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ARCIDIOCESI TRENTO * MESSA CENERI – OMELIA VESCOVO LAURO: LA PRIMA CONVERSIONE È GUARDARE CON FIDUCIA E SIMPATIA ALLA STORIA DEI NOSTRI FRATELLI

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19.31 - mercoledì 14 febbraio 2018

“La prima conversione che è chiesta, in questo prezioso tempo di Quaresima, è la capacità di guardare con fiducia e simpatia alla nostra storia e a quella dei nostri fratelli e sorelle”. Così l’arcivescovo Lauro, durante l’omelia della Messa nel Mercoledì delle Ceneri, questa sera in cattedrale a Trento invita a scongiurare quello che definisce un “gioco al massacro, dove – precisa – si vuol far credere che tutto è perduto, tutto è compromesso, non ci si può fidare di niente e di nessuno”.

“Perché allora – si interroga Tisi – non digiunare da quell’overdose di informazioni che spesso alimentano il gossip mediatico con cui siamo connessi 24 ore su 24”. L’Arcivescovo indica anche l’alternativa: “Darci la possibilità di stare concretamente con le persone, nella vita familiare come negli ambienti di lavoro, nella corsia di un ospedale o dentro le tante realtà di volontariato, dove uomini e donne con nome e cognome scrivono pagine di dedizione, di gratuità, di generosità”.

Parla poi della possibilità di “regalarci spazi di silenzio e preghiera dove, raggiunti dal Vangelo, scopriamo di essere realmente e irrevocabilmente amati da un Dio che in Gesù di Nazareth si è rivelato amico della vita. Un Dio che non “è venuto per i sani, ma per i peccatori”. Potrebbe essere l’occasione – raccomanda don Lauro – per riconciliarci con noi stessi, con le nostre tante paure, per non temere le nostre ombre; è questo il miglior antidoto per non entrare in conflitto con gli altri”.

 

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In allegato testo integrale:

 

14 febbraio 2018 – Mercoledì delle Ceneri – cattedrale di Trento

Omelia arcivescovo Lauro

“Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio” (2Cor 5, 20)

L’accorato appello dell’apostolo Paolo lo ascoltiamo a poche settimane dal Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese in cui si parla dell’Italia come di un popolo in preda al rancore. Credo, tuttavia, non serva il Censis per riconoscere che ognuno di noi deve fare i conti con le proprie divisioni, e la più radicale è quella con noi stessi, madre di tutte le altre spaccature.

L’apostolo ci consegna una buona notizia, accanto all’appello alla riconciliazione: questo è un tempo “favorevole”. Non si riferisce, ovviamente, alla Quaresima, ma alla storia, alla vita degli uomini. La nostra vicenda umana, sono ancora parole di Paolo, è “travaglio del parto”, grembo che custodisce la vita.

Quale vita custodisce? Custodisce “la Via, la Verità e la Vita”, Gesù di Nazareth “primogenito dei morti”, primizia dei risorti. La prima conversione che è chiesta, in questo prezioso tempo di Quaresima, è la capacità di guardare con fiducia e simpatia alla nostra storia e a quella dei nostri fratelli e sorelle.

Non ci sembri una proposta senza senso o un diversivo alienante per sfuggire alle difficoltà che incontriamo. E’ molto più assurdo e profondamente perverso quel gioco al massacro dove si vuol far credere che tutto è perduto, tutto è compromesso, non ci si può fidare di niente e di nessuno.

Perché, allora, non digiunare da quell’overdose di informazioni che spesso alimentano il gossip mediatico con cui siamo connessi 24 ore su 24, per darci la possibilità di stare concretamente con le persone, nella vita familiare come negli ambienti di lavoro, nella corsia di un ospedale o dentro le tante realtà di volontariato, dove uomini e donne con nome e cognome scrivono pagine di dedizione, di gratuità, di generosità?

Perché non regalarci spazi di silenzio e preghiera dove, raggiunti dal Vangelo, scopriamo di essere realmente e irrevocabilmente amati da un Dio che in Gesù di Nazareth si è rivelato amico della vita. Un Dio che non “è venuto per i sani, ma per i peccatori”. Potrebbe essere l’occasione per riconciliarci con noi stessi, con le nostre tante paure, per non temere le nostre ombre; è questo il miglior antidoto per non entrare in conflitto con gli altri.

Perché non avventurarci sulle strade dell’elemosina, liberando in noi spazi di gratuità e di dono. Potremmo, grazie a essi, sentire la verità delle parole di Paolo: “Vi è più gioia nel dare che nel ricevere.” (At 20,35)

L’apostolo fa un’affermazione fortissima: “Dio lo fece peccato in nostro favore, perché in lui potessimo diventare giustizia di Dio”. (2Cor 5,21)

Cosa significa l’espressione “diventare giustizia di Dio”? E’ liberare il cuore da ogni forma di odio e rancore, reagire al male con il perdono, a somiglianza di Dio che non trattenne nulla per sé, ma consegnò tutto se stesso.

 

 

 

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