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OSSERVATORIO ANTIPLAGIO * VIOLENZE VERBALI ON-LINE: « CASO PEDRETTI E COMPLICITÀ DEI SOCIAL, IL NOSTRO ESPOSTO ALLE PROCURE DELLA REPUBBLICA DEI CAPOLUOGHI DI REGIONE »

Scritto da
13.55 - venerdì 19 gennaio 2024

(Il testo seguente è tratto integralmente dalla nota stampa inviata all’Agenzia Opinione) –

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Caso Pedretti e complicità dei social. Informo che in data 18/1/24 ho inviato, a nome e per conto di Osservatorio Antiplagio, sia tramite email che pec, un esposto (riportato a seguire) alle Procure della Repubblica dei capoluoghi di regione italiani, oltre che alle Procure della Repubblica di Lodi (dato il caso in oggetto) e di Catania (specializzata in reati telematici), per sollecitare la magistratura, di fronte ai continui abusi e soprusi perpetrati nei social – fake news comprese – a vagliare la possibilità di perseguire sia gli autori di essi che, per favoreggiamento, gli amministratori degli stessi social; visto e considerato che mettono a disposizione il mezzo, senza verificare quanto viene postato: è come se i lettori di un giornale scrivessero lettere alla redazione e quest’ultima decidesse di pubblicarle tutte e sempre, a prescindere dai contenuti.

L’invito alle Procure, tra l’altro, fa riferimento alla concorrenza sleale messa in atto dai titolari delle piattaforme-social, che si accaparrano lettori e fruitori a centinaia di migliaia – a danno dei media tradizionali, in particolare dei quotidiani online e della carta stampata, obbligati a registrarsi in tribunale – e non si dotano di organi di controllo, pur realizzando ricavi milionari.

A nostro giudizio, l’inerzia del Legislatore non può permettere ancora questo stato di cose e, soprattutto, ulteriori azioni delinquenziali. Il fatto poi che l’organizzazione dei social non sia normata, non può e non deve escludere dalle responsabilità chi li gestisce per fini prettamente commerciali, mettendo a disposizione di chicchessia spazi a volontà: il che ovviamente invoglia i titolari ad accettare qualsiasi richiesta d’iscrizione, anche in incognito, poiché è proprio sui numeri che si basa il loro arricchimento. Se è vero che la responsabilità penale è personale, è anche vero che: “Il favoreggiamento personale è ammissibile tutte le volte in cui il mezzo adoperato sia in sé idoneo a concretizzare l’aiuto” (Cassazione penale 11159/82).

 

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Giovanni Panunzio

Coord. naz. Osservatorio Antiplagio

 

 

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Alla c.a. delle Procure della Repubblica di: Lodi, Ancona, Aosta, Bari, Bologna, Cagliari, Campobasso, Catania, Catanzaro, Firenze, Genova, L’Aquila, Milano, Napoli, Palermo, Perugia, Potenza, Roma, Torino, Trento, Trieste e Venezia

Da parte di:
Giovanni Panunzio, coord. naz. Osservatorio Antiplagio, ong – antiplagio.org

Oggetto: violenze verbali online e responsabilità dei social

Con la presente si espone quanto segue.

Premesso che:

1) di recente una ristoratrice di Sant’Angelo Lodigiano, Giovanna Pedretti, è deceduta tragicamente, dopo essere stata accusata di un imbroglio ed insultata e minacciata nei social, a seguito di un’ipotesi di falso avanzata dallo chef Lorenzo Biagiarelli, in sintonia con la compagna ed influencer Selvaggia Lucarelli.

2) Diversi precedenti episodi di feroce reazione verbale, sempre nei social, hanno provocato analoghe reazioni autolesionistiche da parte dei destinatari o, meglio, delle vittime di post violenti, discriminatori e minatori; basti pensare alla violenza contro le donne ed al bullismo.

3) L’iscrizione degli internauti ai summenzionati social avviene senza alcuna attenta verifica, da parte dei gestori, sull’identità di chi crea un account – il che peraltro non impedisce ai minorenni di qualunque età di registrarsi – e che chiunque, quindi, può scrivere in essi (social) anonimamente e impunemente, in qualsiasi momento, ciò che gli viene in mente su qualsiasi evento mediatico.

4) In Italia, allo stato attuale, non esiste una regolamentazione per i social che, come quella (ad esempio) per la stampa, attribuisca una responsabilità diretta e/o indiretta a chi mette a disposizione di chicchessia, per fini commerciali, pagine e pagine online, nelle quali vengono pubblicati commenti, giudizi e opinioni – su fatti di attualità, di cronaca, ecc. – che provocano reazioni inconsulte e incontrollabili.

5) Tuttavia, a maggior ragione – non esistendo una regolamentazione -, non può essere esente da responsabilità chi dirige e offre a milioni di utenti, senza alcun controllo, le piattaforme-social in questione, visto che introita guadagni miliardari; né può esserne esente chi le utilizza, sempre per finalità economiche, onde incrementare i seguaci e, di conseguenza, le relative repliche, il più delle volte tracotanti e diffuse in modo esponenziale.

Si chiede alla vostra spettabile Procura della Repubblica:

A) Di accertare, di volta in volta, se nel comportamento dei titolari dei social – in particolare X e Facebook – possano essere ravvisabili illeciti penali, come (a titolo di esempi) l’omesso controllo sui post pubblicati e/o l’istigazione a commettere una differente fattispecie di reato; ciò vale sia per il caso citato in premessa, sia per la generalità degli episodi analoghi verificatisi nei mesi e negli anni scorsi nel territorio nazionale. Motivo per cui il presente esposto viene inviato, altresì, a tutte le Procure della Repubblica dei capoluoghi di regione italiani e alle Procure della Repubblica di Lodi e di Catania, esperta in delitti informatici.
B) Di valutare se le medesime responsabilità penali debbano ricadere anche su chi usa le pagine-social per incrementari i propri followers e, nel contempo, i propri affari, non curandosi minimamente dei risvolti e delle implicazioni delle reazioni selvagge e virali dei seguaci.

C) Di considerare che spesso i danni causati alle persone coinvolte e alle loro famiglie sono così ingenti che è oggettivamente giusto e opportuno che ai risarcimenti concorra pure chi ha messo a disposizione il mezzo – insieme a chi lo ha strumentalizzato (v. gli influencer) per incrementare i clic, le visualizzazioni, le condivisioni, i followers e gli incassi – attraverso il quale è stato indotto il delitto. Tanto più che il fatto in sé, paragonato alla condotta vigile di altre pubblicazioni registrate regolarmente nei tribunali, è discriminante e, a giudizio del sottoscritto, non può e non deve essere tollerato. Se i social infatti (ma non solo) sottraggono, come succede, fruitori e guadagni alla stampa autorizzata, non si comprende perché i loro amministratori non si dotino di organi di garanzia e, in caso contrario, non debbano pagare per eventuali inadempienze o superficialità: avvalorate dalla presenza nelle relative piattaforme di centinaia di migliaia di profili in incognito, utili forse negli Stati anti-democratici, ma sicuramente utilitaristici e strumentali in un Paese come il nostro. Per non parlare di un secondo fenomeno incontrollato, quale è quello delle fake news.

D) Di tenere presente che chiamare in causa pure i responsabili di X e Facebook – insieme ai loro iscritti che speculano sulle disavventure o le disgrazie altrui – sortirà l’effetto, a prescindere dal risultato, di richiamarli anche ad una maggiore sorveglianza e ad una organizzazione interna più efficente. Tutto questo, ovviamente, non deve essere il prezzo da pagare per il loro successo e arricchimento, ma una forma di tutela e di giustizia sociale nei confronti dei cittadini più frangibili: che non reggono psicologicamente ondate e valanghe virtuali di aggressioni, offese e umiliazioni.

E) Infine, ammesso e non concesso che non si possano costringere i social ad annoverare esclusivamente utenti certificati, si chiede comunque alla vostra spettabile Procura della Repubblica (considerato l’immobilismo del Legislatore) di portare davanti ad un giudice, qualora esistano gli estremi, i rispettivi amministratori – insieme a chi usufruisce in maniera scriteriata degli spazi concessigli – per ascoltare le loro giustificazioni. Ma sarebbe meglio definirli alibi, camuffati dietro una libertà di espressione e di comunicazione che, in realtà, è totale anarchia, peraltro tra le più prepotenti e dannose.

Se si riuscisse nell’intento auspicato di stigmatizzare nelle sedi opportune sistemi digitali così pericolosi, che invece vorrebbero passare per capri espiatori e addirittura fare le vittime (non si capisce di cosa e di chi), l’Italia sarebbe una nazione all’avanguardia e dimostrerebbe di non avere alcuna paura dei cosiddetti ‘giganti del web’, elefanti all’interno di vere e proprie cristallerie.

 

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Prof. Giovanni Panunzio
Coord. Naz. Osservatorio Antiplagio, ong

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