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ASGI – ASSOCIAZIONE STUDI GIURIDICI IMMIGRAZIONE * CASE POPOLARI: « DISCRIMINATORIA E ILLEGITTIMA LA LEGGE REGIONALE DELL’ABRUZZO, LA CORTE COSTITUZIONALE HA ACCOLTO IL RICORSO DEL GOVERNO »

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18.15 - martedì 2 febbraio 2021

Discriminatoria e illegittima la legge regionale dell’Abruzzo sulle case popolari. Bocciata la richiesta di “documenti aggiuntivi” per gli stranieri e i punteggi sulla residenza.

La Corte Costituzionale, con la sentenza 9/2021, ha accolto il ricorso promosso dal Governo, dichiarando incostituzionali due norme della regione Abruzzo relative all’accesso agli alloggi pubblici, affrontando due questioni che in realtà riguardano le normative presenti anche in molte altre regioni e in molti comuni.

La prima è la nota questione dell’obbligo, posto a carico dei soli cittadini extra UE, di presentare documenti che attestino la assenza di proprietà immobiliari nei Paesi di origine e nei Paesi di provenienza. Secondo la Corte questa richiesta è “irragionevole per la palese irrilevanza e pretestuosità del requisito che intende dimostrare”, perché – prosegue la Corte – “la circostanza che qualcuno del medesimo nucleo familiare possegga, nel Paese di provenienza, un alloggio siffatto non dimostra nulla circa l’effettivo bisogno di un alloggio in Italia”.

Si evince anche che il “famoso” art. 3 DPR 445/00 – del quale molti Comuni si fanno scudo per giustificare le loro richieste di “documentazione aggiuntiva” – è del tutto irrilevante e non viene neppure considerato dalla Corte nell’esame dei principi che regolano l’accesso ai servizi abitativi pubblici. Tra l’altro, su questo punto, proprio poco prima della decisione della Consulta si era aggiunta all’elenco di decisioni conformi dei giudici di merito anche la Corte d’Appello di Firenze (in precedenza già Corte Appello Milano sul “caso Lodi” e Tribunale Milano 27.7.2020 sul regolamento della Regione Lombardia).

La seconda questione esaminata dalla Corte è se la richiesta di “documenti aggiuntivi” possa essere giustificata non più per la prova della “impossidenza” di altro immobile, ma per la dimostrazione della situazione reddituale e patrimoniale complessiva: la norma impugnata, in sostanza, introduceva per legge la “soluzione Lodi” con possibili ricadute anche per l’accesso a tutte le prestazioni sociali agevolate (mense scolastiche, trasporti ecc.). In questo caso la decisione della Corte è di infondatezza della questione di costituzionalità, ma non certo perché la Corte sposi la “soluzione lodigiana” come hanno fatto credere alcune dichiarazioni di politici abruzzesi: al contrario, la Corte riconosce la legittimità della richiesta solo a condizione che colui che chiede la prestazione, pur avendo la residenza anagrafica in Italia, abbia il domicilio fiscale all’estero. Ovviamente il caso in cui un richiedente l’alloggio ERP o una prestazione sociale abbia mantenuto la residenza fiscale all’estero, quasi fosse un grande evasore occultato a Montecarlo, è un caso di pura fantasia e quindi di fatto anche questa norma è cancellata.

La terza questione riguarda la scelta della Regione Abruzzo di “sopravvalutare” la durata della residenza in un Comune della Regione, attribuendo un punto all’anno per ogni anno oltre i 10 fino a un massimo di 6.

La questione è di grande rilievo perché le recenti sentenze della Corte che avevano in parte rivoluzionato la giurisprudenza precedente escludendo in radice l’ammissibilità di requisiti di residenza estranei alla considerazione del bisogno (sentenze 44/2020, 281/2020, 7/2021) avevano anche lasciato spazio a una possibile considerazione della residenza non come barriera all’accesso, ma come criterio di precedenza.

Ci si poteva quindi aspettare una dichiarazione di infondatezza della questione. Ma correttamente la Corte rileva invece che non è solo la barriera all’accesso (del tipo “solo chi ha 5 anni di residenza”) a creare una distorsione nel sistema distributivo del welfare, ma anche una considerazione sproporzionata dell’anzianità di residenza.

Così, se una persona lungo-residente sopravanza una persona più bisognosa ma con minore anzianità, il sistema è comunque stravolto e il principio della prevalenza del bisogno – così chiaramente sancito dalla sentenza 44/2020 – è comunque violato. E pur non essendo certo compito della Corte entrare nel dettaglio delle possibili scelte amministrative, l’esemplificazione che si legge nella sentenza indica una strada precisa: solo la anzianità di presenza nella graduatoria è in grado di coniugare in modo equilibrato la presenza sul territorio e la valutazione del bisogno. Altre soluzioni adottate sotto la bandiera del “prima i nostri” (dove i “nostri” non sono solo gli italiani, ma tutti coloro che hanno avuto la fortuna o sfortuna di non potersi muovere da un certo luogo) non sono ammissibili.

A questo punto tutti i Comuni che mantengono nei loro bandi clausole relative ai “documenti aggiuntivi” per gli stranieri, come pure le Regioni che hanno inserito clausole analoghe con circolari (come il Piemonte) o addirittura in leggi regionali (come il Friuli) dovrebbero mettere mano alle loro norme e, anche solo per rispetto istituzionale nei confronti della Corte, eliminarle immediatamente. Come pure le Regioni dovrebbero rivedere i regolamenti che “sopravvalutano” il criterio della stanzialità ai fini della attribuzione del punteggio modificandoli alla luce dei principi affermati dalla sentenza 9/21.

ASGI – che ha contribuito a questo risultato promuovendo numerosi giudizi i cui esiti già anticipavano la pronuncia della Corte – invita gli enti territoriali ad attivarsi in questo senso, evitando così sia il moltiplicarsi del contenzioso, ma soprattutto il protrarsi di situazioni di ingiustizia in contrasto con la nostra Costituzione.

 

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