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AVVOCATI CEOLA E CIANCI * CIRCONVALLAZIONE FERROVIARIA TRENTO: « ESPOSTO A PROCURA REPUBBLICA – ANAC – COMMISSARI EUROPEI PRESSO CORTE CONTI » (PDF DOCUMENTO)

Scritto da
11.00 - venerdì 28 aprile 2023

(Il testo seguente è tratto integralmente dalla nota inviata all’Agenzia Opinione) –
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Alla Procura della Repubblica di Trento
All’ ANAC (Autorità Nazionale Anti Corruzione)
Ai Commissari Europei preposti al controllo circa i fondi del Recovery Plan Al Nucleo Interforze PNRR presso la Corte dei Conti di Trento

LORO SEDI

ESPOSTO

1. Il problema della trasparenza: un vulnus di tutta la procedura di approvazione del PFTE (Progetto di Fattibilità Tecnico Economica) della circonvallazione ferroviaria AC/AV di Trento, opera finanziata con i fondi del PNRR.

Posto che i fondi del PNRR sono stati stanziati dall’Unione Europea nei confronti dei Paesi che ne fanno parte, è bene ricordare che, secondo l’articolo 15, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, qualsiasi cittadino dell’Unione e qualsiasi persona fisica o giuridica che risiede o abbia sede sociale in un paese UE ha il diritto di accedere ai documenti istituzionali. All’opposto Rete ferroviaria Italiana ha dato luogo a una procedura priva di trasparenza sottraendo documenti fondamentali alla pubblica visibilità.

Un breve excursus, al proposito, si rende necessario.

Nell’ottobre 2021 RFI (Rete Ferroviaria Italiana spa, di proprietà pubblica in quanto al 100% di Ferrovie dello Stato Italiane) presenta alla Commissione Nazionale di Dibattito Pubblico ed alla Commissione PNRR – PNIEC il progetto di realizzazione della Circonvallazione ferroviaria di Trento, inserito nell’ allegato IV del Decreto Legge 77/2021, convertito in legge 29 luglio 2021, n.108, recante “Governance del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e prime misure di rafforzamento delle struttura amministrative e di accelerazione e snellimento delle procedure”.

Iniziano da qui le opacità, o meglio, la totale non trasparenza nonché le numerose violazioni di legge di RFI nella procedura inerente l’approvazione dell’opera in parola.
Infatti, pochissimi giorni dopo tale invio, ovvero il 17 dicembre 2022, il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, a cui RFI, in ottemperanza ai disposti del D.L. 77/2021 ha inviato il medesimo progetto oltreché corrisposto alla richiesta di ulteriore documentazione, emette il Parere n. 1 sull’opera.

Più avanti ci soffermeremo sulle prescrizioni che in detto parere erano contenute, quel che conta ora invece è dire che detto parere viene subito “secretato” (e sminuito nel suo reale significato) da RFI, nonostante con lettera formale inviata al Coordinatore del dibattito pubblico fosse stato chiesto di renderlo pubblico dal comitato 11 domande (Allegato 1), e gli estensori del presente atto verranno a conoscenza della sua importanza solo a procedura di approvazione quasi conclusa, quando il Consiglio Superiore emetterà il Parere n. 2, la “determinazione motivata” di approvazione del PFTE, il 5 agosto 2022, ovvero ben 9 mesi dopo la sua emanazione.

Ciò avviene peraltro solo dopo che un comitato spontaneo (Comitato Residenti di Via Brennero) chiese al Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici l’accesso agli atti e RFI, sollecitata da una nota del Consiglio Superiore, gli ha messo a disposizione il documento (senza gli allegati) tramite trasmissione del link a una pagina di trasmissione online di dati, attiva solo per alcuni giorni.

Da quel momento in poi RFI interpreta la norma di riferimento circa le opere del PNRR, il D.L. 77/2021 (convertito con Legge n. 108/2021), in maniera difforme dal suo dettato e di fatto sembra voler secretare tutti gli atti che avrebbero dovuto essere pubblici ed impedire agli stessi organi preposti al controllo ed alla definizione della procedura di approvazione di esercitare il loro ruolo.

 

Il quarto comma dell’art. 44 del D.L. 77/2021 stabilisce che la “Conferenza dei servizi”, attraverso la sua “determinazione finale”, dopo aver preso atto sia del Dibattito Pubblico che della valutazione di impatto ambientale (formulata dal Commissione Tecnica PNRR – PNIEC) e dopo aver “acquisito e valutate le eventuali prescrizioni e direttive adottate” durante il procedimento, “provvede alla approvazione del progetto”.

All’ opposto RFI, nonostante l’opera avesse ricevuto ben 220 prescrizioni dagli organismi preposti alla valutazione del PFTE (Comune di Trento, di Besenello, di Aldeno, Provincia Autonoma di Trento, Commissione Tecnica PNRR – PNIEC e Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici) non valuta né si esprime sulle prescrizioni e trasmette al Consiglio Superiore per l’approvazione definitiva il progetto originario, cioè quello su cui il Consiglio Superiore si era già espresso nel dicembre del 2021.

Il Consiglio Superiore, per parte sua, pur rilevando che RFI non aveva tenuto in alcun conto neppure le prescrizioni contenute nel proprio Parere n. 1 del dicembre 2021, approva l’opera subordinandola alle prescrizioni contenute nel Parere n. 1 come integrate dal Parere n. 2, ed in particolare chiede che sia rifatto lo studio circa la Marzola, montagna attraverso la quale con un percorso “parietale” dovrebbero transitare le gallerie costituenti la circonvallazione.

RFI non ottempera neppure a dette prescrizioni finali, anche se pubblicamente l’ing. Giuseppe Romeo (responsabile del procedimento e Presidente pro tempore della Conferenza dei Servizi e la dott.ssa Paola Firmi Commissaria Straordinaria per il Tunnel del Brennero e le tratte di Accesso (nella conferenza stampa tenutasi presso la Provincia Autonoma di Trento in data 6 settembre 2022) dichiarano l’opposto.

Sarà la documentazione presentata da RFI in occasione del ricorso amministrativo presentato presso il TAR di Trento, poi trasferito per competenza al TAR del Lazio, presentato da 23 cittadini e da una organizzazione sindacale, contro la realizzazione della circonvallazione a far emergere che RFI ha delegato ai “verificatori” i compiti che spettavano rispettivamente alla Conferenza dei Servizi ed al Comitato Speciale del Consiglio Nazionale dei Lavori Pubblici, “giustificando” la scelta attraverso una lettura distorta del comma 7 dell’ articolo 44 del D.L. 77/2021.

Accade così che un organo con funzione meramente tecnica (i verificatori di tipo B), che peraltro è interno alla società proponente l’opera (RFI) e quindi in qualche modo subalterno ad essa, viene chiamato a decidere su questioni di competenza delle istituzioni, ovvero dove l’opera sarà realizzata, sul tracciato della stessa e sulla sua localizzazione, oltreché sulle opere “mitigatrici” proposte. Al proposito si ricorda che si tratta di “verificatori di tipo B” ovvero che l’organismo di ispezione è una parte separata ed identificabile di una organizzazione, e opera solamente per questa organizzazione madre (RFI appunto).

Allo stato dette decisioni non sono state neppure notificate agli enti interessati e per conoscerle nella loro interezza tutti i soggetti interessati hanno dovuto ricostruire la procedura attraverso la lettura dei documenti allegati alla costituzione in giudizio di RFI presso il TAR del Lazio contro i comitati che chiedono la non realizzazione dell’opera.

La stessa gara è stata sottratta all’accessibilità pubblica, nonostante si tratti di una gara europea. Poteva vedere la documentazione solo una ditta che partecipava alla gara stessa. E’ pubblico soltanto il bando mentre andando sul sito di RFI, si trova il Disciplinare. Peccato però che dalla loro lettura si apprenda che i passaggi sostanziali della gara sono stati scritti in una “convenzione” fra RFI ed i concorrenti alla gara stessa. Convenzione che non è pubblica!

Non si sa neppure chi ha composto la commissione aggiudicatrice; non si conosce, se non per indiscrezione di stampa, l’ordine di aggiudicazione fra le cordate partecipanti alla gara, non è stato pubblicato neppure il punteggio ottenuto dalle singole cordate partecipanti alla gara stessa. Ciò considerato che si tratta di un appalto integrato, dove la progettazione ha una caratteristica speciale e che la aggiudicazione avveniva attraverso l’attribuzione di un massimo totale di 100 punti, ovvero di 20 punti per la offerta economica, di 10 punti per la celerità nella realizzazione di lavori, e ben 70 punti per la valutazione tecnica del progetto.

Insomma si sa troppo poco, tanto che gli stessi giornali locali parlano apertamente di “poca trasparenza” e di “procedura opaca”, mentre l’Assessore alla mobilità ed alla riconversione ecologica del Comune di Trento, come noto ex dipendente, ora pensionato di RFI, interrogato

 

dalla stampa sul comportamento di RFI spiega che la società si comporta in questo modo per “evitare i ricorsi” (sic!), in altre parole tenta di coprire le opacità.

2. L’appalto avviene su di un progetto che non è mai stato approvato

La prima conseguenza delle opacità e del non rispetto di quanto stabilito dalla norma che governa il PNRR (il D.L. 77/2021) risulta evidente dal progetto che RFI ha posto a base della gara di appalto che in effetti non risulterebbe essere stato regolarmente approvato.
Per capirlo è necessaria una premessa.

Con la delibera 25 del febbraio 2022 il Consiglio Comunale di Trento prescriveva ad RFI di inserire nel PFTE, prima della conclusione della Conferenza dei Servizi, dei “cameroni” per permettere che il traffico merci che non deve transitare per l’interporto di Trento potesse proseguire in galleria fino a Salorno, sgravando così la città da una parte consistente di traffico merci che con la realizzazione dell’opera transiterà nel capoluogo trentino pur non avendo alcun rapporto con esso. Anche questa prescrizione non è stata trattata nella Conferenza dei Servizi, che avrebbe dovuto valutarla e nel caso di accoglimento chiedere ad RFI di rivedere il progetto ed alla Commissione tecnica PNRR/PNIEC di valutarlo nuovamente e infine al comitato Speciale del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici di approvarlo definitivamente (come previsto in casi come questo dal comma 6 dell’art. 44 del D.L. 77/2021).

Della questione, come abbiamo visto, si occupano invece “i verificatori”, che sulla vicenda “cameroni” testualmente scrivono: “Consentire in futuro la prosecuzione verso nord della nuova linea AC, comporta innanzitutto una verifica di compatibilità dell’attuale tracciato di progetto ed una verifica delle opere in sotterraneo (realizzazione di cameroni di diramazione). Nell’analisi della situazione è stata valutata la possibilità di sviluppare con il progetto esecutivo una configurazione che prevede lo scavalco dei binari della circonvallazione e la realizzazione dei cameroni da parte del futuro lotto di completamento. Tale soluzione consente di ridurre la modifica sia del tracciato che delle opere in galleria del lotto 3A e di non incidere sui tempi realizzativi complessivi. Si prevederà inoltre che con il progetto esecutivo vengano individuati ed adottati tutti gli apprestamenti necessari a garantite che la successiva realizzazione dei cameroni, ad opera di altro appalto, non comprometta la stabilità funzionale delle opere di circonvallazione già realizzate”. Sempre i verificatori scrivono che la modifica è parte dell’allegato 6 del PFTE per la gara, che la prescrizione riguarda i successivi livelli progettuali e “si rileva che la tematica sarà sviluppata nell’ambito delle fasi successive al presente PFTE”.

Come si vede si tratta di una risposta poco chiara che come unico dato certo dice che nel progetto è prevista “una configurazione che prevede lo scavalco dei binari” della circonvallazione.
Capiremo fra poco di cosa si tratta, intanto è bene ricordare che a dicembre 2022 RFI ha inviato al Comune e Provincia, al fine dell’adeguamento del proprio strumento urbanistico (PUP e PRG) il nuovo tracciato della linea in galleria.

Dal confronto fra quanto licenziato dalla Conferenza dei Servizi e dal Consiglio Superiore dei lavori pubblici (vedi allegato 2) e quanto previsto nel nuovo tracciato (vedi allegato 3 chiedi a Claudio Geat …) si evince che si tratta di una modifica sostanziale del progetto, di un’opera strutturale, ovvero di una significativa modifica del tracciato a giustificazione del quale non è stata eseguita alcuna perizia geologica e nessun rilievo: una modifica che comporta lo spostamento della linea ancora verso la parete della Marzola e che si presenta come parallela alla paleofrana, con il rischio che entri nella zona di scivolamento della stessa. L’inserimento di una simile variante, come anche quella richiesta ancora dal Comune di Trento che prevede l’allungamento per 165 metri della galleria artificiale che dovrebbe fuoriuscire dallo scalo Filzi, avviene senza che queste abbiano mai avuto né l’autorizzazione della Commissione tecnica PNRR – PNIEC circa il loro impatto ambientale (autorizzazione che su variazioni di tracciato che modificano lo scavo in galleria è ineludibile), né della Conferenza dei servizi, che sulla prescrizione del Comune di Trento (né su qualsiasi altra) non si è mai espressa mentre si tratta di varianti in assoluto contrasto anche con i pareri del Consiglio Superiore dei Lavori pubblici circa le criticità della montagna Marzola.

La gara in altre parole si sarebbe svolta su progetti mai regolarmente autorizzati in modo completo. Forse è per questo che mentre la PAT (Provincia Autonoma di Trento) ha modificato il PUP (Piano Urbanistico Provinciale) secondo il progetto inviatole da RFI, il Comune di Trento non ha ancora modificato il PRG, probabilmente perché ha evidenziato questa situazione dalla quale sembra impossibile uscire senza la decadenza del progetto di RFI, con il conseguente necessario rinnovo della procedura. Tali modifiche, coperte dai verificatori, contrastano infatti con il disposto dell’art. 27, terzo comma, del Codice degli Appalti (il Decreto Legislativo 18 aprile 2016, n.50) che nega la possibilità di modificare il tracciato e la localizzazione delle opere posteriormente alla decisione di approvazione del progetto da parte della Conferenza dei Servizi.

Invocare a questo riguardo il settimo comma dell’art. 44 del D.L. 77/2021 è improprio ed errato.

Il settimo comma dell’art. 44 infatti dà ai verificatori il compito di accertare la “ottemperanza della prescrizioni impartite in sede di Conferenza dei Servizi e di VIA, nonché di quelle impartite ai sensi del comma 6” (quelle impartite in ultima istanza dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici), non certo di accettare o respingere le prescrizioni, come invece fanno in questo caso, sovvertendo i disposti legislativi circa le opere di cui all’ allegato IV del D.L. 77/2021.

3. Il valore della gara di appalto ovvero un possibile aspetto di turbativa d’asta

In una conferenza stampa tenutasi il 05/09/2022 presso la Provincia di Trento nei primi giorni di settembre 2022 (recensita con grande spazio dai media locali) la Commissario Straordinario dell’opera, la dott.ssa Paola Firmi, ha dichiarato che rispetto alla previsione iniziale contenuta nel PFTE, che si riferiva a 960.000 euro come valore dell’opera, a seguito dell’aumento del costo delle materie prime, il costo della circonvallazione AC/AV di Trento era lievitato a 1.270 milioni di euro (allegato 4).

Invece, il bando di gara su cui si è svolto l’appalto per la realizzazione della circonvallazione AC/AV di Trento prevedeva un valore della gara (a cui erano possibili solo offerte in diminuzione) pari a 985 milioni di euro (allegato 5).
Da notizie di stampa apprendiamo che le offerte da parte delle cordate che hanno partecipato alla gara hanno proposto riduzioni della base d’asta che oscillano fra l’1 % ed il 6 %. Dal sito di Webuild, una delle società partecipanti, e dal comunicato di RFI di data 08/02/2023 (allegato 6) che informa dell’aggiudicazione provvisoria, apprendiamo anche che la gara è stata aggiudicata appunto a Webuild con una offerta economica pari a 934.000.000 di euro.

L’incongruenza fra le due cifre (quella indicata in Conferenza stampa il 05/09/2022 e quella contenuta nel bando) è evidente, come è evidente che le offerte sarebbero tutte anomale e da rigettare per eccesso di ribasso se la base dell’appalto fosse quella annunciata in conferenza stampa dalla dott.ssa Firmi. Ma su questo torneremo successivamente.

L’impressione che serpeggia è che RFI potrebbe trovare il modo di mettere a disposizione dei vincitori la significativa differenza fa le due cifre, anche se la norma vuole che la base di appalto non possa essere modificata a gara ultimata o comunque in corso. Si tratterebbe in questo caso di una turbativa evidente che farebbe pensare ad un accordo preventivo fra le cordate concorrenti (o alcune di queste) ed RFI; un accordo che sarebbe segreto e proprio per questo costituirebbe una turbativa in quanto al nuovo valore non sappiamo quante cordate avrebbero potuto partecipare, trattandosi, fra l’altro, di un appalto europeo.

In verità ci troviamo in una situazione, che potrebbe addirittura originare la non accettazione della aggiudicazione da parte delle aziende che hanno partecipato alla gara, come è avvenuto in prima battuta nel caso dell’appalto per la diga foranea del porto di Genova, e ciò per esclusiva colpa di RFI. Forse preoccupata dal possibile esito del già ricordato ricorso al tribunale amministrativo presentato da 23 cittadini ed una organizzazione sindacale al TAR del Lazio, che ha chiesto l’annullamento della Disposizione Finale della Conferenza dei servizi e del Parere motivato n.2 del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, RFI ha voluto procedere nel la gara di appalto senza che esistesse ancora la deliberazione finale della Ragioneria dello Stato, che ha previsto un aumento di valore dell’opera di 260 milioni di euro.

Di una fattispecie di questo tipo si è occupata la giurisprudenza che, recependo una direttiva comunitaria, ha introdotto il principio della immodificabilità dell’oggetto contrattuale. Si tratta di un principio elaborato dalla giurisprudenza comunitaria, strumentale a quello della concorrenza, che ormai da tempo ha individuato il discrimen fra modifiche ammissibili e non, nella natura sostanziale delle stesse. Per cui le modifiche non sono ammesse se stravolgono l’oggetto del contratto e la sua natura.

Anche ANAC, nel parere del 18.07.2017, n. 686, ha richiamato tali principi, riportando in particolare il contenuto della sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea del 13 aprile 2010 nella causa C-91/08 che testualmente riferisce: “ Al fine di assicurare la trasparenza delle procedure e la parità di trattamento degli afferenti, le modifiche sostanziali […] costituiscono una nuova aggiudicazione dell’appalto, quando presentino caratteristiche sostanzialmente diverse rispetto a quelle del contratto […] iniziale e siano di conseguenza, atte a dimostrare la volontà delle parti a rinegoziare i termini essenziali di tale appalto. La modifica di contratto […] in corso di validità può ritenersi sostanziale in quanto introduca condizioni che, se fossero state previste nella procedura di aggiudicazione originaria, avrebbero consentito l’ammissione di offerenti diversi rispetto a quelli originariamente ammessi e avrebbe consentito di accettare un’offerta diversa da quella originariamente accettata”. La legge stabilisce inoltre che sono modifiche sostanziali quelle che: a. introducono condizioni che avrebbero alterato la partecipazione e l’esito della procedura stessa; b. alterano l’equilibrio economico dell’appalto a favore dell’aggiudicatario senza che ciò sia previsto nel contratto iniziale.

Tutte queste norme dimostrano come l’eventuale messa a disposizione dell’ aggiudicatario della somma risultante dalla differenza fra quella indicata dalla Commissaria Straordinaria nella Conferenza stampa del 05/09/2022 e quella prevista a base di gara, costituisca una palese turbativa e comporti sia l’annullamento della gara espletata sia una eventuale nuova gara in cui vengano aggiornati i valori ed a cui possano partecipare anche altre ditte che in questa prima occasione hanno verosimilmente rinunciato di fronte ad una base d’asta preventivamente riconosciuta come insufficiente alla realizzazione dei lavori.

Apparirebbe infatti impercorribile anche la strada che ascriverebbe alla adozione delle prescrizioni avute dall’opera nel corso della procedura autorizzativa la somma stanziata dallo Stato per l’aumento dei costi delle materie prima. A renderlo impossibile è prima di tutto lo stesso bando di gara ed il capitolato laddove prevedono esplicitamente che la realizzazione e la progettazione delle prescrizioni avute dall’opera nel corso della procedura autorizzativa deve essere a costo zero. Del resto le Associazioni Temporanee di Imprese che hanno presentato offerte di gara hanno proposto ribassi tra l’1% e il 6% della base d’asta hanno dimostrato così di non ritenere insufficienti gli stanziamenti per la realizzazione dell’opera.

Non siamo infatti di fronte a quello che l’articolo 1467 del Codice Civile italiano chiama “eccessiva onerosità sopravvenuta” perché il valore di appalto annunciato ai media era palesemente e dichiaratamente differente da quello contenuto nel bando di gara; una situazione di cui erano a conoscenza tutte le ditte partecipanti allo stesso perché fortemente propagandata dalla stampa locale e nazionale; e comunque in casi di questo tipo la parte danneggiata dall’evento non può richiedere e/o ottenere una modifica delle condizioni contrattuali, ma solo sottrarsi all’esecuzione del contratto, invocandone la sua risoluzione. Come per altro verso l’obbligo delle parti di rinegoziare il contratto per ricondurlo a prezzi più congrui presuppone che l’alterazione dell’originario equilibrio contrattuale sia dovuta a circostanze sopravvenute ed imprevedibili al momento della gara; tesi che non sarebbe sostenibile nel caso in esame, perché è stato il committente, ancor prima della indizione della gara d’appalto, a dichiarare l’inadeguatezza dei prezzi della stessa.

Infine, è ben vero che l’art. 1664 del cod. civ. in materia di contratto consente all’appaltatore di chiedere la revisione del prezzo ma la fattispecie dell’appalto per la realizzazione della circonvallazione AC/AV di Trento è ben diversa: l’aumento del prezzo delle materie prime era già noto prima della gara e lo Stato avrebbe poi emanato al proposito un decreto (attuativo del D.L. Aiuti Ter) nel dicembre 2022 che lo riconosceva e definiva i criteri per la distribuzione dei fondi. Aver bandito la gara prima dell’emanazione del decreto pone una sospetta condizione di asimettria

informativa fra i potenziali partecipanti alla gara, con vantaggio di quei soggetti cui quest’evenienza era conosciuta, rappresentando un ulteriore elemento di turbativa d’asta sui generis.
A tale riguardo ci vengono in sostegno sia la norma che vuole che nei contratti pubblici nessuna variazione della prestazione economica è ritenuta possibile in quanto ciò incide sull’equilibrio del bilancio pubblico, violando i principi di contabilità dello Stato, sia l’art. 106 del D. Lgs. n. 50/2016 (il Codice dei Contratti). Tale ultima norma è improntata al principio della improponibilità di modifiche del contratto quando si tratta di modifiche sostanziali che “cambiano l’equilibrio economico del contratto” stesso, oppure che, se fossero state previste fin dall’inizio, avrebbero consentito la partecipazione anche di altri concorrenti alla gara (comma 4 art. 106 Codice dei Contratti).

4. Le cordate partecipanti alla gara e l’art. 2359 del Codice Civile: un forte indizio

di turbativa d’asta

Dalla stampa abbiano appreso (a pubblicare per primo la notizia è il quotidiano il T), due giorni dopo la conclusione della gara (la data prevista per la consegna delle offerte era fissata per il 14 novembre 2022) che alla stessa hanno partecipato 4 cordate imprenditoriali. Si tratta: 1. della cordata guidata da Webuild con Ghella SPA di Roma, Collini Lavori, Seli Overseas ed SWS Engineering; 2. della cordata guidata da Pizzarotti SPA e Saipem spa; 3 della cordata composta dal Consorzio stabile Etreria e Salcef; 4. del Consorzio Stabile SIS di Torino.

In data 8 febbraio 2023, dopo quasi tre mesi dalla conclusione della gara, con uno scarno comunicato RFI annunciava che la gara era stata vinta dalla cordata guidata da Webuild con un offerta economica pari a 934 milioni di euro.
Dalle visure camerali relative a Webuild risulta che in data 21.10.2021 la proprietà di detta impresa è per il 45,21% di Salini Pietro, per il 18,68% di CDP (Cassa Depositi e Prestiti), per il 5,4% di Unicredit e per il 4,8% di Intesa San Paolo.

Abbiamo scritto che assieme a Pizzarotti SPA la seconda cordata è composta anche da Saipem. Saipem fa parte del gruppo ENI che è il suo principale azionista con il 30,5% delle azioni. In Saipem CDP (Cassa Depositi e prestiti) detiene il 12,55% delle azioni e da anni è stato sottoscritto un patto di sindacato fra Eni e Cassa Depositi e Prestiti per la gestione della società. Nel 2022 a seguito della perdita da parte di Saipem di 2,4 miliardi, cifra superiore al capitale sociale della società, Paolo Calcagnini, general manager e vice direttore finanziario di Cassa Depositi e Prestiti, membro del Consiglio di Amministrazione dì Saipem è stato anche nominato amministratore finanziario di quest’ultima società, in sostituzione di Alessandro Puliti che rimane nel board di Saipem con il ruolo di aiuto all’ Amministratore delegato Francesco Caio, per i progetti speciali.

Ricapitolando ci troviamo nella situazione che un manager ai massimi livelli di Cassa Depositi e prestiti (vicedirettore) Paolo Calcagnini, è anche direttore finanziario di Saipem, la società in cordata con Pizzarotti.
Analoga situazione riscontriamo nella cordata guidata da Webuild.

Abbiamo già scritto che in Webuild Cassa Depositi e Prestiti rappresenta il 18,68% delle azioni, una quota rilavante che, in alleanza e patto di sindacato con Salini dirige la società. In Consiglio di amministrazione di Webuild siede Francesco Renato Mele che è anche amministratore delegato di Cassa Depositi e Prestiti Equity. Il quotidiano La Stampa del 4 ottobre 2022 dà infatti notizia che “il Consiglio di amministrazione italiano di Webuild, big italiano delle costruzioni e dell’ingegneria, ha nominato per cooptazione, su proposta di CDP (Cassa Depositi e Prestiti) Equity (ai sensi delle pattuizioni parasociali in vigore) […] i nuovi consiglieri Andrea Alghisi e Francesco Renato Mele, entrambi dirigenti di Cassa Depositi e Prestiti.”

Semplicemente le cordate guidate da Webuild e da Pizzarotti “hanno lo stesso padrone”. In esse CDP svolge funzione di amministratore di indirizzo, da una parte in alleanza (i patti parasociali a cui accenna il quotidiano La Stampa) con Salini e dall’altra, in patto di sindacato con ENI. Siamo insomma in presenza della partecipazione ad una gara del valore di quasi un miliardo di euro da parte di imprese diverse ma collegate e/o controllate.

 

Su una situazione di questo tipo si è espressa in maniera incontrovertibile la IV sezione del Consiglio di Stato che ha stabilito, con sentenza 4 febbraio 2003, n. 560, che nelle ipotesi di controllo stabilite dall’art. 2359 del Codice Civile, richiamato dalla prima parte del secondo comma dell’art. 34 del Decreto Legislativo 163/2006, l’esclusione dei concorrenti si pone come un atto dovuto per le stazioni appaltanti, essendo in presenza di una previsione assoluta circa la sussistenza di un unico centro di interesse.

In vero, invece, la commissione aggiudicatrice dell’appalto in oggetto non ha escluso le ditte in parola. Non solo, ma queste si sono classificate rispettivamente prima e seconda nella gara, come scritto sempre dalla stampa locale, mentre al terzo posto si è classificato il Consorzio Stabile Eteria con Salcef ed al quarto il Consorzio stabile SIS di Torino. Il fatto che le due cordate che presentano elementi di collegamento siano state proprio le prime due classificate in gara avvalora ulteriormente l’ipotesi della turbativa d’asta. Tale risultato infatti “blinda” l’interesse delle due cordate in oggetto (e in particolare dei soggetti presenti in entrambe), dal momento che se una sola delle due fosse esclusa dalla gara l’altra si aggiudicherebbe comunque la gara stessa per la posizione occupata in graduatoria.

Un’ulteriore considerazione è da fare sulla natura del controllo esercitato da Cassa Depositi e Prestiti sulle due cordate. La presenza di un patto di sindacato di CDP sia con Saipem che con Webuild chiarisce che siamo in presenza di un unico centro di interesse testimoniato dal fatto che CDP è alla guida di entrambe le società. In una situazione di questo tipo, considerata fra l’altro la dimensione dell’appalto, non è difficile immaginare che fra le due cordate vi sia stata intesa circa l’offerta da fare e che fra le stesse una fosse stata designata a fare l’offerta migliore. Lavori per un miliardo (con la promessa di poter arrivare a 1270 milioni) sono ovviamente oggetto di discussione in Consiglio di Amministrazione e in nessuna società sono totalmente delegati alla parte tecnica dell’impresa; il fatto che nelle società delle due cordate siano presenti dirigenti ai più alti livelli di CDP, che ancora operano per detta società, fa supporre che fra loro si sia realizzata una intesa circa l’offerta da formulare.

La non esclusione dalla gara delle due cordate in questione, ovvero del 50% delle imprese coinvolte nella gara, sembra consigliare l’annullamento della stessa ed il suo rifacimento, circostanza che potrebbe sanare anche le altre anomalie e turbative che abbiamo sollevato con il presente esposto.

6. RICHIESTE.

Allo stato, agli esponenti appare evidente che ci si trovi di fronte ad una evidente ipotesi di turbativa di gara sotto almeno tre profili, che sono stati descritti nell’esposto:
1.L’assenza di trasparenza nella procedura seguita, ricca di atti segretati, al fine di non consentire un controllo da parte degli enti preposti ai controlli e ai cittadini che vedono direttamente lesi i propri diritti;

2.la determinazione del prezzo dell’appalto, che è stato pubblicamente indicato dalla commissaria straordinaria dott. Paola Firmi in euro 1.270.000.000,00, quando il prezzo di gara è stato fissato in euro 985.000.000,00 e quello di assegnazione dovrebbe essere di euro 934.000.000,00; una riduzione del 26% appare assolutamente anomala;

3.la composizione delle cordate partecipanti alle gare con intrecci non consentiti e con soggetti concorrenti che hanno partecipato alla predisposizione della documentazione utilizzata per predisporre il bando di gara.

Quanto sopra premesso, i sottoscritti esponenti chiedono alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Trento, all’Autorità Nazionale Anti Corruzione, al Commissari Europei preposti al controllo circa i fondi del Recovery Plan, ciascuno per le proprie competenze, di voler esaminare il presente esposto e se riterranno sussistere violazioni alle normative di legge sottoposte alla Loro vigilanza e controllo, di procedere nei confronti dei responsabili dei reati e delle violazioni, che sono state nell’esposto segnalate.

 

Sottoscrivendo il presente atto danno anche mandato all’avv. Marco Cianci e all’avv. Vanni Ceola del Foro di Trento di provvedere al deposito del presente atto alle Autorità investite dall’esposto. Chiedono di essere informati del corso delle procedure di indagine e di controllo e di essere espressamente informate, tramite il legale sopra indicato, dell’eventuale richiesta di archiviazione.

Vengono allegati:

Lettera del comitato 11 domande al coordinatore del dibattito pubblico;
Dettaglio di tracciato tratto dal Progetto di Fattibilità Tecnico Economica approvato;
Estratto dalla presentazione dell’ass. Facchin al Dibattito Pubblico;
Articolo del Dolomiti “Circonvallazione ferroviaria di Trento, i costi lievitano a 1,27 miliardi”;
Bando di gara d’appalto;
Comunicato stampa di RFI del 08/02/2023.

Trento, 5 aprile 2023
Avv. Vanni Ceola avv. Marco Cianci

Il presente esposto denuncia viene sottoscritto dai seguenti soggetti, parti offese nell’instaurando procedimento penale

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