Con la sentenza depositata mercoledì 31 marzo 2021, il Tribunale civile di Trento ha rigettato l’impugnazione della delibera di fusione per incorporazione della Cassa rurale Lavis, Mezzacorona e Valle di Cembra nella Cassa rurale di Trento e del successivo atto di fusione stipulato in data 23 dicembre 2019.
La decisione lascia letteralmente senza parole, perché la motivazione sembra limitarsi a riprodurre nella sostanza le ragioni del provvedimento d’urgenza adottato dal presidente facente funzioni il 21 dicembre 2019.
Le documentate allegazioni in fatto e i plurimi motivi in diritto discussi nel corso del giudizio e oggetto di corpose memorie da parte delle difese di entrambe le parti sono stati pressoché integralmente ignorati, quasi che la decisione fosse già scritta.
Le questioni interpretative e di costituzionalità riguardanti l’applicabilità dell’art. 2504-quater c.c. anche alle fusioni tra cooperative a mutualità prevalente e l’ampiezza della pretesa efficacia sanante dell’iscrizione dell’atto di fusione sono state liquidate in poche righe, senza alcun cenno alla necessità di una ponderazione dei valori coinvolti nella vicenda anche alla luce del diritto europeo. Non sono state neppure esaminate analoghe questioni interpretative e di costituzionalità prospettate sulla legge che ha previsto l’obbligatorietà dell’adesione delle banche di credito cooperative a un gruppo bancario cooperativo, da cui il Tribunale desume sic et simpliciter la scomparsa della competenza della Regione/P.A.T., prevista invece da norme di rango costituzionale. Il Tribunale ha peraltro attribuito erroneamente alla difesa dei ricorrenti una pretesa contestazione delle competenze della BCE, tesi invero mai spesa in atti, avendo i ricorrenti sempre sostenuto che le competenze di BCE, le quali nell’ambito del M.U.V. hanno attratto alcune competenze prima spettanti alla Banca d’Italia, si aggiungono e non certo si sostituiscono alle prerogative regionali e provinciali. Così pure oggetto di singolare fraintendimento sono state le questioni di merito concernenti la validità della delibera in relazione al procedimento di fusione, che parevano onestamente incontestabili. Il regolamento assembleare della Cassa rurale Lavis – Mezzacorona e Valle di Cembro dettava: «In caso di votazione per alzata di mano, si computano soltanto i voti risultati minoritari e quelli degli astenuti a norma dell’art. 22.2. che precede e, per differenza, si computano i voti risultati maggioritari», laddove il verbale notarile non dà alcun conto dei voti risultati minoritari, attestando invece che «al fine di determinare il numero dei voti favorevoli, contrari, astenuti il Presidente ha chiesto a me notaio di procedere alla identificazione dei contrari e degli astenuti, come prescritto dal regolamento assembleare» (che è stato così palesemente disatteso).
Sorprendente, infine, oltre che errata, è la condanna alle spese, sia in sé, stante la complessità e delicatezza delle questioni – riconosciuta peraltro nel corso del giudizio dallo stesso Tribunale – sia nel quantum, il che sembra tradire un intento ‘punitivo’ nei confronti dei ricorrenti, quasi a scoraggiare l’impugnazione di una decisione che presenta ictu oculi vizi gravi ed errori marchiani.
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