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LANCIO D'AGENZIA

COMUNE DI TRENTO * SEDUTA DI INSEDIAMENTO DEL CONSIGLIO COMUNALE – 7 OTTOBRE 2020: « L’INTERVENTO INTEGRALE DEL SINDACO IANESELLI »

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17.26 - mercoledì 7 ottobre 2020

Seduta di insediamento del Consiglio comunale – Intervento del sindaco – Trento, 7 ottobre 2020 – Gentile presidente del Consiglio comunale.

Gentili consigliere e consiglieri,

Stasera iniziamo a scrivere un nuovo paragrafo della lunga e vivace storia democratica della nostra città. Credo che ognuno di voi senta, insieme a me, l’emozione e la responsabilità legati all’incarico che, con ruoli diversi, ci troviamo a ricoprire grazie alla fiducia che ci hanno accordato i cittadini di Trento. Fiducia che dobbiamo meritare e onorare innanzitutto in quest’aula, cuore di quella democrazia della prossimità incarnata dal Comune, istituzione fondamentale di uno Stato delle autonomie che è sempre da realizzare e da costruire.
Questo nuovo inizio non può che essere pieno di energia e di promesse sia per chi è un veterano dell’aula e ben conosce le forme e i contenuti della dialettica democratica consiliare, sia per coloro che siedono in Consiglio comunale per la prima volta e, proprio come me, devono imparare un mestiere che forse è il più bello del mondo: si tratta infatti di deliberare – e dunque di scegliere – la strada che Trento dovrà percorrere nei prossimi anni.

Per un così alto obiettivo abbiamo bisogno dell’apporto di tutti: della freschezza dei giovani come dell’esperienza dei più anziani, dell’idea di città in cui si riconoscono i consiglieri di maggioranza come pure del ruolo di controllo, di proposta e di pungolo dei consiglieri che siedono nei banchi dell’opposizione. Riprendendo la nota immagine di Calamandrei, ritengo che la maggioranza abbia bisogno della legittimità che le deriva dal confronto con l’opposizione come “il volo aereo ha bisogno per reggersi della resistenza dell’aria”. Senza contare che la minoranza arricchisce quest’assemblea di sensibilità e punti di vista indispensabili perché l’intera comunità cittadina possa sentirsi politicamente e culturalmente rappresentata. Archiviate le asprezze, inevitabili, della campagna elettorale, mi auguro che non siano le barricate preventive a definire le relazioni all’interno del Consiglio. Se lo vogliamo, insieme possiamo inaugurare una nuova fase in cui al dovere dell’ascolto da parte della maggioranza corrisponda un’opposizione costruttiva e leale, ispirata sempre a quel fine condiviso che è l’interesse generale.

Essere capaci di futuro: credo sia questa la richiesta fondamentale che i cittadini rivolgono alla politica. Quest’aula è chiamata dunque a immaginare la città dei prossimi decenni, ha il mandato di dare una prospettiva, un orizzonte alle famiglie inquiete per l’avvenire dei propri figli, agli anziani preoccupati dal declinare delle forze, ai giovani che studiano o che cercano un’occupazione, alle aziende che vogliono crescere, a quelle in difficoltà. Non basta amministrare il presente. Dobbiamo tornare ad aspirare al domani anche per quanto riguarda la forma della nostra città: ecco allora che occorre rivedere le connessioni tra le parti, accorciare le distanze, fisiche e sociali, preservare le risorse ambientali, ripensare luoghi diventati marginali perché ritornino ad essere espressione viva di quel destino collettivo di cui, come ci insegnano gli urbanisti, le città sono l’immagine. Nello stesso tempo, esattamente come l’alpinista guarda alla vetta da raggiungere senza mai togliere gli occhi dal sentiero, dobbiamo occuparci di una quotidianità che, oggi più che mai, è incerta, opaca, precaria. Il quotidiano, come ben sappiamo, è quello di una pandemia che ha travolto il nostro modo di vivere come uno tsunami e che oggi chiede alla nostra comunità uno sforzo di resilienza supplementare.

Trento deve attivare la propria capacità adattiva e individuare meccanismi e misure in grado di attrezzarci, nell’immediato e anche in futuro, ad affrontare la “società globale del rischio” già teorizzata dal sociologo Ulrick Beck, società in cui a essere globalizzati non sono solo le mode, i consumi o l’economia, ma anche i pericoli come il Coronavirus o il cambiamento climatico. A questo proposito credo che la politica – quella comunale, come quella nazionale ed europea – debba lavorare non per il ritorno alla normalità, ma per il raggiungimento di un nuovo equilibrio, più avanzato del precedente. Un po’ come è successo a New Orleans, che dopo l’uragano Katrina ha rivisto il proprio modello di sviluppo cercando dunque di porre rimedio a quegli squilibri che avevano determinato la scarsa resilienza della città. Sappiamo che la macchina amministrativa del Comune di Trento, che già ha portato la città a standard d’eccellenza certificati in tutte le indagini sulla qualità urbana, ha in sé le risorse e le competenze per affrontare questa sfida, che sarà decisiva per ripartire e rilanciare sulla strada dello sviluppo.

L’auspicio è che i dirigenti, i funzionari, tutti i dipendenti del Comune si sentano parte di un progetto che ci chiede di accelerare, di puntare dritto all’obiettivo, perché in questa situazione di crisi e disorientamento occorre essere tempestivi, efficaci ed efficienti. I valori e i progetti che hanno riunito la coalizione di governo attorno a un programma saranno la nostra bussola e la nostra agenda: tradurla in azioni concrete è una questione di coerenza, di serietà, di responsabilità nei confronti di coloro che hanno creduto in noi e che ci hanno affidato con fiducia le loro paure e le loro speranze.

È impossibile, in questa sede, illustrare puntualmente i contenuti del nostro programma che saranno esposti in occasione della presentazione delle linee di mandato. Credo che però sia doveroso riassumerne il senso ed evocarne i nuclei fondamentali, iniziando dal bene più prezioso, che poi è la nostra comunità cittadina. “Cambiamo strada” ha scritto in un saggio recente il filosofo francese Edgar Morin. Cambiamo strada e lasciamoci alle spalle l’economia iniqua che ha moltiplicato il degrado nella biosfera e nell’antroposfera, che ha acuito le disparità sociali, che ha provocato chiusure nazionalistiche, etniche e religiose. L’ecopolitica invocata da Morin non è qualcosa di settoriale, limitato a quel recinto verde, in cui, a torto, in passato sono state confinate le questioni ambientali.

L’ecopolitica è una politica diversa, che prende le mosse dalla necessità di trovare gli strumenti per affrontare uno dei momenti storici più complicati che l’Europa abbia vissuto dal dopoguerra ad oggi. A Trento, come nel resto del mondo, la pandemia è stata un grande acceleratore di disuguaglianza: ha penalizzato soprattutto alcuni lavoratori (i precari in primis) e alcune imprese (quelle legate ai viaggi, all’accoglienza, ma anche il settore manifatturiero e l’export), ha acuito il divario di genere, ha approfondito la frattura generazionale, per esempio segregando gli anziani, limitando la libertà dei più giovani, sconvolgendo l’organizzazione scolastica e universitaria. Con il perdurare dell’emergenza questi punti di frattura rischiano di allargarsi e di restituirci una comunità sempre più divisa, in cui il “si salvi chi può” e le logiche difensive sottraggono terreno alla solidarietà civica e allo spazio pubblico.

Il nostro primo obiettivo sarà dunque quello di attivare gli anticorpi e di rafforzare tutti i presìdi civici sul territorio: le Circoscrizioni, i Poli sociali, il volontariato, i gruppi che si sono creati intorno ai Beni comuni, l’associazionismo giovanile, solidale, ricreativo, sportivo e culturale che non può rimanere in stand by, ma deve essere sostenuto e aiutato a ripartire pur con tutte le cautele e le precauzioni imposte dalla necessità di contenere la pandemia. Facciamo diventare sociali le strade di Trento, rivitalizzando quando possibile anche quei legami e quelle iniziative di aiuto che sono fiorite nei mesi di clausura imposti dal Coronavirus.

Presidiare il territorio significa anche individuare per tempo le zone di disagio e di povertà, su cui bisogna intervenire tempestivamente. L’intento dovrà essere quello di passare dalla logica dei bonus straordinari e diffusi agli interventi strutturali e mirati, soprattutto in presenza di soggetti vulnerabili e di famiglie con minori. Dovremo creare un welfare dinamico, capace di intercettare le nuove emergenze: penso alla più tempestiva presa in carico degli anziani fragili come previsto dall’ancora in fieri Spazio Argento, penso all’urgenza di prevenire e combattere le dipendenze, di contrastare la marginalità sociale con l’housing first, di rilanciare le politiche abitative, di promuovere iniziative sociali e culturali per integrare i migranti.

Accanto a questa preoccupazione per la dimensione sociale e per il benessere relazionale della città, c’è l’altra grande urgenza, quella della transizione ecologica, che potrà essere un motore politico straordinario. Serve un salto di qualità: non bastano più gli interventi puntuali, un asilo nido green, qualche chilometro di pista ciclabile in più, i pannelli fotovoltaici sui tetti degli edifici pubblici. Trento ha bisogno di politiche strutturali, sul modello di quanto hanno già realizzato molte città europee. Vanno cambiati il paradigma della mobilità e il modo in cui si garantisce l’accessibilità nella città: costruire la tramvia sull’asse nord-sud della città, con i relativi parcheggi scambiatori; individuare nuovi percorsi ciclabili non solo nel fondovalle, ma anche verso quella collina raggiungibile oggi dalle due ruote grazie alla pedalata assistita; sfruttare le potenzialità degli impianti a fune per avvicinare alla città il Bondone, sia a fini turistici sia per il tempo libero dei cittadini di Trento.

Dobbiamo aggiornare il nostro modello energetico, puntando sulle fonti rinnovabili e sull’autoproduzione. Non accontentiamoci della nostra – seppur ottima – raccolta dei rifiuti, ma cerchiamo di ridurre ulteriormente gli scarti – di cibo, vestiario, materie prime – incentivando l’economia circolare per esempio con i second hand markets o i negozi del “fresco di ieri” diffusi in molte città europee soprattutto nei quartieri più giovani. È necessario agire anche sul patrimonio edilizio: poniamoci il traguardo di avere quanti più edifici e quartieri a zero emissioni grazie anche alle riconversioni incentivate dai bonus energetici stanziati dalla politica nazionale. Valorizziamo e rafforziamo la struttura policentrica del nostro territorio urbano che ci consente di realizzare in tempi brevi quella “città dei dieci minuti” a cui stanno lavorando sindaci come Anne Hidalgo a Parigi o Giuseppe Sala a Milano. Lavoriamo per la diffusione degli orti urbani, per il distretto del biologico, per portare sempre più verde dentro la città, in modo da mitigare l’effetto “isola di calore” nelle estati sempre più torride e migliorare nello stesso tempo la qualità dell’aria e la salute dei cittadini.

Da anni le città europee affrontano il tema della trasformazione dell’esistente. Scartata l’opzione “americana” della demolizione sistematica (poco ecologica oltre che economicamente impegnativa), nel vecchio continente è stata scelta per lo più la strada del recupero, del riuso e della riqualificazione, per ricreare quell’effetto città che rende gli spazi pubblici riconoscibili e dunque accoglienti e sicuri. A Trento dobbiamo accelerare sul recupero delle aree dismesse, definendo in modo partecipato le nuove vocazioni di edifici non più funzionali, velocizzando gli iter dei progetti e assicurando rapidità di risposta ad eventuali investitori privati, il cui ruolo è più che mai importante in questa fase di contrazione delle risorse pubbliche. Di certo, dobbiamo stare attenti a evitare quella duplice forma di provincialismo che consiste nel dire no a priori a qualsiasi proposta di investimento privato o, al contrario, nel dire sì a tutto. Esiste una via di mezzo, che è quella di valutare di volta in volta per poi indirizzare e orientare i progetti privati a finalità pubbliche in modo da coniugare la logica del profitto con quella della sostenibilità, della qualità della vita e della bellezza.

La scarsità delle risorse pubbliche ci impone anche di valutare con attenzione, ogni volta che votiamo un provvedimento, quale sia davvero il modo migliore per spendere i fondi a disposizione. Non saranno ammessi errori neppure sul sostegno che ci arriverà dall’Europa con il Recovery fund, opportunamente ribattezzato Next generation Eu visto che si tratta di un piano che guarda al domani più che al ritorno a un passato non più desiderabile: non possiamo sbagliare sull’impiego di queste risorse perché ne va del nostro futuro e di quello dei nostri figli.

C’è un tema ineludibile che in questa veloce carrellata di grandi questioni non può mancare: si tratta di quello della sicurezza, intesa in un’accezione ampia: non come ordine pubblico ma come bene pubblico, ovvero come promozione della vivibilità, del decoro e della bellezza e insieme come contrasto a quella gamma di comportamenti inaccettabili compresi tra l’inciviltà della carta o del mozzicone gettati a terra, il vandalismo e la criminale violazione della legge. Anche in questo campo c’è bisogno di una sterzata, e non perché nulla sia stato fatto in precedenza, ma perché riteniamo che siano spesso mancate la continuità degli interventi e la visione d’insieme. Per questo intendiamo creare un Nucleo Operativo Interservizi (Noi) di cui faranno parte i rappresentanti di diversi Servizi e uffici comunali (Polizia municipale, Gestione Strade e Parchi, Ambiente, Attività sociali e altri di volta in volta coinvolti) che potranno collaborare anche con soggetti esterni, come Dolomiti Ambiente, la Provincia e il Cinformi.

Il Nucleo, che avrà un referente unico e risponderà direttamente al sindaco, non sarà una nuova struttura quanto piuttosto una diversa modalità organizzativa che consentirà un più rapido ed efficiente impiego delle risorse interne al Comune.
Resta naturalmente fondamentale il ruolo della polizia locale, che per conoscenza del territorio urbano, prossimità ai cittadini e varietà di competenze è un un presidio imprescindibile, come abbiamo appurato sia in occasione della gestione di grandi eventi sia negli interventi in situazioni d’emergenza. Alla polizia locale spetta il compito di dare un segnale tanto ai cittadini quanto a chi è convinto di avere campo libero impunemente, lavorando dunque sia sulla sicurezza sostanziale sia sulla percezione della sicurezza, che non va affatto sottovalutata.

Aggiungo un’ultima osservazione sulla vivibilità urbana in relazione ai giovani. Nella nostra città si sente la mancanza di un patto generazionale, di un dialogo non solo formale per trovare soluzioni, gestire insieme lo spazio urbano, individuare un posto in cui i giovani si possano trovare la sera, possano chiacchierare e incontrarsi. Un luogo illuminato, sicuro, servito dal trasporto pubblico, non troppo lontano dal centro. Concordiamo orari e modalità con i ragazzi, coinvolgiamo la consulta degli studenti, le associazioni universitarie, i baristi, cerchiamo insieme di uscire dalle contrapposizioni senza sbocchi. Partendo dal presupposto che i giovani non sono un problema e non possono essere appiattiti sulla questione “movida”. I giovani sono la nostra più grande risorsa: non dimentichiamo che sono stati loro ad aver imposto all’agenda politica la questione ambientale, sono loro ad indignarsi per le ingiustizie di un mondo a cui noi adulti sembriamo per lo più rassegnati. Mettiamoci dal loro punto di vista ogni tanto: da lì, probabilmente, riusciremo a vedere più chiaramente il lavoro che ci aspetta.

Scrive Calvino che la città invisibile di Zaira “non dice il suo passato, lo contiene come le linee di una mano, scritto negli spigoli delle vie, nelle griglie delle finestre, negli scorrimano delle scale”. La città dunque contiene la sua storia, ma non la racconta ai suoi abitanti: ogni generazione ha il compito di rendere esplicita la narrazione del proprio passato, ricomporre i frammenti di un’identità che permane, ma muta perché integra nel suo carattere nuove esperienze, nuovi cittadini. Di questo si occupa la cultura, che per noi non è un orpello decorativo, un di più, un’aggiunta inessenziale. La cultura costruisce la città: è un fattore identitario, ha un valore che è innanzitutto sociale e antropologico, è un formidabile strumento di dialogo e di integrazione oltre che un navigatore che ci consente di abitare consapevolmente la contemporaneità.

Dialogando con il Centro Santa Chiara, i Musei e le istituzioni cittadine, intendiamo dunque sviluppare ulteriormente l’offerta culturale della città cercando di promuovere una cultura diffusa, non elitaria, che deve accompagnare le varie fasi della vita, dall’infanzia alla terza età. Confermiamo dunque l’attenzione alla formazione e all’edilizia scolastica, che già oggi è tra le migliori d’Italia. Intendiamo rafforzare le nostre politiche giovanili, portandole nei quartieri e all’interno delle scuole: l’orientamento alle opportunità e la valorizzazione dei talenti è un dovere del mondo adulto e nello stesso tempo un diritto dei ragazzi, che devono essere messi nella condizione di poter scegliere consapevolmente la loro strada. Vogliamo rilanciare il ruolo della nostra biblioteca centrale e di quelle circoscrizionali, che sono straordinarie agenzie culturali di prossimità e possono diventare un motore di iniziative e un prezioso punto di riferimento per i quartieri. Anche università della terza età e circoli anziani vanno sostenuti come cardini di un sistema che ha nella formazione permanente uno dei suoi obiettivi primari.

Tra i luoghi in cui si sviluppano relazioni, si apprende, si produce benessere e salute ci sono senz’altro anche i circa 120 impianti sportivi della città, centri natatori, piscine scolastiche, palestre, campi sportivi, campi di atletica. Crediamo che su questo patrimonio si debba continuare a investire non solo per quanto riguarda la manutenzione, doverosa, ma anche dal punto di vista dell’accessibilità, della promozione, della piena fruibilità allargata a fasce sempre più ampie della popolazione. Fondamentale è il ruolo di Asis che, in quanto trait d’union tra sport e città, va rilanciata in modo che la struttura e la cultura organizzativa siano orientate verso l’utente.

La grande opera dei prossimi anni sarà naturalmente la nuova piscina alle Ghiaie, il cui progetto sarà definito in modo da rispondere alle esigenze sia agonistiche sia ricreative dei cittadini. L’altro aspetto su cui puntare è il sostegno alle società sportive a cui va riconosciuta una funzione che non è solo ricreativa, ma educativa e preventiva. L’Islanda, che ha fortemente investito nella diffusione della pratica sportiva come antidoto al disagio giovanile, ci insegna che praticare fin da piccoli il calcio o il judo, il nuoto o la pallavolo può cambiare una vita e comunque limitare quei fenomeni distruttivi – le dipendenze, la devianza – che hanno costi personali e sociali altissimi.

L’esito del voto ci dà la responsabilità di tenere il punto anche sul tema dei diritti, delle pari opportunità, dell’integrazione e della cooperazione internazionale. Trento vuole essere una città europea e aperta, che lavora per l’incontro e non per lo scontro, coerentemente con la nostra storia di emigranti, con una posizione geografica di confine e con una secolare vocazione al dialogo che ha uno dei momenti salienti nel Concilio. Espressione di questa identità dialogica sono anche i nostri Festival, della Montagna, dell’Economia, dello Sport: il patrimonio di socialità e il know how cittadino legato a questi grandi eventi vanno sostenuti, rinnovati e rilanciati, perché vitali non solo per la città turistica, ma anche per la città universitaria e per quella città della conoscenza a cui ha guardato lo sviluppo degli ultimi vent’anni. Andrà rinsaldato e ampliato il rapporto tra i Festival e l’università e tra i Festival e la scuola, per far sì che questi grandi eventi possano promuovere la crescita culturale dei giovani chiamati a sperimentarsi e sperimentare le proprie competenze in palestre che, pur essendo cittadine, hanno per definizione un’apertura internazionale. La città dei Festival è la città che impara, la città che non si ferma, che cresce e non ha paura di cambiare.

Il cambiamento è anche quello della transizione digitale riassunta nella fortunata etichetta “smart city”. Proseguiremo nella strada fin qui intrapresa di digitalizzazione dei servizi e di alfabetizzazione tecnologica dei cittadini, due elementi che devono avanzare di pari passo perché la città smart deve rimanere sociale e non generare nuove disparità.
Pure il nostro modello economico di riferimento dovrà essere smart e insieme sociale, capace di correre con i suoi settori più avanzati – dall’Ict al farmaceutico – e nello stesso tempo di valorizzare le potenzialità turistiche, la vocazione agricola, le produzioni d’eccellenza legate all’enogastronomia.

La città è chiamata a fare sistema e a farsi promotrice di un coordinamento strategico per mettere in contatto le scuole superiori, l’università, i centri di ricerca, le aziende. Per fare solo due esempi, non solo l’Ict può beneficiare di una più stretta collaborazione con Fbk o con il Disi, ma anche la nostra agricoltura può crescere se sostenuta dalla condivisione di pratiche e obiettivi con la Fondazione Mach. Dobbiamo sapere quali sono i profili professionali più richiesti dalla nostra economia e orientare di conseguenza i percorsi di studio: non per appiattire la ricerca e l’accademia sulle ragioni del mercato, quanto piuttosto per garantire allo stesso tempo un futuro ai giovani e prospettive di crescita al nostro tessuto economico.

Come vedete, le questioni da affrontare nei prossimi anni sono davvero numerose. Di fronte a questi compiti in noi, nella Giunta e – sono certo – anche in questo Consiglio, a prevalere non deve essere lo smarrimento, ma semmai l’entusiasmo. Perché, nonostante le difficoltà – che saranno tante e diverse e inaspettate – sappiamo che la strada è quella giusta e che la città ha l’intelligenza, la tenacia, la capacità organizzativa per percorrerla fino in fondo. Credo però che non possiamo pensare di intraprendere questo cammino da soli: visto che oggi sono ben poche le questioni che si esauriscono all’interno del perimetro del singolo centro urbano, sarà necessario tenere aperto il canale del confronto con le città vicine, Rovereto, Pergine, Bolzano, ma anche con Verona, Mantova, Innsbruck e con le città europee di dimensioni simili alle nostre. Trento dovrà essere presente anche in organismi come l’Anci, per far sentire la voce delle città e far azione di lobby sul governo nazionale in modo da indirizzarne le politiche e i provvedimenti. Fondamentale sarà naturalmente il rapporto con la Provincia, con la quale dobbiamo lavorare anche per una sempre maggiore integrazione e collaborazione tra Trento e le valli. Nonostante le visioni politiche innegabilmente diverse, non c’è alternativa alla collaborazione pragmatica e nello stesso leale tra le istituzioni e tra i territori da esse rappresentate. Anche perché il Trentino cresce se Trento cresce. E viceversa. È un’ovvietà che è bene ricordare oggi e in futuro, quando dovremo impiegare con equilibrio e lungimiranza le risorse della Next Generation Eu.

Care colleghe consigliere, cari colleghi consiglieri
Sono già stato altre volte in quest’aula. L’ultima risale all’estate dell’anno scorso, a fianco delle lavoratrici delle pulizie, ingiustamente punite da un appalto pubblico al ribasso, attento ai costi economici ma non a quelli umani. Allora come nei prossimi anni, stare accanto alle persone che resistono, alle famiglie, ai lavoratori, alle partite Iva, agli imprenditori sarà la nostra missione. Credo che se terremo sempre presente questo proposito, trovando il modo di superare le strettoie legate alle risorse, scarse per definizione, o alle procedure, diventate purtroppo da tempo nemiche del risultato, riusciremo non solo a interpretare al meglio il significato della parola politica, ma anche a stringere un nuovo patto con i cittadini.
Governare e governare bene non basta. Crediamo nelle nostre idee, ma non rinunciamo mai all’ascolto e alla sfida della partecipazione. Sentiamoci obbligati non solo a decidere, ma anche a spiegare le nostre decisioni. Siamo corretti e trasparenti, per non dare alibi a un’antipolitica del rancore e dell’odio a cui non intendiamo in alcun modo rassegnarci. E cerchiamo di tenere sempre aperta la porta del dialogo per meritarci la fiducia di chi ha scelto che stasera fossimo qui, in quest’aula.

 

A voi tutti buon lavoro, sempre a servizio della città

Franco Ianeselli

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