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ARCIDIOCESI TRENTO * OGNISSANTI: OMELIA VESCOVO LAURO, « ANCHE NOI POSSIAMO VINCERE LA MORTE, APPRODANDO ALL’INCONTRO CON IL PADRE »

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15.30 - mercoledì 1 novembre 2023

(Il testo seguente è tratto integralmente dalla nota inviata all’Agenzia Opinione) –

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“Dio è una virgola, non un punto. Ama fare e ricevere domande”. Sono le parole con le quali l’arcivescovo Lauro Tisi apre l’omelia nella solennità di Ognissanti, sul cimitero di Trento (oggi, 1° novembre, ore 14.30). “Il terreno del morire, da sempre è fecondo di domande”, nota l’Arcivescovo, distinguendo tra le domande originate da una “riflessione astratta attorno alla morte” oppure dall’”esperienza del morire delle persone che ti hanno amato e che hai amato”.

Monsignor Tisi (nel giorno del suo 61° compleanno) prova a filtrare l’attualità – il “sangue versato di tanti innocenti, la morte inferta con inaudita crudeltà” – alla luce della Parola di Dio e in particolare del testo dell’Apocalisse, per giungere infine a sottolineare come “Dio, amante della virgola, è irriducibile nel rilanciare continuamente la speranza, facendo nascere ogni giorno uomini e donne che alla logica del dare la morte sostituiscono il regalare la propria vita”. “Proprio in queste ore drammatiche – aggiunge don Lauro – , mentre l’umanità da un lato registra incredibili sviluppi nella tecnologia e prospetta scenari di grande cambiamento, dall’altra, tragicamente, rischia di cancellare sé stessa con l’indebolimento del sistema democratico, il ritorno tragico dei nazionalismi, il ricorso sistematico alla forza e alle armi. A questa umanità si rivolge oggi l’Uomo delle Beatitudini che regala a ogni uomo e ogni donna le fonti della vita, l’antidoto alla morte e alla dissoluzione dell’umanità” attraverso la “riscoperta – conclude Tisi – del grazie”, la “via della pace, del dialogo e della mitezza”.

 

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Omelia Solennità di Tutti i Santi
(Cimitero di Trento 1° novembre 2023)

“Dio è una virgola, non un punto. Ama fare e ricevere domande”. Così titolava un quotidiano nei giorni scorsi. Il terreno del morire, da sempre è fecondo di domande. Tra i destinatari, non raramente, c’è il volto di Dio. Diverso, tuttavia, è il tenore delle domande, a seconda che a generarle sia una riflessione astratta attorno alla morte oppure l’esperienza del morire delle persone che ti hanno amato e che hai amato. Nel primo caso, attivano l’ambito della razionalità. Nel secondo, sono cariche di angoscia, nostalgia, desiderio di tornare ad incontrarle. Qui la risposta razionale suscita non raramente fastidio e, pure, rabbia.

Gesù non ha formulato ragionamenti sulla morte. L’ha attraversata, l’ha abitata e nel suo morire interroga il Padre: “Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato?”. Incredibilmente in quel suo chiedere di non essere abbandonato riconosciamo anche il nostro intenso desiderio, di fronte alla morte dei nostri cari, di trovare casa, porte accoglienti, il calore di un abbraccio.
In queste ore dove vediamo il sangue versato di tanti innocenti, la morte inferta con inaudita crudeltà, sorprende il testo dell’Apocalisse che parla di uomini le cui vesti sono rese candide dal sangue dell’Agnello. Nel testo biblico il vestito rappresenta, simbolicamente, la forza e la dignità di una persona. Come è possibile che il sangue renda bianche le vesti? La risposta possiamo cercarla nelle storie di tanti testimoni, dentro e fuori la Chiesa, il cui dono della vita – spesso tolta a loro con violenza – è diventato, paradossalmente, forza di cambiamento e di liberazione. La loro morte – come chicco di frumento che cade in terra e porta frutto – ha generato e continua a generare germogli di speranza.

Dio, amante della virgola, è irriducibile nel rilanciare continuamente la speranza, facendo nascere ogni giorno uomini e donne che alla logica del dare la morte sostituiscono il regalare la propria vita. Ancora una volta, siamo a constatare come l’uomo è molto più delle sue idee e dei suoi ragionamenti. Nel profondo dell’esperienza, cerca un porto dove approdare per non naufragare, senza nome, nel nulla. Proprio in queste ore drammatiche, mentre l’umanità da un lato registra incredibili sviluppi nella tecnologia e prospetta scenari di grande cambiamento, dall’altra, tragicamente, rischia di cancellare sé stessa con l’indebolimento del sistema democratico, il ritorno tragico dei nazionalismi, il ricorso sistematico alla forza e alle armi.

A questa umanità si rivolge oggi l’Uomo delle Beatitudini che regala a ogni uomo e ogni donna le fonti della vita, l’antidoto alla morte e alla dissoluzione dell’umanità. Anzitutto la riscoperta del “grazie” come struttura della vita. L’uomo non si fa da sé, non si dà la vita, la riceve. Ne è conferma il volto dei nostri cari che ci hanno lasciato. In secondo luogo, la via della pace, del dialogo e della mitezza. Essa apre opportunità, novità, costruisce futuro, a differenza dell’odio che rende ciechi, chiude l’orizzonte, dà la morte.
La vita dell’Uomo delle Beatitudini, risorto dalla morte, è la garanzia che quanto avvenuto in Lui è a disposizione anche per tutti noi. Anche noi possiamo vincere la morte e approdare all’incontro con il Padre.

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