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GRNET.IT * CARABINIERE UCCISO A ROMA: « SE NON SPARI SEI MORTO, SE SPARI VIENI LICENZIATO »

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13.48 - sabato 27 luglio 2019

Carabiniere ucciso a Roma: se non spari sei morto, se spari vieni licenziato. Due vicende a confronto: un carabiniere che ha sparato legittimamente contro i suoi aggressori ma rischia il licenziamento e quella del V. Brigadiere Mario Cerciello Rega che ha affrontato “a mani nude” i propri carnefici.

Mentre da ieri piangiamo la brutale uccisione del Vice Brigadiere dei Carabinieri Mario Cerciello Rega, per la quale sono accusati due ragazzi ventenni americani, in vacanza in Italia, non possiamo non sottolineare il clima di inquietudine e timore con il quale le nostre forze dell’ordine devono fare i conti durante il loro servizio.

Paradossalmente coloro che pattugliano le nostre strade non hanno affatto paura di affrontare i delinquenti, ma di vestire i panni dell’accusato se per una malaugurata serie di circostanze dovessero essere costretti a far uso dell’arma in dotazione.

Questo è il clima che si respira, e lo denunciamo da tempo. Queste erano presumibilmente le ansietà ed i timori che si portava dietro anche il Vice Brigadiere dei Carabinieri Mario Cerciello Rega prima di essere ucciso.

Esempi di carabinieri finiti male per aver usato l’arma in dotazione ce ne sono tantissimi, ma quella del Maresciallo Raffaele RUSSO, all’epoca effettivo al Comando Stazione Carabinieri Roma San Pietro e difeso dall’avvocato Giorgio Carta, è emblematica e vale la pena leggere la dinamica di ciò che gli accadde direttamente dall’ordinanza di archiviazione del GIP del tribunale militare di Roma, Elisabetta Tizzani, che lo ha assolto:

«…la mattina del 16.3.2018 personale della Compagnia CC Roma-San Pietro nel corso di attività investigativa delegata, effettuava un servizio finalizzato a bloccare alcuni soggetti dediti a truffe, estorsioni nei confronti di automobilisti. Verso le ore 18.00 in Via Federico OZANAM la pattuglia automontata intervenne per identificare gli occupanti di una autovettura Mini Cooper posizionandosi innanzi al mezzo. Il capo pattuglia in divisa usciva dalla autovettura e si avvicinava al conducente della Mini Cooper il quale, con improvvisa manovra di guida, cercava di darsi alla fuga tentando di investire il militare. Quest’ultimo si spostava dal margine verso il centro della carreggiata evitando l’investimento. A quel punto proveniva a piedi dall’opposto senso di marcia il Mar. Russo Raffaele in abiti civili. L’autovettura continuava la fuga e l’indagato per evitare di essere investito si spostava esplodendo un colpo di arma da fuoco in direzione dell’auto in fuga. Il proiettile attingeva una donna e sua figlia che viaggiavano a bordo di uno scooter nella stessa direzione di marcia della Mini in fuga. Le due donne venivano soccorse e portate presso l’ospedale San Camillo ove venivano ricoverate, la prima in prognosi riservata non in pericolo di vita per ferita di arma da fuoco alla spalla sx con lesione dell’arteria e del tendine ascellare e la seconda per lesione arto superiore sx da arma da fuoco».

Senza dilungarci oltre, precisiamo che nell’ambito del procedimento penale militare a carico del Maresciallo Russo, sia il Pubblico Ministero, che il G.I.P. hanno ritenuto legittimo l’impiego delle armi da parte del militare. Il Pubblico ministero militare Massimo Nunziata, nel chiedere l’archiviazione del procedimento a carico del Maresciallo ha argomentato che l’esplosione del colpo è avvenuta “al fine di vincere la resistenza opposta in occasione di forzamento di posto di controllo da soggetto resosi responsabile di resistenza e tentativo di lesioni a pubblico ufficiale. La condotta dell’indagato, nei termini di cui alla contestazione, va quindi ricondotta nell’uso legittimo delle armi atteso che pur se rivolta nei confronti di soggetto in fuga essa mirava ad evitare l’insorgere di pericoli per altre persone oltre che per gli operanti” poichè il guidatore della Mini Cooper “compiva atti idonei diretti in modo non equivoco a arrecare la morte ai pubblici ufficiali… in particolare lanciando contro i predetti l’autovettura in suo possesso senza riuscire nell’intento per cause indipendenti dalla volontà(schivamento del veicolo da parte dei due Carabinieri)”.

La conclusione dell’intero procedimento a carico del Maresciallo Russo è però sconcertante: se da una parte il tribunale militare ha archiviato la sua posizione e quello ordinario ha condannato in primo e secondo grado i suoi aggressori per aver tentato di ucciderlo, adesso il militare si trova ad affrontare un procedimento interno finalizzato – nonostante la piena assoluzione – al suo possibile licenziamento dall’Arma dei Carabinieri.

Non importa se il guidatore della Mini Cooper non fosse nuovo a tali condotte (già nel 2017 veniva tratto in arresto dalla Polizia per aver aggredito fisicamente un agente e, in un’altra circostanza, veniva denunciato in stato di libertà per reati della medesima indole); non importa nemmeno se le due donne accidentalmente ferite abbiano rimesso la querela una volta risarcite dall’assicurazione; non importa nemmeno se ancora la stragrande maggioranza delle forze di Polizia non abbia in dotazione armi non letali come il taser. Quello che importa, e molto, è che un Maresciallo dei Carabinieri che per fortuna è ancora vivo dopo che i malviventi hanno tentato di uccidere lui e suoi colleghi, adesso deve lottare per non perdere il posto di lavoro.

Questo è il clima di ansia e preoccupazione che appesantisce in maniera intollerabile il servizio delle forze dell’ordine ed è il medesimo – ne siamo certi – che respirava il povero Vice Brigadiere dei Carabinieri Mario Cerciello Rega il quale, se fosse stato più sereno ed avesse avuto in dotazione un semplice taser, forse oggi sarebbe ancora vivo. (GRNET.IT).

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