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LETTERE AL DIRETTORE

VINCENZO SCARLATO * COVID: « I DRACONIANI DPCM CI HANNO INNATURALMENTE RECLUSI PER MESI, COME ANIMALI SISTEMATI IN GABBIE DOMESTICHE »

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08.55 - giovedì 7 ottobre 2021

È acclarato che ciò che più importa allo Stato, in questo particolare momento storico, è attuare una progressiva frantumazione della volontà popolare, luogo in cui dimorano ancora relitti di diritti, mediante una politica che s’impregna di sadismo e violenza. A volte giocando di fioretto, altre volte, invece, intensificando gli sforzi, con secchi colpi d’ascia, ma senza mai arrendersi al proposito di spezzare le redini a chi, nella direzione opposta, non cede alla rassegnazione di vedersi da un giorno all’altro irreparabilmente rovesciato, da questo pericoloso califfato all’occidentale.

La dimostrazione di questo fenomeno, cresciuto esponenzialmente, è da ricercare in tutta quella serie di Dpcm draconiani, dentro ai quali ci hanno innaturalmente reclusi per mesi, come animali sistemati in gabbie domestiche, rigorosamente controllati da frastornate ronde diuturne. Faccio bene a dire come accade alle bestie, eh sì, perché la maggior parte degli animali, a costo di morir di fame, nel sottrarsi alla generosità dell’accalappiatore, che vuole destinarli al pagliericcio, alla brocca e alla scodella, quale garante del rancio giornaliero, preferiscono scappare dalla provvidenza comunale, scegliendo eventualmente di morire di inedia, quale estremo ed onorevole atto libero di fine vita, piuttosto che accettare la dura legge della segregazione.

Insomma, morire degnamente, per un cane è questione di grandezza. E la mia non è ovviamente una disamina per sostenere la politica del randagismo. È solo un’immagine a chiarire meglio, quanto vi sia di istintualmente così forte nell’anima di gruppo di questa sottospecie, che subito fiutano il rischio come pericolo per la conservazione della propria sopravvivenza. Un istinto, dunque, che porterebbe un cane per esempio ad essere allergico al cappio e alle catene. E gli uomini adottano lo stesso comportamento, quando si sentono vessati dal potere autoritario? Cosa facciamo noi, invece, oggi, in quanto individui? Certo, i cani non concepiranno la libertà come diversamente è per noi, ma senza addentrarci nella complessità della questione, essi la fiutano e la desiderano fortemente, come invece non sembra più interessare agli uomini del nostro tempo. E del nostro Paese, in particolar modo. Dunque, i poveri sfortunati cagnoloni sfuggono alla morsa dell’aggressore, per non subire l’oltraggio della carcerazione. Non si accontentano della canonica brodaglia, quale misura ristoratrice della loro fisiologia. Anzi, preferiscono crepare all’addiaccio, raminghi e fuggitivi.

A quelli che accettano la dura legge delle sbarre, deve andare tutto liscio, per confidare nella pagnotta giornaliera. Altrimenti, al buon veterinario non costerà molto liberarli dalle loro inquietudini. Non è forse per questo motivo, che reagiscono all’oppressione del padrone, sfuggendovi, pur di non dipendere da una libertà vigilata? È così che gli animali amano vivere, obbedendo alla legge di natura. Ciò che è istinto per loro, per noi è libertà cosciente. Ok? Ebbene, questi esemplari, che amorevolmente chiamiamo amici a quattro zampe, che strapazziamo di coccole sui nostri lussuosi divani, ebbene, questi simpatici amici sembrano anelare alla libertà più di noi, e preferiscono la morte ad una vita miseranda e disgraziata. Cicerone, che non è un accrescitivo né un’alterazione canina, ma un nome proprio di persona, morto qualche giorno fa, certamente non voleva riferirsi agli animali nella sua lapidaria sintesi “improba vita mors optabilior”, cioè che –la morte è preferibile ad una vita disonorevole- Eppure si attaglia perfettamente anche alla vita dei nostri pelosi beniamini, quando si vedono costretti a decidere, se prendere o lasciare.

Capire ora come gli uomini si mostrino sazi di libertà, da preferirne il digiuno, beh, questo è un mistero davvero preoccupante e indecifrabile. Più ci maltrattano, più ci privano, più ci tacitano, più ci strangolano, più ci affamano, più ci banalizzano, più ci animalizzano, insomma, più più più, …e più restiamo avvitati ad un immobilismo incomprensibile, che non trova spiegazioni sul piano del puro ragionamento. Quasi che la gente dubiti ora della libertà stessa, quella a cui si legava indissolubilmente fino all’altro ieri, e che oggi è sul punto di convincersi del suo esatto contrario. Ed ora pronta a cederla, per un piatto di lenticchie. Sì, a cederla a quattro satrapi, che comunque hanno avuto l’ardire di interromperla e di escluderla dal dettato costituzionale, “a causa della peste pandemica, che in Italia, ricordiamolo, “ha dimezzato l’intera popolazione”. Con queste premesse, il golpe è riuscito. -Dio è morto, L’uomo è un concetto astratto. Vuota è la Repubblica.

Un sillogismo, che trova piena conferma nella condotta di noi tutti, quale popolo bue ubbidiente, che subito impara la regoletta da seguire, e se ne compiace come una candida colomba. Come fanciulli che, sugli attenti, obbediscono ai genitori, per evitare di prendere sberle nei denti. Ma, mentre per i piccini l’agire in tal senso è più che normale, per gli adulti, invece è imperdonabile, visto che Circe non è così potente, da trasformarci tutti in porci. Oppure è già accaduto, ed io, francamente, non me ne sono mai accorto?

In verità, se pur con stupore, ammettere che tutto questo sia stata opera di quattro piccioni, non aquile dunque, ad aver avuto il fegato a stuprare ed usurpare la Costituzione, ritenuta sacra fino a qualche anno fa, -tranne che per il primo articolo-, è indubbiamente un’impresa colossale, considerando appunto gli attori sul piano della loro levatura culturale e morale. Ne è derivato, che tutto quanto in essa fosse racchiuso, quale imponente proiezione di civiltà, all’improvviso si spegnesse nella sua sostanza giuridica-spirituale. Proprio così.

Che, quel suo bel corpo costituzionale, evocante bellezza e rarità, dai maggiori paesi al mondo addirittura tanto invidiata, si svigorisse e precipitasse in un coma profondo. A tal punto, che oggi a noi si manifesta come tutta sgualcita, manomessa, scarnificata, discesa al rango di una Meretrix. Lisa, discinta, senza forze, continuamente violata. Questa è la Repubblica, oggi.

Dobbiamo arguire allora, da tutto questo incommensurabile dissesto giuridico-morale, che posizionarci immediatamente dietro ai nostri amici a quattro zampe, in deroga ai principi tassonomici esistenti, che non è affatto un’ipotesi remota e sconcia? Onore agli animali, allora, che sfuggono al braccatore, che non smettono di ringhiare, che inforcano un corridoio di libertà. L’animale supera l’uomo, dunque. Questa è la verità. Chapeau! Da ultimo, visto che non siamo in milioni a sfilare, mi sono detto: dove siete finiti, tutti voi artisti; sì, voi, quelli del recente passato. Oggi un po’ attempati, ma ancora fortemente in attività, che col pugno alzato arringavate le piazze d’Italia, specie durante la festa dell’unità? E che la storiografia moderna vi connota oggi col titolo di “Radical chic”? Sì, voi di quel sinistrismo culturale d’élite, comunistelli d’avanguardia, amici del popolo, nemici del padrone, che volevate cambiare il mondo, e amavate starnazzare “viva la Libertà”. Sì, dove siete, potenti voci del proletariato e del popolo sfiduciato? Che ancora perturbate le coscienze di tanti giovani, con quei lamenti da intellighenzia superata?

Che come camaleonti oggi cambiate pelle, e dal palco vi offrite alla folla come profondi maestri tibetani? E sedete in TV, a commentare i cambiamenti sociali di oggi, confrontandoli con quelli di ieri, come ne foste voi gli interpreti realizzatori di quel passato? E, con bianchezza d’animo, mostrate le vostre giacchette di suprema lana pettinata, abbinate al mocassino d’oro Gucci? Come fa, d’altronde, qualche politico-sindacalista, oggi in pensione, a 30 mila euro al mese, stretto nei suoi blazer di purissimo cashmere pakistano. Mi rivolgo a voi, risaputamente di sinistra, perché a destra, specie attualmente, e dovunque poggi lo sguardo, c’è solo “il deserto dei tartari”.

Ecco, tolti i Gaber, i De André, gli Endrigo, e “Il mio canto libero” di Battisti, da tempo tutti passati a miglior vita, dove vi nascondete tutti voialtri, ancora vivi e vegeti? Descrittori di passione romantica e di libertà? Avete forse dismesso la casacca di nostalgici riformisti, e trovata più comoda e redditizia quella del ricco padrone benevolente? Perché, se non sbaglio, non un volto che vi rassomigli, ho intravisto nelle piazze a manifestare, né intonare alcuna nota della vostra amica libertà. Eppure, questa di oggi non dovrebbe risultarvi tanto diversa dalla vostra, urlata tempi addietro.

Ma è probabile che, in quella vostra testina di inguaribili intellettualoidi, essa non abbia mai trovato la giusta collocazione, se non in una forma di mera astrazione o nominalismo. Ma prescindendo dal distorto concetto di libertà, di cui siete portatori funesti, la cosa gravissima è che della libertà, oggi noi ne veniamo addirittura accusati, quasi fosse un indebito esercizio, che non riguardasse più gli abitanti di questa nazione. Insomma, dallo Stato siamo “Accusati di libertà”. Le prove? Beh, dovunque ti giri, ne trovi una.

Per chi non lo sapesse, il 29 settembre scorso, si è festeggiato San Michele. L’arcangelo. Signore dell’intelligenza. Ispiratore di libertà e verità. Che sovrintende i popoli. Che instilla forza e coraggio. È lui, l’unico vero vaccinatore in aiuto all’uomo. Non caccia conigli. Ma draghi. Scegliamo, dunque. Libertas o Imperium? Vita libera o controllo? Uomini o uruk-hai? Sperando che non sia troppo tardi.

 

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Vincenzo Scarlato
Trento

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