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ZANLUCCHI (COMMISSARIO UDC) * ELEZIONI TRENTINO: « SUONA DI NUOVO LA CAMPANELLA, SPERANZA O DISILLUSIONE? »

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17.49 - lunedì 11 settembre 2023

(Il testo seguente è tratto integralmente dalla nota stampa inviata all’Agenzia Opinione) –
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È risuonata nei corridoi delle nostre scuole la campanella di un nuovo anno scolastico. Un suono certamente familiare, quasi un rito iniziatico, che lega generazioni di studenti. Abbiamo più volte ribadito che abbiamo vissuto anni scolastici fra i più difficili della storia, forse i più drammatici del dopoguerra, che hanno causato preoccupazioni, inquietudini, malessere. Anni in cui tutti siamo stati chiamati a fare delle scelte, spesso drammatiche, comunque impegnative ed impattanti.

La certezza che possediamo è che la scuola, per fare fronte a questo tempo in maniera altrettanto eccezionale, deve partire da una revisione dell’approccio didattico-educativo e ripensare in profondità le ragioni del nostro quotidiano fare scuola e di conseguenza le nostre prassi didattiche ed educative per tornare a riscoprire il fine e la motivazione del nostro “fare scuola”. Ci si prospetta una straordinaria sfida educativa e, nonostante tutto, dobbiamo ancora confidare nella capacità di rinascita della scuola perché quasi tutti noi abbiamo avuto modo di comprendere quanto il rapporto quotidiano docenti-alunni sia fondamentale per la crescita umana, culturale e professionale di questi ultimi.
Purtroppo i dati sul disagio giovanile sono allarmanti e la certezza che ho è che dobbiamo rivedere, ripensare in profondità le ragioni del nostro quotidiano fare scuola e di conseguenza le nostre prassi didattiche e soprattutto educative.

Ci tengo a ribadire che ci si era prospettata, in primis, una straordinaria opportunità educativa e ho confidato nella capacità di rinascita della scuola perché molti nostri giovani hanno avuto modo di comprendere quanto il rapporto quotidiano con i docenti sia fondamentale per la loro crescita. Ma, forse, al contempo, una parte del mondo degli adulti/docenti ha preferito restare in una più rassicurante “comfort zone”, fatta di programmi da seguire pedissequamente, per carità certamente doveroso, ma ci si dimentica della grande difficoltà che hanno i nostri giovani a vivere nella scuola una vera esperienza formativa e, perché no?, relazionale.

Albert Einstein scrisse che “Senza crisi non ci sono sfide, senza sfide la vita è una routine, una lenta agonia.” Ho come l’impressione che per la prima volta nella storia, i nostri giovani abbiano – almeno in parte – perso quella spinta naturalmente emotiva ad essere portatori di speranza per il futuro e credo che proprio il periodo di separazione forzata dalla scuola negli scorsi anni abbia dato la consapevolezza a molti dei nostri ragazzi che quello trascorso a scuola dovrebbe essere un tempo eccezionale, ma dal quale probabilmente si sarebbero aspettati risposte diverse, di senso vero della vita, non solo come dicevo prima, di ritorno ad una routine scolastica come se nulla fosse successo nella vita e nelle menti dei nostri ragazzi e, bambini.

La funzione della scuola non può, non dovrebbe, oggi ridursi a dare informazioni con i mezzi tecnologici anche avanzati, bisogna anche accompagnare, sostenere e aiutare i bambini e i ragazzi nel loro percorso di crescita personale, stimolando curiosità verso il mondo e fiducia nelle proprie capacità. Le relazioni affettive profonde sono le grandi assenti nella nostra società. Oggi, gli adolescenti, più che emanciparsi, si scindono dagli adulti, quindi anche dal docente che ha di fronte. Vi è un disagio diffuso, con varie forme di psicopatologie in aumento, boom di ricoveri: vi sono dati diffusi da reparti di Neuropsichiatria infantile in tutta Italia. ragazzi tra i 12 e i 15 anni, sono stati ricoverati in urgenza in seguito a crolli nervosi, tentativi di suicidio o episodi di autolesionismo.

I ragazzi, in preda a un malessere che definirei ‘dolore generazionale’, si sono come rassegnati a fare a meno degli adulti e della stessa “adultità” come modello di riferimento, per rivolgersi esclusivamente ai coetanei come unici rappresentati della comunità sociale. La cosiddetta ‘neet-generation’ è la prima in assoluto alla quale viene chiesto di crescersi sostanzialmente da sola, con risultati che, nel peggiore dei casi, spesso rimbalzano nelle pagine di cronaca. Immersi in una realtà virtuale che più che formare, informa unilateralmente, è negato loro il percorso stesso che dovrebbe portarli a formare il proprio sé: paradossalmente esplorano la realtà in cerca di confini; e spesso le figure di riferimento, genitori e insegnanti, non si rendono conto che l’assenza di questi limiti può portare i giovani a ripiegarsi su se stessi.

Sono sempre più convinto che ormai ci troviamo di fronte ad una vera e propria emergenza educativa. Emergenza i cui connotati principali sembrano collegati alla figura dell’adulto, in chi cioè ha la responsabilità di far fronte all’emergenza, che vive una profonda incertezza sulla stessa necessità o sensatezza dell’atto educativo così come esso era stato pensato e praticato da secoli in Occidente. Inoltre la prima “agenzia educativa” per eccellenza, la famiglia, sta conoscendo una crisi di identità istituzionale quale mai aveva conosciuto prima. Ne riparleremo presto.

 

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Paolo Zanlucchi
Commissario Provinciale Udc per il Trentino

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