinale”, le ospedalizzazioni, i ricoveri in terapia intensiva e i decessi dei non “vaccinati” superavano quelli dei “vaccinati” appena di qualche unità ogni 1.000.000 casi. Anche qui, non è necessaria una laurea in medicina per rendersi conto che un farmaco da cui trae giovamento qualche persona su 1.000.000 non “funzionicchia”. Tutto questo, senza tener conto degli effetti avversi gravi correlati alla “vaccinazione”. Questi sono i dati di fatto. Il resto è “scienza” da salotto televisivo.

Si potrebbe obiettare che, col senno di poi, son capaci tutti di trarre conclusioni. Che quando è partita la campagna vaccinale questi dati non erano disponibili. Anche qui, l’obiezione viene respinta dai fatti. Nell’autunno del 2021, quando la scuola si accingeva a sospendere i docenti che rifiutavano il “green pass” o il “vaccino”, il foglio illustrativo del farmaco era già pubblico da tempo. L’avete letto, signori dirigenti, prima di mettere alla porta chi invece si era documentato? Se l’aveste fatto, forse vi sareste accorti che il farmaco era indicato solo per prevenire la malattia Covid-19 causata dal virus SARS-CoV-2 (cosa che, stando ai dati ISS sopra riportati, non è riuscito a fare). Forse vi sareste accorti che sono stati Draghi e Speranza a inventarsi che il “vaccino” previene il contagio dal virus SARS-CoV-2.

Questo, nelle indicazioni, non c’era scritto. E non c’era scritto semplicemente perché, sulla prevenzione del contagio, le case produttrici non avevano raccolto alcuna evidenza. La cosa è stata confermata persino dalla Pfizer, convocata presso il palazzo del Parlamento Europeo, nel corso di un’audizione tenutasi lo scorso autunno. Controllate. Dai fatti appena esposti si deve dedurre che certe affermazione di Mario Draghi come “il Green pass è una misura con la quale i cittadini possono continuare a svolgere attività con la garanzia di ritrovarsi tra persone che non sono contagiose”, o come “non ti vaccini, ti ammali, contagi, qualcuno muore” sono prive di ogni fondamento fattuale.

Sulla scorta di queste menzogne è stato edificato quel singolare impianto normativo che voi, dirigenti scolastici, non vi siete rifiutati di attuare, e che ha portato alla sospensione dal lavoro – e dallo stipendio – di tanti docenti. Del resto, come aveva intuito Joseph Goebbels, “una menzogna ripetuta mille volte diventa una verità”. Un bell’esempio di ciò che intendeva Hegel, quando sosteneva la variazione quantitativa di un fenomeno ne comporta una variazione qualitativa.

Cari dirigenti, per favore, non nascondetevi dietro il dito della normativa: non fareste altro che confermare quanto vado sostenendo. Un dirigente scolastico degno di questo titolo non può ignorare certi elementi culturali e intellettuali che si pretendono dagli studenti nei temi e nelle interrogazioni: se li ignora, finisce di convincere gli studenti che studiare è una perdita di tempo. La storia, in particolare quella del ‘900, insegna che rispettare le leggi non basta, bisogna anche chiedersi se sono giuste. Con Henry Thoreau la filosofia insegna che “una legge ingiusta è una forma di violenza alla quale è doveroso ribellarsi, in modo pubblico e non violento”, con Hanna Arendt che “chi sa di poter dissentire sa anche che, quando non dissente, esprime un tacito assenso”. Le scienze, dal canto loro, insegnano ad osservare ciò che accade, e a ragionarci sopra. Mentre vi riempivate la bocca di scienza, cari dirigenti, avete osservato e ragionato, o avete semplicemente eseguito gli ordini senza discuterli, come fanno i militari?

Qualche anno fa, quand’ancora dirigeva la scuola in cui insegnavo, Paolo Pendenza ha chiesto al Dipartimento Istruzione e Cultura di irrogarmi una sanzione disciplinare. Sentita la mia versione dei fatti, il Dipartimento ha ritenuto che non c’erano gli estremi per la sanzione. Pendenza, con me, non si è scusato. Confido che Roberto Ceccato sia una persona corretta ed educata, e che prima o poi porga le sue scuse ai docenti ingiustamente sospesi durante la pandemia. Sarebbe un gesto di civiltà, in mancanza del quale lascio al lettore il compito di chiedersi in che mani è la scuola trentina, e se davvero è in condizione di poter dare lezioni di educazione civica agli studenti.

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