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AGCOM – ANTITRUST * IMPRESE EDITORIA – TV – TELEFONIA: « I RICAVI DI QUOTIDIANI E PERIODICI IN FLESSIONE DELL’8,2%, RISPETTO AL 2018 »

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11.44 - martedì 13 febbraio 2024

(Il testo seguente è tratto integralmente dalla nota stampa inviata all’Agenzia Opinione) –
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Pubblicato il “Focus Bilanci 2018-2022”. Il documento raccoglie e analizza i dati relativi a oltre 120 tra le principali imprese operanti nei settori delle comunicazioni elettroniche, dei servizi di corrispondenza e consegna pacchi, del settore televisivo e dell’editoria quotidiana e periodica ([1]).

Il rapporto analizza le principali grandezze economiche e patrimoniali esposte dai bilanci relativi agli ultimi cinque esercizi nei settori di interesse istituzionale dall’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni attraverso.

 

 

Editoria quotidiana e periodica
I ricavi complessivi registrati dalle principali imprese editoriali nel 2022 sono stati pari a 4,24 miliardi di euro, in crescita del 6,0% su base annua ma in flessione dell’8,2% rispetto al 2018.
Nel 2022 il valore del mercato italiano ha visto una crescita dell’2,0% su base annua (da 3,59 a 3,66 miliardi di euro) e una flessione del 7,4% da inizio periodo.
Nel 2022 i ricavi editoriali e quelli da vendita di spazi pubblicitari rappresentavano rispettivamente il 36,5% ed il 29,7% dei ricavi complessivi. I primi hanno registrato una flessione del 6,1% su base annua, ma del 25,8% rispetto al 2018, mentre le risorse pubblicitarie hanno mostrato riduzioni di minore intensità (-2,6% su base annua e -12,5% rispetto ad inizio periodo).
Tra il 2018 ed il 2022 il margine netto (Ebit) dell’intero settore in rapporto ai ricavi è stato mediamente pari al +2,8%, annuo.
Con riferimento al 2022, rispetto all’esercizio precedente, il margine netto è passato dal +3,7% al +7,7%. Tale dinamica è determinata dall’aumento della marginalità netta di alcune imprese (ad esempio, Panini vede crescere l’Ebit dal 7,9% al 25,3% dei ricavi, soprattutto per l’apporto delle attività estere) e in parte ad una complessiva riduzione del costo del lavoro (- 3,5%), fatta registrare in particolare da Condè Nast (-27,8%), Hearst (-48,4%) e Sole 24 Ore (-17,3%).
Il rapporto tra il risultato di esercizio ed il patrimonio netto, risulta lievemente positivo con riferimento all’intero periodo (+1,4%), ma dopo il netto miglioramento osservato tra il 2020 ed il 2021 (dal -5,9% a +6,3%) nel 2022 ha subìto una flessione, riducendosi al +4,8%.
Gli addetti delle principali imprese del settore nel periodo in esame si sono ridotti di oltre 1.500 unità (-10,9%), passando da un totale di poco inferiore a 14.300 addetti nel 2018 a poco più di 12.700 nel 2022 e con una flessione (maggiormente contenuta rispetto agli anni precedenti) di circa 190 unità rispetto al 2021.

 

 

 

Televisione
I ricavi registrati nel 2022 dalle principali imprese analizzate[3] (7,6 miliardi di euro) hanno visto una flessione del 7,8% rispetto al 2021, riduzione che, con riferimento al 2018, quando le risorse complessive sfioravano i 9,2 miliardi di euro, è pari al 17,3%.
Relativamente ai tre principali soggetti presenti sul mercato televisivo italiano (Rai, Mediaset e Sky Italia) nel periodo considerato i ricavi complessivi sono passati 8,13 a 6,74 miliardi di euro (-17,2%), con dinamiche differenti rispetto alle singole tipologie di ricavo: le risorse derivanti dal canone Rai risultano sostanzialmente stabili (annualmente intorno agli 1,8 miliardi), gli introiti da pubblicità nel 2022 segnano una riduzione delll’8,6% rispetto al 2018. I ricavi pubblicitari della concessionaria pubblica mostrano nel 2022 una flessione del 5,8% su base annua, ma risultano leggermente superiori rispetto al 2018 (+1,8%); Mediaset, su base annua flette in misura più contenuta (-2,4%), ma registra una riduzione superiore (-8,3%) con riferimento ad inizio periodo.
Particolarmente penalizzata dalla concorrenza dello streaming è risultata la componente pay (-41,7%) passata nel periodo da quasi 3 a poco più di 1,7 miliardi di euro. Più in dettaglio, i ricavi di Sky si sono ridotti del 19,5% nel 2022 su base annua e di circa il 30% rispetto al 2018.

Tra il 2018 ed il 2022 il margine netto (Ebit) degli operatori considerati nell’analisi è risultato negativo per quasi 2 miliardi di euro (-4,7% dei ricavi), con il valore del 2022 in peggioramento rispetto a quanto registrato nel 2021 (-8,3% contro il -6,2%).

In rapporto al patrimonio netto il risultato di esercizio mostra un valore negativo (-5,9% in media) determinato dagli andamenti negativi degli ultimi tre esercizi contabili, con il valore dell’indicatore che nel 2022 è risultato peggiore rispetto al 2021 (-14,1% vs -10,0%).

Le diverse modalità di contabilizzazione della spesa in contenuti e diritti televisivi determinano valori assai differenziati tra gli operatori di settore considerati nell’analisi. Si stima, quindi, che la spesa complessiva per produzione di contenuti e acquisizione di diritti (contabilmente composta da investimenti e specifiche poste contabili registrate nei costi operativi) sia valutabile, nel 2022, in 3,2 miliardi di euro, valore in netta flessione (-0,7 miliardi di euro) rispetto al 2021, e pari al 42,4% dei ricavi aggregati (47,9% nel 2021).

Tra il 2018 ed il 2022 gli addetti complessivi delle imprese analizzate risultano ridotti di circa 280 unità rispetto al 2018, attestandosi a poco meno di 21.000 addetti a fine 2022 (valore in flessione dello 0,9% rispetto ai livelli occupazionali del 2021).

 

 

Comunicazioni elettroniche
I ricavi complessivi delle principali aziende che operano nel settore delle comunicazioni elettroniche (nella presente analisi ne sono incluse 50) si sono ridotti, nel periodo 2018-2022, dell’8,1%, passando da 30,9 miliardi di euro nel 2018 ai 28,4 miliardi di euro nel 2022.

L’andamento dei ricavi, per classe di ampiezza, evidenzia che gli operatori che nel 2022 hanno avuto un volume di affari maggiore di 500 milioni di euro, registrano riduzioni sia su base annua (-2,2%), che nell’intero periodo 2018-2022 (-11,2%), quelli compresi tra 100 e 500 milioni, corrispondentemente, vedono crescere gli introiti del 3,4% rispetto al 2021 del 28,1% nel confronto con il 2018. Le imprese con fatturato inferiore ai 100 milioni di euro (35 nel campione analizzato), che rappresentano nel 2022 il 2,8% dei ricavi del settore, mostrano un considerevole dinamismo. Ciò può essere ricondotto anche alla specificità dei loro modelli di business, spesso incentrati sull’offerta di servizi integrati e caratterizzati da una maggiore «vicinanza» al cliente, essendo in buona parte operatori su base regionale o provinciale.
Nel 2022, il volume di affari complessivo di questa categoria di imprese ha sfiorato gli 800 milioni di euro, mostrando una crescita del 9,5% su base annua e del 37,2% rispetto al 2018.

A inizio periodo, gli introiti complessivi da rete mobile erano stimabili nel 47,3% del totale, mentre nel 2022 questi sono stimabili nel 43,1%. Ciò testimonia come, nel comparto mobile, sia presente un’elevata pressione competitiva, mentre la crescita della componente fissa (dal 52,7% al 56,9%) è dovuta principalmente dall’incremento dei servizi broadband e ultrabroadband offerti da una crescente pluralità di soggetti.

Tra il 2018 ed il 2020 il margine lordo del settore tende a migliorare, passando dal 34,5% al 36,5% dei ricavi. Il valore di TIM nel triennio risulta costantemente superiore rispetto a quello delle altre imprese. Nei due successivi esercizi, 2021 e 2022, gli effetti della crisi pandemica e la pressione competitiva del settore fanno registrare, rispetto al 2020, una flessione del margine lordo complessivo di oltre 12 punti percentuali (24,3% nel 2022); la diminuzione è dovuta prevalentemente ai risultati di TIM, che nello stesso anno registra un ebitda pari al 17,2% dei ricavi, contro il 29,6% ottenuto in media dagli altri operatori.

Il margine operativo netto (Ebit) del comparto ha nel 2022 un valore complessivamente negativo per circa 900 milioni, pari al -3,2% degli introiti. TIM e le altre imprese risultano in negativo rispettivamente per 650 milioni di euro (-5,4% dei ricavi) e 250 milioni di euro (-1,5% dei ricavi). Si sottolinea che le politiche aziendali, in tema di determinazione degli ammortamenti o di eventuali svalutazioni di cespiti, incidono ovviamente sulla valorizzazione dell’Ebit.

In tutto il periodo considerato (2018-2022), imprese considerate del settore delle comunicazioni elettroniche hanno registrato, a fronte di oltre 146 miliardi di euro di ricavi, un margine netto aggregato valutabile in circa 5,3 miliardi di euro (3,6% degli introiti), mentre il risultato di esercizio aggregato è negativo per oltre 3,2 miliardi di euro.
Tali dati sembrano testimoniare sia gli effetti della pressione competitiva sui prezzi, sia la natura fortemente “capital intensive” del settore, con flussi di investimenti (infrastrutture fisiche e asset immateriali) che nel periodo esaminato sono stati pari a circa 42 miliardi di euro, somma superiore del 12% a quella corrispondentemente generata dai flussi di cassa derivanti dall’attività operativa (38 miliardi di euro).

A fine 2022, gli addetti diretti nel settore sono circa 58.800, con una riduzione nell’ultimo anno considerato di circa 1.400 unità. La tendenza alla riduzione degli addetti è in atto da tempo (nel 2018 gli organici del comparto erano circa 64.900); tale flessione è dovuta in prevalenza ai processi di riorganizzazione aziendale che hanno interessato, nel periodo considerato, alcuni tra i principali operatori storici (Tim, Vodafone, Wind Tre, Tiscali-Linkem), che nel complesso hanno visto ridurre i livelli occupazionali per oltre 8.600 addetti.
Allo stesso tempo si osserva come la progressiva infrastrutturazione e la crescita degli operatori che più di recente sono entrati sul mercato, sia nel segmento retail sia in quello wholesale, hanno attenuato tale tendenza.
Va, infatti, sottolineato come Iliad e Open Fiber abbiano complessivamente superato a fine 2022 i 2.200 addetti (erano poco più di 1.000 nel 2018), Eolo e Fastweb nello stesso periodo hanno incrementato l’organico rispettivamente di circa 260 e 530 unità, mentre gli altri operatori di piccole e medie dimensioni (oltre 40) hanno aumentato i livelli occupazionali di circa 560 addetti.

 

 

Servizi di corrispondenza, consegna pacchi e stampa/imbustamento
I ricavi del 2022 sono stati 12,4 miliardi di euro, pari al 3,8% in più rispetto al 2021.
Tra il 2018 ed il 2022 i ricavi attribuibili ai servizi di corrispondenza sono scesi da 2,9 a 2,3 miliardi di euro (-19,6%), mentre le risorse derivanti da servizi offerti dai principali corrieri espresso – che sono composte prevalentemente da quelle relative ai servizi di consegna pacchi – sono cresciute di oltre 3,7 miliardi, passando da 6,1 a 9,9 miliardi di euro (+61,0%). Si segnala al riguardo il particolare dinamismo di Amazon Italia Transport, i cui introiti tra il 2018 ed il 2022 sono passati da 220 milioni di euro ad oltre 1,2 miliardi di euro.

I servizi di stampa e imbustamento (upstream services) hanno tradizionalmente dimensioni più contenute, ed i relativi introiti non hanno subito rilevanti variazioni (si sono mantenuti intorno ai 240-250 milioni di euro), ma rispetto agli introiti complessivi delle imprese comprese nell’analisi il loro peso è passato dal 2,6% all’1,9%.

Tra il 2018 ed il 2022 il margine netto (Ebit) del settore è risultato mediamente pari al 5,7%, con valori corrispondentemente più elevati per il Gruppo Poste Italiane rispetto alle altre imprese considerate (7,5% contro il 2,8%).
Va rilevato come, nel 2022, il divario tra il margine operativo netto del Gruppo Poste Italiane[2] rispetto quello registrato dalle altre imprese, pari a 6,5 punti percentuali nel 2021 (9,0% vs 3,5%) si sia ulteriormente ampliato (9,9% vs 1,1%).

In rapporto al patrimonio netto, il risultato di esercizio del Gruppo Poste Italiane segna in media, nel quinquennio esaminato, un valore più contenuto (10,5%) rispetto a quello medio delle altre imprese (15,3%). È tuttavia da evidenziare come nel 2022 l’indicatore in esame sale in media al 18,0% (era pari al 12,8% nel 2021); tale risultato è ascrivibile al Gruppo Poste Italiane (il cui valore passa dal 12,1% del 2021 al 22,1% del 2022), mentre flette nettamente con riguardo alle altre imprese (dal 17,4% all’1,1%).

Gli investimenti effettuati nel 2022 (circa 1 miliardo di euro) risultano in crescita del 2,8% rispetto al 2021 e si confermano di dimensione contenuta (circa il 5,2%) rispetto agli introiti.
Tuttavia, si evidenzia come gli investimenti effettuati dai principali corrieri, tra il 2018 il 2022, siano raddoppiati, passando da circa 100 ad oltre 200 milioni di euro (grazie soprattutto ad Amazon Italia Transport), arrivando a rappresentare oltre il 20,0% degli investimenti complessivi del settore.

Gli addetti (oltre 127.000 a fine periodo) risultano in flessione di circa 8.100 unità rispetto al 2018; la, riduzione è dovuta principalmente ai processi riorganizzativi del Gruppo Poste Italiane, ma è da evidenziare come nel 2022 lo stesso Gruppo abbia aumentato gli organici di 2.600 unità rispetto all’anno precedente.
Gli organici diretti delle altre imprese aumentano nell’intero periodo di oltre 5.100 unità, in virtù anche di processi di riorganizzazione e di un maggiore radicamento (con la creazione, ad esempio, di hub logistici) nel territorio nazionale. Al riguardo è da evidenziare la crescita di Amazon Italia Transport che a fine 2022, con un aumento di oltre 800 unità rispetto al 2021, contava 3.400 addetti.

 

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[1] Il report si basa su informazioni contabili desumibili dai bilanci d’esercizio delle imprese e fornisce un insieme informativo che si differenzia da analoghe analisi condotte dalla stessa Autorità.
Una prima differenza riguarda la finalità degli approfondimenti proposti rispetto a quella di altre analisi condotte a fini regolamentari (ad esempio le “analisi di mercato”) ovvero nell’ambito della predisposizione della “Relazione Annuale” dell’Autorità.
In questo caso l’obiettivo principale è quello di fornire una rappresentazione sintetica dello «stato di salute» (reddituale, patrimoniale e occupazionale) dei settori. In altri termini, le risultanze del Focus sono ottenute sulla base dell’insieme delle attività svolte dai principali soggetti che operano nel settore in questione, non già sulla base della suddivisione di tali attività per ambito merceologico (ossia di mercato).
Pertanto, le evidenze quantitative che emergono non possono essere utilizzate per effettuare comparazioni con altre risultanze rese pubbliche dall’Autorità, laddove tali analisi, che si caratterizzano per un maggior livello di specificità tecnica delle informazioni richieste, assumono il ruolo di strumento metodologico ai fini di una corretta individuazione, dal punto di vista geografico e merceologico, dei mercati sottoposti alla disciplina regolamentare dell’Autorità.
In particolare, emergono almeno tre principali elementi da considerare:
la diversa numerosità campionaria;
la differente tempistica di rilevazione del dato;
la richiesta di informazioni extracontabili che caratterizza la maggior parte delle specifiche richieste di informazioni che l’Autorità rivolge alle imprese e che, quindi, non sempre sono riconducibili alle specifiche poste di bilancio previste dal Codice civile.

[2] Il valore del Gruppo Poste Italiane è relativo al complesso delle attività svolte inclusivo, quindi, anche di quanto originato dai servizi di bancoposta ed altre attività non specificamente legate ai servizi di corrispondenza e consegna pacchi.
[3] La presente analisi non comprende, in assenza di sufficienti informazioni economico-patrimoniali relative al mercato italiano nel periodo in esame, la componente, progressivamente sempre più rilevante, rappresentata dai principali player presenti nell’offerta di servizi video in streaming (tra cui,Netflix, Dazn, Prime Video, Disney+).

 

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