Dio nasce in periferia. La periferia custodisce la Vita. Il nostro Dio non ha imbarazzo nell’abitare la periferia. A Lui basta un alloggio improvvisato. Non c’è casa, non c’è struttura, non c’è istituzione, che Lo possa contenere. È il Dio che si trova a suo agio sotto le tende, non nei palazzi.
Lo può conoscere il viandante, che non cammina pieno di certezze: si lascia sorprendere dalla realtà che incontra. È questa la condizione imprescindibile per la libertà. Farsi domande è, infatti, la declinazione alta del verbo amare.
La grotta di Betlemme è la festa delle domande.
Esse portano a frequentare la terra di Dio che in Gesù è arrivata a noi. In essa gli altri non sono più – come dice Sartre – “il tuo inferno”. Sono, invece, l’unica possibilità che hai per vivere. Sono la Vita alla quale, tragicamente, spesso chiudiamo le porte.
Purtroppo, i vocaboli che abitano i nostri discorsi sono altri: difendersi, contrapporsi, armarsi, eliminare.
Attorno a questi verbi si sta organizzando la nostra vita, ad essi sempre più sembra ispirarsi la nostra società e non raramente, purtroppo, anche le nostre comunità cristiane.
Come fermare questa deriva? Come evitare di essere definiti dalle parole del prologo di Giovanni: “Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. Eppure il mondo non lo ha conosciuto”?
L’alternativa c’è: frequentare le straordinarie lezioni di vita, di forza e di serenità che abitano il volto di tanti uomini e donne che, pur colpiti dalle avversità, dalla malattia e dalla morte, dal venir meno di legami familiari forti, mantengono coraggio e dignità, si tengono lontano dall’odio e continuano a rimboccarsi le maniche per servire ed amare.
Hanno anche il volto dei nostri fratelli e sorelle immigrati che non smettono di sorridere e di sperare, ma anche quello di tanti volontari che, non visti, si mettono a disposizione di chi è in difficoltà. E, ancora, il volto concreto di chi, con grande rettitudine morale, rinuncia a trame di corruzione e malaffare.
Questi volti non li trovi sul web. Per vederli, come i pastori, devi andare a cercarli. Presso quei volti trovi il Bambino di Betlemme. Sono loro che ci accompagnano in quella grotta. E, una volta usciti, ci provocano a riscrivere la nostra agenda, capovolgendone le priorità. Sulle pagine delle nostre giornate ci invitano ad appuntare nome e cognome di altri fratelli e sorelle feriti, in mille modi, dalla vita. Non basta però archiviare la loro carta d’identità. Per loro fissiamoci anche una data e un’ora, dentro i nostri schizofrenici ritmi di vita, per visitarli e incontrarli concretamente. E, infine, rispettiamo l’agenda!
Anche per la nostra Chiesa, non ci sono alternative: o toccheremo con mano Cristo nelle persone ferite dalla vita o vagheremo cercandolo invano. In loro Dio ha trovato dimora, un luogo in cui nascere. Da questa frequentazione nasce la preghiera più autentica, che si fa grido e contemplazione, implorazione e rendimento di grazie.
Buon Natale!
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Arcivescovo Lauro Tisi