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LANCIO D'AGENZIA

GHEZZI (FUTURA) * PRESIDENTE CONSIGLIO PROVINCIALE: « L’ABBECEDARIO KASWALDERIANO, DALLA “A” ALLA “Z” I MOTIVI DELLA MOZIONE SFIDUCIA »

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12.43 - mercoledì 1 luglio 2020

KASWALDERARIO (un abbecedario kaswalderiano)

INTERVENTO IN CONSIGLIO PROVINCIALE DI PAOLO GHEZZI/FUTURA

SULLA MOZIONE DI SFIDUCIA AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO

Astinenza e autonomia.
Il fattore K (fattore anche per la sua vicinanza al Trentino rurale, absit iniuria rispetto al K solandro, già entrato nella storia dell’autonomia, a differenza di WK) ama le valli e le sagre. Legittimo. Le ama ancora di più se sono timbrate politicamente. Dalla Val Rendena all’Altopiano della Vigolana, dove c’è profumo di salvinisti, lui c’è. Ad astenersi dai selfie di tribù, proprio non riesce. Autonomista, non pratica volentieri l’autonomia dalla Lega di riferimento.

Bullismo (e baci).
Quando un consigliere di maggioranza bullizza i consiglieri di minoranza (oppure dispensa irridenti baci salvinisti in aula), lui è generoso, comprensivo, tollerante: sono ragazzate, “portate pasienza” (la sua frase preferita).

Conflitto di interessi.
Dopo aver deciso in solitudine il licenziamento del suo dipendente, si è votato da solo l’incarico al difensore, a spese del Consiglio provinciale. Una sua decisione individuale, personale e solitaria diventa un danno per l’istituzione.

Distanza.
Né la distanza fisica interpersonale e l’uso corretto delle mascherine (non ce la fa, gli piace solo a protezione del mento, come a quasi tutti i salvinisti), clamorosamente violati durante la maratona della legge di ripresa in piena pandemia, né la distanza istituzionale dal fugattismo gli sono congeniali. Non ce la fa. È vicino a prescindere.

Equilibrio.
Non si può licenziare uno stretto collaboratore perché è andato al congresso del tuo ex partito. Il fatto che il giudice certifichi che K non ha portato motivazioni concrete a giustificazione, non depone per il suo equilibrio istituzionale, che dovrebbe contraddistinguerlo: è stato un gesto di impulso e di rabbia. Una piccola vendetta. Dopo Kramer contro Kramer, Walter contro Walter.

Fedeltà e fiducia.
Scrive il giudice Flaim nella sentenza che, per colpa del fattore K, condanna il Consiglio provinciale di Trento: sul “venir meno del rapporto di fiducia (che, quindi, anche secondo lo stesso datore non era sufficiente limitarsi a declamare)”: “in seguito ai dissensi intervenuti in questi ultimi mesi in ordine alle modalità e ai tempi di gestione della segreteria POLITICA della mia Presidenza e a causa dell’impossibilità di addivenire ad una comune intesa riguardo all’organizzazione di tale attività”; manca il riferimento ad una benché minima circostanza concreta”. Mancava, più che la fiducia, la fedeltà, quella che K invece professa a Fugatti.

Giustizia.
Un giudice l’ha scritto: è un licenziamento illecito. Dovrebbe prenderne atto e tirare le conseguenze, a meno che il suo rispetto per la magistratura la riservi solo ai giudici di secondo grado.
Heimat (= patria trentina).
Nome tedesco, cognome tedesco, il presidente trentinissimo Walter Kaswalder potrebbe riflettere sul fatto che la parola Heimat, genere femminile, in tedesco, è molto più dolce e materna dell’altra parola che significa patria, cioè Vaterland, la terra dei padri. Parola viceversa tradizionalista, maschilista e tendenzialmente suprematista. Non a caso gli studenti antinazisti della Rosa Bianca amavano la loro Heimat della Germania meridionale, ma tra il 1942 e il 1943 sfidarono – con la sola forza delle parole – la Vaterland del dittatore, che li mandò a morte. Ecco, un’espressione di Heimat dovrebbe essere anche questo Consiglio provinciale, una Heim, una casa per tutte e tutti: non il Palazzo dei fugattisti, ma una casa sia per la maggioranza sia per l’opposizione.

Indipendenza.
Dovrebbe essere la corona e la gloria del suo mandato, l’aveva promessa in aula; invece lui preferisce la dipendenza dal fugattismo e da ciò che gli suggerisce, inclusa l’ultima forzatura di una leggina demagogica sulle chiusure domenicali, a sicura bocciatura costituzionale.

Legislatura.
Il giudice del lavoro condanna “il convenuto CONSIGLIO DELLA PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO al pagamento, in favore del ricorrente PRUNER WALTER, della somma pari alla differenza tra la retribuzione che sarebbe maturata nel periodo dal 6.5.2019 fino alla durata in carica dell’attuale presidente Kaswalder Walter e comunque non oltre la durata dell’attuale legislatura”. La durata della legislatura è certa, la durata del danno dipende tutta dal fattore K.

Maggioritario.
Gli piace il premio di maggioranza, che ha messo Fugatti (che non ha avuto la maggioranza assoluta dei voti dei trentini) sulla poltrona sotto la sua, come topografia di aula, e ha messo lo stesso K sulla sua stessa poltrona. Ex minoritario nel suo partito, si è scoperto maggioritario nell’anima. Le minoranze, per lui, sono figlie di un dio minore.

Neutralità.
Neppure nelle modalità di espressione in aula, riesce ad essere neutrale ed equidistante. Si ricordi, per esempio, l’affettuoso modus con cui si approccia alla responsabile della salute: assessora Stefania, a lei la parola, gli scappa detto ogni due per tre.

Obiettività.
Non riesce a riconoscere i propri errori. Non è colpa sua. Non riesce a fare mea culpa. Mai. Non ha scaricato l’app dell’obiettività.

Provincia.
Mancandogli la grammatica istituzionale di distinzione tra il legislativo e l’esecutivo, è de facto un assessore aggiunto o un subcomandante fugattista: come dimostra il suo famigerato editoriale per l’Adige, in cui entra a gamba tesa (e fuori dal suo vaso) sulla delicatissima questione strategica dei rapporti finanziari con lo Stato e delle risorse dell’autonomia provinciale.

Questione istituzionale.
“Sono stato invitato dal mio compagno di liceo Mario Zanoni – scrisse K rispondendo a una mia interrogazione – alla festa della Pro loco di Sant’Antonio di Mavignola; ci sono andato con la mia macchina, a mie spese, nel mio tempo libero. Prima di accusare di essere bugiardi gli altri invito il signor G” (colta allusione a Giorgio Gaber?) “a pensarci bene ed, eventualmente a telefonarmi per informarsi, visto che il mio numero lo ha. E non tiro in ballo la questione istituzionale e il rispetto per la carica che ricopro perché, ripeto, sono andato con la mia macchina, nel mio tempo libero”. Se invece un altro Walter, nel suo tempo libero, va a un congresso di partito con la sua macchina, lì allora la questione diventa istituzionale. E scatta il licenziamento.
Rispetto.
Non rispetta i diritti delle minoranze, non rispetta il diritto del lavoro, non rispetta il diritto costituzionale. “Recedere ante tempus dal rapporto di lavoro a tempo determinato costituito con il proprio segretario particolare perché questi ha partecipato al congresso di un partito di opposizione, rispetto al quale il presidente conosceva le frequentazioni, integra il perseguimento di un motivo illecito in quanto diretto a impedire o comunque a limitare l’esercizio della libertà personale”. Non solo non rispetta l’articolo 19 del Regolamento consiliare, che al comma 2 dice: “Il Presidente garantisce e tutela con imparzialità le prerogative ed i diritti dei Consiglieri e dei componenti la Giunta assicurando il rispetto dei diritti delle minoranze”. Ma calpesta pure la Costituzione della Repubblica.

Super partes.
Non ci ha mai provato. Forse non conosce il significato dell’espressione.

Tradizioni.
A quelle ci tiene, a cominciare dal proverbiale “a ciàcere no se sgionfa dòne”. Su questa deriva maschilista, obiettivamente, ha cercato di migliorarsi, esprimendo vicinanza alle donne vittime di violenza.

Urgenza.
Un presidente imparziale dovrebbe concedere la procedura d’urgenza solo ed ecslusivamente quando è incontestabilmente, obiettivamente, incontrovertibilmente urgente. Invece…

Visione.
Come il suo comandante Fugatti, aborre la parola e il concetto. Come se la visione fosse una specie di virus contagioso. Preferisce il terra terra. Ma il presidente del Consiglio provinciale dovrebbe essere un faro per l’autonomia e per la comunità trentina. Un faro di pensiero, di proposte, di visione, appunto.

Zero.
La tolleranza zero verso chi, in aula, si comporta come in taverna, non la conosce e non la pratica. Tutto è lecito se proviene dai banchi giusti. Forse non è un presidente del Consiglio provinciale che merita lo zero in pagella, perché in talune circostanze ha mostrato segni, seppur deboli, di impercettibile miglioramento. Ma è lontanissimo dalla sufficienza istituzionale. Dovrebbe prenderne atto, serenamente, e ridurre il danno. Zero danni… se si dimette, e continuo a sperare contra spem che lo aiutino anche le minoranze che vogliono essere opposizione, con un gesto netto e inequivocabile anche rispetto all’ufficio di presidenza.

 

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Paolo Ghezzi
consigliere provinciale
gruppo FUTURA

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