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CARLO ANDREOTTI * LORENZO DELLAI: « È UN GIOCOLIERE DELLA POLITICA, RIPROPORRE IL MODELLO MARGHERITA È PROBLEMATICO A COMINCIARE DALLA LISTA ELETTORALE DI SINDACI E PRESIDENTI COMUNITÀ DI VALLE »

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17.57 - sabato 28 agosto 2021

Dellai giocoliere della politica. Di tutto si può dire di Lorenzo Dellai tranne che non abbia la politica nel sangue, anzi che essa sia parte fondamentale del suo DNA. Enfant prodige della Democrazia Cristiana, anticipò i tempi della sua crisi. Importò a Trento la Rete di Leoluca Orlando, fu autore di una “fuga in avanti” con la sinistra da sindaco di Trento; si inventò la Margherita quando l’Ulivo di Prodi in Trentino era soltanto un insieme di olive. Vinse con un risultato tutto sommato deludente, nonostante i peana della stampa, le elezioni regionali del 1998.

Non riuscendo a mettere insieme 18 consiglieri per avere la maggioranza in Consiglio provinciale si inventò l’assessorato alle grandi opere, affidato all’allora suo fedelissimo Silvano Grisenti, offrendo quel che rimaneva (assessorato ai lavori pubblici) all’autonomista Sergio Casagranda, ben conoscendo le aspirazioni e lo spirito di rivalsa nei confronti del Patt del “Cianco”. Potè così governare indisturbato per quindici anni senza rinunciare ai suoi voli pindarici, in senso politico ovviamente.

Sostenne a lungo l’idea della Casa dei Trentini con gli autonomisti nonostante fosse legato a filo doppio alla sinistra, premiò oltre ogni limite gli industriali che lo avevano sostenuto, si inventò il “vivaio” politico di Ravina e poi anche i “volonterosi”. Ora, esaurita forse anche a causa dell’età, la spinta della sua fervida fantasia politica, torna all’antico. Torna alla sua Margherita, alla sua creazione di maggior successo, chiedendo alle forze politiche, ma non solo, di reinventarla. Di riproporla all’elettorato trentino per scalzare da Piazza Dante la Lega. Chapeau. Con la sua mossa anticipa ancora una volta le proposte politiche per il 2023 e partiti politici dormienti (quando ci sono).

Se ci guardiamo attorno infatti il panorama è piuttosto desolante. La sinistra non è pervenuta. Vive sulle sporadiche uscite di qualche suo uomo, Tonini, Zeni, Olivieri. La Destra, intendendo per essa Fratelli d’Italia, si muove molto, ma nella scia della popolarità del suo leader nazionale, Giorgia Meloni. Forza Italia, commissariata, sembra scomparsa dagli schermi politici trentini nonostante gli sforzi del pur bravo Ettore Zampiccoli. La Lega è troppo presa dal doversi occupare del governo del Trentino in costante emergenza (dopo Vaia, il Covid) con un partito necessariamente sguarnito proprio per esigenze di governo. Come Fratelli d’Italia spera però nel traino nazionale del suo leader, Matteo Salvini.

Per ultimi, in tutti i sensi, rimangono gli autonomisti. La componente minoritaria, in termini di voti, quella che fa capo a Walter Kaswalder, è frenata dalla sua possibilità di fare politica attiva e visibile, proprio dal ruolo istituzionale del suo leader, il quale, come Presidente del Consiglio, non può muoversi più di tanto, anche se lo sappiamo molto attivo e ascoltato sul territorio. Il Patt, punto di riferimento storico degli autonomisti, sembra aver totalmente dimenticato cosa significhi fare politica. Dilaniato da beghe interne, ha già perduto l’ex presidente Ugo Rossi, passato armi e bagagli con Calenda. Anziché avere una linea politica propria, sfoglia ogni giorno la margherita (quella con la emme minuscola) se stare di qua o di là. “Ci sto, non ci sto”, ma di una politica propria, autenticamente autonomista, neppure l’ombra.

La sua unica fortuna è quella di avere una base assolutamente fideista e fedele. Ma non può durare a lungo. Ha già perduto l’appoggio degli Schützen, gran parte dei militanti è passata con Walter Kaswalder, altri hanno scelto la Lega, memori dell’antica amicizia con Umberto Bossi.

Eppure proprio la situazione descritta, così come la stessa iniziativa di Lorenzo Dellai, sono lì a dimostrare che gli spazi politici liberi e da conquistare sono enormi. C’è una vasta fetta di elettorato, sicuramente maggioritaria, che aspetta una proposta seria, un’idea, un segnale che qualcosa si muove. Gli stessi autonomisti, per loro natura e definizione “autonomi” non ne vogliono più sapere di doversi accodare ai vari carri politici trainati da destra e da sinistra. Vogliono tornare ad essere protagonisti, all’antico orgoglio pruneriano del “soli piuttosto che male accompagnati”. Ma il Patt soprattutto, al quale se non altro per primogenitura, spetterebbe di fare la prima mossa, langue all’insegna del motto dobbiamo prima guardare chi vince e poi schierarci col vincitore, stare con chi vince per lucrare poltrone. Proposte autonome, così non se ne vedono.

Si vede invece il grande seguito che ha una proposta lanciata da un autonomista storico, Fausto Valentini, con la sua “Primavera dell’autonomia”. Non un partito politico, ma un insieme di autonomisti di buona volontà che vogliono portare il Trentino fuori dalla palude. La sua pagina su Whatsapp ha un seguito incredibile.

In questo desolante quadro la proposta politica di Dellai di tornare all’antico sembra una grande idea. Ma è possibile oggi questo, senza che si pensi alla solita minestra riscaldata?
Nel 1998 quando la Margherita di Dellai “vinse”, vigeva il sistema elettorale proporzionale. Per vincere, o meglio, per avere una maggioranza, Dellai dovette allearsi con l’estrema sinistra, con la sinistra storica e con una parte di autonomisti.

La stampa nel 1998, affascinata dall’idea del grande affabulatore politico, esaltò oltre misura un successo che tale non fu. A dirlo sono i numeri.

Dellai mise in campo una lista elettorale formata pressoché interamente da sindaci e presidenti di comprensorio. Nonostante questo la corazzata della Margherita riscosse solo il 22 per cento dei consensi, ottenendo 8 consiglieri . Uno in più del Patt 1993, ma anche uno in meno della Democrazia Cristiana che avendone ottenuto nove, venne considerata la grande sconfitta. Sessantaduemila mila i voti raccolti dalla Margherita, esattamente come quelli del Patt nel 1993, ma quasi 12 mila in meno della Democrazia Cristiana. Lo stesso Dellai, con i suoi sindaci, amministratori, dirigenti si aspettava molto di più. A vincere, anzi a stravincere, ancora una volta era stata la frammentazione.

Tutto lo schieramento di centrosinistra (al quale avevano repentinamente aderito l’immarcescibile Mauro Leveghi e Sergio Muraro, unico eletto della lista Dini) raggiungeva quota 17 contando anche il rappresentante della lista Verdi – Rifondazione comunista. Teoricamente la maggioranza era in mano allo schieramento opposto a quello dell’accoppiata Margherita-Ulivo. Esso raccoglieva gli altri 18 consiglieri, ma a sua volta aveva il non indifferente problema dei due eletti di AN, forza con la quale era estremamente problematico stringere alleanze.

Riproporre oggi il modello Margherita di allora, sia pure riveduto e corretto, è estremamente problematico, a cominciare dalla formazione di una lista elettorale composta esclusivamente da sindaci e presidenti di Comunità di Valle.

Chi avrebbe tutte le carte in regola per conquistare una spazio politico davvero enorme e scoperto è il Patt. Ma ne ha la voglia e soprattutto la capacità? Oppure anziché essere autonomista e autonomo, preferisce aprioristicamente stare al servizio degli altri? Proprio Ugo Rossi ha presentato una proposta di revisione della legge elettorale in senso proporzionale, a garanzia delle minoranze. Cominci da lì. E soprattutto pensi a un grande momento di riunificazione autonomista. Quello che preluse al grande successo del 1993.

 

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Carlo Andreotti

già Presidente della Provincia autonoma di Trento

 

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