Di Lorenzo Dellai
La scommessa di un “progetto autonomistico” creativo e innovativo trova oggi sfide inedite per un territorio come il nostro, anche se avverto che siamo in ciclo di “stanchezza” dell’Autonomia e della sua capacità di progettare e realizzare “cose nuove”, proprio mentre tutto o quasi sta cambiando, dentro e intorno a noi. C’è quindi bisogno di tornare ad “alzare l’asticella” delle nostre ambizioni e delle nostre responsabilità pubbliche e comunitarie, cosa per cui servono competenza, analisi, approfondimento.
Propongo queste mie riflessioni in punta di piedi, senza voler insegnare nulla a nessuno: ce ne sono già troppi che lo fanno, talvolta a sproposito.
So bene che chi, come me, ha avuto grandi responsabilità di governo non può ergersi a giudice del dopo: in ogni esperienza
politica non ci sono mai solo luci e scelte sempre indovinate o portate a termine con successo. Occorre perciò una buona dose di umiltà.
Questo testo è ispirato soprattutto dalla passione politica – che, se sincera, sopravvive ai ruoli – e dallo spirito di chi, in modo molto diverso rispetto al passato, avverte comunque il dovere di sentirsi parte di una cordata. E di dire, ancora, a se stesso e agli altri: “Zaino in spalla!”.
Il Trentino ha bisogno del contributo di tutti. Ho concluso nel 2018 il mio lungo percorso di impegno nelle pubbliche istituzioni. Come scrivo nella premessa, sono felice, grato e onorato di quanto vissuto, ma francamente mi piange il cuore nel vedere quello che sta succedendo.
Ripeto la mia convinzione: senza una Politica competente, motivata, lungimirante, capace di indicare una meta e di perseguirla oltre la propaganda permanente e gli slogan vuoti, la Comunità Autonoma del Trentino diventa sempre meno Comunità e sempre meno Autonoma. E anche sempre meno forte e competitiva: dovrebbero tenerlo presente i tanti che mugugnano in privato, perché vedono bene come vanno le cose, ma poi si girano dall’altra parte quando si parla di Politica.
Il Trentino – ho cercato di scriverlo in queste pagine – ha sempre trovato la via per affrontare gli scenari nuovi: lo ha fatto anche in forza di una guida politica capace di interpretare i segni dei tempi e di governare i processi di cambiamento. Lo ha fatto, poi, con formule e schemi politici pensati e messi in campo in questo territorio, in una Comunità Autonoma che non è certo – anche politicamente – un’isola, ma non è neppure solo un luogo dove si “consuma” un prodotto politico deciso a Roma. È un luogo di “produzione” di Buona Politica.
Siamo stati capaci di esserlo in tanti passaggi antichi e recenti, anche anticipando processi nazionali ed elaborando soluzioni “anomale” e vincenti. Ci sono tanti esempi, in diversi ambiti di cultura politica. Io ho ovviamente nel cuore la Margherita Trentina e l’esperienza straordinaria che essa ha rappresentato, della quale conservo un ricordo grato e affettuoso per le tante persone che con me l’hanno pensata, costruita e fatta crescere per tanto tempo.
All’epoca, molti Sindaci ci misero la faccia per “cambiare”: decisero – assieme a tante altre espressioni della società – di aprire una stagione nuova nel governo del Trentino e lo fecero. Non furono “reclutati” dal potere provinciale in carica ma determinarono essi stessi una svolta in alternativa al potere di allora. Ma non si vive di nostalgia, le cose cambiano e occorre guardare avanti.
Oggi ritrovo, infatti, lo spirito della Margherita Trentina nella proposta politica di “Campobase”. È un progetto che non si esaurisce nel pur decisivo passag- gio delle elezioni provinciali del prossimo ottobre, ma guarda ben oltre e scommette sulla ricostruzione di un’area politica di fondamentale importanza per la nostra Comunità, anche nel medio e lungo termine. Ha nel suo codice genetico alcune delle più importanti tradizioni culturali e politiche del Trentino, che hanno concorso a costruire e rafforzare nei decenni l’Autonomia e – nello stesso tempo – conta su una potenziale nuova e qualificata classe dirigente.
Deve solo crederci, capire che la Politica esige impegno e presenza, idee e testimonianza, tenacia e fiducia. Ne ha tutte le potenzialità. Ho anche nel cuore l’Ulivo delle origini, che in Trentino avevamo costruito ante litteram ed era qualcosa di più di una semplice coalizione elettorale e molto meno di un Partito Unico.
Era una esperienza di Comunità politica plurale, capace di mettere assieme tante persone e tante energie sociali attorno a una prospettiva di cambiamento sostenibile. Confido che, pur sulla base delle diverse condizioni di oggi, l’Alleanza Democratica e Autonomista per Francesco Valduga Presidente possa essere qualcosa che assomiglia allo spirito di quella esperienza. Abbiamo, ancora più di allora, grande bi- sogno di pluralismo delle presenze culturali e politiche e – al tempo stesso – di convergenze sincere e di collaborazioni non solo effimere o contingenti per offrire ai cittadini una proposta seria e credibile di governo.
Nel frattempo, tanta acqua è passata sotto i ponti della politica nazionale in questi anni. Il sistema politico non ha ancora saputo trovare – dopo la crisi degli anni Novanta – un suo equilibrio e una sua via di rigenerazione della dialettica democratica: bipolarismo acciaccato; leggi elettorali incongrue; deficit di stabilità che ha prodotto – e per fortuna che ci sono stati – Governi tecnici e interventi provvidenziali dei Capi dello Stato; partiti personali e leadership tanto esondanti quanto effimere; culture politiche che si sono inaridite, lasciando spazio a indistinte propagande demagogiche e populiste.
Nessuno si illuda. Nonostante la oggettiva abilità politica della attuale Premier, siamo ancora dentro questa lunga e faticosa transizione da un sistema politico che non esiste più ad uno che ancora non c’è e le leadership rischiano di essere solo delle meteore. Giorgia Meloni deve ogni giorno fare i conti con la sua base elettorale, che in larga parte non ha abbandonato le posizioni “post fasciste”: tanto che perfino un libretto farneticante di tale generale Vannacci, giustamente sottoposto a indagine disciplinare dal Ministro della Difesa, provoca reazioni e polemiche nella Destra.
E deve soprattutto misurarsi con il duro ruolo del “Governo”, che non consente facilmente di corrispondere alle ardite promesse fatte quando era leader dell’opposizione. Prima o poi, speriamo, si uscirà dalla triste circostanza che in Italia si vincono le elezioni con il populismo e alla fine si prova, perché costretti, a governare con realismo.
Per giustificare questo scarto tra promesse elettorali ed esercizio del governo, si inventano battaglie identitarie (solitamente ispirate alla mitologia del nemico alle porte o dentro le porte) e provvedimenti “manifesto”. Anche per questo, forse, ancora una volta, il laboratorio politico trentino può offrire qualche spunto di interesse anche nazionale.
L’alternativa a questo declino non può che partire dai territori, dalla serietà delle proposte, da un sincero esame di coscienza sui limiti di ciò che abbiamo fatto, dal recupero dei rapporti con le comunità e dal richiamo forte al principio della responsabilità di tutti. Certo, ci sono i “venti” del tempo, che oggi pare tirino verso Destra.
Ma non possono essere i venti a decidere la rotta di chi va per mare. Il Trentino è una piccola barchetta nel grande mare di queste trasformazioni globali, ma deve avere l’ambizione – che sempre ha avuto – di decidere la sua rotta, in libertà e autonomia. Anche politica.
I capitani devono però tracciarla, questa rotta, e condividerla con tutti quelli che partecipano al viaggio; dimostrare di esserne più che convinti, senza arroganza ma anche senza titubanza e comunicare il “senso” del viaggio e le mete da raggiungere.
Devono convincere, soprattutto, che seguire una buona rotta, benché difficile e faticosa, è sempre più sicuro che affidarsi al vento che tira. Il vento non vede gli scogli: i buoni capitani sì. E poi, il vento, come dovremmo sapere bene noi montanari, è mutevole e cambia spesso direzione.