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UNIAMOCI TRENTINO * SANITÀ: « OGGI IN TRIBUNALE PRIMA UDIENZA DEL PROCESSO PER MALASANITÀ, A CARICO DI VARI NOSOCOMI DELLA PROVINCIA DI TRENTO »

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11.38 - mercoledì 6 marzo 2024

(Il testo seguente è tratto integralmente dalla nota stampa inviata all’Agenzia Opinione) –
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Si mette a conoscenza la vostra redazione che nella giornata di oggi 06 marzo  la nostra associata protagonista e autrice della memoria autobiografica in allegato, si recherà con la sua famiglia presso il Tribunale di Trento per la prima udienza del processo che la vede parte lesa in un caso di malasanità a carico di vari nosocomi della provincia.

Chiediamo di dare risalto alla faccenda, anche perché la ragazza, a 4 anni dai fatti, vive costretta al terzo piano di una casa in affitto a Cles e, di fatto, non esce e non può frequentare alcun centro per il recupero e mantenimento delle sue abilità, situazione che sarebbe risolvibile con l’assegnazione di una casa itea al piano terra.

 

*
per il Consiglio Direttivo di UniAMOci Trentino APS
Il Presidente Laura Tondini

 

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La mia triste storia inizia il 21 Agosto 2020. Non mi sentivo bene: avevo formicolii, mal di testa, e un dolore (e rumore) enorme all’ orecchio sinistro. Al PS di Cles, mentre mio padre fa l’accettazione, io mi siedo su una panchina all’esterno perché subito avverto una forte vertigine, e immediatamente perdo conoscenza. Allora vengo portata all’interno e, dopo aver leggermente ripreso ‘conoscenza’, inizio ad avere problemi a parlare, la salivazione è fuori controllo, la bocca è storta… quindi, mi attaccano una flebo di sedativo, mi fanno una tac che risulta ‘negativa’; si parla dunque di attacco emotivo. A mio padre viene detto che posso tornare a casa, lui però non demorde e insiste nel dire che sembra una cosa neurologica… allora il medico ci dice di andare a Trento con la nostra auto, ma nel mentre io peggioro e viene quindi chiamata un’ambulanza (che arriva dopo 4 ore). In codice rosso arrivo al Santa Chiara: corpo rigido, non riuscivo a parlare, bocca storta. Durante la visita neurologica, non riesco a comandare nessun movimento (provano a farmi scrivere, ma non ci riesco), ma dopo cinque minuti la neurologa mi rispedisce in PS perché secondo lei non presentavo alcun sintomo neurologico. Lì arriva una dottoressa della psichiatria, che mi somministra ulteriore diazepam.

Qua non ricordo più nulla se non i racconti dei miei genitori. Nella Psichiatria di Borgo non c’è posto e quindi mi ricoverano in psichiatria a Trento per ‘Attacco Emotivo’. Ma i miei genitori ancora non sono convinti. Il giorno dopo cado dal letto e i miei genitori mi ritrovano a dormire su due materassi messi a terra.

Oramai io non sono più cosciente, ma si parla ancora di un problema non organico ma emotivo. Domenica sera vengo portata in terapia intensiva e intubata (ma la RM che avrebbero dovuto fare all’inizio continua a non essere urgente). Viene effettuata il lunedì, e da essa si vede i gravissimi danni di un ictus ischemico al ponte encefalico. Il martedì vengono chiamati i miei genitori, a cui viene detto che la situazione è molto grave: si parla di morte celebrale o di situazione vegetale perché non si può fare più nulla. I giorni, le settimane passano e nonostante le previsioni e il continuo pessimismo dei medici, dopo circa un mese mi risveglio gradualmente dal coma. Siccome non capisco cosa stia succedendo, e non riuscendo a parlare… piango. Sento e capisco le voci dei miei familiari, amici, ma mi ritrovo in una neurologia i cui operatori sono molto freddi e distaccati nei miei confronti (e non si fanno scrupoli a fare determinati commenti davanti a me). Ma tra pianti, dolori e confusione trovo anche una brava neurologa che mi rassicura, e mi ‘ribalta come un calzino’, diversamente dalla sua collega. A fine settembre vengo trasferita a Villa Rosa (Pergine). Tra alti e bassi anche lì non mollo, soprattutto grazie alla costante presenza di mia mamma. Dopo 9 mesi, mi dimettono. A novembre 2020 mia mamma si era trasferita a Zivignago per potermi stare accanto, lasciando mio padre, mio fratello e mia sorella a Cles. Nel frattempo, papà ha continuato a chiedere aiuto a tutti consiglieri, alle diverse

istituzioni competenti per poter avere consigli… inutilmente. Le informazioni, invece, riuscivamo ad ottenerle solo fermando le persone in sedia a rotelle incontrate casualmente per strada.

Premetto che sono uscita da Villa Rosa il 19 giugno 2021 continuando a fare fisioterapia in regime di day hospital, e riuscivo a fare qualche passo/stare in piedi (con poco aiuto). A gennaio 2022 mi viene fatta la tossina botulinica a gamba dx e braccio sx (con promessa che entro 15gg mi avrebbero contattato per la fisioterapia). Passano sei mesi e nonostante le numerose telefonate, la frase rimane sempre uguale: “tra due settimane vi contattiamo”.

Ma io non rimango uguale, anzi: l’assetto cambia e anche con lo scemare dell’effetto della tossina, la mancanza di fisioterapia dà al piede dx una posizione molto errata e dolorosa, il che costringe alla gamba sx di reggere tutto il peso. Torno quindi a Cles, dove chiedo la fisioterapia domiciliare che dopo mille telefonate, discussioni, e-mail, ecc. ottengo a febbraio 2023. Per ottenerla, appunto, devo scrivere “al mondo”, ossia mi rivolgo alla Giunta Provinciale per raccontare la mia storia, e chiedere aiuto/supporto: mi rispondono in due consiglieri.

Dopo quasi tre anni scopro, tramite la mia fisioterapista (a pagamento) che ho sempre avuto diritto ad un letto ortopedico ad altri ausili (che ormai però avevo già comprato…). Durante il mio periodo a Villa Rosa, però, si “dimenticano” di dire queste cose… tuttora non sembrano porsi il problema. Infatti, solo ora sono riuscita ad ottenere una carrozzina MIA, nel vero senso della parola. Chiedendo ad un tecnico ortopedico non legato a Villa Rosa, mi sono riusciti a costruire ‘da zero’ una carrozzina finalmente adatta alle mie misure. A fine maggio 2021, infatti, mi è stata data dal tecnico di Villa Rosa una carrozzina che sarebbe stata più o meno adatta a me, ma che in realtà non ha fatto altro che crearmi un problema dietro l’altro (pedane che si staccano, vibrazioni continue, mal di schiena, senso di squilibrio, braccioli che si bloccano…).

Come ho già detto, io adesso sono in affitto a Cles, dove da anni abito con la mia famiglia. È un appartamento al terzo piano, dove non c’è ascensore o possibilità di installarne uno o un montacarichi.

Dopo mille peripezie, mio papà è riuscito ad ottenere un cingolato, il quale però mi crea molti problemi fisici (gastriti, nausea, un malessere che dura per più giorni). Questo macchinario può usarlo solo mio papà, quindi quando devo scendere lui deve stare a casa da lavoro. Allora abbiamo provato anche a scendere “a mano”: ogni volta bisogna chiedere a qualcuno di aiutare, perché non è possibile fare da soli. Purtroppo, le ruote sbattono inevitabilmente sopra ogni scalino e continuo ad avere problemi, anche se ridotti.

Dopo le numerose richieste di aiuto (come mi è stato chiaramente detto dal Sindaco di Cles, il quale si era rifiutato di aiutarmi perché ‘i politici devono fare i politici’) alle istituzioni competenti (ass. sociale, ecc.) e le inutili visite a casa di chi sosteneva di avere la soluzione ideale (ex assessore alla Sanità e attuale assessore all’agricoltura) io mi ritrovo in una situazione che non fa altro che danneggiare la salute fisica e mentale mia e della mia famiglia. Secondo la relazione dell’ultima “visita” della dottoressa io ho bisogno di fisioterapia continua. Ho perso totalmente l’uso (a volte anche la sensibilità, per quanto rimane chiuso) del braccio/mano sx; riesco solo a scrivere con un dito della mano destra sul pc. Per non parlare della mia vita monotona, imprigionata in una casa che nemmeno si avvicina a soddisfare le mie necessità. Vorrei tanto una casa adatta a me per poter finalmente riprendere a lottare per quella normalità, per quella stabilità che da 3 anni a questa parte ho sempre desiderato.

 

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