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COMITATO PERMANENTE DIFESA ACQUE – TRENTINO * BACINO VIOTE: « IMMAGINIAMO UN BONDONE DIVERSO E CORAGGIOSO, A BASSO TASSO DI MIOPIA PROGETTUALE »

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16.40 - mercoledì 10 gennaio 2024

(Il testo seguente è tratto integralmente dalla nota stampa inviata all’Agenzia Opinione) –

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Recentemente sulle pagine dei giornali sono comparsi nuovi interventi a proposito del progetto di costruzione di un bacino per l’innevamento artificiale alle Viote, sul Monte Bondone. Siamo dunque a rimarcare alcuni fondamentali concetti.
Partiamo da una questione sostanziale legata all’utilizzo delle parole: alcuni, a torto, si ostinano a chiamare “laghetto alpino” l’infrastruttura che verrebbe costruita alle Viote. Ebbene, questa dicitura è falsa e fuorviante. Il progetto di cui stiamo discutendo ha un nome ben preciso, ovvero “invaso/bacino per l’innevamento artificiale”, una gigantesco serbatoio in cemento e materiali plastici creata dall’uomo, monofunzionale e priva di qualsiasi valore ambientale ed ecologico. Il nostro invito è dunque quello di chiamare le cose con il loro nome, per non correre il rischio di ingannare i lettori e tutti coloro che si approcciano per la prima volta alla tematica.
In secondo luogo, osserviamo di come sia riuscita a trovare spazio la del tutto bizzarra e dozzinale teoria secondo cui Onu e Comunità Europea solleciterebbero la costruzione di molti bacini idrici in quota per far fronte al riscaldamento globale, come se con la costruzione di queste infrastrutture si intervenisse sulle cause di questo fenomeno piuttosto che su uno dei suoi molteplici effetti, ovvero la siccità.

Sia le Nazioni Unite che l’Unione Europea, attraverso una serie di programmi e report specifici, stanno promuovendo attivamente politiche di gestione integrata delle risorse idriche che prevedono, oltre al risparmio idrico e la lotta agli sprechi, anche la rinaturalizzazione di buona parte degli ecosistemi acquatici minacciati proprio dall’attività cementificatrice dell’uomo. Nel testo della Nature Restoration Law, la legge sul ripristino della natura che sarà votata a marzo dal parlamento europeo, leggiamo a chiare lettere che l’obiettivo è, tra gli altri, quello di “ristabilire la connettività di 25.000 km di fiumi, di rimuovere barriere longitudinali e laterali e ridare spazio alle dinamiche idrologiche dei fiumi”. Possiamo dunque comprendere bene che la costruzione di nuovi bacini artificiali (ovvero più cemento) non va sicuramente in questa direzione e si rivela uno strumento rozzo e poco efficiente per far fronte agli effetti del cambiamento climatico, tanto più che nel caso del bacino delle Viote, lo scopo dichiarato sarebbe quello di produrre neve artificiale.

Come è stato ampiamente dimostrato dalla comunità scientifica, esistono molti altri metodi per conservare l’acqua in quota aumentando al contempo la qualità ambientale, pensiamo ad esempio alle tecniche di infiltrazione in falda, alla rinaturalizzazione dei corsi d’acqua, al ripristino delle aree umide e all’aumento della percentuale di materia organica nel suolo.
Nel rapporto Nevediversa 2023 di Legambiente leggiamo che gli invasi, “soluzioni ottimali per il comparto dello sci, non fanno però i conti con il fabbisogno di energia, le alterazioni del ciclo idrologico, la qualità dell’acqua proveniente da fonti lontane e la prevedibile maggiore concorrenza tra le risorse idriche. Oltre ad avere un notevole impatto visivo, i bacini tendono a impoverire temporaneamente il territorio di acqua.”

Il bacino per l’innevamento artificiale ci serve per sostenere il turismo, diranno i sostenitori di questa idea. Purtroppo anche su questo abbiamo le nostre documentate riserve. Nel rapporto di Banca d’Italia N. 743 – Cambiamento climatico e turismo invernale per l’Italia leggiamo che “l’innevamento artificiale, pur rimanendo la strategia dominante di adattamento, non appare cruciale nel sostenere i flussi turistici, così come confermato da numerosi studi. Inoltre, i costi dell’innevamento artificiale aumenteranno in modo non lineare con l’incremento delle temperature e, se le temperature aumenteranno oltre una certa soglia, l’innevamento artificiale semplicemente non sarà più possibile, specialmente a basse quote, che subiscono maggiormente gli effetti del cambiamento climatico. Se dunque l’innevamento artificiale può ridurre le perdite finanziarie in specifiche occasioni di inverni deficitari di neve, esso non può far fronte ai cambiamenti sistemici di lungo termine che vanno verso inverni sempre più caldi”.

In conclusione, citando un interessante documento del Cirf (Centro Italiano di Riqualificazione Fluviale) “Rischiamo quindi di consumare suolo e danneggiare il paesaggio per realizzare infrastrutture comunque inutilizzabili per mancanza d’acqua o per le temperature troppo elevate.” E ancora “il riempimento dei volumi di accumulo esistenti sta diventando sempre più difficile a causa del mutato regime delle precipitazioni, a partire da quelle nevose; con i grandi laghi alpini e gli invasi artificiali semi vuoti sembra molto ottimistico che realizzarne di nuovi possa risolvere il deficit idrico”.

Si chiederanno i lettori, qual’è dunque la vostra proposta? Noi ci immaginiamo un Bondone diverso, coraggioso e realista, un luogo che, attraverso uno sforzo corale e scientificamente fondato di tutti coloro che lo vivono e lo frequentano, inizia un percorso di transizione verso un dimorare e un turismo diverso, più lieve, cosciente e più adatto al nostro tempo di necessaria prospera sobrietà. Ci immaginiamo un Bondone ad alto tasso di naturalità e a basso tasso di miopia progettuale, una montagna che è innanzitutto un luogo dove è bello vivere e dove l’ospite può imparare qualcosa su cosa significa abitare le alte quote con rispetto verso i delicati equilibri della natura da cui dipendiamo.

 

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Comitato Permanente di Difesa delle Acque del Trentino

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