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ITALIA NOSTRA TRENTINO * REPLICA A GOTTARDI: « “MUSEIFICAZIONE” CENTRI STORICI, UN ASSESSORE APPENA INSEDIATO FAREBBE BENE AD APPROFONDIRE I PROBLEMI »

Scritto da
18.12 - mercoledì 27 dicembre 2023

(Il testo seguente è tratto integralmente dalla nota stampa inviata all’Agenzia Opinione) –

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Inutile vandalismo. Associazione Nazionale per la tutela del Patrimonio Storico, Artistico e Naturale della Nazione Sezione trentina
In risposta alle dichiarazioni del neo assessore Mattia Gottardi sui centri storici trentini. Le dichiarazioni del nuovo assessore all’urbanistica, che teme la “museificazione” dei centri storici, vorrebbe “favorire le demo-ricostruzioni” per evitare lo “spopolamento” lasciano sconcertati: è evidente che non conosce né i fatti né le norme urbanistiche, dato che le sue opinioni sui centri storici sono lontanissime dalla realtà. Prima di rilasciare dichiarazioni avventate, un assessore appena insediato farebbe bene ad approfondire la conoscenza dei problemi. Proviamo a farne una sintesi ordinata.

 

1. La museificazione
Salvo rarissimi casi in cui l’integrità dell’insieme è chiaramente percepita come un valore e quindi saggiamente tutelata (Tenno, per esempio) i centri storici trentini sono ordinariamente investiti da alterazioni che quotidianamente ne erodono il carattere e ne riducono il valore, sostituendo la coerenza originaria con una caotica accozzaglia di elementi banali, distruggendo irreversibilmente un paesaggio irriproducibile. Nessuno ha mai pensato di “museificare” i centri storici cristallizzandoli come sono, ma dev’essere chiaro che il “metabolismo” necessario alla loro vitalità non deve diventare degenerazione, come invece sta avvenendo. Dove mai sarebbe la presunta museificazione?

 

2. Demo-ricostruzioni
L’assessore invoca la “riclassificazione” degli immobili per renderli demo-ricostruibili. Forse non sa che la riclassificazione è già avvenuta nel 2012, grazie a una frasetta infilata nella finanziaria che ha cancellato in un attimo la decennale pianificazione dei centri storici (che era vanto dell’autonomia). Poiché i piani urbanistici avevano dichiarato “ristrutturabili” la maggior parte degli edifici storici in base a una definizione che ne escludeva la demolizione, è bastato ritoccare quella definizione per renderli tutti demolibili. Cioè, per sovvertire le intenzioni dei pianificatori e le scelte democraticamente prese dai consigli comunali. Non occorre che Gottardi si scomodi: ha già provveduto Gilmozzi, grazie al quale, d’interi borghi trentini potrebbe rimanere in piedi solo la chiesa; tutto il resto è già da tempo demo- ricostruibile, cancellando anche il ricordo del nostro incensato paesaggio. Se ciò non è avvenuto, non è per qualche norma “museificante”, ma solo perché i cittadini trentini si sono fin qui dimostrati più razionali dei loro rappresentanti. Nel merito, invitiamo l’assessore a leggere i documenti prodotti dall’Osservatorio del paesaggio della PAT e a prendere buona nota dei suggerimenti in essi contenuti.

 

3. Al passo coi tempi?
Secondo Gottardi, gli edifici dei centri storici (ma forse dell’intera città storica) “non rispondono alle esigenze attuali: ad esempio, hanno volumetrie molto grandi, sono disposti uno accanto all’altro, non hanno i poggioli e hanno una viabilità complicata”. Se ne ricavano due conclusioni, entrambe sconcertanti. La prima è che il modello insediativo che l’assessore all’urbanistica ritiene rispondente alle “esigenze attuali” è costituito da piccoli edifici isolati (riccamente dotati di balconi) serviti da una “semplice” rete stradale (a cul-de-sac?). In pratica, il suo ideale sembrano proprio le orrende, disfunzionali e insostenibili lottizzazioni che hanno deturpato, sub-urbanizzandolo, gran parte del Trentino. La seconda conclusione, più allarmante della prima, è che l’assessore all’urbanistica aspira a demolire la città storica (cominciando dal suo centro) per sub-urbanizzare l’intero territorio, cancellando anche ciò che rimane della cultura urbana trentina, parte di un patrimonio di cultura e civiltà che ha reso l’Italia oggetto d’ammirazione universale.

 

4. Sostenibilità
Qualunque studente d’ingegneria potrebbe spiegare all’avvocato Gottardi che edifici di grandi dimensioni, disposti in aderenza e senza balconi partono notevolmente avvantaggiati sul piano dei consumi energetici per il loro fattore di forma e l’assenza di ponti termici. Quindi, sono già sulla buona strada per raggiungere la classe D nel 2033. Per sapere come “efficientare” ulteriormente gli edifici storici, basta chiedere una consulenza a CasaClima, che sarà ben lieta di mostrare in che modo ciò viene abitualmente fatto in Alto Adige, con vantaggio di tutta l’economia locale. Senza contare i notevoli costi energetici ed ecologici delle demolizioni e delle ricostruzioni e, in generale, la minore sostenibilità derivante dalla minore densità.

 

5. Spopolamento
L’andamento demografico dei centri storici è questione complessa. Per esempio: nessuno vorrebbe seriamente riportare nel centro storico di Trento gli oltre trentamila abitanti che vi vivevano nell’800; né si può dire che il suo “spopolamento” abbia causato l’abbandono del patrimonio edilizio e prodotto il crollo dei valori immobiliari. Anzi: tutto il contrario. Anche in molti centri minori i valori immobiliari testimoniano che il patrimonio edilizio storico è considerato più che adatto alle “esigenze attuali”. Tuttavia, è indubbio che una notevole parte di tale patrimonio è abbandonato ed è meritevole d’essere recuperato, non necessariamente a scopo residenziale. Le cause dell’abbandono degli edifici sono varie: frazionamento della proprietà, migrazione verso il fondovalle o gli insediamenti maggiori, scarsità di risorse finanziarie, tecniche e culturali. Alcune di queste cause potrebbero essere utilmente rimosse dall’intervento pubblico (come avviene, ancora una volta, in Alto Adige). Altrettanto varie possono essere le ipotesi di riuso: residenze ordinarie, sociali, turistiche, terziarizzazione pubblica e privata, artigianato ecc. Il recupero del patrimonio edilizio storico richiede soluzioni ad hoc sostenute da robuste competenze. Ove non si riesca a coniugare le potenzialità latenti di un edificio con le necessità potenziali del mercato immobiliare, la demolizione rimane una possibilità residua, quasi sempre di carattere fallimentare.

 

6. Fabbisogno abitativo
L’idea che il fabbisogno abitativo possa essere soddisfatto nei centri storici, sopraelevando indiscriminatamente gli edifici (come dispone la legge urbanistica provinciale) o demo-ricostruendoli (com’è già largamente consentito e come Gottardi vorrebbe ulteriormente “favorire”) è ingenua e paradossale. Ingenua perché i centri storici sono una porzione ridottissima del suolo urbanizzato, già sufficientemente densa: le potenzialità di densificazione (e la necessità di riqualificazione) fuori dai centri storici sono enormemente maggiori, anche senza consumare un metro quadro di suolo. Paradossale, perché il modo più rapido ed economico per ricavare unità residenziali nei centri storici (limitatamente al modesto contributo che possono dare) è il riuso degli edifici abbandonati, eliminando uno spreco e consegnando alle future generazioni una parte vitale ed essenziale del loro passato. Le risorse finanziarie non sono un problema insormontabile: se si vuole si trovano (come dimostra eloquentemente il caso Vasco Rossi). Invece, le risorse tecniche e culturali devono essere pazientemente costruite, se si vuole. Se non si vuole nemmeno, è facile prevedere l’esito.

 

 

 

Nota Opinione: in allegato il ritaglio dal quotidiano “T” (24/12/2023, pag 11), allegato al comunicato stampa.

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