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COMUNE TRENTO * FESTA REPUBBLICA – 2 GIUGNO: SINDACO IANESELLI, « COME SOSTENEVA PIERO CALAMANDREI, “IL BENE COMUNE AL CENTRO DELLA VITA PUBBLICA” » (INTERVENTO INTEGRALE)

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17.25 - giovedì 2 giugno 2022

2 giugno – Festa della Repubblica. Saluto le autorità, le cittadine e i cittadini di Trento.

Ben ritrovati a tutti, di nuovo insieme in questa bella piazza che è il cuore della nostra città, proprio come la festa di oggi è il cuore del nostro calendario civile. In effetti, credo che poche date della storia italiana siano state cruciali come il 2 giugno. I fatti accaduti quel giorno hanno gettato le basi di una rivoluzione pacifica che ha cambiato nel profondo le istituzioni, la vita sociale, la cultura. Nonostante ciò, non si può dire che questa festa sia tra le più sentite. Quella che viviamo con maggiore coinvolgimento è sicuramente il 25 aprile, il giorno eroico della Liberazione, di Bella ciao e dell’orgoglio partigiano. Ma se è vero che il 25 aprile fu la premessa necessaria del 2 giugno, è innegabile che fu il 2 giugno a dare concretezza agli ideali della Liberazione, che avevano bisogno di incarnarsi in istituzioni durature, in leggi democratiche, in una nuova cultura libera e liberata dalla pesante censura ideologica del fascismo.

In fondo non era affatto scontato che alla distruzione del mondo vecchio seguisse la costruzione di un mondo nuovo. Ce lo dimostrano i movimenti di liberazione che in altri Paesi del mondo hanno finito per rafforzare le catene e le tante primavere che abbiamo visto sfiorire anzitempo. Nonostante gli inciampi e le difficoltà, che in questi 76 anni non sono mancati, la Repubblica ha avuto il merito di inverare la speranza e di far crescere il nostro Paese dal punto di vista economico, sociale e culturale. Per questo io credo che la Repubblica sia la conquista politica ed umana più importante del Novecento italiano.

Quello che è avvenuto in quella tarda primavera del 1946 è una successione di eventi straordinari. Le italiane e gli italiani sono stati chiamati a scegliere tra Monarchia e Repubblica e a votare i componenti dell’Assemblea Costituente. La prima novità è stata proprio la chiamata alle urne, visto che le ultime elezioni multi-partitiche a sovranità popolare risalivano niente meno che al 1924: dopo quella data l’Italia si è dovuta accontentare della lista unica e dei plebisciti farsa.

In secondo luogo, il 2 giugno del 1946 – e questo sì che fu un cambiamento epocale – parteciparono al voto anche le donne. Ricordando quello storico momento, Tina Anselmi, già partigiana e prima donna a diventare ministra della Repubblica, scrisse: “Fin dalle prime elezioni, le donne parteciparono in numero maggiore degli uomini, spazzando via le tante paure di chi temeva che fosse rischioso dare a noi il diritto di voto perché non eravamo sufficientemente emancipate, non eravamo pronte. Il tempo delle donne è stato sempre un enigma per gli uomini. Come se essere maschio fosse un lasciapassare per la consapevolezza democratica”. Queste parole sul “tempo delle donne” sono ancora di incredibile attualità visto che la presenza femminile nelle istituzioni è tuttora minoritaria e che il traguardo della parità e delle pari opportunità non può considerarsi pienamente raggiunto.

Rivoluzionario fu anche l’esito del referendum. Il 2 giugno ha chiarito che gli italiani ne avevano avuto abbastanza della monarchia, incarnata da un re che aveva permesso l’affermazione del fascismo e trascinato l’Italia prima nelle guerre coloniali e poi nel secondo conflitto mondiale. Inoltre la scelta dei componenti della Costituente, organismo più che mai pluralista, ha significato la fine dell’uniforme ortodossia del fascismo che aveva imposto la liquidazione di tutti i partiti, lo scioglimento dei sindacati socialisti e cattolici, la soppressione della libertà di stampa, fino alla trasformazione dell’ordinamento giuridico del Regno d’Italia in uno stato autoritario.

A passare in rassegna questi fatti ci si rende conto che deve essere stato tragico ed insieme esaltante vivere nell’Italia del 1946. Tragico perché il paese era in macerie, i lutti ancora dolorosi, le divisioni e le contrapposizioni più che mai aspre. Ma deve essere stato esaltante sapere che dopo un ventennio di violenza autoritaria e di disprezzo per la vita, la cultura, le istituzioni e, in definitiva, per l’umanità, era finalmente giunto il momento di costruire un’Italia nuova e di valorizzare quel patrimonio di idee e di progetti maturato durante la Resistenza, in montagna, al confino, in esilio, comunque in clandestinità.

Ripensando a quel tempo, considerando i drammi che stiamo vivendo – la pandemia, la dolorosa guerra europea, i disastri legati al cambiamento climatico – non posso non auspicare che noi tutti oggi recuperiamo un po’ dell’energia creativa, dello spirito innovatore e della fiducia di quei giorni. La scelta di essere cittadini della Repubblica e non più sudditi del re va rinnovata ogni giorno come pure ogni giorno dobbiamo scegliere da che parte stare: quella della libertà, della giustizia, della solidarietà e dei diritti democratici scritti nella nostra Costituzione.

È scritta nella Costituzione anche la nostra preziosa Autonomia, che quest’anno festeggia il cinquantesimo anniversario del secondo Statuto. Tra i fondamenti della Repubblica, pensata con grande lungimiranza dai padri costituenti, l’Autonomia non è solo una questione che riguarda i rapporti giuridici tra il nostro territorio e lo Stato. L’Autonomia per il Trentino e il vicino Alto Adige è sempre stata prima di tutto un modo di essere, una forma di espressione di comunità attive e responsabili che, in quanto tale, non indebolisce ma anzi concorre a rendere più forte la democrazia repubblicana. È l’Autonomia così come la intendeva Alcide De Gasperi: al grande statista, trentino d’origine, europeo per visione e statura, oggi voglio dedicare un pensiero speciale perché proprio in questi giorni è stato concluso il restauro del monumento che lo raffigura in piazza Venezia. L’omaggio alla sua memoria è più che mai doveroso perché fu proprio De Gasperi che, in veste di presidente del Consiglio, gestì il difficile passaggio dalla Monarchia alla Repubblica e che, da ministro degli Esteri, ottenne a Parigi lo storico riconoscimento delle prerogative di Bolzano e di Trento.

Permettetemi di concludere ricordando Boris Pahor, scrittore italiano di lingua slovena scomparso solo pochi giorni fa all’età di 108 anni. In un’intervista recente Pahor ha dichiarato: “Dopo quello che il secolo ventesimo ha patito in tutti i modi, dal fascismo al nazismo fino al comunismo sovietico, il popolo avrebbe dovuto sentire questa felicità della libertà, del respiro dell’uomo libero. E invece conta solo l’interesse personale, tutto il resto è dimenticato”. Le parole amare dello scrittore triestino fanno riflettere. In effetti oggi il nemico della democrazia sembra essere la mancanza di un orizzonte comune, l’incapacità di vedere oltre i nostri interessi particolari, di orientare le nostre scelte ispirandosi a una visione generale. Perché in fondo il “me ne frego” fascista non ha mai smesso di riecheggiare, con maggiore o minor forza, declinato in modi diversi, talvolta in rivendicazioni di primazia da parte di partiti, gruppi o categorie, altre volte in un individualismo esasperato, altre volte ancora in un’irrazionale sfiducia nei confronti delle istituzioni, che siano politiche o scientifiche o culturali.

Se è vero che l’indifferenza alla politica è un’offesa alla Costituzione come sosteneva Piero Calamandrei, oggi questa festa suona anche come un monito e una raccomandazione a rimettere la politica al centro della vita pubblica e il bene comune al centro della politica. L’augurio per questa festa è allora quello di recuperare l’impegno alla “felicità della libertà” e all’entusiasmo della responsabilità: libertà e responsabilità di orientare verso una democrazia sempre più compiuta sia la nostra Repubblica sia quell’Europa che è il nostro orizzonte di riferimento e insieme il nostro destino.

Buona Festa della Repubblica a tutti voi

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Franco Ianeselli
Sindaco di Trento

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