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GOVERNATORE ROSSI: KASWALDER, DAL MACRON FRANCESE AL “MICRON” TRENTINO

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12.08 - mercoledì 21 giugno 2017

(Fonte: Walter Kaswalder) – L’arroganza del potere.  All’indomani del tragicomico emendamento alla legge elettorale che tanto scompiglio ha creato nella politica italiana al nostro governatore si “accapponava la pelle” preoccupato come si dichiarava che i deputati regionali si potessero schierare gli ordini di “un capo politico che non si sa neanche dove sta”.

In altre parole temeva il nostro che la delegazione parlamentare trentina potesse rispondere a qualche eminenza grigia in salsa romana.

Credo che nessuno di noi abbia condiviso questa preoccupazione, convinti, come siamo, che il nostro leader maximo lo abbiamo qui in Trentino; o almeno lui ritiene di essere tale.

Abbiamo avuto d’altro canto ampie dimostrazioni delle sue modalità negli ultimi anni, dimostrazioni di arroganza più che di capacità, di modi bruschi e sbrigativi, più che di risultati concreti.

Per rimanere agli ultimi 18 mesi ha depurato il suo partito di provenienza delle presenze sgradevoli quali il sottoscritto, l’ala identitaria delle “braghe de coram”, il deputato Ottobre reo di voler mettere in discussione la sub leadership del suo fido segretario di partito.

A proposito, come non ricordare solo 16 mesi fa il suo diktat interno “o viene confermato Panizza o io lascio”, simbolo di una concezione molto privata e personale del concetto di libertà, invero assai poco censurato dalla stampa locale.

Pur tuttavia ha brillato nella forza di coesione della sua maggioranza che sotto la sua guida ha cambiato le segretarie del Pd e dell’Upt, sostituendole (in barba alla sbandierata parità di genere) con due preziosi alleati  di sesso maschile.

Può darsi che abbia usato una delle sue celeberrime frasi aggregatrici “adesso basta altrimenti mi dimetto e andiamo tutti a casa”.

Non contento di aver dimostrato a tutti i Trentini la sua leadership basata sul carisma e sulla capacità di persuasione ha imposto, anche al suo partito, non solo la sostituzione di Baratter con Ossanna nel ruolo di capogruppo, ma anche la riammissione dello stesso Baratter dopo la indecente farsa dell’uscita col timer.

Ma almeno in questi termini il leader si era mantenuto nel suo campo di gioco, nel suo spazio di manovra.

L’altra domenica però ha visto che un impegnato e preciso professore universitario, Gaspare Nevola, si è permesso di fare qualche commento non troppo lusinghiero sulle ragioni della nostra Autonomia.

Anziché ribattere con gli straordinari dati di Pil che la sua amministrazione ha raggiunto, piuttosto che con le eccezionali performance della buona scuola, o con le mirabolanti abilità della sua giunta in temi fondamentali come agricoltura, sanità  e lavori pubblici….

Ebbene il nostro leader ha pensato bene di passare all’insulto e, con le modalità di un qualsiasi capocantiere (persone rispettabilissime ma obbligate dalla contingenza a metodi sbrigativi e a volte duri) ha ricordato che lo stipendio lo paga lui e se non ci fosse stato lui chissà che cosa sarebbe della categoria dei cattedratici.

Dimenticandosi che a questi signori la nostra provincia deve (nel senso che è debitrice) qualcosa come 220 milioni di euro.

La latitanza del senso delle istituzioni è quella che maggiormente si è sentita in questa Legislatura; ciò è stato certificato ulteriormente  “dall’intervento” del Governatore contro il prof. Nevola, vero e proprio insulto proferito da chi, come il bestemmiatore, in debito di ragione, scardina ogni ordine, partendo da quello dell’educazione per arrivare a quello del rispetto dei ruoli e passando dall’insufficienza culturale.

Peccato, già l’aver definito piccole persone, qualche tempo fa, il Presidente del Consiglio ed il suo vice deponeva a favore dell’esistenza di un deficit di cifra di ruolo. Ora apprendiamo che manca non solo della capacità di comporre la sinfonia, ma anche della conoscenza stessa delle note.

Beh, in conclusione direi che ha ragione il Presidente Rossi a dire che la classe politica non deve consegnarsi ad un capo politico che non si sa neanche dove sta: il nostro leader lo dobbiamo cercare qui in provincia. Perché le prove che ha dato lui di non essere in grado di guidare il Trentino sono sotto gli occhi di tutti.

Peccato, dal Macron francese al “Micron” trentino.

 

 

 

 

 

In allegato il comunicato stampa:

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