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LETTERE AL DIRETTORE

ELIO BONFANTI * BY-PASS FERROVIARIO TRENTO: « SONO ANNI CHE SI STANNO CONFRONTANDO DUE IDEE DI SVILUPPO, RADICALMENTE ANTAGONISTE »

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19.41 - giovedì 8 febbraio 2024

Gentile direttore Franceschi,

le scrivo a proposito della circonvallazione di Trento. Non è tutto oro quello che luccica. Infatti è durato lo spazio di una notte l’effetto tranquillizzante della conferenza stampa del Viceministro Edoardo Rixi, dell’Amministratore delegato Rfi Gianpiero Strisciuglio, dell’Amministratore di Fs Sistemi Urbani Umberto Lebruto, accompagnati dal Sindaco di Trento e dal Presidente della Provincia, circa lo stato dei lavori della circonvallazione ferroviari di Trento.

L’Adige sabato 2 febbraio 2024, significativamente, titola “il Bypass è di nuovo fermo” e fa notare che “giovedì, accanto all’ amministratore delegato di Rfi” ad assicurare rispetto dei tempi, finanziamenti ed interramento della linea storica “non c’era la commissaria straordinaria per il quadruplicamento della linea del Brennero, Paola Firmi, implicita conferma che il ministro (Salvini) la sostituirà”.

Più che la mise del Sindaco, interpretata da taluni come un tentativo di distinguersi (vestendo alla gauche?!) rispetto alle grisaglie degli altri uomini di potere, la conferenza stampa, assieme al tentativo di dipingere la situazione come “sotto controllo”, aveva dato l’impressione di una recita fuori contesto.

Del fatto che Trento sia l’unica città italiana con 12 ettari di territorio sotto sequestro da parte della Procura delle Repubblica che indaga sugli inquinanti diffusi e dove il responsabile del progetto è indagato per “disastro ambientale” neppure un accenno, anzi, la convinzione che tutto si sistemerà…

Della revoca del finanziamento da parte dell’Europa e la conseguente fuoriuscita dell’ opera dal Pnrr, solo un accenno per dire che il Governo italiano assicura il finanziamento e l’opera non subirà ritardi … Dell’assenza, perfino dell’idea!, su dove reperire i soldi per l’interramento della linea storica dall’ ex Scalo Filzi fino al sottopasso di via Monte Baldo neppure una parola.

Tanto che la cosa in sala assomigliava più all’inizio della campagna elettorale per la comunali di Trento (che si terranno fra poco più di anno), con gli attori impegnati a tenere viva la propria narrazione, preoccupati delle conseguenze pesanti che l’incipiente fallimento avrebbe sul loro futuro politico, che non ad un incontro chiarificatore dove i problemi emersi in questi primi 11 mesi di “lavori” trovavano risposte concrete e puntuali.

La stessa vicenda dell’ interramento, così come è stata presentata (costituzione di due gruppi di studio che entro il 2024 produrranno un documento) assume l’aria del bluff del pokerista che di fronte alla assenza di carte da giocare (leggi crisi del progetto della circonvallazione) propone un improvviso rialzo della posta, nella speranza che gli avversari si spaventino e si ritirino dalla partita.

E non pare invece una ipotesi concreta, sopratutto alla luce di un nuovo protocollo d’intesa (di cui, peraltro, non si conosce pubblicamente nemmeno il testo) che certo non impegna Rfi a cacciare neppure un centesimo per mettere le rotaie sottoterra, neppure se il sedime ferroviario che si libererà favorirà parternariati lucrosi (leggi affari immobiliari e speculazione edilizia) per le aziende ferroviarie.

All’opposto, prende sempre più corpo l’impressione che dietro alla idea di “riqualificazione urbana” alberghi un grande disegno speculativo, di pesante consumo del territorio, di opportunità economiche per la rendita e le immobiliari, chiamate a partecipare al banchetto ed alla spartizione delle aree che l’eventuale interramento renderà disponibili.

A soli tre giorni di distanza l’impressione è quella di aver assistito al una operazione mediatica tesa per un verso a rinviare di qualche mese i nodi che sono venuti al pettine, nella speranza che “passi la nottata”, e per l’altro alla apertura di una nuova fase di cementificazione e speculazione urbana, costituita dalla alleanza fra cultura delle grandi opere e rendita immobiliare, dove il ruolo del pubblico è quello del facilitatore anziché quello del soggetto collettivo capace di pensare ad uno sviluppo che tuteli ambiente e qualità della vita.

Le criticità aumentano. Intanto l’opera è ferma, impantanata nelle numerose criticità che i comitati contro la circonvallazione ed il Movimento No Tav hanno messo in luce. Anzi, per alcuni versi (e fortunatamente per chi è convinto che questa sia un opera devastante per la città) i problemi aumentano. Nei giorni scorsi un altro dei “pilastri” su cui doveva reggersi il castello di carta della circonvallazione ha mostrato le sue crepe.

La Conferenza Provinciale dei Servizi ha di fatto bocciato l’idea di una rimodellazione della collina a monte della sorgente di Acquaviva (attraverso il deposito di centinaia di migliaia di metri cubi di smarino prodotti dallo scavo della galleria a due canne sotto la Marzola) aderendo alle tesi dei Comitati che, anche attraverso un esposto alla Magistratura, avevano richiamato la attenzione sui pericoli di un pesante inquinamento e sulla possibile perdita di una sorgente strategica per la città, parte fondamentale dell’acquedotto cittadino.

Lo stesso Comune, smentendo e lasciando solo il Sindaco, che improvvidamente aveva sottoscritto una convenzione nella quale si impegnava a trasformare in aree agricole di pregio il terreno rimodellato, ha di fatto invertito la marcia e mandato su tutte le furie i proprietari della Acquaviva srl che ora minacciano azioni legali contro la amministrazione.

Sul fronte degli imbocchi la situazione è ferma perché Rfi non ha ancora ottenuto la ottemperanza ad alcune prescrizioni avute dall’ opera durante il suo iter autorizzativo e soprattutto perché non è stato ancora approvato (nonostante le roboanti dichiarazioni di qualche tecnico comunale) il Piano di Utilizzo delle Terre (Put), bloccato a nord dal sequestro dei terreni a cavallo del sovrappasso di Nassyrja, ma anche dalla situazione di inquinamento dello scalo Filzi, dove dopo i 50 sondaggi effettuati alla fine del 2023 si è ritenuto necessario effettuare una eguale quantità di sondaggi circa la situazione della falda, posto che tutte le rilevazioni effettuate su quest’ultima (ad esempio, in più occasioni nel corso del cantiere per la bonifica delle rogge demaniali) testimoniano un pesantissimo inquinamento da Ipa (Idrocarburi Policiclici Aromatici).

Al riguardo ricordo che l’inquinamento dello scalo Filzi non era previsto ne nel Pfte approvato a luglio ne nel “Pfte plus” su cui si è svolta la gara di appalto e che al riguardo “ballano” ben 500 mila metri cubi di terreni che se inquinati sono da portare in discarica speciale, con costi sull’ ordine delle decine di milioni di euro! Ed ancora, sul Sito dell’Osservatorio, sono stati pubblicati i dati relativi ai sondaggi effettuati nel “cantiere pilota” a settembre dello scorso anno. Dati che modificano significativamente il quadro, rispetto alle rosee dichiarazioni fatte in occasione del Consiglio Comunale del settembre 2023.

Emerge infatti che le emissioni di Ipa e piombo tetraetile, rilevate sotto la tensostruttura che confina i lavori, sono in media significativamente superiori ai limiti massimi consentiti dal Codice dell’ Ambiente, che la struttura proposta per il confinamento non da garanzie per la sicurezza dei lavoratori!, che la situazione della falda è fortemente inquinata. Ma soprattutto emerge che la tensostruttura proposta da Rfi (identica a quella utilizzata per la bonifica delle rogge! sic) è inutilizzabile per la bonifica delle aree inquinate del Sin, essendo il fronte di scavo di circa 10 volte più largo di quello delle rogge stesse e i macchinari da impiegare altri almeno 10/12 metri (la tensostruttura avrebbe insomma una dimensione che ne impedisce la trasportabilità e lo spostamento!).

Tutto questo senza ricordare che siamo ancora in attesa sia delle analisi del soil-gas dei terreni della ex Sloi e della ex Carbochimica, sia delle analisi circa l’attuale situazione di inquinamento del SIN (annunciate dalla Procura), sia dei risultati delle analisi dei terreni sequestrati a fine luglio 2023.

Nel frattempo sono significativamente aumentati il costo ed i tempi (si parla di altri due anni di lavori e di altri due milioni di euro ) della bonifica delle rogge demaniali dopo il “ritrovamento” di una pesantissima situazione di inquinamento, irrisolvibile con le attuali tecnologie di bonifica, nella fossa di Campotrentino (inquinamento che se non bonificato potrebbe vanificare i lavori effettuati fino ad ora).

Nei giorni scorsi, probabilmente allo scopo di rafforzare la narrazione che vuole che tutto procede sotto controllo, è stata pubblicata la foto, proveniente dalla Cina, di una delle talpe (le famose Tbm) che dovrebbe essere impiegata per lo scavo della galleria a due canne sotto la Marzola.

Come si suol dire “El tacon l’e pezo del buso”. Nell’ ultimo crono-programma distribuito da Rfi le talpe avrebbero dovuto essere in Trentino a marzo 2024, dalle rassicurazioni date dal viceministro Rixi al Sindaco (pubblicate dalla stampa locale) si apprende invece che le vedremo “entro l’anno”, il loro costo doveva aggirarsi fra gli 80 ed i 100 milioni di euro, mentre ora si parla di un costo pari al 20% del valore dell’ opera (250 milioni di euro!), e non è chiaro se a pagarle dovrà provvedere lo Stato (e quindi la collettività) oppure se la loro spesa è addebitabile al Pnrr come spesa effettuata prima del definanziamento.

Infine due parole anche sui finanziamenti per la realizzazione dell’ opera. Nelle scorse settimane, annunciando l’arrivo a Trento del Vice Ministro Rixi (più volte rimandato probabilmente anche a seguito del coinvolgimento dello stesso nella vicenda relativa alla cricca di Tommaso Verdini) e dell’ Amministratore delegato di Rfi, il Sindaco aveva annunciato l’arrivo in città di un nuovo “cronoprogramma” delle opere. Salvo generiche rassicurazioni, nella conferenza stampa di giovedì del “cronoprogramma” neppure l’ombra, così come dei finanziamenti.

Tanto che è tutt’altro che peregrina l’impressione che, nella testa di Rfi, l’opera avanzerà con finanziamenti deliberati anno per anno, tenuto conto che fino ad almeno il 2033 non sarà pronto neppure il Tunnel di base del Brennero di cui la circonvallazione costituisce una delle tratte di accesso. Ci aspettano insomma almeno 10 ani di cantieri e di stravolgimento urbano, questa la vera impressione dopo quanto sentito giovedì scorso.

Grandeur edilizia e premio alla rendita. Il “progetto integrato” (circonvallazione e interramento), il viceministro lo ha definito il Piano di Sviluppo di Trento “per i prossimi 50/70 anni”, mentre sulla stampa si è parlato di “piano di programma fra tutti i proprietari di edifici e di aree interessate (RFI, Provincia, Comune, Università, Patrimonio del Trentino, immobiliaristi locali e provinciali, etc)”.

In verità si tratta dell’accantonamento (che si vorrebbe definitivo) di qualsiasi politica ambientale e di difesa dei suoli e del rilancio in grande stile della grandeur urbanistica della città, del premio alla rendita vista come motore dello sviluppo. Finisce in soffitta insomma sia il “blocco della nuova edificazione” che il “contenimento del consumo del suolo”, tornano a farla da padrone le “costruzioni in altezza” ed “i cambi di destinazione d’uso” per usare la formula dell’ amministratore delegato di Fs Sistemi Urbani, che ci fa sapere che sopra le aree liberate dalla ferrovia “ci sarà l’intervento dei privati, che svilupperanno funzioni redditizie come hotel e studentati e opere pubbliche come il parco lineare e la pista ciclabile”.

Siamo di nuovo piombati negli anni ‘80 o -peggio- ancora nei primi anni 2000 dove la pianificazione urbana avveniva all’ insegna della grandeur edilizia (“Le Albere” dovrebbero aver insegnato qualcosa, al riguardo) ed il premio alla rendita immobiliare, dove sviluppo e cemento, finanza e speculazione erano sinonimi.

È stato esautorato non solo il confronto cittadino, ma lo stesso Consiglio Comunale di Trento (che non ha neppure elaborato uno straccio di documento preliminare alla revisione del Prg), alle Commissioni di lavoro, istituite con la firma del protocollo, è demandata la reale stesura del nuovo Prg, integrato dalle suggestioni di SuperTrento dal quale sono stati significativamente assenti, oltreché fortemente critici, perfino gli ordini professionali, le associazioni ambientaliste e la cittadinanza attiva (a cominciare dai Comitati contro la circonvallazione).

Quello proposto giovedì scorso, purtroppo, è l’esatto opposto del riscatto storico di Trento, è una idea di città dove a farla da padrone sono le politiche clima-alteranti (di cui la nuova edificazione è uno degli aspetti più impattanti), il primato dei centri contro le periferie, la cultura dell’ inurbamento e della concentrazione delle risorse contro le politiche di pianificazione territoriale.

Sono anni che diciamo che attorno alla vicenda della Circonvallazione di Trento si stanno confrontando due idee di sviluppo radicalmente antagoniste, quella che si basa sulle grandi opere, sul trasformare il Trentino in un nastro trasportatore delle merci del nord Italia verso il centro ed il Nord Europa e dove a tenere banco è la speculazione edilizia, le opportunità economiche e la rendita e chi, invece, pensa che qualità della vita, sobrietà, primato delle periferie, cultura del limite e sviluppo legato alle risorse locali debbano essere i valori su cui ricostruire il bene comune.

Su questo a Trento siamo davvero di fronte ad un bivio, dipende soprattutto dalla mobilitazione cosciente dei cittadini la possibilità di intraprendere la strada giusta.

 

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Elio Bonfanti

Militante No Tav

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