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MUSE – TRENTO * REPLICA A CGIL – RICERCA VOLONTARI: « NON SI TRATTA DI SOSTITUIRE LE FUNZIONI DI 250 LAVORATORI, MA CREARE SPAZIO DI PARTECIPAZIONE INCLUSIONE E SERVIZIO ALLA COMUNITÀ »

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18.55 - giovedì 27 agosto 2020

“Ringraziamo il signor Luca Bertolini e tutte le persone che hanno esposto il loro commento critico riguardo al nostro post per la ricerca di aspiranti volontari, perché ci offrono l’occasione di esplicitare le caratteristiche di un progetto cui teniamo in modo particolare. Si tratta appunto del contributo dei volontari, persone che hanno voglia di mettersi a disposizione perché curiose, interessate e disponibili a saperne di più degli argomenti che trattiamo in museo e vogliose di offrire il loro contributo, ben disponibili a mettersi in gioco nel loro tempo libero. Mettono quindi a disposizione gratuitamente il loro tempo, senza una regola fissa e un orario predeterminato, durante il quale affiancano lo staff MUSE: mai lasciati soli a svolgere una mansione sostitutiva, mai caricati delle responsabilità che restano in capo al personale stipendiato.

Il volontario che opera in una istituzione culturale, in un museo, indipendentemente dalle mansioni che svolge, partecipa a una vasta gamma di attività che hanno tutte come fine principale proprio la partecipazione, la condivisione. L’obiettivo è quello di arrivare a sentire l’istituzione più vicina a sé, di appropriarsene e considerare il museo per quello che è: un bene che appartiene alla comunità.

Sono volontari le persone che partecipano per passione alle nostre campagne di ricerca, che trovano la possibilità di interagire con i reperti delle nostre collezioni naturalistiche, che si ritrovano in contesti socializzanti e pieni di energia come nel caso degli eventi ai quali partecipano collaborando e mai sostituendo i professionisti che detengono la responsabilità formale e operativa delle attività del museo. Non si tratta pertanto di sostituire le funzioni degli oltre 250 lavoratori del MUSE ma di creare uno spazio di partecipazione che rientra a pieno titolo nella nozione di apertura, inclusione e di servizio alla comunità. Criterio al centro della missione stessa del museo.

Nei commenti si parla poi di musei interamente gestiti da volontari o sistematicamente gestite con la partecipazione di volontari. Si tratta di casi per niente rari di musei che sono nati o riescono a sopravvivere grazie anche all’impegno di persone che sono impegnate per mettere in valore beni culturali nei quali si riconoscono per identità, conoscenza e passione. Preme ricordare che la gran parte dei musei contemporanei, se escludiamo quelli statali o nati per motivi istituzionali, nascono proprio grazie all’operato di volontari. Esistono infatti associazioni di “amici di musei” organizzate a livello di museo e con coordinamenti nazionali e internazionali, a sottolineare l’importanza dello spirito partecipativo che contraddistingue queste istituzioni museali.

Il Museo delle scienze stesso nasce, agli arbori, come istituzione voluta da cittadini volontari. È nell’evidenza delle cose che i musei gestiti da volontari sono piccoli musei di comunità, mentre i musei di maggiore complessità sono dotati necessariamente di personale stabile.

Per questi motivi, è non riconoscere i fatti giocare a ridurre il MUSE a un piccolo museo volontaristico oppure a richiamare come positivo l’assurdo caso del Museo di Deruta, per il quale l’amministrazione locale ha bandito un concorso per direttore “volontario”. Proprio il riferimento citato nel post fa emergere come questa proposta sia stata considerata un controsenso da tutta la comunità culturale proprio nel riconoscere i compiti e l’intensità di lavoro da dedicare a un museo di rilievo come quello delle ceramiche di Deruta.

Tornando al nostro museo e allontanandoci dal facile gioco di tastiera, si ricorda che è un’istituzione di rilievo nel contesto nazionale e internazionale anche relativamente ai numeri: ha creato centinaia di posti di lavoro, ha attirato milioni di visitatori, ha prodotto un indotto economico a vantaggio del territorio trentino decisamente considerevole. Chi gioca su questo vada a leggere i nostri bilanci sociali per comprendere di cosa stiamo parlando.

Tutt’altro infine è il tema dell’esternalizzazione dei servizi museali, ai sensi dell’applicazione a partire dal lontano 1993 della Legge Ronchey, la quale permette di dare unae dimensione contrattuale alla gestione degli shop, dei servizi accessori e delle visite guidate e attività educative. Le dinamiche relative a queste forme contrattuali, e lo è così anche nel caso del MUSE, rientrano nei normali criteri di contrattazione del rapporto tra pubblico e privato. L’argomento ha già i suoi luoghi strutturati di confronto”.

 

 

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