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CHIESA DI TRENTO * DOMENICA PALME – OMELIA: ARCIVESCOVO TISI, « SOLO RELAZIONI DISARMATE POSSONO SALVARCI DALLA DISSOLUZIONE DELL’UMANITÀ »

Scritto da
11.30 - domenica 24 marzo 2024

(Il testo seguente è tratto integralmente dalla nota stampa inviata all’Agenzia Opinione) –

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“Solo relazioni disarmate possono salvarci dal rischio della dissoluzione dell’umanità. Si celebra oggi la Domenica delle Palme, inizio della Settimana Santa. Al ricordo dell’ingresso trionfale di Gesù a Gerusalemme fa da contraltare la sua passione e morte in croce. L’arcivescovo Lauro benedice i rami d’ulivo (ore 10) nella chiesa di S. Maria Maggiore e guida la processione verso la cattedrale dove prosegue la liturgia eucaristica (diretta YouTube e Telepace Trento dalle 10.15).

“Al grido angosciato di uomini e donne abitati dalla paura e dalla tristezza, quali siamo tutti noi in quest’ora drammatica, risulta piuttosto impegnativo – nota don Lauro nell’omelia – immaginare di trovare risposta da un uomo gettato a terra”. “Come è possibile – si chiede monsignor Tisi – ritrovare in un uomo appeso alla croce i tratti di Dio?”. Per ottenere risposta è necessario, secondo l’Arcivescovo, “leggere la croce alla luce di Gesù che va incontro alla morte, come ci attestano i Vangeli, non per caso o per un destino ineluttabile. Gesù ha scelto di andare verso la morte nella libertà e per amore”.

Una prospettiva, quella di una “vita abitata dal dono” che secondo monsignor Tisi sembra indurre diffidenza, complice – argomenta – la “fretta che scandisce il passo delle nostre giornate, il bisogno spasmodico di trovare immediatamente una spiegazione a tutto, la tentazione di affrontare la vita quasi fosse una porta girevole che dà accesso a scelte sempre reversibili”. Don Lauro denuncia con forza “la spirale di violenza e di morte in cui sta precipitando l’umanità” con il “preoccupante tentativo – nota l’Arcivescovo – di dare una connotazione valoriale alla violenza e all’odio”. “Solo nella misura in cui sapremo attivare processi di perdono, di gratuità, di relazioni disarmate – ribadisce Tisi – potremmo salvarci dalla dinamica distruttiva in cui stiamo precipitando, con il rischio concreto di arrivare a un punto di non ritorno e alla dissoluzione dell’umanità”. Per don Lauro “siamo ad un bivio: credere all’Amore e far fiorire la vita, oppure – conclude – rinunciare ad amare e spalancare le porte all’abisso del non-senso”.

 

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Domenica delle Palme
(Cattedrale – 24 marzo 2024)

Cominciò a sentire paura e angoscia Mc 14, 33
Al grido angosciato di uomini e donne abitati dalla paura e dalla tristezza, quali siamo tutti noi in quest’ora drammatica, risulta piuttosto impegnativo immaginare di trovare risposta da un uomo gettato a terra, con l’anima triste fino alla morte, da un uomo che grida “Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato?” Mc 15, 33
Come è possibile ritrovare in un uomo appeso alla croce i tratti di Dio? Come far diventare nostre le parole del centurione “Davvero quest’uomo era figlio di Dio”? Mc 15, 39

Per abbozzare una risposta, occorre guardarsi dalla tentazione “doloristica” di leggere Gesù a partire dalla croce; al contrario, occorre leggere la croce alla luce di Gesù, Colui che vi è stato ingiustamente appeso, Colui che con la sua libertà d’amore ha reso il patibolo un trono di gloria.
Gesù va incontro alla morte, come ci attestano i Vangeli, non per caso o per un destino ineluttabile. Di fronte al precipitare degli eventi, egli era libero di tornare in Galilea. Gesù ha scelto di andare verso la morte nella libertà e per amore: “avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino all’estremo, fino alla fine” Gv 13, 1

A onore del vero, Gesù più volte ha annunciato che la sua Passione “era necessaria” Mc 8, 31. Di quale necessità si tratta? Mostrare con i fatti che è possibile, sul terreno dell’umano, non rinunciare ad amare. Questo è divino! Restare piantati nella determinazione ad amare. L’amore di Gesù è un amore disarmato. Un amore che si fa dono senza chiedere nulla in cambio.
Il Padre che assieme allo Spirito Santo partecipa pienamente al dolore e alla consegna del Figlio porta il Centurione a riconoscere in quel morire il volto di Dio. Nell’ostinazione dell’amore e della solidarietà più radicale, il soldato romano scopre i lineamenti del divino.
La fretta che scandisce il passo delle nostre giornate, il bisogno spasmodico di trovare immediatamente una spiegazione a tutto, la tentazione di affrontare la vita quasi fosse una porta girevole che dà accesso a scelte sempre reversibili, inducono in noi la diffidenza nei confronti delle potenzialità di una vita abitata dal dono, dalla gratuità, dal perdono.

Se solo per un attimo ci fermiamo ad osservare la spirale di violenza e di morte in cui sta precipitando l’umanità – al riguardo è davvero preoccupante il tentativo da più parti di dare una connotazione valoriale alla violenza e all’odio, come pure la giustificazione delle autocrazie con la conseguente messa in discussione del sistema democratico – mi pare di poter dire con assoluta certezza che solo nella misura in cui sapremo attivare processi di perdono, di gratuità, di relazioni disarmate potremmo salvarci dalla dinamica distruttiva in cui stiamo precipitando, con il rischio concreto di arrivare a un punto di non ritorno e alla dissoluzione dell’umanità.

Siamo ad un bivio: credere all’Amore e far fiorire la vita, oppure rinunciare ad amare e spalancare le porte all’abisso del non-senso.
A qualificare l’esistenza umana non è semplicemente il fatto di vivere, ma il sapere per chi e per cosa si vive. L’esistenza umana, senza questa consapevolezza, non ha futuro. Gesù vive la sua morte come servizio, perché non venga meno nell’uomo la fiducia nel dono e nel regalare la vita. Sta a noi accoglierlo.

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