Il biennio orribile della pandemia è ormai alle spalle, con tutto il carico di straordinaria sofferenza e difficoltà che ha comportato. Ciononostante, il presente della casa circondariale di Spini – la struttura a nord di Trento, che finalmente e positivamente conta ora su una direttrice applicata a tempo pieno – è segnato da alcuni problemi strutturali, annosi e tutt’altro che risolti. L’ha chiarito oggi pomeriggio la garante dei diritti dei detenuti, che a palazzo della Regione ha presentato la relazione annuale della sua attività di authority, istituita presso il Consiglio provinciale con il compito di tenere accesi i riflettori sulle criticità del mondo carcerario.
La professoressa Antonia Menghini ha definito allarmante il dato sull’organico effettivo di educatori: si è persa una figura su tre e questo sembra minare gravemente ogni progettualità legata agli obiettivi costituzionali di rieducazione e reinserimento del detenuto. Altro indicatore decisivo è fornito dal monte delle ore lavorative consentite e offerte a chi sta in carcere, per ritrovarsi come persona e come cittadino: a Spini il dato è in calo, perché s’è ridotto il budget statale per il pagamento delle mercedi. E’ urgente – ha detto allora Menghini – sostenere le cooperative impegnate su questo fronte, per non disperdere un patrimonio di professionalità ed efficienza.
Schiarite s’intravvedono invece sul versante dell’assistenza sanitaria, che da luglio è stata rafforzata. A sottolinearlo è stata oggi pomeriggio la stessa assessora provinciale Stefania Segnana, che ha voluto dimostrare sensibilità per la tematica e ha fornito dati importanti: 3 nuovi medici, copertura assistenziale interna al carcere h24, due psicologi e uno psichiatra, impegno a ricercare odontoiatri per far funzionare prossimamente anche l’ambulatorio di cui la struttura è dotata. Dal 2018, altro dato incoraggiante, non si registrano più suicidi tra i detenuti a Trento. Segnana ha assicurato che il governo provinciale rifletterà anche sul nulla di fatto seguito al bando dello Stato per l’assunzione di educatori.
Tra gli appelli di Menghini, quello per una urgente riforma di sistema a livello nazionale dell’approccio alle gravi patologie psichiatriche che non di rado affliggono i detenuti. Luci e ombre, insomma, nel ritratto di un settore che non è altra cosa – ha detto la garante – rispetto alla società, ma una costola di essa. La casa circondariale trentina conta sempre troppi detenuti (350) e ha dovuto per la prima volta anche aprire una seconda ala femminile (sono 35 le carcerate). Parte della soluzione potrebbe venire da istituti come la semilibertà (rientro in struttura per la notte), suscettibile di maggiore sviluppo.
Nel documento di sintesi allegato alla mail, l’ufficio del garante dei diritti dei detenuti ripercorre i passaggi principali della relazione presentata poco fa e introdotta dal saluto della segretaria questore del Consiglio provinciale, Mara Dalzocchio, in nome di tutto l’Ufficio di Presidenza.
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La carenza di personale, il disagio psichico e la modesta offerta di lavoro rimangono le principali criticità del carcere di Spini.
La Garante ha riportato i dati relativi ai suoi ingressi in istituto per l’anno 2021 svolti con regolarità nonostante il permanere dell’emergenza Coronavirus ai quali si sono affiancati, a più riprese, numerose sessioni di colloqui da remoto con le persone detenute, per un totale di 325 colloqui. Si è poi interessata personalmente della conseguente attività istruttoria e dei rapporti con i diversi interlocutori istituzionali. Intenso è stato il lavoro dell’Ufficio Garante nei rapporti con le istituzioni locali di riferimento, nell’ottica di sensibilizzare e sollecitare le stesse, ove ritenuto necessario, ad adottate i necessari interventi di risposta alle diverse problematiche. La Garante ha infine dato conto dei rilevanti impegni sul versante dei rapporti con i Garanti regionali, il Garante Nazionale e con la Conferenza dei Garanti territoriali.
La pandemia
Se la pandemia è stata l’indiscussa protagonista della relazione dell’anno 2020+, oggi possiamo affermare, non senza una buona dose di ottimismo, che la fase più acuta dell’emergenza sembra essere ormai alle spalle: tanto nella società libera quanto all’interno degli istituti di pena si è progressivamente ritornati ad una parvenza di normalità, sebbene il virus non accenni a scomparire dentro e fuori le mura del carcere.
Preso atto della naturale predisposizione delle carceri ad essere “luoghi di contagio” (anche a causa dell’elevato tasso di sovraffollamento che s’aggira intorno al 109,9% alla data del 31 ottobre 2022), su tutto il territorio nazionale è iniziata una capillare campagna di vaccinazione sia tra i detenuti sia tra gli appartenenti al corpo di polizia penitenziaria: tra marzo ed aprile 2021 il tasso di vaccinazione ha conosciuto un aumento del + 245,5%, tanto che nei mesi estivi erano oltre 90.000 le dosi somministrate. Ed infatti, al 30 agosto 2021 si registrava una forte riduzione del numero dei contagi, in linea con l’andamento della pandemia tra la popolazione libera.
Anche nella Casa Circondariale di Spini di Gardolo, a partire dall’8 marzo 2021, la campagna vaccinale è stata condotta in maniera sistematica con la somministrazione di Pfizer, tanto che nel 2021 le dosi somministrate nel carcere trentino sono state 626. Tuttavia, nei mesi invernali, a causa della diffusione della contagiosissima variante Omicron, si è assistito ad una recrudescenza della malattia: al 27 dicembre 2021 a livello nazionale i detenuti ammalati erano 510, al 25 gennaio 2022 erano addirittura 3.487 e al 22 febbraio 2022 scendevano a 1.529. Fortunatamente, nonostante l’impennata dei contagi, il tasso di ospedalizzazione è rimasto piuttosto basso. Per quanto concerne la c.c. di Spini, il 2021 ha visto un unico focolaio tra febbraio e marzo 2021 con 7 casi registrati e poi un recentissimo focolaio, nell’ottobre 2022, con ben 34 persone positive contemporaneamente, per un numero complessivo di 76 positivi. Di queste solo una è stata ricoverata precauzionalmente, mentre le restanti isolate in un’apposita sezione sono risultate asintomatiche o paucisintomatiche.
Le nuove disposizioni sui trasferimenti e sulle telefonate
Nel corso del 2021 il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (DAP) è intervenuto più volte, con circolari e note, prevedendo il superamento delle precedenti indicazioni che avevano imposto non solo la sospensione dei trasferimenti a richiesta dei detenuti ma anche le misure da adottarsi in caso di superamento delle soglie del 2% e del 5% di detenuti positivi, che di fatto comportavano la progressiva paralisi delle attività trattamentali con correlativa sospensione degli ingressi di tutti gli operatori “esterni”. In particolare le recenti circolari invitavano i Provveditori regionali a predisporre quanto ritenuto necessario per rendere più fluidi i trasferimenti dei detenuti da un istituto all’altro, evitando quindi di addurre come motivi ostativi le necessità correlate ai provvedimenti di isolamento precauzionale dei ristretti. Inoltre il DAP ha ritenuto opportuno mantenere la possibilità per i detenuti di effettuare colloqui telefonici mediante videochiamate, così come avveniva durante le fasi più acute dell’emergenza sanitaria.
Le criticità della Casa circondariale di Spini
Durante la conferenza stampa la Garante ha messo in evidenza le problematicità relative alla Casa Circondariale di Spini tra cui alcune, segnalate negli anni precedenti, rimaste irrisolte.
Personale
In particolare permane, anzi si è ulteriormente aggravata, la criticità del personale gravemente sotto organico dell’area educativa con pesanti conseguenze sulla programmazione e il regolare svolgimento delle attività trattamentali. Allo stesso modo permane in sofferenza l’organico della Polizia penitenziaria in forze presso l’istituto di Spini, nonostante esso sia stato recentemente implementato: ad oggi infatti sono presenti solo 165 agenti in luogo dei 227 previsti dalla pianta organica. Ciò si rifrange non solo sui livelli di sicurezza all’interno della struttura di pena ma anche sulla traduzione in essere della previsione della legge di riforma della Polizia penitenziaria del 1990 che prevede la partecipazione attiva della Polizia penitenziaria all’opera di rieducazione. A far data dal giugno 2022, si è invece risolta la situazione legata alla Direzione della struttura di Spini: la dott.ssa Nuzzaci dirige oggi infatti solo la struttura di Spini di Gardolo e non è più a scavalco anche su Bolzano.
L’assistenza sanitaria
Un’ampia riflessione è stata dedicata al tema dell’assistenza sanitaria in carcere. La Garante ha tenuto a rimarcare il ruolo fondamentale svolto dal presidio sanitario interno al carcere nella gestione della pandemia. Ciononostante, per tutto il 2021 e buona parte del 2022, la situazione relativa all’organico dei medici è apparsa, a più riprese, deficitaria rispetto alla pianta organica prevista e ciò non tanto per la mancanza di risorse a ciò destinate, ma perché le procedure concorsuali sono andate più volte deserte. La situazione si è appunto aggravata considerevolmente durante l’estate 2021, tanto da aver portato alla sofferta decisione di tornare prima ad un regime transitorio misto di copertura fino alle ore 20 per alcuni giorni (il sabato e la domenica) e di copertura sulle 24 ore per altri e poi, dal 25 di ottobre 2021, all’interruzione della copertura delle notti. Già con la fine del 2021 la copertura è stata ripristinata, anche se, a più riprese il problema si è ripresentato anche nell’arco del 2022. Solo recentemente l’organico dei medici è tornato in linea con le previsioni, è subentrato un nuovo dirigente e un nuovo specialista per le dipendenze.
Durante il periodo della pandemia, alcuni detenuti hanno poi segnalato lunghe attese nelle visite mediche specialistiche. Per lungo tempo, inoltre, molte visite da svolgersi presso le strutture ospedaliere, come del resto è avvenuto anche per i liberi cittadini, non sono state possibili. Il problema sembra peraltro persistere anche nell’anno corrente ed è stato più volte oggetto di segnalazione anche da parte della Garante, che a questo riguardo ha sollecitato che la questione venisse inserita all’ordine del giorno dell’Osservatorio sulla salute in carcere: sembra infatti che la carenza di organico della polizia penitenziaria, ed in particolare del nucleo che effettua le traduzioni in ospedale, sia tale da non riuscire a garantire tutte le traduzioni necessarie, da cui la necessità, quantomeno nell’immediato, di stilare una sorta di lista di priorità, soluzione questa che non può evidentemente considerarsi risolutiva.
Ancora più critica la situazione di quanti soffrono di una patologia psichiatrica vera e propria. Ferma la considerazione più generale che coloro che presentano una grave infermità psichica sopravvenuta non dovrebbero eseguire la propria pena in carcere, l’unica opzione possibile allo stato, per quanto concerne la realtà della casa circondariale di Spini, è ancora una loro allocazione nella sezione infermeria, anche se questa dovrebbe essere una soluzione solo temporanea. Il detenuto in questo modo non ha alcun accesso alle attività trattamentali e finisce col vivere in una situazione che evidentemente, alla lunga, rischia talvolta di compromettere ulteriormente il suo quadro di stabilità psichica ed emotiva. Purtroppo, non è infatti stato ancora realizzato il c.d. centro diurno, immaginato come un luogo in cui le persone affette da disagio psichico potrebbero essere adeguatamente seguite durante la giornata non solo dal punto di vista del supporto medico ma anche dal punto di vista del trattamento inteso in senso ampio. E ciò perché ancora non è stato individuato e assunto il secondo Terp (tecnico della riabilitazione psichiatrica), mentre il Terp precedentemente assunto ha visto ridursi recentemente il contratto da full time a part time.
I dati relativi alle persone affette da una patologia psichiatrica primaria evidenziano come nell’anno 2021 siano state 90 le persone a necessitare di assistenza medica psichiatrica in carcere. Durante il 2022, fino a inizio novembre 2022, sono già 88. Inoltre, se a fine dicembre 2021, le persone affette da grave patologia psichiatrica primaria presenti in carcere erano 30 per 299 presenti; ad oggi ammontano a 45 per 348 persone detenute, mettendo in evidenza un trend in crescita, rispetto a numeri già preoccupanti.
A questo profilo se ne assomma un altro che riguarda però specificamente chi, condannato, sia stato già dichiarato pericoloso socialmente e si sia visto applicare (e poi confermare) una misura di sicurezza in Rems, allorché il fenomeno delle liste d’attesa che caratterizza a livello nazionale queste strutture, precluda l’accesso nei tempi prospettati. Il problema ha più recentemente riguardato anche la REMS di Pergine.
Di tutta evidenza poi come l’emergenza pandemica abbia giocoforza inciso significativamente su quello che possiamo considerare disagio psichico in senso lato. Le mutate condizioni di vita nelle carceri, invero sicuramente più afflittive, hanno contributo sensibilmente ad acuire il malessere generale che naturalmente si accompagna alla detenzione, soprattutto perché le attività trattamentali, seppur non del tutto sospese, hanno subito una contrazione rilevante per un lunghissimo periodo. Ciò verosimilmente ha contribuito all’aumento degli atti di autolesionismo che ha registrato nel carcere di Spini il numero più elevato degli ultimi sei anni: ben 90 eventi nel 2021 (a cui si aggiungono 16 tentativi di suicidio che complessivamente portano il numero a 106 eventi critici). Nel corso del 2021 si sono registrati anche numerosi casi di aggressione ai danni di personale medico e di polizia penitenziaria da parte di persone detenute affette da grave patologia psichiatrica.
A tutto ciò si aggiunge il fatto che i numeri dei suicidi nelle carceri italiane verificatisi nell’anno corrente sono a dir poco allarmanti: secondo i dati riportati da “Ristretti Orizzonti”, dall’inizio del 2022 ci sarebbero stati 79 suicidi, un numero impressionante che registra un triste ed ignobile record.
L’offerta lavorativa e i problemi del caro energia
Non è mancato, infine, un riferimento al tema del lavoro, strumento imprescindibile nell’ottica del reinserimento sociale, e alla necessità di investire, anche da parte del nostro territorio, su questo fronte. Una delle principali criticità permane tuttora quella legata alla scarsità di risorse complessivamente intese dedicate al lavoro all’interno del carcere, il che costringe la Direzione ad assegnare i lavori a part-time ed a rotazione con tempi di attesa anche superiori a 4 mesi (per gli uomini mediamente 1,5 turni/anno della durata di 51 giorni lavorativi). Infatti, seppure la percentuale di lavoranti alle dipendenze del DAP nel 2021 mostri un miglioramento rispetto ai tre anni precedenti, legato sia all’incremento del budget che alla riduzione contingente delle presenze, già ad ottobre 2022 le presenze hanno raggiunto nuovamente le 339 unità e conseguentemente i turni di lavoro hanno subito un ulteriore riduzione nonché una diminuzione delle ore lavorative per turno negli ultimi mesi dell’anno.
Da ultimo, preme sottolineare come il caro energia abbia causato rilevanti problemi anche per quanto concerne le storiche collaborazioni tra carcere e realtà del terzo settore, quali la cooperativa Venature che ha paventato il rischio di dover concludere la propria esperienza in carcere. Al momento a livello provinciale si stanno valutando alcune soluzioni per agevolare le cooperative che in particolare forniscono lavoro ai soggetti svantaggiati, tra cui evidentemente rientrano anche le persone detenute, e l’auspicio non può che essere quello che si riesca a fornire in tempi brevi un sostegno concreto a queste realtà.
Considerazioni finali
La carenza di personale dell’area educativa della Casa Circondariale rappresenta una seria criticità che, se non risolta in tempi ragionevoli, rischia di rifrangersi sia in una dilazione dei tempi per la predisposizione del programma trattamentale e della relativa sintesi sia in una contrazione ulteriore delle attività trattamentali. Nell’attesa della conclusione del recente concorso bandito dal Ministro della Giustizia (il precedente analogo concorso è stato bandito il 5 maggio 2020 e si è concluso quest’anno, ma nessuno dei vincitori ha scelto la sede di Trento) è necessario individuare una soluzione almeno temporanea per supportare l’attività degli educatori. In analogia a quanto fatto da altre regioni, si dovrebbe seriamente considerare la possibilità di mettere a disposizione della Casa Circondariale una o due unità di personale della PAT, a tempo determinato, così come previsto dal Protocollo d’intesa tra la PAT, la Regione TAA e il Ministero della Giustizia sottoscritto nel luglio 2020.
Altrettanto urgente risulta la realizzazione del c.d. centro diurno, immaginato come un luogo in cui le persone affette da disagio psichico potrebbero essere adeguatamente seguite.
Infine, considerato il già esiguo numero di cooperative che offrono ai detenuti delle importanti opportunità lavorative, con contratti di lavoro a tempo determinato, è fondamentale poter mantenere almeno gli attuali livelli occupazionali sostenendo, ove possibile, tali cooperative nella copertura dei costi energetici.