Già nel recente passato ci eravamo occupati del maldestro tentativo di avviare il centro per il trattamento dei fanghi di depurazione al Navicello, come da interrogazione allegata sotto.
Fortunatamente i roveretani erano stati soccorsi dalla tecnologia, che aveva messo ko l’impianto evidenziando l’inadeguatezza dello stesso per i fini proposti.
La wet oxidation è ancora a livello sperimentale: ha costi energetici enormi oltre a problemi di corrosione e incrostazioni che stressano le strutture. In Trentino poi, dove non esiste un grande depuratore unico, ma una miriade di piccoli impianti, per arrivare a Rovereto da tutti gli angoli della provincia i fanghi dovrebbero essere prima disidratati, poi trasportati e ancora reidratati per essere immessi nel ciclo. Questi costi (a carico della Provincia) rendono di fatto anti economico il modello.
Non ci consta che le valutazioni (risalenti a oltre 10 anni fa) siano state aggiornate nonostante nel frattempo i costi per lo smaltimento tradizionale siano sensibilmente diminuiti.
I fanghi trentini non soffrono i problemi comuni alle aree dove, purtroppo, nei cicli urbani civili confluiscono anche scarichi industriali generando i noti problemi quale la presenza di idrocarburi.
Ci saremmo aspettati che il tanto sbadierato cambiamento avrebbe dispiegato i suoi effetti anche in questo campo. Invece ci troviamo di fronte all’assoluta continuità di idee con il pensiero dellaiano.
Naturalmente sulle spalle dei trentini (che pagano) e in particolare dei roveretani che (sulla loro pelle) potranno vantarsi di un nuovissimo centro che nessuno in 10 anni si è sognato di imitare.
Procederemo domani a chiedere a quali condizioni fosse stata avviata la sperimentazioni per verificare gli obblighi in capo alla Provincia.
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Filippo Degasperi
Alex Marini
Alessandro Dalbosco
Michele Setti
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