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LIBERI E UGUALI – TRENTINO * GESTIONE CARCERE SPINI DI GARDOLO: ” CHIEDIAMO A TUTTE LE FORZE POLITICHE DI CREARE UNA RETE PER AFFRONTARE LA QUESTIONE “

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09.51 - domenica 23 dicembre 2018

L’ennesimo suicidio nel carcere di Spini di Gardolo, questa volta, ha scatenato la rivolta. Cento detenuti su trecento si sono asserragliati in una sezione, dopo la morte in cella di uno di loro. Nel primo pomeriggio la rivolta si è conclusa con la mediazione del Questore e della polizia penitenziaria.

Prendo a prestito la frase finale di un interessante articolo di QT dell’aprile 2017 (https://www.questotrentino.it/articolo/15138/carcere_istituzione_totale): “Il carcerato è sì il delinquente, ma anche la persona comune. Non si tratta di “noi” e “loro”. E allora l’ultima domanda è: di cosa avrei bisogno, sia in termini di tutele che di supporto, se a finire in carcere fossi io?”

 

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I rivoltosi chiedevano un presidio sanitario in carcere e maggior flessibilità nella concessione delle misure alternative.

-I dati dicono che, dove ci sono, i percorsi riabilitativi funzionano. Per contro, laddove non si interviene sulla rieducazione si riscontra un alto tasso di recidiva, con le relative spese, economiche e sociali, per lo Stato. Ma, ancor oggi, il presupposto primo della pena detentiva, ossia la possibilità di riscatto e reinserimento sociale, viene meno per lasciare spazio alla punizione da un lato e all’esclusione dall’altro.

-Il carcere di Trento non ospita detenuti particolarmente pericolosi. Ci sarebbe spazio, dunque, per misure alternative alla detenzione, specialmente prima che il processo sia concluso: la custodia cautelare, infatti, si rende necessaria solo dove sussista il pericolo di inquinamento delle prove, fuga o reiterazione del reato. Molto spesso accade, purtroppo, il contrario; l’utilizzo eccessivo della custodia cautelare (che non va confusa con la pena) si traduce nello scontare la pena quando ancora l’indagato è presunto non colpevole. Chi è in custodia cautelare, per di più, non può essere seguito dai servizi di supporto; un’assurdità che rende la sua condizione carceraria ancora più gravosa.

-Manca una solida rete di protezione psicologica e sociale, per il recluso, e le istituzioni non garantiscono un sostegno efficace prima del carcere (ovvero prima che il reato sia compiuto), né lo forniscono dopo. Si tratta di lacune organizzative alle quali non possono supplire volontariato e buona volontà, che pure sono presenti a Spini.

-Da un questionario della Camera penale “M. Pompermaier” di Trento, somministrato a tutta la popolazione carceraria ospitata nella struttura di Spini di Gardolo, emergono una condizione complessiva di disagio e alcuni risvolti critici, come la difficoltà a ottenere in tempi rapidi permessi per incontri con i familiari, un colloquio con il magistrato di sorveglianza, una risposta dal direttore del carcere o una visita del proprio legale, le possibilità limitate di svolgere attività lavorative e non.

-Si tratta di problemi legati al fatto che il personale penitenziario impiegato è circa la metà di quello che dovrebbe essere e i sindacati di polizia hanno più volte sottolineato le condizioni problematiche nelle quali i propri iscritti sono costretti a operare. Certo questo non può giustificare atti di violenza nei confronti dei detenuti, atti che, invece, sono stati segnalati.

 

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Le precedenti giunte di governo provinciale hanno investito molto, economicamente, nella costruzione del nuovo carcere, ma non altrettanto nella volontà di inserire nel territorio, in maniera responsabile, questa struttura, intervenendo nella sua gestione.

L’attuale giunta, che ha fatto leva in tutta la campagna elettorale sulla paura, l’insicurezza, la pericolosità dei soggetti deboli e/o scomodi, probabilmente non saprà fare di meglio.

Chiediamo a tutte le forze politiche che condividono con noi riflessioni approfondite sul “problema delle carceri” di creare una rete per affrontare la questione ed individuare strade percorribili.

 

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Liberi e Uguali del Trentino

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