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LETTERE AL DIRETTORE

GABRIELLA MAFFIOLETTI * CASO SAMAN ABBAS: « DOBBIAMO IMPEGNARCI PER IL POTENZIAMENTO DI RETI DI PROTEZIONE E DI GARANZIA, ALTRIMENTI LA DIGNITÀ UMANA VERRÀ CALPESTATA »

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20.20 - domenica 13 giugno 2021

L’opinione pubblica italiana è stata scossa nei giorni scorsi dal caso di Saman Abbas, la ragazza pakistana che si sospetta (ma purtroppo oramai è quasi una certezza) sia stata uccisa dallo zio, in concorso con il padre, per essersi opposta ad un matrimonio combinato nel suo Paese di origine. Pratica, quella delle nozze stabilite a tavolino, non inusuale in molte nazioni, ma naturalmente vietata per legge in Italia. La ferocia con cui la povera diciottenne sarebbe stata strangolata e il cui cadavere sarebbe poi stato occultato, hanno realmente sconvolto le coscienze di noi tutti. Ma non tutti hanno avuto il coraggio di esprimere un’opinione di condanna.

Già, perché nonostante l’inaudita gravità di quanto successo, sembra che si debba avere una buona dose di coraggio per condannare gli eccessi e i deliri di un Islam integralista, che spesso troviamo responsabile di atti di questo genere, come di episodi di terrorismo. Gli esponenti di centrodestra hanno subito stigmatizzato in maniera inequivocabile l’omicidio di Saman, puntando il faro sulle enormi difficoltà che la tanto sbandierata integrazione di popolazioni islamiche in Italia stia comportando. Retaggi di una cultura maschilista, patriarcale, violenta e vendicativa emergono in superficie ogni qualvolta la cronaca riporti gravi fatti di crimini al pari di questo. La condizione della donna nell’islam è definita tanto dai testi islamici, quanto dalla storia e dalla cultura del mondo islamico. La colpa mortale di Saman è stata quella di voler vivere all’occidentale da donna libera. Quello che è certo, comunque, è che assordante è apparso il silenzio imbarazzato del centro-sinistra di casa nostra.

Forse perchè a qualcuno fa paura che si parli e si promuovano dibattiti sullo scontro spesso che esiste tra le due culture (islamica e occidentale) e quanto siamo ancora lontani da un vero e completo modello di integrazione Altra questione, a mio avviso, è quella dell’opportunismo e del calcolo politico, che porta, spesso a “sorvolare” fatti gravi per non ‘offendere’ gli esponenti di una cultura e di una religione della quale i progressisti si sono qualificati come voce ufficiale nel nostro Paese. Il tutto, ovviamente, in vista di un valore aggiunto alle urne qualora venisse concesso il diritto di voto agli immigrati nel prossimo futuro. Una sinistra, dunque, schiava del ‘politically correct’, che imprigiona pensieri e sentimenti e che spinge verso una china che ci permettiamo di definire inquietante. Se in nome di supposta correttezza istituzional-politica, si tacciono efferatezze come quella accaduta a Novellara, significa che si è persa coscienza del bene e del male come principi assoluti dell’agire umano. Si ripudia esplicitamente ogni valore la religione cristiana abbia sempre trasmesso ai nostri figli, e lo si fa, atto ancora più grave, non già per una convinzione profonda, ma per non perdere consenso elettorale.

Certamente, può essere che le declinazioni che il fondamentalismo islamico e delle sue pratiche retrograde e misogene nei confronti del riconoscimento dei diritti delle donne rispetto a quelli dell’uomo compie del detto del Corano non siano ortodosse, e che il ‘vero’ Islam sia altra cosa, ma resta il fatto che il caso Saman non è il primo che in Italia riempie le cronache negli ultimi anni (si ricordino Hina Saleem nel 2006, e molte altre) e ci ripresenta un importante focus sulle politiche di integrazione di società i cui valori culturali, religiosi e sociali sono agli antipodi dai nostri. La cultura musulmana non è l’unica che permetta matrimoni combinati, sia ben chiaro, ma crediamo che un forte grido di condanna vada emesso contro tutte le usanze che privano delle libertà individuali fondamentali, in particolar modo delle donne, che purtroppo sono scarsamente considerate in molti contesti nel mondo. Le nozze forzate sono un problema da affrontare sì come pena, ma soprattutto in prevenzione, coinvolgendo queste donne, in modo che i loro diritti prevalgano sulle forzature religiose. Già nelle scuole si devono cogliere i segnali che spesso queste adolescenti lanciano, ma che sovente non vengono correttamente interpretati. Sono necessari interventi da parte di operatori specializzati che sappiano interagire e supportare ragazze che aggiungono alla solitudine dello straniero la solitudine di essere donna.

La loro richiesta di aiuto non può lasciare nessuno di noi indifferente. Si dice sempre “casi così non devono più accadere”, ma dobbiamo tutti impegnarci per il potenziamento di reti di protezione e di garanzia, altrimenti la dignità umana verrà calpestata e tutti ne pagheremo le conseguenze in termini di conquiste sociali e di diritti inviolabili della persona.

 

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Gabriella Maffioletti

Vice coordinatrice regionale di Forza Italia T.A.A.

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