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CONSIGLIO PAT * PRIMA COMMISSIONE: « BRACCIO DI FERRO SUL RITORNO ALLA TERZA PREFERENZA, PER MARINI VA RIPENSATA L’INTERA LEGGE ELETTORALE »

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12.33 - lunedì 4 ottobre 2021

Prima commissione, braccio di ferro sul ritorno alla terza preferenza.

In Prima commissione quest’oggi si è aperta la discussione generale sul ritorno alle tre preferenze, di cui almeno una di genere, sulla scheda elettorale previsto dal ddl unificato n. 5 proposto dalla Civica e dal Patt. La consigliera Patt ha affermato, in apertura di una seduta dai toni vivaci, che la proposta nasce dall’analisi delle elezioni del 2018 che ha portato a ripensare, soprattutto in seguito all’effetto che ha avuto sui territori, la doppia preferenza di genere che venne approvata nella primavera del 2017. La terza preferenza contenuta nel ddl, ha ricordato, prevede un’ alternanza di genere, quindi non intacca il principio di parità.

 

Cinque Stelle: va ripensata l’intera legge elettorale.

Il consigliere di 5 Stelle, che ha depositato 15 emendamenti in commissione, ha ricordato che il ddl, rispetto al testo iniziale firmato dall’attuale consigliere di Azione, è stato stravolto perché, oltre alla terza preferenza, mirava al ritorno al proporzionale. Proporzionale che porterebbe ad un riequilibrio tra assemblea legislativa e governo ; equlibrio che è stato ulteriormente compromesso dall’abolizione della “porta girevole” (la sostituzione del consigliere che veniva nominato assessore). Per il consigliere si dovrebbe tornare ad una “porta tra Giunta e Consiglio ma non girevole”, cioè senza la possibilità degli assessori di tornare in Consiglio, oppure all’elezione diretta di tutta la Giunta. Del resto, ha continuato, una governo provinciale che emana 15 mila delibere all’anno ben difficilmente, come dimostrano i fatti, può seguire i lavori legislativi. Quindi, per l’esponente 5 Stelle, limitando l’originario ddl Patt alla sola terza preferenza si è persa l’occasione per ripensare la legge elettorale. Allargando il ragionamento si sarebbe potuto inserire, sul modello lombardo, un ufficio delle prerogative dei consiglieri che esiste per i deputati e i senatori. Si sarebbe potuto intervenire, ha continuato, sul piano dell’ informazione elettorale e sulla digitalizzazione, in particolare per assicurare il diritto alla conoscenza e alla verifica dei programmi dei candidati che oggi non si riescono a trovare nella rete. C’è poi il capitolo del voto per corrispondenza (interessa i 22 mila iscritti all’Aire) che, per il consigliere pentastellato, andrebbe esteso anche alle provinciali e ai referendum in ottemperanza al dettato costituzionale. Per ciò che riguarda gli emendamenti del consigliere pentastellato, i principali mirano a introdurre il voto disgiunto che, ha affermato, aprirebbe spazi democratici di scelta; l’ineleggibilità dei sottosegretari; l’obbligo della composizione delle liste in ordine alfabetico; la riduzione a 20 dei candidati per evitare le candidature “riempitivo”. Infine, l’allargamento a 4 dei voti di preferenza, due dei quali di genere, l’annullamento di tutte le preferenze nel caso di non rispetto della norma. Ultimo emendamento presentato dal consigliere 5 Stelle riguarda l’introduzione del voto per corrispondenza.

 

Il Pd: un attacco alla parità di genere che riporta indietro il Trentino.

La capogruppo Pd ha affermato che il ddl unificato porta un attacco alla parità di genere. Il vantaggio maschile nella nostra società è evidente a partire dell’uso al maschile dei termini e dalla profondità della tradizione patriarcale. Un patriarcato radicato nella nostra cultura del quale questo ddl, proprio perché proposto da due donne, è una dimostrazione lampante. Con la terza preferenza, ha continuato, si introduce il concetto di quota cancellando quello di parità di genere che si incarna nel principio del 50% delle possibilità che la doppia preferenza tutela. Il ddl, ha detto ancora, fa fare al Trentino un passo indietro. E questo per correggere una norma alla quale si sono adeguate, in base all’indicazione del Governo, quasi tutte le regioni. In Puglia addirittura il Governo si è avvalso del potere sostitutivo per introdurre la seconda preferenza. Il ddl unificato Civica – Patt, inoltre, per l’esponente dem cerca di riproporre le cordate maschili nei piccoli territori tagliando fuori le donne. Insomma, per la capogruppo Pd, una proposta contro l’Agenda 2030, contro tutte le indicazioni europee e motivata solo dalla volontà di tornare l’egemonia maschile. Egemonia che in Trentino è ancora forte: basti pensare che le donne sindaco sono l’11% contro il 14% del resto del Paese; che la presenza femminile nei consigli comunali è del 28% contro il 31%. In Consiglio provinciale, invece, ci sono 9 donne su 35, un numero più alto rispetto alle altre realtà regionali a dimostrazione che la doppia preferenza di genere ha funzionato. Inoltre, la consigliera ha ricordato che in audizione il prof. Vezzoni ha affermato che i dati statistici testimoniano che gli elettori non esprimono più di una preferenza e quindi non ha senso preoccuparsi di arrivare a tre. Mentre, dati alla mano, le leggi che condizionato per genere il voto servono a creare l’abitudine a sentirsi rappresentati non solo da un genere. Il ddl in discussione, invece, cancella i passi avanti e ci fa ritornare al clima tradizionale. Contro l’Europa e la Costituzione mira alla normalizzazione della subalternità femminile e al ritorno della superiorità maschile. Lo Stato ha chiesto alle Regioni di adeguarsi nelle norme elettorali alla parità e noi, che siamo stati i primi, vogliamo tornare indietro su una legge che ha permesso anche al centro destra di portare in Consiglio donne. La doppia preferenza, ha ricordato in conclusione, venne approvata con l’aiuto e il consenso di tutte le consigliere e oggi, con grande amarezza e tristezza, sono due donne a proporne la cancellazione. Un ferita che peserà sulle future generazione che dovranno subire ancora la cultura patriarcale e maschilista.

 

Futura: una proposta frutto di una cultura patriarcale e sessista.

Il consigliere di Futura, condividendo l’amarezza della collega del Pd, ha anche lui sottolineato il fatto che questo ddl ha il paradosso di avere al primo posto le firme di due donne secondo lui vittime anche loro della cultura patriarcale e sessista. Quella cultura che spinge le donne a farsi chiamare al maschile per sentirsi parte di un mondo dominato dagli uomini. Un fenomeno, ha detto, che vale anche per gli omosessuali emancipati che “sparano” sugli omosessuali e per gli emigrati integrati che se la prendono con i migranti. Un ddl, ha continuato, che va in contro tendenza: contro l’Agenda 2030 e il Pnrr e la via lungo la quale si sta muovendo il mondo intero. Col il ddl viene contraddetta la direzione verso la quale sono già andate 16 regioni che hanno capito che c’è la necessità di un’eguaglianza sostanziale; principio, tra l’altro, sancito, in più articoli, dalla Carta costituzionale. La doppia preferenza, ha aggiunto, ha dimostrato la necessità di norme che garantiscano le pari possibilità e non due su tre. Perché gli studi ci dicono che le tre preferenze portano un netto vantaggio agli uomini. Il professore Vezzoni, ha detto l’esponente di Futura, ha ricordato in commissione che le tre preferenze sono un falso bisogno. Non solo, ma gli studi dicono che nel caso dell’espressione di tre preferenze due vanno quasi sempre agli uomini. Insomma, anche per l’esponente di Futura, il ddl va a rafforzare una cultura patriarcale e, ha detto ancora, non si possono prendere ad esempio i paesi, come l’Islanda, dove la preferenza di genere non c’è, ma è stato fatto un lavoro culturale fin dagli anni ‘60 che comunque, come si è visto, non ha ancora permesso di arrivare alla meta della maggioranza delle donne in parlamento. Infine, il rappresentante di Futura, esprimendo il suo appoggio a buona parte degli emendamenti di 5 Stelle, ha depositato i suoi quattro.

 

La Lega: le imposizioni non aiutano le donne.

La capogruppo della Lega ha detto di essere d’accordo sul fatto che c’è un problema culturale, ma le proposte normative in materia, come è stata quella della doppia preferenza, sono influenzate da scelte ideologiche che alla prova dei fatti non producono risultati ma limitano la libertà di scelta degli elettori. Non a caso, ha detto ancora, la maggior parte delle donne sono state elette in un partito definito maschilista e sessista come la Lega. Per l’esponente leghista ci deve essere la libertà di voto e si deve prendere atto che se le donne sono in minoranza significa anche che le donne votano gli uomini. Ma questo è un tema culturale che non si può affrontare introducendo obblighi pesanti e, ha ricordato, nella proposta delle tre preferenze c’è comunque quello di esprimere almeno una preferenza di genere. L’obiettivo delle leggi elettorali, ha continuato, dovrebbe essere quello di allargare la possibilità di scelta dell’elettore. Inoltre la capogruppo della Lega ha affermato di essere contraria alla declinazione al femminile delle cariche, fatto puramente ideologico che non incide sulla sostanza. Si deve, invece, fare un lavoro culturale che da noi è partito tardi, ma che non si può portare avanti con imposizioni per di più a danno della libertà di scelta. Insomma, ha concluso, l’imposizione non aiuta le donne, tanto che non c’è stato un boom di elette, così come non le aiuta il vittimismo.
Il consigliere della Lega ha ricordato che il sistema che si vorrebbe introdurre è quello con il quale si vota per il Parlamento europeo, quindi è perfettamente legittimo. Per questo ha auspicato che si arrivi presto in aula per evitare modifiche delle leggi elettorali a ridosso delle elezioni.

 

La proponente del Patt ha lasciato la seduta: serve un dialogo rispettoso.

La proponente del Patt ha preso le distanze dalle affermazioni della capogruppo della Lega e ha chiesto, come ha fatto la presidente della commissione, un confronto rispettoso e dialogante. Per questo, visto il clima di contrapposizione, ha lasciato la commissione.

 

Azione: persa l’occasione di aprire un dibattito sulla rappresentanza.

Il consigliere di Azione, ha affermato che il ddl a sua firma, è stato depositato il 2 gennaio del 2019 ed è rimasto poi in un cassetto fino a quando nel novembre 2020 la rappresentante della Civica ha preso l’articolo sulle tre preferenze e lo ha trasformato nel suo ddl. Bastava fare un dibattito su un ddl esistente, emendarlo, senza presentare un altro ddl quasi eguale, e si sarebbero tagliati i tempi. L’esponente di Azione ha ricordato di aver ritirato la sua firma sul ddl dopo il suo passaggio al Gruppo Misto consegnandolo alle decisioni del Patt. Nel merito ha ricordato che il disegno di legge originariamente prevedeva il ritorno al proporzionale, scelta che avrebbe permesso una discussione approfondita sul tema fondamentale della rappresentanza. Per fortuna, ha aggiunto, ci sono gli emendamenti di 5 Stelle che allargano la discussione al voto dei trentini all’estero e alla questione della visibilità del programma del presidente della Pat, pensando magari alla possibilità di una verifica dei cittadini dello stato di realizzazione degli impegni elettorali. Per l’esponente di Azione il ddl unificato in discussione è invece irrispettoso della possibilità di aprire un ragionamento sul problema della rappresentanza, riducendo tutto al confronto, anzi allo scontro, ideologico Perdendo di vista, tra l’altro, che la terza preferenza aprirebbe la strada a cordate femminili, lasciando aperta la possibilità della una doppia preferenza di genere. Insomma, per l’esponente di Azione, si è arrivati alla battaglia di bandiera anche a causa della presentazione del ddl della Civica che è andato secco sulla terza preferenza. Infine, convinto che si è persa l’occasione di un confronto approfondito, ha annunciato la sua astensione. In chiusura, la capogruppo Pd ha ingraziato la presidente che ha permesso un grande approfondimento del tema. La discussione generale riprenderà in una prossima seduta della Prima commissione.

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