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ISTAT * CENTRI ANTIVIOLENZA – ANNO 2017: « 281 STRUTTURE NELLE LISTE “PARI OPPORTUNITÀ”, UNA A TRENTO 4 A BOLZANO, LE STRANIERE COSTITUISCONO IL 27% DEI CASI PRESI IN CARICO »

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12.41 - lunedì 28 ottobre 2019

• In collaborazione con il Dipartimento per le Pari Opportunità (DPO), il CNR e le Regioni, l’Istat ha condotto la prima indagine sui 281 Centri antiviolenza (CAV) che svolgono attività a sostegno delle donne maltrattate e dei loro figli.

• Nel 2017 si sono rivolte ai Centri antiviolenza 43.467 donne (15,5 ogni 10mila donne); il 67,2% ha iniziato un percorso di uscita dalla violenza (10,7 ogni 10mila). Tra le donne che hanno iniziato tale percorso, il 63,7% ha figli, minorenni nel 72,8% dei casi. Le donne straniere costituiscono il 27% di quelle prese in carico.

• Le modalità per entrare in contatto con i centri sono di vario tipo: il 95,3% dei Centri mette a disposizione il numero telefonico 1522, che accoglie le richieste di aiuto e sostegno delle vittime di violenza e stalking, il 97,6% dei Centri garantisce una reperibilità h24. In alternativa si può andare presso i singoli Centri, aperti mediamente 5 giorni a settimana per circa 7 ore al giorno. L’89,7% dei Centri è aperto 5 o più giorni a settimana.

• I servizi offerti sono molteplici, dall’accoglienza (99,6%) al supporto psicologico (94,9%), dal supporto legale (96,8%) all’accompagnamento nel percorso verso l’autonomia abitativa (58,1%) e lavorativa (79,1%) e in generale verso l’autonomia (82,6%). Meno diffusi, il servizio di sostegno alla genitorialità (62,5%), quello di supporto ai figli minori (49,8%) e quello di mediazione linguistica (48,6%). L’82,2% dei Centri effettua la valutazione del rischio di recidiva della violenza sulla donna.

• Per gestire le situazioni di emergenza l’85,8% dei Centri antiviolenza è collegato con una casa rifugio.

• I Centri antiviolenza hanno profili organizzativi diversi sul territorio. Per erogare i servizi, il 68,5% lavora in collaborazione con le reti territoriali antiviolenza. Laddove la rete non esiste, i Centri hanno comunque siglato protocolli bilaterali con i soggetti che si occupano di violenza contro le donne (75,9% dei casi dove non esiste una rete).

• Le professioniste che operano in queste strutture sono 4.403. Di queste, 1.933 (43,9%) sono retribuite mentre 2.470 (56,1%) risultano impegnate esclusivamente in forma volontaria.

• Numerose sono le figure professionali di cui i Centri si avvalgono: operatrici di accoglienza (89,3%), psicologhe (91,7%), avvocate (94,1%), educatrici (50,2%). Scarsa invece la presenza di mediatrici culturali (28,9%). La maggiore quota di volontarie si riscontra tra le operatrici e le avvocate.

• La formazione è uno degli aspetti qualificanti dei Centri antiviolenza: più di nove su dieci hanno svolto una formazione obbligatoria per le operatrici sulla tematica di genere. Tra i temi specifici affrontati i più frequenti sono la Convenzione di Istanbul (81,2% dei Centri ha offerto corsi sul tema), i diritti umani delle donne (64%), l’accoglienza delle donne migranti (51,3%). Minore invece la quota di Centri che hanno trattato l’accoglienza delle donne con disabilità nei loro corsi (15,2%).

• Oltre a farsi carico delle donne vittime di violenza, i Centri svolgono attività di informazione e prevenzione all’esterno. Nel 2017, l’81% ha organizzato formazione all’esterno, soprattutto verso gli operatori sociali e sanitari, ma anche verso le forze dell’ordine e gli avvocati, e il 91,7% ha svolto attività d’informazione presso le scuole.

 

 

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