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ARERA * CAMERA DEI DEPUTATI – RELAZIONE ANNUALE: PRESIDENTE BESSEGHINI « BONUS LUCE E GAS, NEL 2023 AUMENTERANNO I BENEFICIARI »

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16.46 - martedì 11 luglio 2023

(Il testo seguente è tratto integralmente dalla nota inviata all’Agenzia Opinione) –

 

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Relazione Annuale ARERA 2023 sullo Stato dei servizi e sull’Attività svolta PRESENTAZIONE DEL PRESIDENTE Stefano Besseghini.

Autorità, Signore e Signori

Ringrazio per la presenza, l’ospitalità e le parole di introduzione, la presidenza della Camera dei deputati.

Saluto e ringrazio il vicepresidente del Senato e i rappresentanti del Parlamento e del Governo cui la Relazione Annuale è indirizzata e in particolare i presenti qui, oggi, in rappresentanza del Paese.

Consentitemi però anche un saluto particolare, attraverso tutti i rappresentanti a diverso titolo qui presenti, coinvolti nei servizi di pubblica utilità, alle donne e agli uomini che permettono a questo paese, ogni giorno, con il loro lavoro silenzioso, di far funzionare i sistemi dell’energia, dell’acqua e della gestione dei rifiuti consentendo a tutti noi la qualità della vita che conosciamo.

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Veniamo da due anni particolarmente impegnativi, a tratti drammatici, e spero che questa sia l’unica ovvietà che sentirete nel corso di questa relazione annuale.

Non siamo ancora in una fase in cui possiamo limitarci a considerare quanto accaduto.

La crisi dei prezzi morde con meno intensità, ma i mercati energetici sono ancora tesi, esposti a forti oscillazioni e pronti a reagire negativamente al mancato sviluppo di quelle iniziative di riallineamento strutturale del bilancio domanda offerta, che sono state intraprese nel corso dell’emergenza.

Tra queste, mantiene sempre il suo valore per agibilità ed immediatezza dell’efficacia nel contenimento della domanda, il risparmio energetico.

Molto ha fatto nel corso di quest’anno, certamente aiutato dal clima benevolo.
In inverno la nostra attenzione era sul riscaldamento, in estate i condizionatori sono una voce importante del bilancio elettrico e se in inverno abbiamo abbassato di qualche grado il termostato, in estate possiamo alzarlo in egual misura.

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Come ho avuto modo di ricordare nel corso dell’ultima relazione, un elemento che è emerso dalla gestione di questo lungo periodo di crisi è l’importanza di un approccio flessibile.

Di fronte a sollecitazioni esogene e tempi incerti, il maggiore valore è la velocità di una risposta concreta.

Anche la regolazione ha dovuto reagire prontamente, per non essere essa stessa un freno alla capacità di reazione degli operatori e dei consumatori

L’estate 2022 e quanto avvenuto nel settore energetico, in particolare nel settore del gas, ne è un paradigma.

Solo una gestione attenta alle esigenze dei consumatori e degli operatori ha permesso di fronteggiare le diverse criticità che si stavano determinando.

Criticità certamente dovute allo sbilanciamento del rapporto domanda-offerta ma che, da un certo livello di prezzo in poi, hanno riguardato anche la possibilità per gli operatori di svolgere la propria attività in condizioni di rischio sostenibili.

Per fare un solo esempio, la fondamentale azione dello stoccaggio gas ha determinato immobilizzazioni tre, quattro volte, superiori a quelle consuete, con problemi di natura finanziaria sulle linee di credito e il sostanziale rischio di non poter coprire le posizioni.

Questo è uno degli elementi che ha portato, peraltro, alle ben note scelte del governo sulla anticipazione dei costi per l’acquisto del cosiddetto riempimento di ultima istanza.

Nello stesso contesto si inquadra la scelta, per nulla ovvia, operata nel luglio del 2022 dall’Autorità, di cambiamento della modalità di fissazione del prezzo per il servizio di tutela gas.

Come noto si è passati da una indicizzazione basata su prodotti TTF trimestrali forward, ad un indice basato sul prezzo ex-post, mensile, formato al PSV italiano.

Forse il dato più indicativo per valutare l’opportunità di questa scelta risiede nel confronto tra il prezzo che i consumatori in tutela gas avrebbero pagato con il metodo precedente e quello effettivamente determinatosi nel trimestre ottobre – dicembre 2022

Nel primo caso avremmo avuto un prezzo fisso per tutto il IV trimestre ‘22 pari a 240 €/MWh, da confrontare con un prezzo medio, realizzatosi nel trimestre, di circa 95€/MWh.
Nel semestre invernale 2022-2023 il cambiamento ha comportato un vantaggio, per il consumatore in tutela, che possiamo stimare in circa 3 miliardi di euro.

Considerando, inoltre, l’elevata quota di contratti nel mercato libero, indicizzati al prezzo di tutela, il vantaggio complessivo è ben più elevato.

Credo importante ricordare anche la flessibilità introdotta nei servizi di stoccaggio, di default gas e di fornitura di ultima istanza gas, che hanno offerto la necessaria tutela ai consumatori industriali e domestici, attraverso il combinato disposto di risorse rese disponibili dai fondi pubblici e la necessaria flessibilità nelle procedure di allocazione delle capacità.

Si è voluto qui riportare solo un paio di esempi, forse i più facilmente comprensibili, di come la regolazione sia costantemente intervenuta per garantire quell’equilibrio, tra tutela dei consumatori e stabilità del sistema, che è il principio ispiratore della stessa legge costitutiva dell’Autorità.

La crisi appena trascorsa, innescata da prezzi del gas che hanno risposto, a un repentino squilibrio fra domanda ed offerta, ha anche implicato per il nostro Paese un cambiamento radicale delle rotte di approvvigionamento da Nord a Sud.

Il sistema delle infrastrutture gas e la regolazione stanno affrontando e dovranno affrontare in prospettiva questo cambiamento storico.

Infine, la crisi energetica ha richiamato con tutta evidenza l’importanza del tema delle coperture dai rischi legati alle oscillazioni dei prezzi.

A tal proposito, il monitoraggio dei contratti di importazione del gas naturale, che l’Autorità continua a svolgere ai sensi decreto-legge 22/2021, abbia confermato la tendenza, già rilevata nel Rapporto dello scorso anno, ad una progressiva e sempre maggiore quota di contratti indicizzata ai mercati all’ingrosso, con la corrispondete riduzione degli effetti di copertura dal rischio di volatilità dei prezzi.

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Qualcuno ha detto che i dati sono il petrolio del futuro.

ARERA, da ormai qualche anno, ha dato un deciso impulso alla pubblicazione di dati ed informazioni on-line, per consentirne la fruizione a diverse categorie di utenti, dal semplice cittadino sino agli studiosi per lo svolgimento di analisi e studi.

È un lavoro in continua evoluzione, come dimostrano la pubblicazione delle informazioni in merito all’andamento del mercato energetico e i positivi esempi di sunshine regulation, come la pubblicazione delle mappe di qualità tecnica e qualità contrattuale per il settore idrico.

Uno sforzo che ARERA intende proseguire, affinché queste serie di dati diventino un patrimonio condiviso.
Un obiettivo al raggiungimento del quale potranno senz’altro contribuire gli operatori dell’informazione e i mass media, rappresentando informazioni molto utili ma complesse con un linguaggio più adatto alla divulgazione.

Un’informazione chiara è condizione, forse non sufficiente ma certamente necessaria, per permettere ai consumatori di difendersi da distorsioni e approssimazioni, spesso perseguite con dolo in campagne commerciali aggressive che distruggono la credibilità del settore.

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Rimanendo sulle metafore, si suole dire che le future guerre si combatteranno per l’acqua e non per il petrolio.

Non so farmi profeta ma certamente, come abbiamo drammaticamente avuto modo di verificare anche nel corso di questi anni, non avremo solo un problema di scarsità della risorsa, ma un cambio strutturale del meccanismo delle precipitazioni con una estremizzazione dei fenomeni.

Avere acqua non vuol dire avere ingenti risorse idriche, ma vuol dire avere acqua nella quantità e qualità che serve, nel momento in cui serve.

Al dibattito tra mitigazione e adattamento, il sistema idrico può certamente ascriversi come significativo attore del secondo, per la presenza diffusa sul territorio, la comprovata capacità di realizzazione dei progetti ed un consolidato approccio alla gestione integrata dell’intero ciclo idrico.

Gli sforzi compiuti nel settore acquedottistico, nel perseguimento degli obiettivi di qualità tecnica e di monitoraggio degli investimenti, contribuiscono a contenere il fabbisogno complessivo della risorsa e suggeriscono lo sviluppo di analoghi approcci negli altri settori di impiego.

Riteniamo, infatti, che i settori di impiego diversi dal civile potrebbero trarre benefici dell’applicazione di regole – proprio sul modello di quelle sviluppate dall’Autorità per il servizio di acquedotto – tese ad incentivare i miglioramenti delle performance, con l’individuazione di specifici target di contenimento degli sprechi in relazione all’uso della risorsa idrica, e la conseguente identificazione degli interventi necessari.

Permangono elementi di crescita del ruolo degli operatori del servizio idrico, che potrebbero essere utilmente esplorati. Tra questi, certamente, la gestione delle acque meteoriche e il riuso dell’acqua depurata.

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Tra i fattori chiave, per garantire una necessaria “capacità di adattamento”, rientra sicuramente la possibilità di integrare efficacemente la raccolta e il convogliamento delle acque meteoriche con il restante sistema infrastrutturale.

Il repentino evolversi dello scenario climatico, con una maggiore frequenza di eventi meteorologici estremi, suggerisce di assegnare un’elevata priorità al processo di integrazione infrastrutturale, affinché siano realizzate e tenute in esercizio regolare le opere necessarie alla gestione degli effetti che questi eventi meteorologici determinano.

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Il riuso potrebbe determinare un interessante punto di contatto tra il ciclo idrico integrato ed il settore di maggiore impiego dell’acqua, vale a dire il settore agricolo.

Le disposizioni urgenti, varate di recente per fronteggiare la crisi idrica, potrebbero contribuire ad accrescere l’efficacia della pratica del riuso, garantendo una gestione razionale e sostenibile della risorsa.
D’altra parte, il metodo tariffario varato dall’Autorità per il periodo 2020- 2023 (MTI-3) ha esplicitamente riconosciuto, oltre alla copertura dei costi, uno sharing potenziato dei margini a favore del gestore, quando si sia in presenza di misure innovative multisettoriali, che rispondano a specifici obiettivi di sostenibilità energetica ed ambientale.

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Le crisi idriche dovute ai cambiamenti climatici difficilmente potranno essere mitigate o superate solo sulla base di progettazioni puntuali e di risorse per finanziarne la realizzazione. Richiedono, piuttosto, una filiera istituzionale e gestionale che si dimostri efficace nella realizzazione ed efficiente nella gestione e nella manutenzione delle infrastrutture.

Sotto il profilo della capacità realizzativa di interventi nel settore, si rammenta che l’azione regolatoria ha prodotto nel settore idrico un rilevante incremento della spesa per investimenti, passata da valori prossimi al miliardo di euro nell’anno 2012 a circa il quadruplo nel 2022 e a 4,5 miliardi di euro del 2023, favorendo un percorso di miglioramento della qualità del servizio idrico integrato.

Questo risultato deriva dal sommare alla quota (preponderante), di risorse messa a disposizione dall’utente attraverso le tariffe idriche (circa 4 miliardi), quella resa disponibile dalle risorse pubbliche, stanziate nell’ambito degli strumenti del Next Generation EU.
Considerati in termini pro capite, l’Italia si sta finalmente avvicinando ai valori tipici dei paesi più avanzati: per il quadriennio 2020-2023, una spesa per investimenti pari, in termini pro capite, a 276 €/abitante (corrispondenti a una spesa annuale per investimenti di 69 euro/abitante).

Il monitoraggio compiuto dall’Autorità ha confermato i generali miglioramenti nella capacità di realizzazione degli investimenti programmati.
Il tasso di realizzazione della spesa programmata è infatti risultato (considerando complessivamente gli investimenti nel biennio 2020-2021) pari quasi al 100%, con un valore più contenuto per i gestori operanti nell’area Sud e Isole.

Tale risultato (indice di una spesa effettiva per investimenti pari al fabbisogno di risorse quantificato ex ante) se da un lato può essere condizionato dai primi segnali di aumento dei costi delle materie prime, che hanno reso più onerosi gli interventi realizzati rispetto a quanto pianificato, dall’altro dimostra la resilienza del settore alla fase emergenziale dovuta al COVID-19.

Dall’analisi degli ultimi dati tecnici disponibili sullo stato delle infrastrutture (riferiti al 2021) emerge la conferma dell’esistenza, nel Paese, di un Water Service Divide, con valori dei parametri tecnici che tendono, in linea generale, a rappresentare situazioni di maggiore criticità in corrispondenza proprio dell’area Sud e Isole, sebbene per taluni indicatori si evidenzino miglioramenti più accentuati proprio in tali zone rispetto al resto del Paese.

Questa capacità realizzativa potrebbe rappresentare un efficace presupposto a una nuova visione pianificatoria del settore, che denoti caratteristiche di omogeneità, sia nella definizione delle priorità e dei target di miglioramento, che nella verifica dell’effettiva cantierabilità da parte di soggetti dotati delle necessarie competenze realizzative.

Tale sintesi potrebbe determinarsi facendo in modo che il Piano nazionale di interventi infrastrutturali e per la sicurezza del settore idrico, divenga il punto di riferimento unico e coordinato di tutti gli interventi del settore anche quelli emergenziali.

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I drammatici incrementi di costo dell’energia hanno impattato anche il settore acquedottistico in cui, ovviamente, i costi energetici sono parte rilevante dei costi di gestione.

Per far fronte alla situazione emergenziale, già alla fine del 2021 l’Autorità ha previsto una componente tariffaria aggiuntiva per l’aggiornamento dei costi di acquisto di energia elettrica, volta ad anticipare almeno in parte gli effetti della crescita del costo dell’energia elettrica.

La quasi totalità delle gestioni che hanno trasmesso la proposta di aggiornamento tariffario biennale (104 su un totale di 118), ha fatto ricorso alla valorizzazione della citata componente, per un importo complessivo, riferito al 2022, di circa 166,8 milioni di euro.

A Maggio 2022 l’Autorità ha introdotto un’ulteriore misura straordinaria in relazione al costo dell’energia, nella forma di una anticipazione finanziaria a favore dei gestori, alla quale hanno acceduto 51 gestioni per erogazioni pari a 142 milioni di euro.

Rimane sullo sfondo una riflessione di maggiore respiro, per riconoscere a questo servizio essenziale ed universale, le caratteristiche di un settore “energivoro”.
Questo consentirebbe, pur nel rispetto della promozione dell’efficienza, l’estensione di strumenti già consolidati per il contenimento dei costi energetici.

Anche la direttiva sul trattamento delle acque reflue urbane indica, come obiettivo, il raggiungimento della neutralità energetica degli impianti di trattamento entro il 2040.

L’Autorità ritiene che tale obiettivo, per quanto condivisibile, possa comportare un assetto degli operatori potenzialmente inefficiente dal punto di vista energetico, prevedendo unicamente la modalità di autoproduzione all’interno degli impianti di trattamento e omettendo di considerare anche il ricorso al mercato se in presenza di soluzioni, sempre di origine rinnovabile, più convenienti economicamente.

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Il settore dei rifiuti è il più recente alla regolazione, cionondimeno si stanno compiendo importanti passi avanti.

Vi sono naturalmente resistenze e difficoltà ma la pressione dei cittadini ad avere risposte, servizi efficienti e qualità adeguata ad un Paese sviluppato, è un importante stimolo alla crescita industriale del settore.

L’aggiornamento della regolazione, nel confermare i criteri di trasparenza, di certezza e di sostenibilità, opererà nella prospettiva di consolidare un nuovo scenario evolutivo a cui concorrono le scadenze previste dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza ma soprattutto la ormai ineludibile necessità di ricomporre i tasselli di un mosaico complesso ed articolato.

Tessere rilevanti di questo mosaico sono certamente la gestione del trasparente avvicendamento dei gestori, cui porre mano con il prossimo varo del contratto di servizio tipo, nonché, nel prossimo autunno, del bando di gara tipo, esercitando – relativamente a quest’ultimo profilo – una delle più recenti attribuzioni assegnate all’Autorità dal testo di riforma dei servizi pubblici locali adottato lo scorso dicembre.

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L’aggiornamento del MTR-2 non può prescindere da significativi e concomitanti fattori esterni. Tra questi prevale, nelle nostre considerazioni, la dinamica inflattiva.

Il modello di calcolo dei corrispettivi confermato nel MTR-2 si fonda su un adeguamento dei costi relativi ad annualità pregresse, applicando indici inflazionistici determinati monitorando l’effettiva dinamica di prezzi al consumo e sul rispetto di un vincolo alla crescita dei corrispettivi (per contenerne l’impatto sugli utenti finali) che incorpora una stima della attesa evoluzione inflattiva.

È chiaro che, qualora si determini un ampio disallineamento tra i due tassi il margine per accogliere tra le entrate tariffarie anche gli incrementi di costo legati alla dinamica inflattiva risulterebbe con tutta probabilità insufficiente, determinando il mancato riconoscimento di una parte dei costi, non necessariamente riconducibile a inefficienze dei gestori del servizio.
È questa la situazione potenzialmente determinatasi in questo periodo.

L’Autorità sta quindi identificando meccanismi che assicurino, per un verso la continuità del servizio e per un altro la sostenibilità dei corrispettivi all’utenza finale.

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L’MTR-2 ha ampliato il perimetro di intervento, con l’introduzione di una regolazione delle tariffe di accesso agli impianti di trattamento volta a favorire il ricorso ad impianti di trattamento collocati nelle parti più alte della gerarchia dei rifiuti e penalizzando il conferimento in discarica.

Vi si prevede una classificazione degli impianti esistenti, che permette di identificare quelli da assoggettare a regolazione tenendoli distinti dagli altri, introducendo le definizioni di impianti di chiusura del ciclo: “integrati” e “minimi”.

Si aggiungono poi gli impianti di chiusura del ciclo definiti “aggiuntivi” (o se volete “a mercato”) che non vengono assoggettati alla regolazione dei costi riconosciuti ma ai quali si applicano obblighi di trasparenza sulle condizioni di accesso e disincentivi ai flussi conferiti in discarica o in impianti di incenerimento senza recupero energetico.

L’Autorità, quindi, non ha inteso svolgere alcuna delle funzioni di programmazione che la legge affida ai diversi livelli istituzionali (in particolare alle regioni), poiché demanda al competente livello territoriale la decisione in ordine all’individuazione (o meno) degli impianti “minimi” da assoggettare alla regolazione.

L’intervento regolatorio ha preso le mosse dal ben noto e riscontrato deficit impiantistico.

Si tratta di un caso, non unico, di “pragmatismo regolatorio”.

Siamo stati chiamati a regolare un servizio connotato, simultaneamente, da forti ambizioni di pianificazione (nazionale e regionale) per un verso e da grandi pressioni alla libera concorrenza per l’altro.

Prese singolarmente, entrambe le spinte sono evidentemente animate dal fine ultimo di realizzare soluzioni che siano vantaggiose per il cittadino fruitore del servizio, ma le modalità con cui possono combinarsi di volta in volta, possono viceversa tradursi in costi aggiuntivi, in talune circostanze.

La disciplina degli impianti “minimi” configura, dunque, un istituto regolatorio strettamente inerente all’ambito tariffario, che ha la funzione di ridurre il potere di mercato dei gestori di impianti in situazioni in cui vi sia uno stabile eccesso di domanda e un limitato numero di operatori e di contenere gli effetti negativi sull’utente, derivanti dell’assenza di concorrenza in alcuni contesti regionali.

Peraltro, la medesima impostazione è stata inserita dal Ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica, nell’ambito del Programma Nazionale di gestione dei rifiuti (PNGR), a testimonianza del pieno coordinamento istituzionale per il potenziamento infrastrutturale del settore.

Le recenti decisioni del giudice amministrativo – che hanno accolto il ricorso di alcuni operatori parzialmente impattati dalle limitazioni derivanti dall’appartenenza alla categoria di impianto minimo – sono al vaglio del giudice di ultima istanza.

Il contenzioso, ferma restando la categorizzazione regolatoria, incide sulle tempistiche di applicazione della disciplina principalmente volta alla tutela dei consumatori e utenti

Il settore del ciclo dei rifiuti ha risposto in modo ampiamente soddisfacente alla nuova regolazione definita dall’Autorità, già a partire dalla prima metodologia tariffaria varata nel 2019.

Con particolare riferimento al più recente MTR-2, si precisa che sono state trasmesse all’Autorità le predisposizioni dei Piani economico-finanziari 2022-2025 recanti le entrate tariffarie per 5.987 ambiti tariffari per una copertura di circa 52,3 milioni di abitanti serviti, nonché le proposte tariffarie per 61 impianti di trattamento qualificati come “minimi” o come impianti “intermedi” dai quali provengano flussi indicati come in ingresso a impianti di chiusura del ciclo “minimi”.

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Le criticità riconducibili alla complessità della governance istituzionale locale nel settore del ciclo dei rifiuti sono note da tempo e recentemente il legislatore – nell’ambito del decreto legislativo di riforma dei servizi pubblici locali – ha deciso di assegnare all’Autorità una nuova attività di monitoraggio sul rispetto della disciplina di settore per la definizione del perimetro degli ambiti territoriali e per la costituzione degli Enti di governo dell’ambito.

L’Autorità ha individuato proprio questa Relazione annuale quale sede per fornire una prima rappresentazione dello stato degli assetti locali del settore (volume 1, Capitolo 6).

Ne emerge un percorso di riordino dell’organizzazione del settore che risulta ad oggi non pienamente compiuto sul territorio nazionale, tanto che l’Autorità ha da tempo adottato la già richiamata definizione di “Ente territorialmente competente” (ETC), ricomprendendo quindi nella stessa anche i Comuni laddove gli Enti di governo dell’ambito non fossero costituiti o pienamente operativi.

La governance multilivello che caratterizza il settore non è scevra da incongruenze e rischi.

Ci è ben noto che la sola regolazione non può, e non dovrebbe neppure, essere condizione sufficiente per lo sviluppo del settore, ma ne è certamente condizione necessaria.

L’obiettivo che abbiamo dichiarato sin dalle prime mosse dell’MTR è il superamento di una intollerabile differenza nella qualità del servizio e nei costi sostenuti, che porta spesso alla combinazione di maggiori costi e peggiore qualità, in diverse parti del Paese.

Il metodo tariffario contribuisce a questo disegno con la trasparenza nei costi, la certezza nella remunerazione degli investimenti, la difesa dei consumatori dalle inefficienze della programmazione e la valorizzazione dei territori che accettano soluzioni impiantistiche anche rilevanti.

È importante che le strutture di governo del territorio facciano propria questa complessità e se ne approprino come lo strumento le cui leve permettono di declinare una generica volontà politica di buona gestione del proprio territorio in precise indicazioni di qualità e perimetro per i destinatari degli affidamenti.

Il metodo tariffario altro non è, quindi, che una grammatica con cui comporre il racconto presente e futuro dello sviluppo locale del settore dei rifiuti.

Una grammatica principalmente nelle mani dei decisori locali.

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I temi dell’energia hanno guadagnato una centralità dovuta, ma con una drammaticità che speriamo possa considerarsi superata.

Sarebbe però un grave errore pensare che la situazione sia già rientrata in nuova normalità, da gestire ordinariamente.

La fase dell’emergenza ci ha obbligato ad affrontare nuovamente alcuni aspetti che davamo per consolidati e su cui facevamo leva per imprimere una rilevante accelerazione al processo della transizione energetica.

Il conto, salato, di questo cambio lo abbiamo pagato e lo stiamo pagando a livello nazionale ed europeo.

Nel secondo semestre dello scorso anno abbiamo assistito a un picco di prezzi del gas mai registrato prima e a fronte dell’acuirsi della crisi l’Europa ha adottato una serie di interventi normativi urgenti, volti ad accelerare il riempimento degli stoccaggi di gas naturale, ridurre la domanda di gas e di energia elettrica, favorire gli acquisti congiunti di gas e contenere gli eventuali aumenti del prezzo del gas oltre determinate soglie.

L’Autorità ha operato in questo contesto nell’affiancare le istituzioni nazionali nell’attuazione delle misure emergenziali, per garantirne la coerenza con le specificità del quadro regolatorio.

Interventi che, seppure con l’aiuto di un inverno mite, hanno contribuito a scongiurare una crisi di forniture gas e consentito lo sviluppo di un servizio di stoccaggi gas di ultima istanza finalizzato a raggiungere gli obiettivi di riempimento richiesti dall’Europa.

Come ricordavo, le emergenze richiedono risposte tempestive ma hanno anche costi non indifferenti quali quelli determinatesi con l’onere rilevante delle minusvalenze del servizio di stoccaggio di ultima istanza.
Oneri che ben si ascrivono a quegli interventi di ridondanza e sicurezza cui sempre più dovremo prestare attenzione.

D’altra parte, abbiamo avviato e, in alcuni casi, già completato alcuni interventi sia infrastrutturali che regolatori per renderci più flessibili e quindi più robusti di fronte a future, possibili crisi.
Gli operatori del settore hanno dato corso con celerità ed efficacia alla messa a terra di questi interventi.

Il mercato ha risposto, ad esempio con la prenotazione di quasi il 90% della capacità del terminale GNL di Piombino sul lungo periodo.

La realizzazione di questi interventi non può ancora dirsi conclusa e le progettualità di RepowerEU ne è l’evidente dimostrazione.

È quindi di fondamentale importanza che il sistema nazionale, così come quello europeo, abbia la forza di tenere nel tempo la motivazione e la decisione sulle scelte fatte.

Parallelamente agli interventi emergenziali, nel marzo del 2023 l’Europa ha avanzato nuove proposte legislative per adeguare il disegno del mercato alla triplice sfida della transizione energetica, della sicurezza delle forniture e del rischio di volatilità dei prezzi che comunque la crisi ha innescato.

L’Autorità, anche in virtù dell’importante ruolo di coordinamento dei regolatori europei che da anni ricopre in seno ad ACER, sta contribuendo fattivamente al dibattito in corso fra le istituzioni europee.

Pur dovendo attendere il completamento del processo istituzionale per dare una valutazione più compiuta delle nuove proposte, possiamo già sottolineare che non solo queste paiono configurarsi più come un’evoluzione del disegno di mercato elettrico europeo che come una rivoluzione dello stesso, ma anche quanto la regolazione italiana sia già avanzata rispetto a tali previsioni.

Penso alla tutela dei consumatori, ma anche allo sviluppo dei servizi di flessibilità necessari per sistemi elettrici ad alta penetrazione di energie rinnovabili, cui farò cenno più avanti.

Ha osservato qualcuno che la situazione attuale ci ha fatto entrare nell’era delle contraddizioni: per sviluppare la transizione energetica dobbiamo rinforzare parti del sistema delle quali vorremmo rapidamente essere in grado di fare a meno.

Più ancora di ieri sarà necessario mantenere una chiara linea guida di lungo periodo, sulla quale innestare e sostenere per il tempo necessario scelte che potrebbero apparire contradditorie rispetto all’obiettivo finale.

Inutile dire che sarà rilevante l’esito di questa sciagurata guerra della Russia all’Ucraina (concreta evidenza delle contraddizioni di questa situazione con la nazione attaccante che vende una materia prima la cui vendita genera i ricavi a supporto della guerra stessa)

Ma sarà anche rilevante il consolidarsi delle numerose decisioni di investimento in impianti di liquefazione del gas che avranno luogo nei prossimi due o tre anni e che, nel determinare un sostanziale riallineamento dello squilibrio tra domanda ed offerta, consolideranno il ruolo del GNL di mercato di riferimento per il settore del gas.

In tutto questo nei prossimi mesi il mercato nazionale dell’energia conoscerà un sostanziale cambiamento con il definitivo superamento del servizio di maggior tutela sia per il mercato elettrico che per quello del gas.

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Il servizio di tutela è nato nel 2007, con l’obiettivo di consentire al consumatore di avere più tempo per orientarsi nel nuovo contesto di mercato ormai liberalizzato.

Dopo 16 anni, vari rinvii ed una costante azione commerciale svolta dagli operatori per portare i clienti sul mercato libero, siamo in una situazione in cui circa il 30% dei consumatori domestici elettrici, per un totale di circa 9 milioni di clienti, sono ancora serviti dal servizio di tutela.

Il mercato da solo non è stato in grado di determinare condizioni tali da essere attrattivo per questi consumatori, ma va anche considerato che una percentuale (difficile da definire) di consumatori non è risultata interessante per il mercato e di questi si dovrà avere particolare cura.

Il servizio di tutela non ha come obiettivo quello di fornire il migliore prezzo possibile. Ha svolto e svolge funzioni diverse che, con il suo superamento, andranno comunque mantenute.

La sua caratteristica è, piuttosto, quella di fornire un prodotto limitato alla fornitura della commodity base, senza servizi integrativi a prezzo variabile aggiornato trimestralmente, con un meccanismo di compensazione intertemporale che determina, nel medio periodo, il pagamento del reale costo dell’energia da parte dell’utente finale più un prezzo regolato di commercializzazione.

Svolge una implicita funzione di servizio di salvaguardia e di ultima istanza.

Sino al 2021 il processo di uscita dalla tutela è stato spontaneo, dal Gennaio 21 si è avviato un progressivo superamento del servizio di tutela per categorie via via più ampie di consumatori, coerentemente con le indicazioni della normativa europea e nel più generale quadro previsto dalle norme sulla concorrenza del 2017.

In questo senso nel 2021 è cessato il servizio di tutela per le mini-imprese e nel 2023 per le microimprese.
Con la duplice finalità di garantire, per un periodo definito, la continuità del servizio e di favorire un passaggio graduale al mercato libero è stato attivato un servizio di ultima istanza denominato “tutela graduale” assegnato con specifiche procedure d’asta.

L’analisi dei risultati delle aste ha dimostrato un grado di partecipazione soddisfacente e un esito concorrenziale.

In particolare, le aste delle microimprese hanno conosciuto un significativo ribasso delle offerte, dovuto anche dalla previsione contenuta nel decreto MASE per cui al termine del periodo di 4 anni di gestione del servizio le aziende aggiudicatarie avranno la possibilità di continuare a servire i consumatori assegnati nel mercato libero che ha portato gli operatori a scontare, nel prezzo offerto, il cosiddetto costo di acquisizione del cliente.
Di fatto questo ha anche cambiato il senso dell’asta di assegnazione del servizio, che è diventata potenzialmente, un’asta di assegnazione dei clienti.

La principale novità intervenuta recentemente è stata l’identificazione della cosiddetta categoria dei clienti vulnerabili, consumatori che in forza di una non sempre scontata fragilità rispetto alla capacità di approvvigionarsi sul mercato dovranno essere destinatari di particolari condizioni di fornitura, in particolare di prezzo.

La scelta di gestire differentemente la categoria dei vulnerabili comporta un sostanziale dimezzamento della platea dei clienti interessati dalle prossime aste.

Un numero quindi inferiore ma certamente consistente, stimabile ad oggi intorno ai 5 milioni di consumatori.

Una preoccupazione, più volte espressa da questa Autorità, è che la numerosità della platea implichi una scarsa competizione e un possibile aumento dei prezzi per il consumatore finale.

D’altra parte, alcuni interventi, come quello recentemente previsto dal DL Lavoro in merito al trasferimento di impegni dei gestori della tutela ai vincitori delle aste, determinano ulteriori difficoltà, da una parte legate all’allungamento dei tempi per lo svolgimento delle procedure competitive che diventerebbero incompatibili con il rispetto delle scadenze normative (e dei relativi impegni PNRR) e dall’altra per l’inevitabile aumento dei costi del servizio.

Del tutto incoerente appare la previsione che tali vincoli si estendano anche al passaggio al mercato libero, che è scelta personale e puntuale del singolo consumatore e tale caratteristica deve mantenere.

La suddivisione dei consumatori tra servizi di tutele graduali, con caratteristiche affini ma non identiche, che avremo in esito alle procedure concorsuali, dovrà rapidamente evolvere verso una configurazione stabile, omogenea ed in grado di riportare rapidamente l’attenzione sulle tutele non di prezzo, che dovranno prioritariamente caratterizzare un mercato completamente liberalizzato.

In questo senso acquisiranno ancora maggiore rilevanza, per orientare le scelte dei consumatori, le adeguate campagne informative più volte richieste, programmate e rimandate e i sistemi di comparazione delle offerte e di analisi dei profili di consumo, come quelli garantiti oggi dal Portale Offerte e dal Portale Consumi, sulla cui crescita e progressiva integrazione l’Autorità intende continuare a lavorare.

Sarà importante anche fornire al consumatore un benchmark in grado di fornire un riferimento trasparente del costo dell’energia nel mercato all’ingrosso e i costi efficienti di commercializzazione al fine di consentirgli le necessarie valutazioni.

È necessario che si alzi di molto il livello di attenzione da parte di tutte le istituzioni coinvolte, per garantire che – accanto ad un attento monitoraggio delle dinamiche di mercato – si possa operare in maniera incisiva e tempestiva nel contrastare eventuali comportamenti lesivi dei diritti dei consumatori.

D’altra parte, il servizio di fornitura dell’energia elettrica ha caratteristiche di universalità e di servizio pubblico che devono essere tenute in considerazione.

La legittima azione della politica finalizza oggi un passaggio che il mercato non è stato evidentemente in grado di completare.
È importante che la politica, nella pienezza del proprio mandato democratico, tenga attento presidio dei passaggi necessari.

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Aver parlato di clienti vulnerabili ci porta al tema della povertà energetica e delle modalità con cui contrastarla.

I bonus sociali elettrico e gas per disagio economico costituiscono in Italia certamente gli strumenti che, per longevità, maggiore diffusione sul territorio nazionale e impatto sui nuclei familiari interessati, rappresentano la misura più significativa per contrastare, se non la povertà energetica, certamente il più marcato disagio economico-sociale sotto il profilo energetico nel nostro Paese.

Lo strumento risulta pienamente compatibile con mercati energetici concorrenziali (in quanto i beneficiari sono liberi di cambiare fornitore); basato sulle condizioni economiche e patrimoniali complessive dell’intero nucleo famigliare (come rappresentate dall’ISEE); idoneo a stimolare comportamenti virtuosi nelle famiglie interessate (in quanto, essendo l’importo dei bonus indipendente dai consumi della singola famiglia, la capacità di ridurre i propri consumi energetici aumenta il peso dello sconto sulla bolletta).

Per l’anno 2023 la soglia di accesso ai bonus energetici è pari a 15.000 euro per i nuclei familiari con meno di 4 figli fiscalmente a carico e a 30.000 euro per quelli con almeno 4 figli a carico.

Infine, e non è un aspetto secondario le agevolazioni energetiche per disagio economico sono divenute automatiche dal 1° gennaio 2021.
Sottolineo in questa sede il significativo cambiamento di metodo: fino al 2020 accedevano ai bonus sociali le famiglie con un adeguato grado di informazione e di capacità; dal 2021 ne beneficiano tutte le famiglie le cui condizioni di difficoltà economica sono certificate dall’apposito indicatore.

Il passaggio all’automatismo ha consentito quindi una straordinaria efficacia dei provvedimenti adottati nella fase emergenziale in termini di estensione della platea e attribuzione del beneficio.

Per l’anno 2023, si può stimare un ulteriore incremento dei beneficiari dei bonus sociali elettrico e gas, che potrebbero ammontare rispettivamente a circa 4,7 e 2,8 milioni di nuclei familiari.

I provvedimenti legislativi volti a rafforzare le misure di sostegno a favore delle famiglie hanno inciso anche sulle modalità di quantificazione dei bonus sociali energetici, che nel corso del ’22 sono stati “modulati” su base trimestrale per proteggere i consumatori più deboli dalle variazioni di prezzo.

L’Autorità ha dato attuazione a tale “modulazione”, introducendo, una componente compensativa integrativa (CCI), aggiuntiva al bonus “ordinario” e aggiornata ogni trimestre, in occasione dei provvedimenti di aggiornamento periodico degli oneri generali di sistema.
Nel complesso, nel 2022, per i bonus sociali elettrico e gas sono stati spesi complessivamente 4,4 miliardi di euro; al rafforzamento di tali strumenti a fronte della crisi dei prezzi energetici sono stati destinati circa 2 miliardi di euro per il bonus elettrico e 1,8 miliardi per il bonus gas.

Dopo un anno di applicazione possiamo dire che l’introduzione delle componenti compensative integrative (CCI), nel settore elettrico ha consentito – indipendentemente dalla forte volatilità che ha caratterizzato i prezzi – di mantenere la spesa unitaria trimestrale tra circa 13,18 c€/kWh e i 13,68 c€/kWh, a fronte di una spesa media tra i 41,34 c€/kWh e i 66,01 c€/kWh per i clienti privi di tale meccanismo protettivo.

Gli ultimi mesi dell’anno in corso vedranno necessariamente una fase di ripensamento dei bonus sociali; saranno infatti necessarie valutazioni e scelte relativamente alla soglia ISEE di accesso e ai valori economici degli sconti in bolletta. La positiva scelta di graduare il grado di copertura dei bonus sociali effettuata nel 2022 (tenendo più elevato lo sconto per i livelli più bassi di ISEE) potrà costituire, ad esempio, un valido modello.

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Per affinità di tema lasciatemi affrontare brevemente l’altro grande capitolo: il bonus sociale idrico.

Come i bonus sociali energetici per disagio economico disciplinati da questa Autorità, il bonus sociale idrico è riconosciuto “automaticamente” dal 1° gennaio 2021 agli aventi diritto, ossia senza necessità per questi ultimi di presentare un’apposita domanda e corrisponde al valore economico di 50 litri di acqua al giorno per componente del nucleo famigliare.

Condizione necessaria per l’automatismo è l’accreditamento del gestore idrico al Sistema Informativo Integrato (SII), affinché si possano inviare le necessarie informazioni in modo automatizzato.

I gestori idrici non erano ab origine accreditati al SII, pertanto, sia il loro accreditamento sia la complessità degli adempimenti in tema di trattamento dei dati personali hanno richiesto più tempo per rendere operativo l’automatismo.

Ad oggi, risultano accreditati al SII 668 gestori idrici su un totale di circa 1.700 soggetti servono circa il 90% della popolazione nazionale e si è disposta l’attivazione dei flussi dei dati necessari al riconoscimento del bonus idrico per 1.566 gestori, per cui si sono completati gli adempimenti privacy, in ciò raggiungendo circa l’80% della popolazione nazionale.

Si ritiene opportuno rammentare come, nonostante i recenti positivi sviluppi evidenziati nella Relazione di monitoraggio semestrale sul riordino degli assetti locali, permanga la presenza nel settore di un significativo numero di entità gestionali (prevalentemente gestioni comunali in economia) per le quali le procedure per il trasferimento del servizio al gestore unico d’ambito non risultano ancora perfezionate.

La debolezza della governance in questi contesti (per i quali solo nel corso del 2022 sono stati avviati i percorsi di razionalizzazione gestionale conseguenti alle disposizioni introdotte dal DL 115/2022 dello scorso agosto), si riflette anche nei ritardi relativi al soddisfacimento degli obblighi posti in capo ai gestori ai fini dell’erogazione del bonus idrico.

Pertanto, l’Autorità è orientata a valutare specifiche misure – anche di “sunshine regulation” – volte a rendere efficace in tali specifiche situazioni il meccanismo di riconoscimento automatico dell’agevolazione, a tutela del diritto al riconoscimento del bonus sociale idrico.

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Un supporto generalizzato ai consumatori è venuto dall’annullamento da parte del governo degli oneri generali di sistema, praticamente dal IV trimestre 2021.
È stato uno strumento che ha mostrato potenzialità e limiti. I primi certamente legati alla velocità di intervento ed alla capacità di raggiungere in maniera diffusa i consumatori. I secondi legati alla relativamente ridotta capacità di contenere variazioni importanti dei costi ma, e forse soprattutto, alla inevitabile regressività dello strumento.

Nel corso del 2022 si è avviato, coerentemente con le previsioni del PNRR, anche il progressivo trasferimento degli oneri di sistema verso la fiscalità generale. Un passaggio in grado, unitamente alla progressiva riduzione delle componenti degli oneri a supporto delle fonti rinnovabili che hanno iniziato la curva di decrescita, di determinare una diminuzione dell’onere a carico dell’utente elettrico.

Nel 2022 il governo ha provveduto allo spostamento delle componenti per il decommissioning del nucleare, per un importo complessivo di circa 400 milioni di euro.

Sta all’Autorità formulare una proposta su quali ulteriori oneri trasferire nel corso del 2023 e, come già indicato anche in altre occasioni, la scelta si indirizzerà sulla possibilità di trasferire la componente legata ai bonus sociali.
Questo sia per la loro chiara finalità sociale, sia per l’impatto che si determinerebbe sugli altri consumatori al ripristino degli oneri relativi all’ampliamento della platea degli aventi diritto.

Se a partire dal 2024 si ripristinassero le normali condizioni di erogazione del bonus (pari al 30% del costo annuale per il settore elettrico e del 15% per il settore gas) con assunzioni prudenziali sulla platea dei beneficiari e sull’evoluzione dei costi dei prodotti questo determinerebbe un onere per la finanza pubblica di circa un miliardo di euro l’anno.

Infine, penso sia utile ricordare che, in termini di copertura dei fabbisogni necessari a ridurre stabilmente una parte degli oneri generali di sistema, risulterebbe vantaggioso considerare la definitiva attribuzione a CSEA di una quota dei proventi delle aste della CO2 che, con un prezzo della stessa ormai ancorato sul valore medio di 80 €/t sarebbe in grado di assicurare un gettito adeguato a coprire oltre, ai tradizionali progetti, i fabbisogni derivanti da questa iniziativa.

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Ho dedicato molto spazio alla situazione del mercato retail ma molto ci sarebbe da dire anche sul più generale scenario energetico, che è uscito profondamente scosso nei fondamentali che ritenevamo consolidati dal tempo.

Lasciatemi allora focalizzare sui temi più spiccatamente regolatori. Ad aspetti che vengono a maturazione dopo l’inevitabile fase di gestazione – quali il Testo Integrato del Dispacciamento Elettrico (TIDE) o la regolazione per obiettivi di spesa e servizio (ROSS) – si sovrappongono temi dettati dalla contingenza, quale l’accelerazione sulle semplificazioni dei processi di connessione ed il più generale tema della riforma del mercato elettrico.

Di quest’ultimo penso discuteremo più utilmente il prossimo anno, soffermiamoci qui sulle principali novità in fase di concretizzazione.

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L’Autorità ha proseguito il percorso verso l’innovazione della regolazione del dispacciamento elettrico, pubblicando in consultazione lo schema di articolato del TIDE – Testo Integrato del Dispacciamento Elettrico.

La relativa delibera è attesa entro la fine di questo mese.

La riforma ha la finalità di garantire la sicurezza del sistema elettrico, in modo efficiente e al minor costo, nell’attuale contesto caratterizzato dalla crescente diffusione delle fonti rinnovabili non programmabili e della generazione distribuita, e dalla conseguente inevitabile progressiva riduzione dell’utilizzo degli impianti programmabili.

Con il TIDE l’Autorità pone le basi per il futuro, affinché sia davvero possibile continuare a beneficiare dell’energia elettrica con gli attuali livelli di qualità in un contesto con più fonti rinnovabili aleatorie e meno impianti termoelettrici programmabili.

Come ben noto, nel sistema elettrico, occorre garantire in ogni istante l’equilibrio tra la produzione elettrica e il consumo.

L’innovazione della regolazione in costruzione, accompagnata dalle sperimentazioni relative a nuovi servizi di flessibilità rese possibili dalla regolazione dei progetti pilota, lo consentirà, anche per il tramite di nuovi soggetti aggregatori in grado di gestire la flessibilità della produzione e del consumo di una pluralità di clienti e produttori, in modo del tutto indipendente dai venditori di energia elettrica.

Preparare per tempo il futuro, è la condizione migliore per non farsene sorprendere quando arriverà

Nel frattempo, si mantiene alto il presidio dei livelli di qualità raggiunti dal nostro sistema elettrico, che ci colloca tra i migliori in Europa. Nel 2022 gli indicatori della qualità del servizio di trasmissione sono migliorati mentre quelli di distribuzione hanno segnalato un lieve peggioramento.

Prosegue anche la traiettoria degli esperimenti regolatori. Un impegno preso da alcuni distributori di porsi fuori dal normale percorso regolatorio per cogliere obiettivi più importanti nell’arco di quattro anni. I risultati ad oggi sono confortanti, in termini di benefici per gli utenti, con miglioramenti superiori a quelli ordinari.

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A fianco delle sperimentazioni e dell’innovazione, la regolazione persegue stabilmente il controllo dei costi con meccanismi di tipo output based.
La soluzione di vincoli di tensione nella zona sud ha determinato un beneficio annuo stimato in più di 400 milioni di euro.

A questo si è affiancato per gli anni 2022-24 un nuovo meccanismo per ridurre i costi complessivi del dispacciamento.
Si tratta di interventi strutturali, sul sistema, in grado di produrre effetti nel lungo termine, anche successivamente al termine del periodo di incentivazione.

Sulla base degli elementi disponibili appare che il beneficio ottenuto per il sistema elettrico grazie a questo strumento, quindi per la collettività, sia stimabile in poco più di 2 miliardi di euro.

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L’approccio parzialmente output based appena descritto, troverà pieno sviluppo nella Regolazione per Obiettivi di Spesa e Servizio (ROSS).

La decarbonizzazione comporta la realizzazione di rilevanti investimenti infrastrutturali, in particolare nel settore elettrico, e rende necessaria l’adozione di strumenti che favoriscano la sostenibilità economica per i gestori di rete e per gli utenti del servizio.

In particolare, i regolatori hanno abbandonato, o stanno tentando di abbandonare o comunque migliorare, i modelli di regolazione meramente basati sul costo del servizio (modelli c.d. RAB-based) per andare verso modelli di regolazione basati sul valore del servizio reso.
Un approccio di grande maturità con cui sostituire alla forza bruta dell’entità degli investimenti la rilevanza delle soluzioni per il sistema e per i consumatori.

L’Autorità ha optato per un approccio graduale che prevede, in una prima fase, la definizione di criteri di riconoscimento dei costi orientati alla spesa totale, applicabili a tutti i servizi infrastrutturali (c.d. ROSS-base) e, in un secondo momento, in particolare per gli operatori di più grande dimensione, lo sviluppo di un approccio completo con l’aggiunta degli obiettivi di servizio (c.d. ROSS-integrale) basato sui piani industriali delle imprese.

Un primo importante passo è stato compiuto con la deliberazione 163/23, con la quale l’Autorità ha definitivamente approvato i principi generali del ROSS per il periodo 2024-2031, con l’introduzione, tra l’altro, di un indicatore specifico per il monitoraggio della performance economico-finanziaria (il return on regulatory equity – RORE), strumento che, una volta affinato, fornirà utili indicazioni sia ex ante, sia ex post sulle effettive performance delle aziende regolate;

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Seppur in grande sintesi stiamo compiendo un viaggio, una sorta di ricognizione dell’ampia gamma di interventi che la transizione verso il nuovo sistema energetico richiede di sviluppare per evitare di affrontare il mondo nuovo con strumenti vecchi.

In questo momento ci sono grandi aspettative per lo sviluppo delle comunità energetiche.

Avevo già avuto modo di sottolineare lo scorso anno l’attenzione che, nella costruzione delle comunità energetiche, è necessario porre alla implicita contraddizione tra il crescente livello di integrazione a livello sovrannazionale dei sistemi elettrici e la frammentazione che può derivare da sottoinsiemi locali che cercano di ottimizzare il bilanciamento tra domanda ed offerta.

È un ulteriore spunto che inseriamo nella “era delle contraddizioni”, consapevoli che anche in questo caso sia facile riconoscere i potenziali benefici che possono derivare da una attivazione delle comunità rispetto al tema della generazione e condivisione di energia.

Emerge in tutta la sua evidenza come molto spesso il dibattito attorno a queste iniziative si focalizzi su necessari aspetti tecnici e regolamentari, rischiando però di perdere completamente di vista quello che pare essere il principale elemento, direi quasi sociologico, che deve essere affrontato per consentire allo strumento delle CER di dispiegare il proprio potenziale.

La nostra società, pervasa da anni da una forte spinta individualista, decide (di nuovo una contraddizione da risolvere) di affidarsi ad un’iniziativa spiccatamente di comunità ed aggregante per superare i limiti dell’individualismo che vede, ad esempio, proprio nel NIMBY una delle sue principali manifestazioni.
Nella costruzione delle comunità energetiche sarà importante, quindi, mettere grande attenzione alla costruzione della comunità, soprattutto quando le ragioni e le finalità delle CER sono orientate più che alla valorizzazione dell’investimento in rinnovabili al supporto di iniziative ambientali e sociali.

Un altro aspetto delle CER che vale la pena di richiamare è che esse rappresentano l’effetto compiuto della valorizzazione del consumatore nel suo ruolo elementare, appunto, di consumatore di energia.
Per la prima volta il consumatore non entra nel sistema come soggetto che chiede servizi o che in maniera occasionale gioca il ruolo di produttore di energia (prosumer).

Poiché la CER altro non è che una declinazione dell’autoconsumo diffuso, la presenza dei consumatori di energia è in essa altrettanto rilevante di quella dei produttori e, anzi, in qualche modo, è fondamentale fattore abilitante del meccanismo incentivante delle CER.

È questo un aspetto sui cui mi pare non si sia ancora ragionato abbastanza, almeno in termini di servizi e configurazioni da offrire e per cui credo che in prospettiva il mondo delle CER potrà esprimere interessanti proposte.

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Un servizio energetico di natura spiccatamente territoriale è certamente quello del teleriscaldamento.

A partire dal secondo semestre 2021, contestualmente all’incremento delle quotazioni del gas naturale, si è verificata una progressiva crescita dei prezzi del servizio di teleriscaldamento.

Per questo l’Autorità, ha avviato un’apposita indagine conoscitiva sull’evoluzione dei prezzi e dei costi del servizio, al fine di ricostruire le cause del fenomeno.

Il servizio di teleriscaldamento è in genere erogato, in ciascun ambito territoriale, da un unico operatore verticalmente integrato in tutte le fasi della filiera, in un regime di sostanziale monopolio.

La definizione di tariffe regolate cost-reflective consentirà contestualmente di superare le criticità riscontrate nel funzionamento del mercato e di assicurare l’equità dei prezzi del servizio.

Per contro la garanzia, per gli esercenti, di recuperare i costi sostenuti e di ottenere un adeguato tasso di remunerazione del capitale investito potrebbe assicurare un contesto favorevole per un ulteriore sviluppo del settore.

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Prima delle conclusioni credo sia importante richiamare alcuni aspetti di natura trasversale ai diversi settori e che caratterizzano e completano l’attività di Arera.

Controlli e ispezioni effettuati presso i soggetti regolati hanno portato a contestazioni per infrazioni pari a 6,8 milioni di euro.

Nel 2022 si è ulteriormente rafforzato il ruolo e lo sviluppo della funzione giustiziale presso Arera, come sede alternativa a quella giurisdizionale, ai fini della risoluzione sia delle controversie tra operatori e gestori di infrastrutture energetiche che di quelle in materia di connessione alla rete di impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili.

Lo Sportello per il Consumatore Energia e Ambiente ha continuato a rappresentare un presidio fondamentale di tutela per i consumatori dei settori regolati, tanto più in quelli energetici nei quali la prossima abolizione dei servizi di tutela e la crisi dei prezzi ha determinato una più consapevole e specifica domanda di informazione e assistenza da parte dei clienti finali.

Il numero verde dello Sportello, ha fatto registrare nel 2022 oltre 1 milione e 200mila chiamate, principalmente ascrivibili ai settori energetici, raddoppiando i volumi in ingresso rispetto al 2021.

Il Servizio Conciliazione si conferma uno strumento efficace per la risoluzione rapida e senza costi delle controversie tra clienti/utenti dei servizi regolati da Arera e i loro fornitori, non risolte dagli esercenti con il reclamo.
Attraverso la piattaforma del Servizio, sempre al passo con l’evoluzione digitale e facilmente accessibile da tutti i consumatori e dai loro rappresentanti, nel 2022 sono state presentate più di 24.300 domande di conciliazione, in aumento del 19% rispetto al 2021, in circa un caso su due afferenti al settore dell’energia elettrica. Le parti hanno raggiunto un accordo, chiudendo così la controversia senza dover ricorrere al giudice, nel 69% dei casi; le procedure si sono concluse in media in 54 giorni con un beneficio economico complessivo pari a quasi 20 milioni di euro, sotto forma di valore recuperato oppure di rimborsi, indennizzi, ricalcolo di fatturazioni errate, rinuncia a spese e interessi moratori ecc.

Nel 2022 è stato esteso ai settori idrico e del telecalore, il tentativo obbligatorio di conciliazione già efficace nei settori energetici, presso il Servizio e altri organismi qualificati, fra i quali le conciliazioni paritetiche e le Camere di commercio aderenti alla convenzione fra Autorità e Unioncamere, rinnovata alla fine dello scorso anno.

In questo quadro complesso e articolato, si conferma il ruolo delle associazioni dei consumatori non solo di impulso costruttivo alle attività di Arera, anche nell’ambito di tavoli tecnici e di confronto connessi a misure regolatorie innovative, ma anche di assistenza specialistica e qualificata a beneficio, fra l’altro, dei consumatori poco avvezzi all’utilizzo di strumenti informatici o con ridotta capacità di analisi di problematiche afferenti al proprio contratto di fornitura.

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Con riferimento all’attività di enforcement, l’Autorità ha anzitutto indirizzato la propria azione nel recepimento delle novità emersi dalla giurisprudenza nazionale ed euro-unitaria sull’esercizio dei poteri di enforcement. Ciò ha sollecitato una attenta riflessione, i cui esiti saranno presto oggetto di un documento di consultazione nell’ambito di un più ampio aggiornamento del Regolamento Sanzioni, tuttora in corso.

In questo contesto si procederà anche ad una razionalizzazione dello strumento degli impegni, uno strumento innovativo nella “cassetta degli attrezzi” del Regolatore che consente di guardare ai casi di violazione della regolazione come ad altrettante occasioni per il miglioramento delle condizioni dei mercati regolamentati piuttosto che come semplici episodi meritevoli di una risposta punitiva

Il 2022 è stato l’anno di emersione di nuovi illeciti. Sono state irrogate, infatti, le prime due sanzioni per violazioni del c.d. Regolamento Remit (Reg. UE 1227/2011), ossia per violazioni in materia di integrità e trasparenza dei mercati all’ingrosso, riconducibili in particolare alla fattispecie di manipolazione del mercato.

Inoltre, è stato intercettato un tipo di illecito particolarmente “odioso”, consistente nel distacco della fornitura di energia elettrica e gas ai danni di clienti finali non morosi, (un illecito che è stato considerato di particolare gravità e che per questo ha dato luogo a sanzioni di importo elevato, complessivamente di circa 1,5 milione di euro).

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La nuova organizzazione di Arera

Da pochi giorni Arera ha riorganizzato la propria struttura interna in una sintesi tra continuità ed innovazione. Il nuovo assetto organizzativo ha puntato soprattutto a rendere più coerenti le attività regolatorie e a configurare un assetto diverso al settore ambiente in riconoscimento dei progressi fatti dai diversi settori regolati.

Le strutture organizzative sono importanti perché danno ordine ai processi e rendono più chiari obiettivi e responsabilità ma l’elemento fondamentale restano sempre le persone che rendono sostanziale il valore dell’Autorità.

A loro va il mio personale ringraziamento e quello di tutto il collegio.

In Arera stiamo affrontando anche un impegnativo progetto di valorizzazione del lavoro da remoto, una iniziativa per conciliare l’impegno casa-lavoro, minimizzare l’impatto carbonico del commuting e sfruttare al massimo le tecnologie digitali che già sin dalla prima fase del Covid hanno permesso ad Arera di mantenere ritmo e qualità del lavoro.
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Autorità, Signore e Signori, Gentili ospiti, questo apre alle conclusioni di questa relazione doverosamente occupate dai consueti ringraziamenti che non sono un vuoto esercizio di stile ma il genuino pubblico riconoscimento di quanto l’attività dell’Autorità trovi in una fitta rete di relazioni e collaborazioni un essenziale supporto.

Colgo l’occasione per estendere il ringraziamento dell’intero Collegio e degli Uffici al Consiglio di Stato e al TAR Lombardia, all’Avvocatura dello Stato, alla Corte dei Conti, alle altre Autorità indipendenti per la continua e fattiva collaborazione.

Un grazie anche all’Agenzia europea per la cooperazione fra i regolatori nazionali dell’energia, al Consiglio Nazionale Consumatori ed Utenti, al gruppo GSE ad RSE, all’ENEA, alle Regioni e alle autonomie locali, all’Anci e agli enti di governo degli ambiti territoriali.

In questa occasione un ringraziamento particolare lasciatemelo estendere alla CSEA, al suo consiglio uscente e a quello di recentissima costituzione ma naturalmente alle donne ed agli uomini che vi operano e che tanto hanno collaborato in questa fase molto delicata nel dare pronta attuazione alle diverse iniziative intraprese.

Infine, al nostro Collegio dei Revisori, al Nucleo di valutazione e controllo strategico, all’Arma dei Carabinieri con la quale si è aperta una preziosa collaborazione e – con un ringraziamento particolare – alla Guardia di Finanza, che attraverso il Nucleo speciale Beni e Servizi, assicura quotidianamente da tempo il proprio sostegno alle nostre attività.

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Due anni vissuti intensamente come quelli che abbiamo attraversato faticano a trovare spazio nel breve orizzonte di questa relazione e di poco che ho detto molto avrei voluto e forse dovuto aggiungere.
Viviamo in uno di quei passaggi della storia in cui cambiano i punti di riferimento. Siamo passati dalla globalizzazione ad una frammentazione regionale alla ricerca di una autonomia e sicurezza energetica che esporrà i consumatori a nuovi ed inattesi costi all’interno di un percorso di transizione che richiede stabilità di indirizzo ed obiettivi credibili.

Ho cercato di rappresentare l’ampio spettro di iniziative su cui le scarse risorse dell’Autorità sono costantemente impegnate cercando soprattutto di far cogliere come ogni iniziativa non possa vivere a sé stante. Il sistema energetico è un sistema complesso, non complicato magari ma certamente complesso.

Un sistema complesso in cui “tout sa tien”

Forse non sarà un battito d’ala di farfalla in Giappone a causare un tornado in Messico, ma certamente il mondo dei decisori è chiamato a confrontarsi con una complessità sistemica probabilmente mai sperimentata in passato, in cui la velocità dell’innovazione e la numerosità dei soggetti coinvolti strappa il governo dei sistemi all’illusione di cabine di regia centralizzate e impone una visione responsabile, connessa ed integrata delle iniziative, per cercare di governare il procedere della transizione energetica con i costi necessari e cogliendo il massimo delle opportunità per il vero protagonista di tutto questo lavoro: noi nella nostra veste quotidiana di consumatori che usano l’energia, l’acqua e i rifiuti per far crescere il nostro Paese e lasciarlo ai nostri figli migliore di come lo abbiamo trovato.

Grazie.

 

 

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Arera:  i numeri dei servizi pubblici . On line i volumi della Relazione Annuale dell’Autorità. I dati 2022 per elettricità, gas, acqua, rifiuti. Con la presentazione del Collegio al Parlamento e al Governo della Relazione annuale 2023 sono stati pubblicati sul sito www.arera.it i due volumi della Relazione Annuale ARERA – l’Autorità di regolazione per l’energia e l’ambiente – sullo Stato dei servizi e sull’Attività svolta nel 2022.

Gli elementi contenuti nei due volumi (qui in parte sintetizzati) riguardano l’anno solare 2022. Un quadro influenzato dalla crisi energetica a seguito dell’invasione russa dell’Ucraina. In particolare, l’andamento dei prezzi, e il loro confronto tra i diversi paesi europei in base ai dati Eurostat, è influenzato anche dalla diversità degli interventi pubblici realizzati dai Governi a tutela dei consumatori nei settori energetici.

Nel caso italiano molti degli interventi, che hanno impiegato ingenti risorse pubbliche, hanno garantito un contenimento dei prezzi anche a valle della loro formazione, attraverso lo strumento dei bonus che ha protetto in modo selettivo, dagli aumenti della fase di crisi, fasce sempre più ampie di consumatori in difficoltà economiche. In altre esperienze europee l’intervento si è concentrato nelle fasi a monte, incidendo direttamente sulla formazione del prezzo nei mercati all’ingrosso. Per l’Italia inoltre ha pesato una maggiore dipendenza dal gas come fonte diretta di consumo o di generazione elettrica, mentre altri grandi paesi europei hanno potuto fare affidamento su altre fonti meno impattate dalla crisi (ad es. nucleare in Francia o carbone in Germania).

DI SEGUITO I DATI SETTORIALI
• Servizi ARERA per i consumatori
• Elettricità
• Gas
• Acqua
• Rifiuti
• Teleriscaldamento

SERVIZI ARERA PER I CONSUMATORI

BONUS SOCIALI: OLTRE 6,2 MILIONI I BONUS RICONOSCIUTI, DA APRILE ALLARGATA LA PLATEA BENEFICIARI PER CONTRASTARE CARO-ENERGIA
Nel 2022, secondo anno di attuazione del regime di riconoscimento automatico dei bonus, sono stati erogati complessivamente 6.207.263 bonus per disagio economico: 3.766.105 bonus elettrici (+51,4% rispetto al 2021) e 2.441.158 bonus gas (+58,7%) per un valore complessivo di oltre 2.162 milioni di euro (circa 1.313 milioni di euro per i bonus elettrici e a circa 849 milioni di euro per i bonus gas diretti). Resta “a domanda” attraverso il sistema SGATE il bonus per disagio fisico, che nel 2021 è stato riconosciuto a 52.176 famiglie (+24,33%).
A partire dal 1° ottobre 2021, una serie di previsioni legislative ha disposto il rafforzamento del bonus sociale elettrico e gas su base trimestrale, finanziato con fondi del bilancio dello Stato trasferiti alla Cassa per i servizi energetici e ambientali. L’Autorità ha, quindi, introdotto la componente compensativa integrativa (CCI), aggiuntiva al bonus “ordinario” e aggiornata ogni trimestre. Sempre in quest’ottica, il Governo ha adottato ulteriori misure urgenti per contrastare gli effetti economici della crisi ucraina prevedendo, in particolare, di innalzare, per il periodo 1° aprile-31 dicembre 2022, la soglia ISEE per poter accedere al bonus sociale elettrico e gas a 12.000 euro (salita poi a 15.000 euro per il 2023, 30.000 euro per le famiglie numerose).

 

SPORTELLO PER IL CONSUMATORE ENERGIA E AMBIENTE: RECUPERATI 19,8 MILIONI DI EURO ATTRAVERSO LA CONCILIAZIONE. RADDOPPIATO IL NUMERO DI CHIAMATE, IL 96% RIGUARDA LUCE E GAS

Nel 2022, il call center ha ricevuto ha ricevuto 1.254.318 chiamate in orario di servizio (+99% rispetto al 2021), con un tempo medio di conversazione di 238 secondi (erano 241 nel 2021). In linea con gli anni precedenti, il 96% delle chiamate ha interessato i settori dell’energia elettrica e del gas e il bonus sociale resta la tematica più ricorrente con il 68% dei contatti mentre le restanti (risoluzione controversie, pratiche aperte, Portali e Servizio a tutele graduali) si fermano al 32%. Le richieste scritte di informazione sono state 57.710 (quasi il triplo rispetto al 2021) e hanno interessato in larga parte i settori energetici (55.422), a fronte di 2.139 richieste per il settore idrico e 149 richieste per il telecalore. I primi cinque argomenti oggetto delle richieste sono stati: bonus sociale (58%), fatturazione (11%), mercato (10%), contratti (10%) e morosità e sospensione (5%). Le richieste di attivazione di procedure speciali informative per i settori energetici, nel 2022, ammontano a 41.958, in lieve flessione rispetto al 2021 (-4%).
Nel 2022, il Servizio conciliazione ha ricevuto 24.339 domande (+19% rispetto al 2021), per una media di 108,3 domande su giorni lavorativi. Il 53% delle domande ha interessato il settore elettrico (+5% rispetto al 2021), mentre al gas è riconducibile una quota pari al 22% (-3,5%), il settore idrico si attesta al 13% (-5%). Le domande presentate da clienti dual fuel e dai prosumer, infine, coprono una quota pari, rispettivamente, all’11% e all’1%. Il 73% delle domande ricevute ha interessato utenze domestiche. Il tasso di accordo si attesta al 69% (-1% rispetto al 2021) con un tempo medio di conclusione di 54 giorni (4 in meno rispetto all’anno precedente). Guardando ai tre principali settori per numero di domande, è l’idrico a fare registrare il tasso di accordo maggiore (75%) su procedure concluse relative a tale settore, seguito dal gas (72%) e dall’elettrico (65%).
Nel 2022 è di oltre 19,8 milioni di euro la “compensation”, ossia il corrispettivo economico ottenuto dai clienti o utenti finali mediante l’accordo di conciliazione (sotto forma di valore recuperato anche rispetto al valore della controversia oppure di rimborsi, indennizzi, ricalcolo di fatturazioni errate, rinuncia a spese e interessi moratori ecc.).

 

CONTENZIOSO: DALL’AVVIO DELL’AUTORITA’ VALIDE IL 97,4% DELLE DELIBERE APPROVATE, NEL 2022 CRESCONO I RICORSI
Su un totale di 12.524 delibere approvate dall’Autorità fin dal suo avvio (aprile 1997-31 dicembre 2022), ne sono state impugnate 1.363, pari al 10,9%, e ne sono state annullate in via definitiva (con sentenza passata in giudicato), in tutto o in parte, 320, pari al 23,5% del totale delle delibere impugnate e al 2,6% di quelle adottate. Pertanto, l’indice di resistenza delle delibere dell’Autorità al controllo giurisdizionale si attesta attorno al 97,4%.
Nell’anno 2022 si è registrato un aumento del contenzioso in termini di numero di ricorsi rispetto all’anno precedente. A causa principalmente dell’impugnazione, da parte dei produttori titolari di fonti rinnovabili della delibera sul meccanismo di compensazione a due vie sul prezzo dell’energia elettrica immessa da alcune tipologie di impianti FER, introdotta in attuazione di un provvedimento del Governo, nel 2022 si sono infatti registrati 1.081 ricorsi totali (950 direttamente legati a questa fattispecie), rispetto ai 74 ricorsi totali nel 2021 (144 nel 2020).

 

ELETTRICITA’: NEL 2022 INTERVENTI PUBBLICI HANNO RIDOTTO BOLLETTA PER I CLIENTI DOMESTICI, CONTRASTANDO PREZZI PIU’ ALTI RISPETTO ALLA MEDIA AREA EURO

Nel corso del 2022 i diversi interventi pubblici hanno ridotto la bolletta finale dei clienti domestici, contrastando gli alti prezzi della fase di crisi. Nel caso italiano, infatti, molti degli interventi hanno garantito un contenimento dei prezzi anche a valle della loro formazione, attraverso soprattutto lo strumento dei bonus che ha protetto in modo selettivo fasce sempre più ampie di consumatori in difficoltà economiche. In altre esperienze europee l’intervento è stato invece a monte, incidendo direttamente sulla formazione del prezzo nei mercati all’ingrosso.
I prezzi medi dell’energia elettrica per i consumatori domestici nel 2022 (senza quindi considerare gli effetti dei bonus per il nostro Paese) fanno registrare aumenti del +40% in Italia e del +13% nell’Area euro (con prezzi medi finali pari a 36,43 c€/kWh in Italia e a 27,94 c€/kWh nell’Area euro), mentre nel 2021 gli aumenti in Italia e nell’Area euro si erano mantenuti nell’intorno del +5%. In entrambi i casi l’aumento dei prezzi lordi è dovuto alle sensibili variazioni dei prezzi netti (prezzi di energia e vendita e costi di rete), superiori in Italia (+72%) rispetto all’Area euro (+43%) e in parte compensate dagli effetti delle pur significative misure di riduzione della componente oneri e imposte adottate (-35% in Italia e -40% nell’Area euro).
Il differenziale dei prezzi lordi rispetto all’Area euro, che si era mantenuto inferiore al +6,5% negli anni 2020 e 2021, per l’Italia nel 2022 raggiunge , in media, quota +30% ed è positivo per tutte le classi: si verifica pertanto una inversione di tendenza (rispetto al percorso di miglioramento relativo dei prezzi avviato nel 2017), in particolare, nelle classi DB (consumi da 1.000 a 2.500 kwh/a) e DC (consumi da 2.500 a 5.000 kWh/a), nella quali si concentrano i maggiori consumi nel nostro Paese, dove il differenziale per i prezzi lordi era rimasto debolmente negativo nei due anni precedenti.

In relazione ai prezzi netti, i differenziali si confermano come nel 2021 positivi rispetto all’Area euro per tutte le classi di consumo, con valori quest’anno prossimi al 30% in tutte le classi eccetto che nell’ultima, dove risultano pari al +43%; nelle classi DB e DC, in particolare, i differenziali erano pari rispettivamente al +7% e al +3% nel 2021. L’ultima classe, che rappresenta una quota residuale dei consumi, è quella interessata dai maggiori divari nei prezzi di energia e vendita (+62%), compresi tra il +50% e il +55% nelle altre classi.
Guardando alla classe di consumo intermedia DC (2.500-5.000 kWh/a) – rappresentativa del cliente domestico, in quanto oltre ad avere il maggior peso in termini di energia venduta (41%) include il cliente tipo normalmente di riferimento per l’Autorità – il prezzo lordo è aumentato del 46%, a fronte di un incremento medio nell’Area euro del 13% e di aumenti molto più contenuti nei paesi principali (+9% in Spagna, +8% in Francia e +3% in Germania).
Sempre guardando ai valori al lordo delle imposte, le famiglie italiane con consumi in questa classe, pagano un prezzo di 33,71 c€/KWh che corrisponde al 58% in più delle francesi e al 9% in più delle spagnole, mentre è del tutto confrontabile con il prezzo pagato dalle famiglie tedesche, rispetto al quale lo scarto positivo è limitato al 2% circa.

 

ELETTRICITA’: IN ITALIA CALANO CONSUMI E PRODUZIONE (-1%), METÀ DELLA PRODUZIONE ANCORA DA GAS (48,5%). RINNOVABILI SCENDONO AL 35%, PESA IL CALO DELL’IDROELETTRICO PER SICCITA’ (-37,8%). CRESCE IL FOTOVOLTAICO (+12,3% SUL 2021). STABILE L’EOLICO.

I consumi di energia elettrica si sono ridotti dell’1,1%; la diminuzione dei consumi elettrici è stata più sensibile nell’industria (-3,9%), nel residenziale (-2,8%) e nell’agricoltura (-1,7%), in aumento invece nel settore terziario (+4%).
La domanda nazionale è stata soddisfatta per poco più dell’86% dalla produzione nazionale, mentre per la parte rimanente dal saldo con l’estero. Questi valori sono in linea con quelli del 2021 (ma nel 2020 la quota di produzione nazionale era stata invece del 90%). La produzione nazionale è diminuita dell’1%, mentre le importazioni sono cresciute dell’1,8% e le esportazioni del 16,4%.
La produzione nazionale lorda nello specifico è passata dai 289,1 TWh del 2021 ai 286,9 TWh del 2022 (-1%).
La produzione termoelettrica è aumentata del 7,9%, dopo la crescita del 5,2% lo scorso anno per lo scarso contributo dell’idroelettrico. A causa della crisi nel mercato del gas, aumenti molto significativi si sono registrati nella produzione da solidi (+84,9%), da prodotti petroliferi (+91,5%) e da altre fonti di energia (+38,6%), mentre il gas naturale ha visto una diminuzione del 3,7%, anche se tale fonte ha continuato a garantire poco meno della metà della produzione lorda (48,5%, era 49,5% nel 2021).
Le fonti rinnovabili sono risultate in calo del 13,9%, ma al loro interno il fotovoltaico è cresciuto del 12,3%. In particolare: generazione idroelettrica -37,8%, data l’emergenza idrica registrata nel 2022; generazione da bioenergie -8,5%, da eolico -1,8% e da geotermico -1,7% rispetto al 2021.

Le rinnovabili hanno contribuito per circa il 35% al mix della produzione elettrica nazionale, meno che nel 2021 (quando tale quota era del 40%).
Enel è tornato a essere il primo operatore nella generazione termoelettrica (nel 2021 per la prima volta era stata prima ENI) coprendo il 18,3% della produzione nazionale lorda, mentre per Eni, secondo operatore, la quota è pari al 13,9% (lo scorso anno la stessa si attestava al 15,8%).
Enel si è confermata anche il primo operatore nella produzione da fonti rinnovabili con il 21,5% della generazione lorda, in particolare con una quota significativa nell’idroelettrico (39,8%, in diminuzione rispetto al 41,2% dell’anno precedente) e la totalità di quelle nel geotermico. Tra i principali 15 gruppi che hanno contribuito alla produzione da energia rinnovabile c’è anche Eni che è il decimo operatore con generazione da eolico, solare e bioenergie. Significativa, come già negli anni passati, la quota nell’eolico di Erg pari all’11,7%, nonché quella di Edison che è pari al 9,5%.
Per l’anno 2022, i costi derivanti dall’incentivazione delle fonti rinnovabili sono risultati pari a circa 6,4 miliardi di euro, in rilevante calo rispetto agli anni precedenti (10,5 miliardi di euro nel 2021), per effetto degli elevati prezzi di mercato dell’energia elettrica. Nel periodo compreso tra il 1° ottobre 2021 e il 31 marzo 2023 alcuni di questi costi, quelli relativi ai regimi commerciali speciali (prezzi minimi garantiti e scambio sul posto) sono stati posti a carico della fiscalità generale.

 

ELETTRICITA’: AUMENTA LO SWITCHING, ORMAI 64,8% DEI CLIENTI DOMESTICI HA SCELTO IL MERCATO LIBERO. PREVALGONO OFFERTE A PREZZO FISSO

Nel 2022 il numero di punti di prelievo domestici è risultato pari a 30,1 milioni, di cui 10,6 serviti in maggior tutela e 19,5 milioni nel mercato libero. I punti domestici serviti nel mercato libero sono ormai saliti al 64,8% (dato che aggiornato a marzo 2023 arriva al 69,3%).
Se poi si guarda ai volumi, il mercato libero è ancor più ampio: nel 2022, infatti, l’energia acquistata dal settore domestico in questo mercato è salita al 68,5% dal 61% dell’anno precedente. I punti di prelievo domestici che si riforniscono nel servizio di maggior tutela sono ancora poco meno di un terzo del totale.
Nel 2022 la quota delle famiglie che acquistano l’elettricità nel mercato libero ha superato il 50% in tutte le regioni (nel 2021 mancava la Sardegna). Le regioni in cui più del 65% dei punti di prelievo domestici è servito nel libero sono otto, erano due nel 2021.
Lo switching delle famiglie è nuovamente cresciuto, sia in termini di punti di prelievo, sia in termini di volumi, avvicinandosi a quello delle utenze non domestiche. Il 17,9% dei clienti domestici – circa 5,3 milioni di punti di prelievo – ha cambiato fornitore almeno una volta nel corso dell’anno. Negli ultimi anni l’attività di switching delle famiglie ha confermato una certa accelerazione rispetto a un trend più modesto mantenuto sino al 2018.
Anche nel 2022, il numero di operatori è salito, benché in misura minore rispetto agli ultimi anni per un totale di 560 venditori attivi. 15 imprese hanno avviato l’attività di vendita nel mercato libero elettrico: tra loro, molte sono società che erano già presenti nei mercati energetici con altre attività. Risultano 66 imprese aver cessato l’attività, un numero molto più ampio del passato perché include le molte operazioni di rettifica sulle attività di società che sono avvenute a seguito dell’entrata in operatività dell’Elenco dei soggetti abilitati alla vendita di energia elettrica ai clienti finali (EVE) del Ministero della transizione ecologica.
Il gruppo Enel rimane, come sempre, l’operatore dominante dell’intero mercato elettrico italiano, quest’anno con una quota in aumento al 36,2% dal 34,4% del 2021 (dopo diversi anni di leggera discesa), grazie a un incremento delle vendite totali del gruppo discretamente positivo, pari al 4,8%. A fronte di crescite molto consistenti nelle vendite ai clienti in media tensione (+19%) e in alta tensione (+31,5%), risultano però riduzioni di quelle ai domestici (-6,3%) e una crescita molto più modesta tra i non domestici in bassa tensione (+3%).
Con una quota del 7,1% il gruppo A2A si è confermato nella seconda posizione della classifica complessiva che ha raggiunto nel 2021, superando il gruppo Edison (5,3%) da sempre il primo gruppo inseguitore dell’incumbent.
Nel 2022 il livello di concentrazione del mercato totale è tornato a crescere leggermente: la quota dei primi tre operatori (gruppi societari), è salito al 48,7% delle vendite complessive, mentre era al 46% nel 2021.
Il 76,7% dei clienti domestici ha sottoscritto nel mercato libero un contratto a prezzo fisso (cioè con il prezzo che non cambia per almeno un anno dal momento della sottoscrizione), mentre il 23,3% ha scelto un contratto a prezzo variabile, ovvero con il prezzo che cambia con tempi e modalità stabilite dal contratto stesso. La preferenza verso il prezzo variabile è cresciuta, anche in ragione delle particolari condizioni di mercato nel 2022; nel 2021 il contratto a prezzo variabile risultava scelto dal 18,6% dei clienti domestici.
Il 2,5% dei clienti domestici ha sottoscritto un contratto che prevede una clausola di durata minima contrattuale, nel senso che per l’applicazione del prezzo stabilito è previsto che il cliente non cambi fornitore per un minimo di tempo stabilito dal contratto stesso.
L’indicizzazione all’andamento del PUN medio (in diverse forme) è la modalità largamente più frequente sia nei contratti ai clienti domestici, sia in quelli ai clienti non domestici.
Per la prima volta dall’avvento della liberalizzazione delle forniture di energia elettrica ai clienti domestici, il mercato libero ha presentato per tutte le classi valori di prezzo notevolmente inferiori al servizio di maggior tutela, per effetto della predominanza dei contratti a prezzo bloccato nel mercato libero, che hanno contenuto o ritardato, almeno nell’immediato, gli effetti sui clienti finali degli enormi rialzi delle quotazioni nei mercati all’ingrosso evidenziati in precedenza.

 

GAS: CONTRAZIONE GLOBALE DEI CONSUMI. IN EUROPA RIBASSI MAGGIORI (-14%), AUMENTA LA PRODUZIONE (+3,6%) E CALANO LE IMPORTAZIONI, MA GNL +63%.
A livello mondiale vi è stata una contrazione dell’1,5% circa dei consumi mondiali di gas, ma l’Europa ha conosciuto il maggior calo percentuale segnando il -14,0%. In Asia Pacifico e Cina, la diminuzione della domanda è stata rispettivamente di -1,6% e -0,8%, in quest’ultimo caso con il primo calo della domanda dopo due decenni. Gli USA, invece, hanno visto un sensibile incremento della domanda (+5,4%), determinato soprattutto dagli impieghi nel settore termoelettrico a seguito di un minor utilizzo del carbone per l’aumento del suo prezzo in confronto a quello del gas americano. Considerando i primi cinque mercati dell’Unione europea per dimensione, Germania, Italia, Francia, Olanda e Spagna, si osserva come la riduzione dei consumi si muova in un intervallo che va da un minimo di -3,8% della Spagna fino al -22% dei Paesi Bassi. L’Italia registra un – 9,9% e la Germania -15,3%. Nel Regno Unito la domanda si è ridotta del 7% circa.
In termini di produzione mondiale di gas, essa è risultata costante, ma al suo interno è aumentata la produzione di gas non convenzionale, passata dal 25% del totale 2021 al 31%. In Europa, la produzione è cresciuta del 3,6%, grazie all’apporto di Norvegia e Regno Unito. L’UE-27 ha segnato invece una diminuzione del -7,7%, cui ha contribuito la programmata discesa della produzione del giacimento di Groningen in Olanda.

A seguito della guerra in Ucraina, è cambiato il sistema di approvvigionamento europeo, in termini di flussi commerciali del gas scambiato a livello internazionale: c’è stato un massiccio ricorso al GNL disponibile sul mercato internazionale, sono stati realizzati e/o programmati nuovi terminali di rigassificazione (galleggianti e su terraferma); in secondo luogo, vi è stato l’aumento, dove possibile, delle importazioni via gasdotto alternative al gas russo.
Nel 2021, l’UE-27 aveva importato circa 375 miliardi di m3 (al lordo delle riesportazioni), l’80% via gasdotto e il 20% tramite GNL. Nel 2022 le importazioni complessive sono diminuite a circa 360 miliardi di m3 (-3,6%), di cui il 64% via gasdotto e il 36% attraverso il GNL. Le importazioni tramite gasdotto si sono ridotte del 21% circa (-63 miliardi di m3). La decisione dell’UE di sostituire nel breve-medio termine le importazioni dalla Russia ha portato a una riduzione dei flussi da quel paese di circa 80 miliardi di m3. Nel 2021 la Russia pesava per il 50% circa delle importazioni UE via gasdotto, nel 2022 ha inciso per il 28%. È proprio con il GNL che, complice il calo della domanda, l’Unione europea è riuscita a sostituire il gas russo e a procedere nel corso dell’anno al riempimento degli stoccaggi. Nel 2022 l’UE ha importato circa 130 miliardi di m3 di GNL, con un incremento del 63% rispetto al 2021 (80 miliardi di m3), dirottando in Europa flussi originariamente destinati all’Asia, dove nel frattempo la concorrenza dei prezzi record europei ha causato drastici cali di queste importazioni.
Il 46% del GNL importato in UE-27 è provenuto dalle Americhe, in particolare dagli Stati Uniti, il 21% dall’Africa, il 15% dal Medio Oriente e il 15% dalla Russia con un incremento del 35% (+5 miliardi di m3) rispetto al 2021. Volumi aggiuntivi via gasdotto sono arrivati invece dalla Norvegia (+7 miliardi di m3) e dall’Azerbaijan (+3 miliardi di m3), mentre dall’Algeria c’è stato lo spostamento dei flussi dalla Spagna all’Italia, con un leggero calo nel complesso.

 

GAS: CON SCOPPIO DELLA GUERRA QUOTAZIONI RECORD SUI MERCATI, PUNTE ANCHE DI 320 €/MWh. PREZZI ALTI ANCHE PER IMPORTAZIONI
A fine 2021 i prezzi ai principali hub europei avevano raggiunto 115 €/MWh, per poi cedere qualcosa. Con lo scoppio della guerra in Ucraina in marzo raggiungevano i primi record a 120-130 €/MWh, con punte sui 200 €/MWh. Nel corso dell’estate la progressiva riduzione di gas russo e la necessità di procedere rapidamente al riempimento degli stoccaggi che stava avanzando a ritmi troppo bassi, determinavano un forte squilibrio domanda/offerta che, insieme ad alcuni fattori congiunturali, spingevano i prezzi spot su livelli mai raggiunti prima: ad agosto, 230 €/MWh circa in media mensile, con punte giornaliere vicine ai 320 €/MWh, vale a dire un valore pari a quasi quindici volte il prezzo medio nel decennio 2011-2021. Dopo un calo nel primo autunno, le quotazioni del gas hanno ripreso a salire progressivamente a causa dell’aumento della domanda per riscaldamento e per un’incertezza dell’offerta senza precedenti, cui hanno contribuito anche problemi nelle centrali nucleari francesi. Nella prima metà di dicembre i prezzi del PSV (il mercato all’ingrosso italiano) hanno nuovamente raggiunto i 140 €/MWh, con un aumento del 55% rispetto alla media di novembre. Il PSV ha chiuso l’anno con un valore medio di 124,8 €/MWh, +167% rispetto al 2021 (47,2 €/MWh) e quasi 8 volte la media del 2019 (16,4 €/MWh).

I livelli record delle quotazioni agli hub si ripercuotevano gradualmente anche sui prezzi medi di importazione alle frontiere. Il valore medio indicativo del gas alle frontiere importato in Europa ha raggiunto i massimi in settembre e ottobre (155-160 €/MWh), mentre quello alla frontiera italiana indicativamente in settembre (134 €/MWh). L’indice BAFA, che rappresenta il prezzo mensile di importazione della Germania, media tra i valori del gas importato con contratti pluriennali e a breve termine, segna il massimo di 149 €/MWh in agosto, anche se, come gli altri indicatori dei prezzi alla frontiera, rimane quasi costantemente inferiore ai prezzi spot agli hub.

 

GAS: NEL 2022 IN ITALIA CROLLANO I CONSUMI A -10%, 99% DEL GAS IMPORTATO: DIMEZZATO GAS DALLA RUSSIA CHE RESTA SECONDO FORNITORE, PRIMO L’ALGERIA, TERZO L’AZERBAIGIAN CON IL GASDOTTO TAP, CRESCE LA NORVEGIA. TRIPLICATO L’EXPORT DI GAS ITALIANO VERSO L’ESTERO
Nel 2022 il consumo netto di gas naturale è diminuito di 7,5 miliardi di metri cubi, attestandosi a 67,3 miliardi di metri cubi (-10% rispetto al 2021). I consumi del settore industriale sono scesi del -15,5% e quelli della generazione termoelettrica del -4,1%. Livello minimo raggiunto anche per ‘Commercio e servizi’, dopo il rimbalzo post pandemia del 2021, segnando un -15%. Altrettanto è accaduto per i consumi di gas legati ai trasporti a -18% e il settore domestico, che tra misure per il contenimento dei consumi e inverno tra i più miti scendono del 13,5%.

Rallenta ma non si arresta la discesa della produzione nazionale che nel 2022 registra un -2,7% rispetto al 2021. Sono stati complessivamente estratti 3,4 miliardi di metri cubi di gas naturale: 1,75 miliardi dal mare e 1,65 dai campi situati in terraferma. Il grado di dipendenza dell’Italia dalle forniture estere è salito alla quasi totalità 99% (dal 93,5% del 2021). Eni controlla il 66% circa della produzione nazionale, dal 70% dell’anno precedente, a distanza il gruppo Royal Dutch Shell stabile al 16%. Stabili le importazioni lorde a 72,6 miliardi di metri cubi, ma aumenta l’indipendenza da quelle russe (dimezzate dal 40% a poco meno del 20% del totale). L’Algeria è diventato il primo paese fornitore con circa il 36%, segue la Russia e poi l’Azerbaigian con circa il 15%. Nella classifica vi sono poi: il Qatar, da cui arriva il 10% del gas complessivamente importato in Italia (9,4% nel 2021), seguito dalla Norvegia (passata dal 2,7% del 2021 all’8,6% del 2022) e poi la Libia stabile al 4,3%, con nuove rotte di GNL dall’Africa in fase di negoziazione a livello governativo. Dei 73 miliardi di m3 di gas importato in Italia, 14,5 (erano 9,9 nel 2021) miliardi di m3 sono giunti via nave. Accanto alle tradizionali – e maggioritarie – provenienze da Qatar, Algeria e Stati Uniti che insieme incidono per l’88% di tutto il GNL importato, nell’importazione via nave degli ultimi anni stanno assumendo importanza altri paesi: Spagna, Egitto e Nigeria.

Arretra notevolmente Eni, che rimane al primo posto delle imprese importatrici, con una quota di mercato del 41,9% (48,4% nel 2021). Insieme i primi tre importatori hanno approvvigionato il 70,1% del gas entrato nel mercato italiano (era 72,4% nel 2021). I volumi di gas esportato sono triplicati rispetto al 2021, salendo da 1,5 a 4,6 miliardi di m3. Alla crescita hanno probabilmente contribuito la ridotta disponibilità di energia elettrica prodotta dagli impianti nucleari francesi e la siccità che ha causato un calo della produzione idroelettrica, in particolare nel sud dell’Europa. In aumento anche i volumi immagazzinati che a fine anno sono risultati di circa 2,6 miliardi di m3 superiori ai quantitativi di inizio anno, anche per effetto delle misure governative prese per assicurare un elevato livello di riempimento. Nell’anno termico 2022-2023 lo spazio complessivo del sistema di stoccaggio è stato di 17,7 miliardi di m3, comprensivi dei 4,6 miliardi di riserva strategica.

 

GAS: SALGONO A 512 LE IMPRESE ATTIVE. AUMENTA IL LIVELLO DI CONCENTRAZIONE DEL MERCATO. OLTRE IL 66% DELLE FAMIGLIE È SUL MERCATO LIBERO
Nel settore della vendita, su un totale di 512 imprese attive (+23 rispetto al 2021) soltanto 30 (il 5,9% nel 2021) hanno venduto oltre 300 milioni di metri cubi, coprendo l’85,3% di tutto il gas acquistato nel mercato al dettaglio.
Nel 2022 il livello della concentrazione nel mercato della vendita finale è leggermente aumentato. I primi tre gruppi controllano il 44,3%, mentre nel 2021 la quota era pari al 43,4%. Considerando i primi cinque gruppi, la porzione di mercato servita sale al 55,4% (contro il 53,9% del 2021). A distanza di solo mezzo punto percentuale la quota di Eni (15,9%) e quella di Edison (15,4%). Al contrario, si allarga la forbice tra Edison (15,4%) ed Enel (13%), che passa dall’1,5% al 2,4%.
Nel 2022 la quota delle famiglie che hanno acquistato il gas nel servizio di tutela è scesa al 33,2% (era il 36,6% nel 2021).
Il numero di clienti che ha cambiato fornitore nell’anno solare 2022 è stato di circa 2,8 milioni, con una percentuale di switching complessivamente del 13,7% (dal 11,6% del 2021) e corrispondente a una porzione di volumi del 12,5% (era 13,4% nel 2021). La categoria che ha effettuato più cambiamenti di fornitore è quella dei condomini (24,1%).

 

GAS: NEL 2022 INTERVENTI PUBBLICI HANNO RIDOTTO BOLLETTA PER I CLIENTI DOMESTICI, CONTRASTANDO PREZZI PIU’ ALTI RISPETTO ALLA MEDIA AREA EURO, TAGLI FISCALI PIU’ ALTI DELL’AREA EURO

Come per l’elettrico, nel corso del 2022 i diversi interventi pubblici hanno ridotto la bolletta finale dei clienti domestici, contrastando gli alti prezzi della fase di crisi. Nel caso italiano infatti molti degli interventi hanno garantito un contenimento dei prezzi anche a valle della loro formazione, attraverso soprattutto lo strumento dei bonus che ha protetto in modo selettivo fasce sempre più ampie di consumatori in difficoltà economiche. In altre esperienze europee l’intervento è stato invece a monte, incidendo direttamente sulla formazione del prezzo nei mercati all’ingrosso. Per l’Italia inoltre ha pesato una dipendenza più forte dal gas come fonte diretta di consumo o di generazione elettrica, mentre altri grandi paesi europei hanno potuto fare affidamento ad altre fonti meno impattate dalla crisi (ad es. nucleare in Francia o carbone in Germania)

Ne risulta che anche nel 2022 i prezzi del gas naturale per i consumatori domestici italiani (senza quindi considerare gli effetti dei bonus per il nostro Paese), comprensivi di oneri e imposte, sono stati più alti della media dei prezzi dell’Area euro per tutte le classi di consumo anche a fronte dei prezzi più elevati mai registrati. Per la prima classe di consumo (< 520 m3/anno), in particolare, si è registrato un lieve aumento dei prezzi lordi, +6% rispetto all’Area euro (era +11% nel 2021). Per la classe dove si presenta la quota maggiore del totale dei consumi domestici (la classe 520-5.200 m3/anno con il 71,8% dei consumi), si riduce di poco il divario con la media dei prezzi lordi dell’Area euro, passando al +9% (era il +12%). Per la classe oltre 5.200 m3/a (perlopiù riscaldamenti centralizzati) il valore è stato invece del +29%, in aumento rispetto al +21% dell’anno precedente.
In termini di prezzi netti il differenziale con l’Area euro è aumentato per tutte le classi di consumo.

La componente oneri e imposte cala per tutte e tre le classi, e il differenziale con l’Area euro, che era ancora pari al +9% nel 2021, diviene fortemente negativo e pari in media al -31% rispetto alla media Area euro: il vantaggio risulta superiore per i clienti domestici della prima classe (con un differenziale del -85%) rispetto a quelli della seconda classe (-29%), mentre l’ultima classe presenta un differenziale blandamente positivo (+3%).
Gli esiti di cui sopra sono dovuti a dinamiche di aumento dei prezzi netti, sia in Italia che nell’Area euro, verificatesi però in modo più marcato in Italia (in media +81% contro +55%), a fronte di un calo delle componenti fiscali, quale conseguenza delle misure di sostegno adottate, più significativo in Italia (in media -45%) che nell’Area euro (in media -14%). Guardando al confronto con i principali paesi europei, il prezzo italiano lordo (11,1 c€/kWh) risulta in media quello più elevato, con differenze positive trascurabili rispetto alla Spagna (11,02 c€/kWh), più elevate rispetto alla Francia (9,59 c€/kWh) e massime rispetto alla Germania (8,53 c€/kWh).
Per la classe di consumo più bassa il prezzo italiano (13,85 c€/kWh), comprensivo delle imposte, rimane inferiore, come in passato, solo a quello francese (14,97 c€/kWh). Nella seconda classe il prezzo spagnolo, che era più elevato di quello italiano nel 2021, risulta nel 2022 marginalmente più conveniente (10,32 c€/kWh) di quello del nostro Paese (10,4 c€/kWh). I prezzi più convenienti si confermano, in tutte le classi, quelli tedeschi. Si segnala un miglioramento delle differenze rispetto ai prezzi tedeschi (da +29% a +19%) e spagnoli (da +8% a +1%) con riferimento alla prima classe di consumo.

 

SERVIZIO IDRICO ACQUA: SPESA PER INVESTIMENTI SALE A 13,5 MILIARDI DI EURO. REALIZZATI GLI INTERVENTI PROGRAMMATI
A partire dal mese di luglio 2022, l’Autorità ha condotto le istruttorie per l’approvazione dell’aggiornamento biennale (2022-2023) delle predisposizioni tariffarie di 48 gestioni (che interessano poco meno di 27 milioni di abitanti). Rispetto al 2021, la variazione media dei corrispettivi applicati all’utenza risulta pari a +4,97% con una certa eterogeneità a livello geografico: +3,32% nell’area Sud e Isole, +4,42% nel Nord-Est, +5,36% nel Centro, e a+6,26% nel Nord-Ovest. Sulla base dei programmi degli interventi (che insieme ai piani delle opere strategiche fanno parte degli atti che costituiscono lo schema regolatorio di ciascuna gestione) trasmessi all’Autorità, gli investimenti programmati (al netto di contributi pubblici) si attestano a 208 euro/abitante a livello nazionale (corrispondenti a 52 €/ab/anno), con i valori più alti registrati al Centro (286 €/ab) e quelli più bassi nell’area Sud e Isole (132 €/ab). Tenuto conto anche della disponibilità di fondi pubblici, la spesa per investimenti ammonta complessivamente a 13,5 miliardi di euro per il quadriennio (2020-2023). Le verifiche compiute con riferimento ai costi delle immobilizzazioni computati in tariffa hanno confermato i generali miglioramenti nella capacità di realizzazione degli investimenti programmati. Il tasso di realizzazione è infatti risultato (considerando complessivamente gli investimenti nel biennio 2020-2021) pari quasi al 100%, con un valore più contenuto per i gestori operanti nell’area Sud e Isole.

 

ACQUA: 326 €/ANNO LA SPESA MEDIA PER LA FAMIGLIA TIPO DI 3 PERSONE. NONOSTANTE I MIGLIORAMENTI, PERMANGONO CRITICITÀ SU INTERRUZIONI E RETE FOGNARIA SOPRATTUTTO AL SUD E NELLE ISOLE
Nel 2022, la spesa media sostenuta da una famiglia di 3 persone, con consumo annuo pari a 150 m3, risulta a livello nazionale pari a 326 euro/anno (2,17 euro per metro cubo consumato). Il dato è riferito a un campione di 63 gestioni (che erogano il servizio a circa 34 milioni di abitanti), con valore più contenuto nel Nord-Ovest (232 euro/anno) e più elevato nel Centro (390 euro/anno), area quest’ultima in cui i soggetti competenti hanno programmato, per il periodo 2020-2023, una maggiore spesa pro capite per investimenti da finanziare attraverso tariffa. Il valore, invece, si ferma a 132 euro/abitante nell’area Sud e Isole. Guardando le voci che compongono la bolletta degli utenti domestici, sempre con consumi pari a 150 m3/anno, risulta che il 39,2% circa della spesa è imputabile al servizio di acquedotto, per il quale si spendono a livello nazionale 127,7 euro/anno, il 12,1% è invece attribuibile al servizio di fognatura (39,4 euro/anno) e il 29,2% a quello di depurazione (95,3 euro/anno). Infine, la quota fissa pesa per il 10,4% (33,9 euro/anno) e le imposte per il 9,1% (29,6 euro/anno). Nel 2022, l’Autorità ha condotto un ulteriore approfondimento sugli aspetti tecnici ed infrastrutturali sui più recenti dati a disposizione (2021) che, rispetto alla precedente Relazione, sono riferiti a un campione di gestioni più ampio, fissando come anno base per i confronti il 2016 (primo anno di rilevazione dei macro-indicatori di qualità tecnica). Nello specifico, la media nazionale delle perdite idriche si attesta in media al 41,8% pari a 17,9 m3/km/gg, quest’ultimo dato mostra un miglioramento del 12% rispetto all’anno base sebbene persistano forti differenze a livello geografico (il c.d. water service divide).

Lo stesso disallineamento a livello territoriale si riscontra anche nei dati relativi alle interruzioni di servizio, fortemente condizionati da alcune situazioni critiche a livello territoriale, che presentano valori mediamente bassi nel Nord Ovest (0,66 ore/anno) e nel Nord Est (0,68 ore/anno), valori superiori nel Centro (31,55 ore/anno) e più elevati nel Sud e Isole (204,69 ore/anno). Tuttavia, questo dato presenta una riduzione media rispetto al 2016 del 32%. Infine, per quanto riguarda il sistema fognario, nonostante i miglioramenti rispetto all’anno base, i dati evidenziano una quota di inadeguatezza degli scaricatori di piena (cioè gli apparati per evitare il sovraccarico e gli sversamenti dalle fognature in caso di forti precipitazioni) che nel Sud e nelle Isole risulta quasi il doppio di quella delle altre aree del Paese. In media a livello nazionale, il 20% degli scaricatori di piena risulta da adeguare alla normativa vigente, mentre gli allagamenti e sversamenti da fognatura sono pari a 4,6 ogni 100 km di rete fognaria (con un picco di 10 ogni 100 km nel Sud e Isole). L’analisi del fabbisogno di investimenti (al lordo dei contributi) condotta sul biennio 2022-2023, periodo di aggiornamento delle pianificazioni, conferma, a livello nazionale, la concentrazione degli sforzi dei gestori al contenimento del livello di perdite idriche che assorbono il 27% del totale delle risorse programmate (da quota 22% rispetto all’analisi dello scorso anno). A seguire, gli investimenti per il miglioramento della qualità dell’acqua depurata al 16,1% (erano a 18,1%), quelli per la riduzione delle interruzioni idriche 15,3% (13,5%) e gli interventi per l’adeguamento del sistema fognario al 13,5% (13,9%). La quota di investimenti in infrastrutture del servizio idrico integrato non riconducibili direttamente a specifici obiettivi di qualità tecnica fissati dall’Autorità si ferma al 10,5%. In termini generali di servizio, il quadro nazionale del biennio è maggiormente orientato sugli investimenti pianificati nelle infrastrutture acquedottistiche (45,6%) rispetto a quelli previsti nelle reti fognarie e negli impianti di depurazione (nel complesso il 40,66%), pur permanendo differenze tra singole aree geografiche: nel Nord-Ovest è stato espresso un maggiore fabbisogno nelle fasi di fognatura e depurazione, mentre nel Centro Italia la forbice tra le due fasi aumenta a favore delle infrastrutture di acquedotto.

 

RIFIUTI: ANCORA IN AUMENTO IL NUMERO DEGLI OPERATORI CHE SALE A 8.100 MA IL 66% SVOLGE SOLO UN’ATTIVITÀ. IL METODO TARIFFARIO COPRE IL 90% DEGLI ABITANTI.
Nel 2022 con l’approvazione della nuova metodologia tariffaria MTR-2, ha preso avvio il secondo periodo di regolazione tariffaria per il servizio integrato di gestione dei rifiuti urbani e caratterizzato dalla pianificazione economico-finanziaria del servizio su un orizzonte pluriennale estesa al quadriennio 2022-2025, continuando ad interessare una platea molto consistente di Enti competenti (3.550) e ambiti tariffari. A conferma della significativa parcellizzazione del servizio, l’analisi del numero e della tipologia di attività svolta da tutti i gestori iscritti (8.101) mostra inoltre che, nella maggioranza dei casi (66,6%), i soggetti risultano accreditati per una singola attività e solo raramente (1,9%) per tutte le attività del ciclo. Con riferimento al Piano economico-finanziario 2022-2025, l’Autorità ha ricevuto le predisposizioni tariffarie relative a 5.987 ambiti (5.961 comunali e 26 pluricomunali) pari a circa il 90% della popolazione (52,3 milioni di abitanti serviti). Dall’analisi dei Piani economico-finanziari a disposizione dell’Autorità sono emersi incrementi delle entrate tariffarie che variano tra il 2,4% del 2022 e lo 0,9% del 2025: a livello geografico, le variazioni più consistenti si osservano nelle Isole (+5,6% nel biennio), mentre le più contenute al Centro e nella macroarea Nord-Ovest (poco più del 3%). Per quanto riguarda le predisposizioni tariffarie per i servizi di trattamento, l’Autorità ha ricevuto 61 proposte da 13 Organismi competenti, riferite prevalentemente a impianti operanti nel Nord e nel Centro del Paese. Le predisposizioni riguardano 39 impianti di chiusura del ciclo “minimi” e 22 impianti “intermedi” (cioè quelli assoggettati in qualche modo alla regolazione tariffaria). Infine, con riferimento ai meccanismi di garanzia inerenti alle procedure di approvazione tariffaria, nel corso dell’anno 2022, l’Autorità ha ricevuto complessivamente 68 segnalazioni di inerzia (116 nel 2021), 62 delle quali riguardavano situazioni di inerzia dei gestori del servizio di gestione dei rifiuti urbani, mentre le restanti 6 avevano ad oggetto l’inerzia di gestori di impianti minimi o intermedi.

 

TELERISCALDAMENTO. TELERISCALDAMENTO: TREND IN CRESCITA, ANCORA CONCENTRAZIONE NELL’ITALIA SETTENTRIONALE. INDAGINE DELL’AUTORITÀ SUI PREZZI DOPO I FORTI INCREMENTI DELL’ULTIMO TRIMESTRE 2021

Si conferma il trend di crescita del teleriscaldamento e del teleraffrescamento, tra il 2000 e il 2021 la volumetria allacciata è aumentata a un tasso medio annuo del 5,9%, passando da 117,3 a 381,8 milioni di metri cubi, e l’estensione delle reti è quadruplicata, da circa 1.091 km nel 2000 a 4.805 km nel 2021. Le 5 regioni del nord Lombardia, Piemonte, Trentino-Alto Adige, Emilia-Romagna e Veneto rappresentano, da sole, oltre il 95% dell’energia termica erogata. Nel 2021 le centrali termiche al servizio di reti di telecalore hanno prodotto 12.331 GWh termici (+9%), 7.185 GWh elettrici (+15,9%) e 129 GWh frigoriferi (+4,2%).
Il gas naturale si conferma la fonte energetica nettamente prevalente per il funzionamento degli impianti di telecalore con il 72,1% (69,2% nel 2020) del consumo energetico complessivo, mentre le rinnovabili coprono quasi completamente la quota residua con il contributo principale proveniente dai rifiuti (15,4%) e dalle bioenergie (biomasse, biogas e bioliquidi, al 9,5%). Il numero delle imprese operanti nel settore del telecalore oggi iscritte alle Anagrafiche dell’Autorità è di 258 (253 l’anno precedente). Di queste, l’86% si occupa, di norma in forma integrata, di attività strettamente legate all’esercizio delle reti e alla fornitura dall’energia termica alle utenze (distribuzione o misura o vendita) mentre la quota rimanente si occupa solo di produzione di energia termica.
L’energia distribuita dalle reti di telecalore è utilizzata principalmente per la climatizzazione ambientale (riscaldamento e raffrescamento) e la produzione di acqua calda a uso igienico-sanitario, mentre è marginale l’utilizzo in processi industriali. Una quota significativa del mercato è infatti costituita da utenze di tipo residenziale e terziario (rispettivamente il 64,9% e il 32,2% del totale), mentre la domanda del settore industriale rimane marginale (2,8%).

A partire dall’ultimo trimestre 2021 si è verificata una crescita significativa dei prezzi del servizio di teleriscaldamento: il valore mediano dei prezzi passando da un valore minimo di 81 €/MWh nel terzo trimestre 2020 a un massimo di 191 €/MWh registrato nel primo trimestre 2022. Per questa ragione, l’Autorità ha avviato un’indagine conoscitiva sull’evoluzione dei prezzi e dei costi per il periodo compreso fra il 1° gennaio 2020 e il 31 marzo 2022, che ha riguardato gli esercenti di maggiori dimensioni del settore a cui corrisponde oltre l’80% dei volumi del mercato. I risultati hanno mostrato potenziali criticità sia in relazione alle dinamiche di mercato, sia, limitatamente ad alcuni contesti, all’equità dei prezzi applicati. Alla luce di tali esiti, l’Autorità ha posto all’attenzione del Parlamento e del Governo l’opportunità di introdurre una regolazione cost reflective dei prezzi del servizio di teleriscaldamento, così da consentire contestualmente di superare le criticità riscontrate nel funzionamento del mercato e di assicurare l’equità dei prezzi del servizio. Regolazione cost reflective ora in via di sviluppo nel 2023.

 

 

 

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