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CONSIGLIO REGIONALE TRENTINO ALTO ADIGE – SÜDTIROL * « LA RELAZIONE PROGRAMMATICA DI FUGATTI, LE PRIME REPLICHE DI ATZ TAMMERLE – CIA – ROSSI – FAISTNAUER – MARINI – STAFFLER – TONINI – REPETTO »

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18.11 - venerdì 25 giugno 2021

La relazione programmatica di Maurizio Fugatti, le prime repliche dei consiglieri Atz Tammerle, Cia, Rossi, Faistnauer, Marini, Staffler, Tonini, Repetto.

La seduta del Consiglio regionale si è aperta questo pomeriggio con la trattazione del punto 1-bis, Dimissioni del Presidente e dei Vicepresidenti della Regione ed eventuali provvedimenti conseguenti. Dopo che i presidente Josef Noggler ha comunciato le dimissioni del presidente Arno Kompatscher e dei vicepresidenti Maurizio Fugatti e Waltraud Deeg, non essendoci interventi in merito si è passati alla votazione a scrutinio segreto per la relativa accettazione, passata con 45 sì, 2 no e 8 schede bianche.

Mirko Bisesti (Lega Salvini Trentino) ha quindi proposto Maurizio Fugatti quale presidente, “in quanto uomo che crede nell’Autonomia, che rispetta e crede nel valore della Regione e nel suo futuro”

Maurizio Fugatti (Lega Salvini Trentino) ha quindi esposto la sua relazione programmatica, iniziando con un ringraziamento al presidente uscente Arno Kompatscher per il lavoro fatto, anche nel raccordo delle due componenti della Regione. Ha fatto quindi riferimento a una fase impegnativa per l’Autonomia, sottolineando che pandemia ed emergenza sanitaria sembravano aver innescato un processo di potenziale indebolimento davanti allo Stato, e che era necessario promuovere azioni öpolitiche e istituzionali conseguenti. Ciò investiva non solo province e Regioni, ma anche Governo, Parlamento, le altre Regioni ordinarie e speciali. Egli ha quindi sottolineato l’unicità dello Statuto di Autonomia, che offriva una precisa indicazione di marcia e di metodo; la questione altoatesina aveva costituito un fattore determinante per l’ancoraggio internazionale, ma quella trentina era parte integrante della vicenda: era quindi utile trovare in una rinnovata dimensione regionale di stimolo per una reciproca e più matura comprensione. 50 anni prima, le modifiche allo Statuto e l’approvazione del nuovo Statuto, insieme alle vicende successive, avevano contribuito a indicare la strada. Sul terreno istituzionale le due Province autonome avevano potenziato la propria azione di governo e di amministrazione in modo incisivo, la regione da ente gestionale si era evoluta in una funzione politica di raccordo, ancorché ancora non adeguatamente compiuta: da qui l’importanza strategica della staffetta, nell’ottica del perseguimento di un fine comune, ovvero l’interesse dei territori nel rispetto della loro specificitá, con un occhio di riguardo dalla tutela delle minoranze.

L’accordo tra le forze politiche si era rafforzato con il recente ingresso in Giunta del PATT; la Regione, quale soggetto istituzionale espressione di varie forze politiche, poteva svolgere un ruolo determinante al fine di un’iniziativa legislativa per introdurre la clausola dell’intesa, e grazie all’accordo politico raggiunto, si poteva muovere per il raggiungimento dei propri obiettivi statutari, al fine di raggiungere il bene comune del territorio e dei cittadini. Importante sarebbe stato il confronto continuo tra i tre soggetti istituzionali, con dialogo aperto. L’emergenza pandemica aveva dato conferma dell’importante ruolo di raccordo tra le due province fornito dalla Regione, sia dal punto di vista finanziario che da quello organizzativo, al fine di reagire in modo pronto e adeguato: a partire da ciò si poteva ragionare su un nuovo ruolo propulsivo della Regione, in ambito sanitario, anche considerando la presenza a Trento della nuova Facoltá di Medicina. La Regione, ha ricordato Fugatti, aveva raggiunto risultati nell’ambito delle proprie competenze statutarie in particolare riguardo alla delega di funzione riguardanti l’attività amministrativa di supporto agli uffici giudiziari, con relativo miglioramento della macchina amministrativa e grande sforzo sul piano del materiale informativo. In quest’ambito, la Regione si era impegnata a ridurre le scoperture e valorizzare il personale, grazie anche a più concorsi pubblici, ormai in dirittura d’arrivo.

Con riferimento alla provincia di Bolzano, il numero di idonei era inferiore ai posti disponibili: si stava quindi pensando a posti a tempo determinato. Fugatti ha ricordato anche il recente incontro con la Ministra Cartabia, facendo riferimento all’importanza degli accordi pluriennali in materia, insieme all’istituzione dell’Agenzia regionale per la Giustizia. Ha poi citato la materia della previdenza, con il rafforzamento del ruolo dei Patronati nell’ambito della pandemia, al fine di sostenere in maniera più efficiente i cittadini; importante nella realizzazione di progetti nell’ambito del welfare complementare era il ruolo di Pensplan. La Regione aveva dato notevole impulso al rinnovo della concessione A22, interloquendo costantemente con gli altri attori pubblici e il Ministero dei Trasporti per risolvere le criticità, che ancora permangono: in quest’ambito, la Provincia autonoma di Bolzano e quella di Trento si sono presentate unite, al fine di salvaguardare il carattere strategico della struttura, e questo è avvenuto anche grazie al raccordo della Regione. Questa tematica sarebbe stata al centro dell’opera della Giunta regionale nella seconda metà della legislatura. Fugatti ha poi citato l’operazione Mediocredito, nell’ambito della quale la Regione aveva completato la procedura di propria competenza. Ha quindi segnalato l’intenzione di gestire la sua presidenza ai sensi della continuità rispetto alla gestione del presidente Kompatscher, contestando le ipotesi di un rapporto logorato tra Trento e Bolzano e facendo riferimento a una promozione comune di cultura e autonomia, in particolare in occasione del 50mo del Secondo Statuto di Autonomia: in quest’ambito la Regione avrebbe avuto il ruolo di Casa comune delle Autonomie, coordinando azioni comuni nell’educazione alla cittadinanza e all’autonomia. Autonomia non era solo uno status giuridico, ma lo strumento per garantire e sviluppare la convivenza tra gruppi linguistici, nonché assunzione di responsabilità, capacità di manutenzione del capitale sociale e identitario. Si sarebbe contenuto a sostenere la Fondazione Haydn, fiore all’occhiello della Regione, di cui si auspicava un formale riconoscimento a livello nazionale. Importante sarebbe stato anche il contatto e lo scambio tra gli enti che nelle due province si occupavano di storia, altrettanto lo sarebbe stata la cooperazione transfrontaliera, con al rilevanza del GECT, che aveva portato avanti in 10 anni numerosi progetti e sviluppato posizioni comuni. Fugatti ha ricordato l’incontro del 1. giugno al Brennero per il ripristino della rete elettrica, ma anche l’incontro con il Presidente della Repubblica austriaca van der Bellen ad Alpbach, l’estate scorsa.

Occasione importante sarebbe stata anche la futura presidenza dell’Eusalp, quarta macroregione riconosciuta dalla UE, con popolazione di circa 80 milioni di persone. Nella cooperazione transfrontaliera la Regione era chiamata a svolgere una funzione propria. In quanto alle proposte di aggiornamento dello Statuto di Autonomia, la seconda metà di legislatura sarebbe stata un periodo decisivo per trovare un metodo di lavoro e di confronto: la costituzione formale di una commissione/gruppo di lavoro, con composizione decisa da presidente e vicepresidente della regione, con il compito anche di formulare un protocollo d’intesa per l’individuazione di ambiti e competenze, sarebbe stata il luogo più opportuno. Importante sarebbe stata anche la prassi di convocare riunioni congiunte delle tre Giunte.
Maurizio Fugatti ha concluso facendo riferimento alla rinnovata consapevolezza che i due territori, i due sistemi istituzionali avevano bisogno di lavorare sempre di più insieme, in un’alleanza per l’Autonomia e il bene comune della comunità: per questo, la Regione Avrebbe rafforzato il suo ruolo politico di raccordo.

Aprendo il successivo dibattito, Myriam Atz Tammerle (Süd-Tiroler Freiheit) ha fatto riferimento a “parole lusinghiere”, evidenziato però che il modo in cui il candidato presidente si era rivolto un’altra persona in aula durante il suo intervento, per attirarne l’attenzione, non era degno di un futuro presidente. Si possono usare le parole più belle, ma rivolgersi a un’altra persona richiamandola con un “Oh!”, e questo nella prima uscita pubblica, annullava tutto, e imponeva di chiedersi se questa doveva essere la persona che avrebbe dovuto rappresentare il Consiglio regionale all’esterno. Il presidente Josef Noggler ha replicato che sarebbe stato proprio compito, e non quello de Fugatti, garantire la quiete in aula.

Claudio Cia (Gruppo Misto) ha rilevato che, al di là di quanto promesso, al realtà dei fatti dimostra un chirurgico e sistematico smembramento delle competenze della Regione, ormai equiparata a uno sportello bancomat per le provincie e a un ufficio di collocamento per i partiti di maggioranza. Quale importanza riconoscono a questa istituzione, i partiti posti dall’elettorato al governo di essa? Essi si sono adoperati per toglierle visibilità, per non riconoscerla più come pietra angolare dell’Autonomia, il che nega un futuro da condividere per essere più forti anche di fronte allo Stato italiano. Se dalla SVP e altri non ci si poteva aspettare attenzione alla regione, dalla componente trentina sì: essa aveva ipotizzato uno sganciamento della presidenza da quella delle due province, invece ci si ritrovava ancora davanti a un presidente a metà, “un presidente da dopolavoro”. Si trattava di un’istituzione spogliata dalla politica e tenuta in piedi da dirigenti e collaboratori, mentre Bolzano si smarca sempre più da Trento: a metà, a maggio ha per esempio approvato l’istituzione di una commissione per separarsi dalla Regione anche sulla questione delle indennità dei consiglieri, il che svuoterebbe ulteriormente le competenze della regione; in futuro, questo potrebbe portare a che consiglieri che fanno lo stesso lavoro abbiano retribuzioni diverse. Cia ha poi criticato le risposte di Savoi alle richieste di dimissioni, nelle quali faceva riferimento solo al suo partito, la Lega, e non al bene della regione. Queste azioni danneggiano l’immagine della Regione: egli stesso per dimettersi da assessore non aveva dovuto attendere telefonate da Roma.

La Provincia autonoma di Trento ha recentemente siglato un protocollo con l’Emilia Romagna sul fascicolo sanitario elettronico, per la condivisione dei relativi dati: è assurdo che si cerchi una collaborazione all’esterno, mentre i sistemi delle due province non sono in grado di comunicare tra di loro. Il processo di continuo svuotamento della Regione non è solo colpa di Roma che avanza, ma della rinuncia a livello locale; la stessa SVP ha proposto un ddl per togliere competenze alla Regione, tra cui l’ordinamento degli enti locali. Se per Bolzano non ci sono stati effetti pesanti sull’Autonomia negli ultimi anni, per il Trentino c’è stata una svalutazione anche per via dell’affidamento di importanti nomine politiche a persone da fuori regione, il che ha permesso allo Stato ingerenze in tutti gli ambiti: si pensi al giornalista fatto arrivare da Roma. Dal 2005 l’Ufficio stampa della Regione era affidato alternativamente a quello delle due Province, ed egli si era impegnato per un ufficio stampa autonomo: affidarlo un giornalista che lavorava a Roma, a fronte di tanti giornalisti locali competenti e anche senza lavoro, oltretutto con stretto legame a un partito nazionale, era stata una grande delusione. Come si può dire ai giovani che si investe su di loro, di fare esperienze all’estero ma poi tornare a casa, se quando si è chiamati a scegliere la classe dirigente locale si guarda sempre fuori dai confini regionali? L’Autonomia rischia di sprecare le sue migliori risorse per interessi politici e personali.

Ugo Rossi (Gruppo Misto), confermando il sostegno all’annunciata intenzione di introdurre il meccanismo dell’intesa, ha ricordato che due anni fa aveva deciso di appoggiare la Giunta senza chiedere nulla in cambio, pur non essendo mai stato chiamato a un incontro di maggioranza, ma di averlo fatto per la piena fiducia nei confronti del pres. Kompatscher, in particolare rispetto a un tema che oggi era mancato nelle dichiarazioni programmatiche, vale a dire “unicità dello Statuto”, che è il presupposto sul quale provare ad avere un dialogo difficile tra due territori che tradizionalmente la pensano diversamente sulla Regione: a Bolzano che sia inutile, a Trento che sia inutile in questa forma, e che debba essere riformata. Definendosi “staffettista”, Fugatti sminuiva il ruolo di presidente della Regione, nonostante le sue stesse promesse di rivitalizzarla. Nel discorso programmatico era stata citata più volte la regione come ruolo della collaborazione, che è il contrario del luogo delle competenze: a proposito, c’era un accordo sul parere da dare al ddl della SVP in relazione alla competenza sui Comuni? Rossi ha ricordato quale “fatto significativo” della prima metà della legislatura la discussione di una legge regionale per istituire un fondo regionale per incentivare le gestioni associate, che però era giuridicamente solo per Bolzano, “tanto era importante la competenza sui Comuni”. Per fortuna, egli se ne era accorto, se no la legge sarebbe passato. Rossi ha poi contestato la rilevanza effettiva della presenza in Giunta del Partito Autonomista. In quanto all’intesa, se questa parola la pronuncia Kompatscher egli era portato a pensare che la considerasse davvero importante, in quanto già parte attiva in questo senso nel confronto col Governo, al punto tale da inserirla in un referendum: a questo referendum però Fugatti votò contro, facendo relativa campagna elettorale, “e oggi ce la ritroviamo nelle dichiarazioni programmatiche: speriamo che a fine legislatura ci sia”.

In quanto a trasporti e partecipazioni, la posizione univoca e granitica di cui ha parlato Fugatti non era realistica: bastava dire che ci sono posizioni diverse, ma che si lavora per ricomporle. Ciò che è accaduto sull’A22 e Mediocredito dimostrava invece la fragilità di questo granito; il lavoro su Mediocredito era praticamente finito un mese dopo l’avvio della Giunta, poi il tutto rimase fermo un anno e mezzo proprio per le differenze tra Trento e Bolzano, tanto che alla fine le Casse rurali sudtirolesi avevano cambiato idea. Ancora non si sapeva cosa avrebbe fatto la Provincia di Bolzano con le sue quote. È difficile essere presidente della regione e pensare che per darle un ruolo basti la bacchetta magica, ma egli da ex presidente riteneva che ci volesse il coraggio di dire che la Regione com’era e il Consiglio regionale non potevano più stare in piedi così com’erano, era necessario modificare il modo di lavorare e promuovere meccanismi non solo di confronto, ma anche di impegno alla codecisione: su questo dovrebbe lavorare la commissione proposta da Fugatti, che potrebbe essere un’intuizione interessante.

Peter Faistnauer (Team K) ha domandato quale fosse la posizione comune sulla concessione A22 e se la relativa sede legale sarebbe rimasta nella Regione.

Alex Marini (Movimento 5 Stelle) ha sostenuto che la staffetta era la migliore risposta per assicurare una buona distribuzione del potere e del relativo ricambio: avrebbe dovuto essere un principio caratterizzante tutti gli altri organi, anche provinciali, per esempio le commissioni. Si era parlato dell’autorevolezza di Kompatscher, ma essa andava anche dimostrata: la sua presenza fisica era stata piuttosto scarsa, e l’assenza in aula e nelle commissioni frequente, e questo riguardo a vari temi. Si pensi all’emergenza sanitaria, tema affrontato solo in merito alla suddivisione delle risorse; non si era cercato invece un minimo comune denominatore su politiche del lavoro, ambientali, sanitarie, disaffezione verso la politica, crisi della democrazia. Ci si limitava alla solita litania della specialità dell’Autonomia e degli accordi internazionali, senza interpretare la storia in maniera più moderna. In quanto alle competenze legislative primarie della regione, in questi due anni e mezzo non si era lasciato il segno: non si era affrontata con maggiore decisione la questione della fusione degli enti locali, affrontata in modo solo marginale e occasionale, mentre le regole della democrazia dovrebbero essere comuni, almeno nei fondamentali; la competenza in termini di amministrazione della giustizia era gestita in maniera opaca, poco chiari erano stati gli obiettivi dell’Agenzia e le modalità con cui la Giunta avrebbe voluto attuare la normativa:; una richiesta di confronto con i soggetti interessati era stata bocciata in commissione in quanto “prematuro”.

Una sua interrogazione in merito non aveva ancora avuto risposta. L’azione dell’esecutivo in questi due anni e mezzo è stata caratterizzata da sottrarsi dal confronto, perché le stesse componenti della maggioranza non sono in grado di trovare la quadra: si pensi alla poca chiarezza su Pensplan, o alla rivalutazione automatica dello stipendio dei consiglieri, che era stata alla fine rinviata, insieme a tutti gli altri punti all’ordine dle giorno della relativa commissione, compreso quello relativo all’osservatorio sulla criminalità organizzata. Un’occasione importante sarebbe esportare l’Autonomia alle altre Regioni italiane o in Europea, per esempio nell’ambito della conferenza dei presidenti delle altre Assemblee regionali, dove pure si parla del tema dei beni confiscati alla criminalità. Anche in merito alle linee di indirizzo su difensori civici e garanti, esse vengono recepite in maniera difforme a Bolzano, o non recepite a Trento: la Regione dovrebbe invece servire a smussare queste differenze, oppure permettere che una Provincia autonoma importi le migliori esperienze dell’altra Provincia autonoma, oppure a esercitare una funzione reale in altri organismi, nel confronto con le altre regioni a livello nazionale o europeo; nel 2021, in epoca di globalizzazione, questo dovrebbe interessare, “manca però la voglia di porsi delle domande e pensare in maniera diversa”; un confronto con altre zone di montagna potrebbe servire a modificare lo Statuto anche dal punto di visita fiscale, partendo magari dai Comuni. Ogni tentativo in questa direzione viene però rimandato al mittente. Nell’affrontare l’emergenza sanitaria non ci si era coordinati su nulla: colori diversi green card, scuole aperte e scuole chiuse, ognuno per la sua strada. Si sarebbe potuto ragionare anche sul ruolo delle aziende di trasporto pubblico: anche queste erano distinte e offrivano servizi diversi; lo stesso valeva per i servizi digitali, per l’energia, mentre un’azione coordinata avrebbe potuto portare vantaggi a entrambi.

Della Commissione dei Dodici non si era mai parlato in Consiglio regionale: mancavano trasparenza, un archivio degli atti, un relativo regolamento, in sostanza essa funzionava “come nella preistoria democratica”. una grande occasione persa era stata quella di trovare un terreno comune per il Piano nazionale di ripresa e resilienza, che avrebbe consentito di ottenere risultati migliori a Roma; gli indici di sviluppo economico delle due province divergevano profondamente dal 2010. Egli aveva proposto oggi l’anticipo della sua mozione sulla carta etica: essa avrebbe riguardato anche gli amministratori delle partecipate, e avrebbe permesso di trovare un minimo comune collaboratore condiviso, a favore dello sviluppo politico-istituzionale con un miglioramento del livello democratico.

Secondo Hanspeter Staffler (Gruppo verde), ogni cosa ha tre lati: una positiva, una negativa e una divertente. Il positivo nella Regione e nel Consiglio regionale era sicuramente la stabilità che offriva all’intera immagine dell’Autonomia, nonostante il suo svuotamento di competenze. Il negativo era rappresentato dalle correnti divergenti che allontanavano le due province, le quali però si stavano esaurendo perché non c’era più nulla da dividere. Il divertente era che si ricevevano dichiarazioni programmatiche che si sarebbero potute condividere, sapendo che nulla di ciò che vi era contenuto sarebbe stato realizzato, come dimostrato in passato. Sottolineando la necessità di puntare sui punti di forza della regione, sulle vie della collaborazione, Staffler ha concluso sostenendo che chi è considerato morto vive più a lungo, e questo valeva anche per la Regione.

Giorgio Tonini (Partito Democratico) ha evidenziato il valore della staffetta, che non dovrebbe più essere solo una prassi ma andrebbe istituzionalizzata. Essa rappresenta l’attuazione di quanto previsto dall’art. 116 della Costituzione, prima che dallo Statuto: esso dice al comma 2 che la Regione è costituita dalle due Province autonomie, quindi esse secondo la Costituzione vengono prima, e infatti i consiglieri vengono eletti come provinciali, e poi diventano consiglieri regionali; ma al comma 1 esso cita le Regioni a Statuto speciale, tra cui il Trentino Alto Adige. Questo dimostra un sistema bilanciato, e il legame stretto tra Province autonome e regione autonoma, la Costituzione nasce dall’idea che non ci siano più guerra per i confini, e che la sovranità è un concetto relativo, e pertanto al regione è lo spazio della collaborazione tra le Province autonome, e per questo ha l’Autonomia. La staffetta è uno dei tanti modi in cui questa collaborazione si concretizza. In quanto alle criticità esistenti, su cui la relazione è stata reticente, esse riguardano in primis il fatto che la seconda forza politica di maggioranza in provincia di Trento è in opposizione in regione, e la seconda forza politica di opposizione in provincia è in maggioranza Regione, il che configura una terza maggioranza, che non è un dettaglio banale ma richiede un chiarimento politico. La seconda criticità è di tipo programmatico: molti punti della relazione sono condivisibili, ma difficile è la loro concretizzazione, mancava totalmente una valutazione critica.

Dal punto di vista della riforma dell’istituzione regionale si erano persi due anni e mezzo, e questo non solo per colpa della pandemia: si sta ancora discutendo sul parere di dare ai ddl costituzionale presentati dalla SVP più di tre anni prima. Il suo gruppo aveva proposto già a inizio legislatura di battersi a Roma per l’intesa, su cui tutti si era d’accordo, ora era troppo tardi, essendo la legislatura parlamentare ormai inoltrata. In varie fasi, a Roma sarebbe stato possibile ottenere questo risultato. La riforma costituzionale è un’operazione a cuore aperto, che richiede equipe esperta e strumenti adeguati: aprire la relativa questione è quindi un esercizio di retorica da parte della SVP; bisognerebbe invece ragionare in Consiglio regionale su quello che si vuole, per agire insieme a Roma. Attivare ora una commissione è una cosa che può essere positiva, ma è difficile raccogliere frutti nella seconda legislatura, se nella prima non si è seminato nulla. Uno dei punti fondamentali del PNRR è la riforma della giustizia, con cui è connessa anche la ripresa economica, perché la giustizia com’è ora allontana gli investitori: pertanto, essere all’avanguardia a livello regionale, con ‘implementazione della competenza dell’amministrazione degli uffici giudiziari, è positiva. Problematiche sono invece le posizioni differenti delle due province su temi quali la A22, nonostante Fugatti le abbia negate, di fatto negando l’evidenza: sarebbe stato più utile affrontare il problema di una diversità paralizzante su tanti dossier, a cominciare proprio dalla A22. L’Autonomia, ha concluso Tonini, è viva ma anche stanca, all’interno e all’esterno: non si passa più come un luogo all’avanguardia nel pensare al futuro; egli si è augurato che non fosse così per sempre, assicurando al presidente tutta la collaborazione “come forza di minoranza che però è forza di governo che si considera pro tempore all’opposizione”, augurandosi che a questa apertura corrispondesse una collaborazione vera.

Sandro Repetto (Unione per il Trentino) ha sostenuto che la staffetta aveva prodotto risultati importanti nell’ambito della collaborazione delle Province all’interno della regione; questa era sempre stata vista come un qualcosa che rafforzasse le due province. Il documento programmatico di Fugatti avrebbe potuto essere presentato anche dalla minoranza; esso puntava sulla continuità, e continuità era ciò che aveva sempre caratterizzato al SVP in merito al suo atteggiamento verso alla Regione. In quanto al supporto dell’attività amministrativa degli uffici giudiziari, il relativo intervento era da vedere in modo positivo, ma bisognava capire che fine aveva fatto il Polo della Giustizia a Bolzano, dove tutto era fermo. Fugatti aveva ribadito unità d’intenti sulla A22, dove invece le posizioni erano distanti e Fugatti pareva molto più vicino al Veneto e su questioni come l’aumento dei pedaggi era ancora tutto fermo. In quanto al dossier Mediocredito, pareva che la Regione vendesse alle Province parte delle quote, era stato indicato un presidente che poi non poteva ricoprire questo ruolo, ma non era chiaro se si intendesse il mediocredito come banca territoriale, assente in Trentino e invece presente a Bolzano. In quanto alla cultura, la Regione potrebbe effettivamente avere un ruolo: la Fondazione Haydn, di cui era stato componente del CdA per 20 anni, era l’unica fondazione culturale regionale, ma la prevista collaborazione con un’orchestra austriaca per creare un’orchestra di 110 elementi, che rappresentava un grande salto di qualità, non era mai stata comunicata, pur essendo un progetto fondamentale: “Non vorrei che la parte trentina fosse stata messa in disparte”. È con un bacino di utenza importante che si riesce a fare sistema, e questo in merito a iniziative di diverso tipo, compresa la Facoltà di Medicina a Trento: nei prossimi due anni e mezzo è opportuna una riflessione in merito.

La seduta è stata quindi interrotta per dieci minuti per una riunione dei capigruppo sul prosieguo dei lavori, che poi sono ripresi con nuovi interventi.

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