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LETTERE AL DIRETTORE

GIORGIO LEONARDI (FI) * ELEZIONI QUIRINALE: « SILVIO BERLUSCONI, LA SUA CANDIDATURA HA INFUSO IL SENSO DI SUPERIORITÀ MORALE NEL CAMPO DEI LIBERALI ITALIANI »

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18.29 - sabato 22 gennaio 2022

Non so se Silvio Berlusconi vorrà porre la sua ufficiale candidatura per il Quirinale e ovviamente non so neppure se sarebbe eletto. Personalmente credo che sarebbe un ottimo Presidente della Repubblica. Lo credevo in passato da semplice cittadino quando prendevo atto dei suoi successi in politica interna (tre volte a capo del Governo con i voti degli italiani e non per inciuci parlamentari, come purtroppo è diventata la regola dopo di lui) e in politica internazionale (mi basta citare l’avvicinamento Nato-Russia da lui patrocinato, che oggi sembra un miraggio).

E tanto più credo che sarebbe un ottimo Presidente adesso che, ritrovandomi ad essere Consigliere regionale di Forza Italia, ho avuto modo di conoscerlo di persona, di collaborare direttamente con lui e di apprezzarne l’equilibrio e la competenza. Ma anche se al momento non si sa se Berlusconi vorrà candidare, tuttavia già il circolare della sola ipotesi che abbia questa intenzione ha avuto un impatto politico. Per essere sincero, il più importante e, mi auguro, il più duraturo effetto della sua possibile candidatura è il senso di superiorità morale che ha infuso nel campo dei liberali italiani.

È ben conosciuto quel modo partigiano del PD e delle sinistre di tirare in ballo al primo stormir di foglie ‘i valori’ e ‘la morale’ allo scopo non di creare un consenso sociale e politico, non per includere, ma solo per respingere ed emarginare con una logora retorica chi non milita sotto le loro bandiere. Non è morale, è moralismo, tanto più sgradevole in quanto sempre accompagnato dal cattivo odore dell’ipocrisia (quanti complimenti a Graziano e alla Rakete, ad esempio, per avere infranto le leggi dello Stato italiano, quelle leggi che il PD mostra di ritenere sacre e indiscutibili se applicate dai giudici in modo da danneggiare i suoi avversari!).

Il senso di superiorità morale che la possibilità di una candidatura Berlusconi per il Quirinale infonde nei liberali è ben diverso, è di altra natura. Deriva dal vedere che per noi liberali non è di nessuno sforzo capire che la politica in un Paese democratico è naturalmente e necessariamente pluralista. La nostra cultura ci fa vedere in chi non la pensa come noi un interlocutore da convincere, se possibile, o da avversare in un dibattito anche serrato, non ci porta a vedere in lui il demonio, il male, uno scarto dell’umanità. Noi sentiamo che esiste un limite di decenza nella polemica politica e non ci salta in mente di gridare ‘lui no!’ se la maggioranza degli elettori liberamente sceglie qualcuno che ci è avversario o se quel qualcuno ha argomenti per farsi scegliere. Non c’è bisogno di andar lontano per averne la controprova. A noi non piaceva che diventasse Presidente della Repubblica un politico che aveva pubblicamente applaudito ai massacri compiuti dai sovietici in Ungheria contro i combattenti per la libertà e la democrazia del 1956. Però, per correttezza verso le istituzioni della nostra Repubblica e per il superiore senso morale di cui dicevo, quando fu proprio quel politico a diventare Presidente, noi liberali non gli mancammo né di lealtà né di rispetto (quanto leale e corretto sia stato lui nel far cadere l’ultimo governo Berlusconi per spianare la strada a un governo non votato dai cittadini, non saprei dire).

Davanti a un quadro come quello brevemente tracciato sin qui credo che la parte politica che rappresento, quella di centro-destra, liberale, tollerante, europeista nel senso di Alcide De Gasperi (per il quale l’Europa non era senza radici, ma si riconosceva nella sua matrice giudeo-cristiana) siano consigliabili due cose in particolare.

In primo luogo provare a chiarire al PD e alle sinistre che la democrazia è pluralista oppure è una chimera. Solo la democrazia di Lenin richiede l’unanimità e vede negli avversari dei nemici da denigrare o, potendo, distruggere. Sembrerà a qualcuno esagerato citare in questo contesto Lenin ma, ad esempio, a Trento ancora recentemente la segretaria del PD in una lunga intervista sull’Adige esaltava l’ottimo livello della scuola di partito del PCI alle Frattocchie da lei frequentata, dove appunto si insegnava il marxismo-leninismo e il valore del centralismo ‘democratico’.

In secondo luogo, e questa è un’impresa meno impossibile della prima, occorre non farsi intimorire. Non è facile se si pensa alla evidente parzialità della stampa e della RAI in favore delle sinistre e a discredito della destra. Non è facile davanti ai toni esagitati di chi, in mancanza di una migliore occupazione, è sempre pronto a scendere in piazza. In questo Berlusconi è stato a lungo uno dei pochi esempi e forse proprio per questo oggi è così preso di mira. Ma se l’area liberale italiana, assieme ai suoi alleati, ha un nome e, più in generale, una proposta politica che possono trovare il favore della maggioranza degli elettori, non scada nel timoroso moderatismo di parte dell’antica DC e trovi l’energia per imporli, se necessario.

 

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Giorgio Leonardi

Assessore e Vicepresidente Regione Trentino Alto Adige

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