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970 INSEGNANTI (DI 173 SCUOLE PROVINCIALI E EQUIPARATE7 * ISTRUZIONE TRENTINO: « SE VI CHIEDETE PERCHÉ CONTINUIAMO A LOTTARE È PERCHE CI TENIAMO ALLA SCUOLA »

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09.34 - giovedì 13 luglio 2023

(Il testo seguente è tratto integralmente dalla nota stampa inviata all’Agenzia Opinione) –
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Se fosse di sfatare un po’ di miti intorno alla scuola dell’Infanzia? C’è bisogno di chiarezza e di andare oltre alle apparenze. Ci si ferma a quel maledetto mese aggiuntivo per tirare ciascuno le proprie conclusioni. Diciamo pure che la politica ha cavalcato questo modus operandi per aizzare gli uni contro gli altri. Per loro è un gioco: divide et impera. Ancora una volta ci proviamo noi. Non ci rivolgiamo all’assessore all’istruzione. Lui non vede, non sente, non legge nulla delle proteste che arrivano dal mondo della scuola. Nelle argomentazioni, uguali ogni volta, che ha affidato al giornale, ha parlato di tempi cambiati, di calo demografico, di posti di lavoro, euro investiti e che si investiranno. Non vede, non sente, non legge, non ascolta le ragioni di Enti gestori, coordinatori, dirigenti, del mondo politico che la pensano diversamente. Ma tanto sono solo insegnanti di scuola dell’infanzia. Penserà.

Aggiungiamo che ha scelto, forse, dei consiglieri esecutivi, non proprio “dentro” alla scuola dell’infanzia. Loro si occupano del contenitore scuola, ma ben poco dei contenuti. Tanto chi se ne accorge. Non è mai morto nessuno di cattiva scuola! Vero. Anche nelle baraccopoli, dove i bambini muoiono per davvero, nessuno muore di scuola, e di non-scuola.

La scuola, però, non funziona come un ufficio: non la chiudi se sei ammalata, non “impili” i bambini come faresti con le carte. La scuola non può attendere, ogni giorno si adatta e colma imprevisti. Siamo creative nel trovare soluzioni alle emergenze che la giornata ci mette dinanzi. Che succede allora? Semplice, tutti si sentono in dovere di sentenziare! Queste insegnanti cosa vogliono, di cosa si lamentano cosa mai sarà un mese in più? Nulla se immagini la scuola come un posto di lavoro qualsiasi: un negozio, un bar o un ufficio! Ma non lo è. Parliamo di bambini e bambine che necessitano di cure. Per chi non lo sapesse significa: dare attenzioni e premure di qualità. Se immaginiamo la vita come una strada, alle due estremità, ci stanno da una parte i bambini e dall’altra i vecchi. Due mondi speciali per delicatezza e fragilità, per dipendenza e vulnerabilità, che necessitano di pensieri e politiche di qualità. Entrambi si trovano in affanno. Chi ha scelto di svolgere la professione in queste due realtà scappa e sceglie altro!

Chiediamoci il perché, senza arrivare a conclusioni che disgregano e offendono. Serve sospendere ogni giudizio. I bambini e i vecchi non se lo scelgono l’itinerario, si affidano ad altri che nella migliore delle ipotesi li guideranno, nella peggiore li trasporteranno togliendo loro ogni possibilità di dire. Sono le due estremità di quel cammino chiamato vita: una apre l’altra chiude, una prende l’altra lascia. Quali i pensieri della politica che è alla guida? Soluzioni semplicistiche che parlano all’elettorato anziché all’uomo. Come direbbe Edgar Morin “La prima difficoltà di pensare al futuro è di pensare al presente”.

E chi si scatena sui giornali, sui social si è mai preso la briga di entrare in profondità del funzionamento della scuola? Tutti si sentono in diritto di definirci privilegiate, ma siamo certi che altre categorie che si accaniscono verso le insegnanti non lo sono altrettanto magari nel poter andare in pensione o negli scatti di anzianità o nel precariato? Di che privilegi parliamo? Di garantire la reperibilità gratuita per non mettere in difficoltà le famiglie? Il privilegio di rimanere precarie per venti anni senza avanzamenti di carriera economica? Il privilegio di entrare come insegnante e rimanere tale senza alcun avanzamento di carriera? Il privilegio di non poter chiedere un giorno di ferie da settembre a giugno, nemmeno per

la laurea di un figlio? E sapete che succede se cominciamo a prendere le ferie nel corso dell’anno, come è per tutti i lavoratori? Addio progettazioni, percorsi di qualità, continuità di figure di riferimento: si farebbe accudimento alla bell’e meglio, con il personale che ti ritrovi.

Non vediamo mai le cose per come sono ma per come siamo. Vorremmo usare il linguaggio della cura, del dialogo e del rispetto con il quale vorremmo far capire che la scuola non può diventare un luogo qualsiasi dove chiunque può trovare collocazione. E se vi chiedete perché continuiamo a lottare, a fare rete, a spendere tempo ed energie la risposta è semplice: ci teniamo alla scuola. Abbiamo a cuore la scuola “I Care” diceva Don Milani.

 

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Sottoscrivono 970 insegnanti di 173 scuole provinciali e equiparate

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