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ITALIA NOSTRA – TRENTINO * DIGA VANOI: « IL VENETO RIFLETTA SULLA PROPRIA GESTIONE DELLA RISORSA IDRICA, PRIMA DI PROPORRE INFRASTRUTTURAZIONI PESANTI »

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14.59 - martedì 11 luglio 2023

(Il testo seguente è tratto integralmente dalla nota inviata all’Agenzia Opinione) –

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Progetto di diga sul Vanoi. Osservazioni. Si ritorna a parlare della possibilità di costruire un grande invaso artificiale nel Vanoi. Questo nonostante i progetti del passato (1922, 1959, 1985, 1998) siano sempre stati bocciati o per irrisolvibili problemi geologici o per l’insostenibilità del ritorno economico della diga o per una diffusa opposizione della popolazione interessata.
Lo sbarramento, per come previsto, catturerebbe le acque dei torrenti Vanoi e Cismon, verrebbe innalzato verso la parte terminale del comune di Lamon (BL) al confine con la Provincia di Trento, alto 123,97 metri dal basamento a valle e il lago interesserebbe una lunghezza di territorio oltre quattromila metri sul Trentino, una superficie valutata in 1,2 Kmq. Le acque invaderebbero tutta val Cortella, quanto è rimasto dello storico villaggio di Belotti.

Nei progetti del passato il lago aveva come scopo principale lo sfruttamento idroelettrico: solo nel 1998 si parlò con insistenza di un uso delle acque destinato a coprire le sofferenze dell’agricoltura dell’area della Brenta, quindi indirizzato a dare risposta a finalità irrigue. Certo è che allora non si prevedevano né DVM (Deflusso Minimo Vitale) né i deflussi ecologici, in quanto lo Stato e la Provincia erano sprovvisti di precise normative sul tema. Nonostante questo aspetto non minimale i progetti vennero ritenuti non compatibili nella valutazione costi – benefici.

Anche nella proposta di oggi sono prevalenti gli aspetti idroelettrici e quello irriguo dell’assetata pianura e delle sue monocolture agricole, gestite a nostro avviso ancora in modo superficiale e dispendioso. Oggi si afferma che la diga avrebbe anche altre motivazioni: la difesa della pianura dalle piene, una ricarica d’acqua utilizzata per un razionale uso della risorsa utile all’irrigazione dei comprensori dei Consorzi di bonifica del Veneto. Vi si aggiunge il rispetto del deflusso ecologico, una presunta e non spiegata valorizzazione ambientale, perfino la tutela igienico sanitaria della vallata e ovviamente l’obiettivo reale, quello della costruzione dell’invaso.

Dell’intera vicenda sconcerta il metodo adottato dalla Regione Veneto nell’imporsi e affidare a una ditta privata il progetto, in assenza di una minima concertazione con i sindaci interessati e con la Provincia autonoma di Trento. La Regione Veneto ha avuto la sfrontatezza di imporre a un’altra realtà istituzionale un’opera tanto impattante: si rimane basiti.
Qualunque amministrazione che porti rispetto ai cittadini avrebbe dapprima avviato un confronto con le popolazioni interessate. Qualora si fosse trovato un improbabile consenso si sarebbe dovuto aprire un confronto con i servizi della Provincia autonoma di Trento e con tutti gli steakholders.

A quanto sembra, la progettazione fin qui utilizzata per affidare l’incarico del progetto esecutivo sembra essere priva di indagini aggiornate sul profilo geologico. Eppure il percorso che APPA, l’Agenzia provinciale per la protezione dell’ambiente, sta seguendo nel rapporto “I cambiamenti climatici in Trentino” avrebbe dovuto fare da base per ogni riflessione e quindi decisione.
Come del resto non si ritrova traccia di un solo passaggio sulle valenze naturalistiche e paesaggistiche della valle e dei corsi d’acqua interessati, specie del territorio del Vanoi ancora relativamente integro.
Studi naturalistici approfonditi sostengono che il Vanoi sia uno dei pochi corsi d’acqua ancora naturali sulle Alpi, non vi sono arginature oltremodo invadenti, sono minime le intubazioni d’acque. Il torrente è un unicum in Trentino, l’unico luogo provinciale dove avviene la riproduzione naturale della trota marmorata, una specie di fauna ittica endemica a rischio estinzione. Non si sono approfondite altre valenze naturalistiche presenti, documentate.

Non si è affrontato alcun studio sui rischi sanitari. Eppure è risaputo che buona parte del territorio interessato ai lavori sia ricco di rocce silicee: in caso di movimentazioni dei terreni i problemi di salute degli abitanti esploderebbero, anche nel lungo periodo.
Dal punto di vista identitario e paesaggistico la eventuale costruzione della diga romperebbe l’incantesimo di una vallata miracolosamente ancora integra e sconvolgerebbe delicati equilibri naturalistici, storici, culturali.
Quali sono le garanzie di sicurezza proposte? Le troviamo assenti. Tutti e due i versanti (Canal San Bovo e Cinte Tesino) sono classificati nella zona rossa di rischio geologico della Provincia. Già nel 2010 una frana di grandi dimensioni era caduta in Val Cordella, interessando la vecchia strada e sconvolgendo gli equilibri già precari del versante. Dopo Vaia i rischi sono aumentati, si contano a decine le frane diffuse sui versanti. Nel progetto non si trovano risposte a questi temi se non la riedizione dei vecchi studi del 1959 che già allora evidenziavano problemi da non sottostimare.

E della possibile modifica del microclima dell’intera vallata? Non una parola. Il progetto di massima, nonostante queste lacune, è stato approvato dalla Regione Veneto; vi si prevede un invaso che occupa per il 98% territorio nel Trentino, i comuni interessati oltre al bellunese Lamon sono Canal San Bovo e Cinte Tesino, nemmeno 2000 abitanti, la popolazione in continua decrescita. Gli amministratori locali sostengono di non averne saputo nulla del progetto fino agli articoli di stampa, dapprima dai quotidiani veneti (dicembre 2022 e marzo 2023).

Eppure la procedura progettuale è avviata da tempo. Il 22 dicembre 2022 la Regione Veneto dà il via libera al progetto esecutivo affidandolo al Consorzio Brenta di Cittadella, e questi lo dirotta alla ditta Technital di Verona. Si tratta di un progetto del costo di quasi un milione di euro per un’opera di 962 milioni, la realizzazione, verificando i contenuti della Gazzetta ufficiale del 5 marzo 2023, sembra sia stata già affidata dal Consorzio Brenta a un pool di imprese fra le quali ritroviamo ancora Technital e la svizzera Lombardi con la sua filiale italiana.

L’8 maggio il presidente della Regione Veneto Luca Zaia nel presentare ufficialmente gli 8 progetti regionali attinenti i finanziamenti del PNRR, ripropone la diga. A questo punto non sembrano sufficienti le rassicurazioni pervenute da alti esponenti della Giunta provinciale di Trento: stiamo interloquendo con la Regione Veneto. Solo ultimamente è arrivato netta la contrarietà all’opera alla realizzazione della diga. Si reputa che siano necessari passaggi istituzionali tesi a difendere i diritti specifici della autonomia provinciale nella gestione del territorio.

Va anche evidenziato come una eventuale diga sul Vanoi – Cismon non sia mai stata prevista in documenti istituzionali, né dello Stato, né della Provincia autonoma di Trento. Nel programma nazionale del 2004 sulla sicurezza non vi è traccia, nel 2008 vi si ribadisce l’opposizione all’invaso nel piano stralcio per la sicurezza della Brenta, nel 2015 il primo piano di gestione del rischio alluvioni provinciale non prevede dighe, come pure il recente documento, approvato dalla attuale giunta provinciale, il piano di gestione delle acque datato 2021, non ne parla.

Ancora prima di discutere del progetto si ritiene doveroso porsi alcune domande, e avere risposte al tema dell’eventuale modifica del clima prodotto da una simile diga. Vanno date risposte certe anche alla tenuta geologica dei versanti. Si devono risposte al tema sociale, alquanto delicato in una valle dove lo spopolamento, l’abbandono risulta allarmante.

Si rimane sconcertati dalle dichiarazioni dei dirigenti del Consorzio Brenta i quali affermano che il percorso partecipativo verrà avviato a progetto definito. Riteniamo invece che quanto affermato recentemente dalle istituzioni trentine interessate vada subito raccolto e che il progetto venga accantonato. Se i problemi dell’irrigazione delle aree del Brenta sono reali, si devono proporre soluzioni dapprima basate sul dovuto risparmio della risorsa irrigua, sulla sobrietà, sulla tipologia delle coltivazioni, sull’efficienza della rete irrigua facendo riferimento a progetti e soluzioni innovative. Simili risposte vengono fornite solo da una Valutazione d’impatto ambientale partecipata e fra le opzioni possibili va valutata anche l’opzione zero. Il tutto va inserito nella cornice dei cambiamenti climatici in atto. Prima di proporre infrastrutturazioni pesanti su un territorio fragile come quello del Vanoi si ritiene opportuno che la Regione Veneto sostenga una riflessione in casa sua su come viene gestita la risorsa idrica. Possibilmente evitando proposte di puro marketing elettorale come quello della garanzia della navigabilità del Naviglio della Brenta, da Padova a Venezia.

 

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Il Consiglio Direttivo

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