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ISTAT * CENTRI ANTIVIOLENZA REGIONALI (2022): « LE DONNE VITTIME HANNO POTUTO CONTARE SU 385 CAV, IL 37,9% AL NORD – 31,4% SUD – 20,8% CENTRO – 9,9% ISOLE »

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10.19 - venerdì 24 novembre 2023

(Il testo seguente è tratto integralmente dalla nota stampa inviata all’Agenzia Opinione) –
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La Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza sulle donne e contro la violenza domestica (Istanbul, 2011) prevede che gli Stati aderenti predispongano “servizi specializzati di supporto immediato, nel breve e lungo periodo, per ogni vittima di un qualsiasi atto di violenza che rientra nel campo di applicazione” della Convenzione.

A seguito della ratifica della Convenzione da parte dell’Italia nel 2013 i Piani nazionali contro la violenza hanno segnato un importante cambio di passo nella conoscenza del sistema di protezione delle donne vittima di violenza.

L’Istat ha iniziato, dal 2017, a rilevare dati attinenti al Sistema della Protezione delle donne vittime di violenza. Nel 2018 sono state avviate le Indagini sulle prestazioni ed erogazioni dei servizi offerti dai Centri antiviolenza (CAV) e analoga rilevazione sulle Case rifugio, nel 2020 la rilevazione statistica sull’Utenza dei Centri antiviolenza e la diffusione dei dati del numero di pubblica utilità (1522) contro la violenza e lo stalking. Queste rilevazioni sono realizzate in collaborazione con il Dipartimento per le Pari Opportunità (DPO) presso la Presidenza del Consiglio e con le Regioni.

La Legge n.53 del 2022 “Disposizioni in materia di statistiche in tema di violenza di genere” prevede specificatamente che l’Istat conduca queste Indagini sulle caratteristiche dell’utenza dei Centri antiviolenza, ivi inclusa la relazione autore-vittima, la tipologia di violenza subita, la presenza di figli e le tipologie di assistenza fornita.

L’Istat e il Dipartimento per le Pari Opportunità rendono disponibile, tramite uno specifico sistema informativo, un quadro integrato e tempestivamente aggiornato di informazioni ufficiali sulla violenza contro le donne in Italia . L’obiettivo è fornire notizie e indicatori statistici di qualità che offrano una visione di insieme su questo fenomeno attraverso l’integrazione di dati provenienti da varie fonti (Istat, DPO, Ministeri, Regioni, Consiglio Nazionale delle Ricerche, Centri antiviolenza, Case rifugio e altri servizi come il numero di pubblica utilità Antiviolenza e Stalking 1522) .

Il focus presentato nelle pagine seguenti riguarda i servizi e le caratteristiche organizzative dei Centri antiviolenza e analizza i dati relativi alle donne che hanno avviato il percorso di uscita dalla violenza attraverso il supporto dei Centri.

 

I PRINCIPALI RISULTATI

• Nel 2022 aumenta l’offerta di Centri antiviolenza: in totale sono 385 +3,2% rispetto al 2021, +37% rispetto al 2017 (primo anno dell’Indagine).
• Gli sportelli di ascolto (665) contro la violenza, attivati dal 52,2% dei Centri antiviolenza, favoriscono la prossimità territoriale della rete di protezione per le donne.
• I CAV (nell’83,7% dei casi) hanno attivato nuove forme di comunicazione destinate alle donne: in particolare, a partire dal periodo della pandemia sono state introdotte le comunicazioni via email, messaggi scritti e utilizzo dei social.
• Sono 105.129 i contatti per richieste di aiuto delle donne, anche questi in aumento (+4,9% rispetto al 2021).
• L’85,1% dei CAV aderisce alle reti territoriali: più forte è la rete territoriale della governance, maggiore è la capacità dei CAV di offrire servizi alle donne.
• Presso i CAV operano 5.916 operatrici. Nel 48,7% dei casi prestano il proprio servizio in forma esclusivamente volontaria ma la percentuale di personale retribuito è in aumento.
• I CAV formano le loro operatrici: nell’86,8% dei casi questo avviene almeno una volta all’anno anche con corsi non organizzati direttamente dai CAV stessi.
• Nel 2022 le donne che hanno contattato almeno una volta i Centri antiviolenza sono state 60.751, in aumento del 7,8% rispetto al 2021 e del 39,8% rispetto al 2017, un dato analogo a quello dell’aumento dei Centri.
• Sono poco più di 26mila le donne che nel 2022 stanno affrontando il loro percorso di uscita dalla violenza con l’aiuto dei CAV.
• L’uscita dalla violenza è un percorso complesso tra i vari servizi. Il 20,9% delle donne si è rivolto a più di tre servizi prima di approdare al CAV.
• Le donne chiedono di essere ascoltate e di essere accolte ma anche di essere aiutate nella ricerca di un lavoro e di una casa.
• Le donne che si rivolgono ai CAV hanno subito soprattutto violenze fisiche, psicologiche, minacce e violenze economiche, che possono durare anche da anni; violenze che conducono al pronto soccorso nel 31% dei casi e in ospedale (13,6%). Per il 30% delle donne il rischio di recidiva è stato valutato alto o altissimo.
• Il profilo delle violenze si delinea in modo del tutto simile a quello che emerge per le vittime dei femminicidi: gli autori sono in prevalenza partner ed ex-partner (78,3%), seguono gli altri familiari (11,1%).
• La propensione alla denuncia (che avviene per il 41,8% degli autori) è legata al numero di forme di violenze subite dalle vittime: va dal 24,9% nel caso di una sola violenza al 56,9% nel caso in cui le violenze siano più di cinque.
• Il 27,5% delle donne ha chiesto un provvedimento di allontanamento o di divieto di avvicinamento e/o di ammonimento; richieste soddisfatte nel 69,7% dei casi e ottenute entro 15 giorni nel 30%.

 

Aumenta il numero di Centri antiviolenza
Nel 2022 le donne vittime di violenza hanno potuto contare su 385 CAV, distribuiti per il 37,9% nel Nord (22,1% nel Nord-ovest e il 15,8% nel Nord-est), per il 31,4% nel Sud, per il 20,8% nel Centro e il restante 9,9% nelle Isole. L’aumento è stato del 3,2% tra il 2021 e il 2022 e del 37% rispetto al 2017 (primo anno dell’Indagine).
Rapportando il numero di CAV alla popolazione femminile emerge un’offerta di protezione per le donne che risulta pari a 0,13 CAV ogni 10mila donne a livello nazionale, valore che sale a 0,18 al Sud ed è più basso nel Nord-est (0,10), nel Nord-ovest (0,11) e nelle Isole (0,12). Nelle regioni del Centro è in linea con il valore nazionale (0,13).
Nella maggior parte dei casi (63,6%) l’ente promotore dei CAV è un soggetto privato qualificato operante nel sostegno e nell’aiuto alle donne vittime di violenza. Nel 33,5%, invece, è un ente locale, in forma singola o associata e, in forma residuale, nel 2,9% dei casi, un ente locale consorziato o associato con un soggetto qualificato privato. Tra i CAV del Nord-ovest (84,1%) e delle Isole (76,9%) i promotori sono soprattutto di natura privata, mentre al Centro soprattutto di natura pubblica (58,4%). Tra i CAV del Sud è più alta (7,8%) la percentuale di CAV che hanno come promotore un ente locale ma consorziato con un soggetto privato (nel Nord-est questa forma non è mai presente).
Più di un terzo (35,5%) dei soggetti promotori si occupa in maniera esclusiva di violenza di genere, valore che tra i soggetti di natura privata sale al 54,1%. Tra questi, i valori più alti sono registrati tra i CAV del Centro (67,7%) e del Nord-est (65,8%).
Quando l’ente promotore è un soggetto privato o un ente locale consorziato o associato con un soggetto qualificato privato, nel 79,3% dei casi esso è registrato nel Registro Unico Nazionale del Terzo Settore presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali (RUNTS). Il valore più alto è al Centro (96,6%) e quello più basso nelle Isole (dove soltanto il 55% degli enti promotori è registrato al RUNTS).
L’ente promotore è spesso anche il gestore del Centro – sia in forma esclusiva (69,1%) sia in collaborazione con altri soggetti (2,9%), mentre nel 28,1% dei casi la gestione del Centro è affidata ad un altro ente/soggetto. Nei CAV del Nord-ovest prevalgono i Centri a gestione diretta del promotore (86,6%), tra quelli del Centro il 55,8% dei gestori è un ente/soggetto terzo rispetto al promotore.
Tra i gestori di natura privata, allo stesso modo dei promotori privati, più della metà di essi (52,7%) si occupa di violenza di genere in maniera esclusiva, con valori più alti registrati tra i CAV del Centro (67,6%) e del Nord-est (60,4%). Tra i gestori di natura privata che si occupano esclusivamente di violenza di genere, la stragrande maggioranza di essi (97%) ha almeno 9 anni di esperienza specifica in materia di violenza contro le donne.

 

I Centri sperimentano nuove modalità di accoglienza
Quasi tutti i CAV (99,1%) aderiscono al numero nazionale di pubblica utilità 1522 e il 74,5% ha una reperibilità telefonica “h24” rivolta al pubblico per emergenza/gestione di situazioni di pericolo.
I CAV erogano diverse tipologie di servizi con varie modalità operative. Nel 2022 prevalgono i colloqui in presenza (99,1% dei Centri), seguiti da colloqui telefonici o videochiamate (93,7%) e dalle comunicazioni via email, messaggi scritti e utilizzo dei social (83,7%), modalità attivate soprattutto in seguito alla pandemia da Covid-19.

 

Sportelli CAV: un aiuto capillare sul territorio
Le attività dei CAV, oltre che presso la proprie sedi centrali, vengono garantite anche attraverso gli sportelli di ascolto operativi sul territorio, predisposti da più della metà dei CAV (52,7%) (Figura 1).
Gli sportelli offrono servizi simili a quelli dei CAV e sono attivati soprattutto nel Nord-ovest (63,4%), meno nelle Isole (38,5%). Tuttavia, proprio i CAV delle Isole, hanno un numero medio di sportelli per CAV più elevato (9,4) rispetto al valore medio nazionale (3,6).

 

In aumento le richieste di aiuto ai Centri
Nel 2022 le donne che hanno contattato almeno una volta i Centri antiviolenza sono state 60.751 (+7,8% rispetto al 2021). Di queste, 3.979 donne sono state indirizzate ai Centri antiviolenza dal numero di pubblica utilità 1522. Si tratta a livello nazionale di una media di 174 donne per CAV, una ogni due giorni. Sul territorio italiano il quadro è piuttosto variegato: i Centri del Nord-ovest segnalano in media 286 donne, al Sud mediamente 82 donne.
Il numero totale dei contatti nel 2022 è pari a 105.129 (+4,9% rispetto all’anno precedente). Ogni donna richiedente supporto ha contattato in media il CAV 1,73 volte (nel 2021, 1,78).
I canali di erogazione dei servizi sono molteplici, i servizi possono essere forniti direttamente dal CAV, da altro ente/soggetto diverso dal CAV ma su indirizzamento del CAV oppure in maniera combinata.

Emerge, da queste combinazioni, un quadro di specializzazione e integrazione: per ascolto e accoglienza, supporto e consulenza legale, supporto psicologico e orientamento e accompagnamento ad altri servizi della rete territoriale i servizi sono in prevalenza erogati direttamente dai Centri antiviolenza.
I servizi in cui i CAV operano più spesso in maniera integrata con altri nodi della rete sono, invece, quelli relativi al sostegno all’autonomia – compreso il sostegno economico, il banco alimentare e la distribuzione di vestiario, dell’orientamento lavorativo, del supporto e consulenza alloggiativa e del pronto intervento.
Sono erogati da altro ente/soggetto diverso dal CAV, ma sempre su indirizzamento dei CAV, soprattutto i servizi relativi al supporto per i figli minorenni – inclusi i corsi scolastici/sostegno scolastico, baby-sitting, attività ludico-ricreative (Figura 2).

 

La rete territoriale: una ricchezza per offrire servizi migliori
La partecipazione dei CAV alla rete territoriale antiviolenza è piuttosto alta: 85,1% dei Centri a livello nazionale con picchi nel Nord-ovest e nel Nord-est (95,1%) e valore minimo registrato tra i CAV del Sud (63,1%). Il 9,5% dei CAV evidenzia la non esistenza di una rete territoriale antiviolenza (25,2% al Sud e 1,9% nel Nord-est).
Il territorio di competenza delle reti è soprattutto provinciale (35,4%), a seguire quello intercomunale (31,6%), interprovinciale (18,6%) e comunale (14,5%) con alcune specificità tra le regioni. L’ambito comunale delle reti è poco diffuso nel Nord-est (3,4%) e nelle Isole (4,2%) mentre raggiunge il valore più alto per i CAV del Centro (20,8%). I CAV del Nord-est possono contare su una rete antiviolenza che, più che in altre aree del Paese, è a carattere provinciale (46,6%) mentre quelli delle Isole prevalentemente su una rete a carattere interprovinciale (41,7%).
I CAV che possono contare sulla rete territoriale sono in grado di fornire più risposte alle donne per reagire alla situazione di violenza e avviare un percorso di uscita. In particolare, questo vale per il servizio di pronto intervento, servizio di orientamento e accompagnamento ad altri servizi della rete territoriale, supporto e consulenza alloggiativa, supporto all’autonomia, orientamento lavorativo, supporto per i figli minorenni e sostegno alla genitorialità, per la mediazione linguistica-culturale e per gli altri servizi rivolti a donne straniere, rifugiate e richiedenti asilo.

 

Quasi la metà del personale è costituito da volontari
Nei CAV lavorano 5.916 operatrici che nel 48,7% dei casi prestano il proprio servizio in forma esclusivamente volontaria: in media 17 unità per Centro, con forte eterogeneità tra le regioni. I CAV del Nord-ovest e del Nord-est dispongono in genere di più personale (rispettivamente 25 e 21 unità in media), seguono i CAV del Centro (16 unità in media), delle Isole (12) e del Sud (10).
Nel Nord-ovest i CAV assorbono il 34% del personale (volontario e non volontario), seguiti dai CAV del Nord-est (22,1%), del Centro (21,2%), del Sud (17,2%) e delle Isole (5,5%).
I CAV del Nord-ovest offrono supporto al 38,6% delle donne che hanno chiesto aiuto, seguiti dai CAV del Centro (22,1%), del Nord-est (19,3%), del Sud (13,8%) e delle Isole (6,3%). Rapportando il personale in servizio al numero di donne che hanno contattato i CAV, sono mediamente 10, a livello nazionale, le donne in carico ad ogni operatrice, valore che sale a 12 nel Nord-ovest e nelle Isole, e è minimo al Sud (8 donne per operatrice).
Tra le diverse figure professionali emergono le operatrici di accoglienza (41,3%), le avvocate (16%) e le psicologhe/psicoterapeute (14,1%) (Figura 3).

 

 

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